Calleigh
parcheggiò l'Hummer
accostandosi al marciapiede semi-deserto.
Aveva percorso a ritroso la strada
fatta quella mattina da Juliet Robinson per arrivare al dipartimento
di polizia, ma ovunque avesse chiesto, nessuno sembrava di ricordarsi
di una ragazza bionda dall'aspetto sconvolto. Ma, dopotutto, quella
era Miami: chiunque avrebbe potuto scambiarla per una delle tante
turiste in preda a un post-sbornia particolarmente pesante.
Si era fermata da poco su quel tratto
di area pedonale quando una voce calda alle sue spalle la riscosse
dai suoi pensieri e dalle sue ricostruzioni ipotetiche “Serve
aiuto?”
La bionda CSI si voltò con un
movimento fluido “Forse. Lei chi è?”
L'uomo, un individuo alto con spalle
larghe che indossava una divisa militare si raddrizzò,
presentandosi
“Sono il sergente Mahony, mi occupo del reclutamento di nuovi
soldati per l'esercito americano.”
“Capisco.- annuì lei- Io sono
Calleigh Duquesne, della scientifica di Miami Dade. Per caso, le
è
capitato di vedere questa ragazza passare di qui questa
mattina?”
domandò quindi, porgendo all'uomo la foto della loro
sospettata.
Il sergente Mahony diede un rapido
sguardo all'immagine e riconobbe immediatamente chi vi era
raffigurata “Certo. In realtà è entrata
nel mio ufficio.”
disse, accennando con un cenno del capo alla vetrina che, pochi passi
più in là, esponeva poster e volantini
dell'esercito americano.
Calleigh alzò le sopracciglia,
sorpresa “Davvero?Cosa voleva?”
“Non me l'ha detto.- rispose l'uomo
scuotendo la testa- Ho provato a chiederle se fosse interessata a una
carriera militare, anche se è un po' più vecchia
dei soliti
aspiranti. Comunque, non mi ha risposto, sembrava davvero
sconvolta.”
“Può dirmi esattamente che cosa è
successo?” domandò di nuovo la donna, con
rinnovato interesse,
sperando così di ottenere qualche nuova informazione sulla
loro
sospettata primaria.
Mahony scrollò le spalle larghe
“Niente di particolare. La ragazza è entrata qui
dentro, le ho
parlato ma non sembrava ascoltarmi affatto. Sembrava totalmente fuori
di sé come se fosse...non so, tormentata da qualcosa. Si
è guardata
un po' intorno e se ne è andata mentre stavo ancora
parlando.”
“E l'ha lasciata andare così?- la
bella CSI non poté nascondere il proprio disappunto- Non ha
pensato
che avesse bisogno di aiuto?”
“Sì, per questo l'ho seguita.-
confermò quindi il militare- Ma quando sono uscito per
vedere se
stesse bene ho visto che c'era qualcuno con lei.”
“Davvero?Ne è sicuro?” chiese,
spalancando i grandi occhi verdi.
Il sergente Mahony annuì, lo sguardo
concentrato mentre rievocava i fatti della mattinata
“Sì. Un uomo
che la seguiva passo passo. Ho pensato che stessero insieme e che
magari avessero litigato, perché lui la seguiva piuttosto da
vicino,
era impossibile che lei non lo sapesse, eppure la ragazza sembrava
volerlo lasciare indietro.”
“Le è sembrato che avesse cattive
intenzioni?”
La mente investigativa di Calleigh e la
sua esperienza nella scientifica la informavano che quella non era
assolutamente un'informazione da trascurare. Anzi. C'era qualcosa di
particolarmente sinistro nel fatto che qualcuno si fosse preso la
briga di seguire la Robinson per tutta quella strada per poi sparire
nel nulla.
“No, affatto.- la sorprese Mahony con
la sua risposta- Sembrava preoccupato per lei, come se volesse
assicurarsi che stesse bene.”
Calleigh ponderò quelle parole e
infine annuì, risoluta “Ok. Saprebbe riconoscerlo
se lo
rivedesse?”
“Probabilmente.” disse il sergente,
accompagnando le proprie parole con una scrollata di spalle.
“E fare un identikit?” incalzò di
nuovo la CSI.
“Credo di sì.”
“Ok, sergente Mahony.- ribatté con
un sorriso ampio- Mi deve seguire in centrale.”
Ryan Wolfe imboccò il sentiero di
terra battuta indicato dalla mappa che stringeva fra le mani.
Era da quando aveva dodici anni che non
metteva più piede in uno zoo, perciò aveva deciso
di lanciare qua e
là qualche occhiata furtiva, sperando che Walter non si
accorgesse
di quel suo interesse dando inizio così a una delle loro
scaramucce
infantili e cameratesche.
Ovviamente non fu così fortunato.
“Che fai Wolfe?Senti la mancanza
delle gite scolastiche?”
“Alcuni di noi amano apprendere a
prescindere dell'età, Walter.”
“Se vuoi ti posso comprare un
biglietto, così più tardi puoi fare un tour
guidato.” lo stuzzicò
di nuovo il grosso ragazzo di colore.
Ryan si limitò a far roteare
platealmente i suoi grandi occhi verdi, ma continuò a
camminare con
passo risoluto. La mappa che avevano consultato poco prima, appesa ad
una bacheca fatta di legno grezzo posta al lato del sentiero che
stavano percorrendo, indicava che avrebbero dovuto svoltare a destra
e sarebbero arrivati alla loro destinazione: il recinto dell'orso
bruno himalayano.
Stavano per l'appunto imboccando quella
stradina laterale quando furono intercettati da una donna vestita con
un orrido completo kaki in tema safari, una cascata di voluminosi
ricci neri e un sorriso fin troppo largo sulle labbra.
“Buongiorno!- trillò, con eccessivo
entusiasmo- Posso aiutarvi? Se cercate un animale in particolare
dovete sapere che qui al Miami Metro Zoo abbiamo un assortimento di
animali selvatici che comprende sia specie autoctone che alcune in
via di estinzione e che...”
“Non siamo qui per gli animali.- la
interruppe Walter, prima di scrutarla attentamente- Lei
è?”
“Samantha Raynols, ma potete
chiamarmi Sam.- rispose immediatamente, con il tono di chi quella
frase era abituato a ripeterla troppo spesso- Sono una delle
guide.”
“Bene, Sam, noi siamo Ryan Wolfe e
Walter Simmons della scientifica di Miami Dade.” si
presentò Ryan,
indicando prima se stesso e poi il collega.
“La scientifica?- gli fece eco la
donna, spalancando gli occhi- Wow. Credevo che di Osso si occupasse
la guardia forestale.”
Walter aggrottò la fronte “Chi è
Osso?”
“Uno dei nostri orsi, quello che è
scappato qualche giorno fa.- spiegò la guida turistica-
L'abbiamo
chiamato così perché quando era arrivato da noi
era pelle e ossa
dato che prima era tenuto illegalmente da un milionario del Texas nel
suo ranch.”
Wolfe decise di interromperla di nuovo
“No, non siamo qui per quell'orso. Anche se, in effetti,
stiamo
cercando qualcuno che possa avere avuto a che fare con lui o uno dei
suoi simili.”
Samantha inarcò un sopracciglio ben
curato, perplessa “Che cosa intendete?”
“Chi si occupa dell'orso bruno
himalayano qui?” riformulò quindi la domanda il
giovane CSI.
“Gli addetti ai lavori: quelli che
sistemano il recinto e danno da mangiare agli animali.- rispose
quindi la ragazza scrollando le spalle. Dopo una breve pausa in cui
aveva riordinato le idee, riprese a parlare- E settimanalmente
c'è
anche una visita da parte del veterinario. Nessun altro entra in
contatto diretto con gli animali, soprattutto uno di questo
genere.”
Simmons capì immediatamente che
stavano per centrare il bersaglio “E di queste persone,
c'è
qualcuno che non si è presentato al lavoro oggi?”
“Sono tutti regolarmente presenti.
Anche se...”
“Anche se?” incalzò l'uomo di
colore, con impazienza.
“Non ho ancora visto il dottor Evans,
oggi.” concluse quindi la Raynols, incrociando le braccia al
petto.
“Ha provato a chiamarlo?” indagò
di nuovo Walter.
La donna riccia annuì con veemenza
“Sì, ma non ho ancora ottenuto risposta. Credete
che dovrei
preoccuparmi?”
“Non lo sappiamo ancora.- ribatté
immediatamente Wolfe, aggrottando la fronte- Facciamo così,
ci dia
il suo indirizzo: ce ne occuperemo noi.”
“D'accordo.” acconsentì Sam,
sbattendo più volte le palpebre.
“Sa dirci qualcosa su di lui?”
domandò di nuovo Walter, nella speranza di venire a
conoscenza del
legame che legava quella che potenzialmente era la loro vittima con
la loro principale sospettata.
La guida naturalistica si strinse nelle
spalle esili “Non molto, in realtà. È
un uomo estremamente
riservato, ma molto bravo nel suo lavoro e questo è
più che
sufficiente. Ditemi la verità, gli è successo
qualcosa?”
“Non ne siamo ancora sicuri, stiamo
verificando alcune ipotesi.” rispose con tono professionale
Simmons.
Wolfe impedì alla donna di fare
ulteriori domande porgendole una foto “A questo proposito, le
è
mai capitato di vedere questa donna?”
La giovane si prese qualche istante per
osservare l'immagine di Juliet Robinson. Nella foto aveva due
occhiaie estremamente pronunciate e l'aria devastata, ma Samantha la
riconobbe immediatamente.
“Ma certo, era una collega del dottor
Evans, è venuta a trovarlo e a visitare questa struttura un
paio di
volte, diversi mesi fa. Me la ricordo perché non sembrava
affatto
una veterinaria, è una di quelle persone sempre estremamente
curate
che probabilmente non si sporcano mai le mani, avete
presente?”
Ryan si voltò verso il collega, che
condivideva la sua stessa espressione grave “Direi che questa
volta, le mani se le è decisamente sporcate.”
“Polizia di Miami
Dade!Dottor Evans è
in casa?”
Frank Tripp aspettò qualche secondo,
tendendo l'orecchio di modo che nessun suono al di là della
porta
d'entrata della villetta potesse sfuggirgli.
Dall'interno della casa non arrivò
alcun rumore, così il grosso sergente si voltò
verso uno degli
agenti di pattuglia, esortandolo con un cenno del capo a buttare
giù
la porta.
Due calci ben assestati dopo il piccolo
gruppetto di poliziotti si era ritrovato nell'ingresso
dell'abitazione del dottor Gilbert Evans. Non occorreva però
di
certo l'abilità di osservazione di un CSI per comprendere
che il
disordine che vi regnava, così come nel resto della casa,
non era il
semplice caos che si era lasciato alle spalle un proprietario
distratto.
“Sembra che qualcuno ci abbia
preceduto.” commentò infatti Eric, scandagliando
con sguardo
attento i mobili fuori posto e gli oggetti che giacevano abbandonati
sul parquet.
“E non credo che abbia trovato quello
che stava cercando.” aggiunse Natalia, guardandosi intorno
indecisa
su da dove incominciare ad analizzare quella scena del crimine.
Delko alzò un sopracciglio nella sua
direzione “Come fai a dirlo?”
“Le probabilità che la cosa che stai
cercando si trovi nell'ultimo posto in cui guardi sono bassissime.-
spiegò la donna, prima di aggrottare la fronte ed indicare i
fogli
che il collega aveva appena raccolto da terra- Che cosa sono
quelli?”
“Sembrano
codici.” disse il CSI cubano dopo una breve ma attenta
analisi.
Boa
Vista sembrò essere sempre più confusa
“Nel senso di
crittografie?”
“Sì.
Ce ne sono parecchi.- continuò a parlare l'uomo, sfogliando
il plico
che aveva fra le mani, prima di alzare lo sguardo per interrogare la
collega- Perché un veterinario dovrebbe aver in casa tutti
questi
codici?”
“Di
certo non perché era un appassionato di
enigmistica.” ribatté la
donna con un guizzo nei grandi occhi scuri.
Eric
sorrise a quella battuta “Già, lo credo anche io.
Probabilmente
doveva essere in contatto con qualcuno riguardo a qualcosa di
particolarmente scottante. E credo anche che abbia a che fare con il
suo omicidio.”
Stavano
per formulare qualche ipotesi che potesse collegare le crittografie
al modo in cui il dottor Evans era stato brutalmente assassinato
quando la voce di Tripp li richiamò dalla porta che portava
ad una
delle stanze laterali “Credete che questi possano centrare
qualcosa?” domandò, sventolando degli oggetti che
non riuscirono
ad identificare immediatamente.
Natalia
fece una smorfia leggermente schifata “Sono corni di
rinoceronte?”
“Già.-
confermò Frank annuendo solennemente- E ci sono anche zanne
di
elefante e altri pezzi di animali di cui ignoro
l'identità...”
Delko
assunse un'aria pensierosa “Il dottor Evans quindi non era
poi
questo grande amante degli animali.”
“Traffico
di animali esotici ed annesse suppellettili.- riepilogò
quindi Boa
Vista, l'espressione che mimava alla perfezione quella del collega-
Questo caso si sta complicando di più ad ogni scoperta che
facciamo
o sbaglio?”
Juliet guardava fisso davanti a sé, lo
sguardo perso in qualcosa che di certo non era presente negli stretti
confini di quella asettica stanza di ospedale. Le sue mani,
appoggiate sulla coperta candida all'altezza del suo stomaco,
sembravano non voler smettere di tremare.
Aveva ucciso un uomo.
Le immagini del cadavere senza testa e
di se stessa insanguinata la stavano inseguendo da quando si era
svegliata, quella mattina, in quella stanza d'albergo sconosciuta, e
da quando il sedativo che le avevano dato aveva finito il proprio
effetto i mille pensieri che l'avevano accompagnata da quando aveva
realizzato l'entità di ciò che aveva fatto
continuavano a
tormentarla.
Chi era quell'uomo?
Perché l'aveva ucciso?
Perché diavolo aveva dovuto mozzargli
anche la testa e le mani?
Quelle domande continuavano a
vorticargli nella mente, impedendole di riposarsi, come invece il
dottor Aller le aveva imposto.
Quello che non sapeva, era che gli
stessi quesiti assillavano nello stesso momento il rosso tenente
della polizia scientifica a cui aveva confessato quell'efferato
omicidio.
Horatio Caine era entrato nella piccola
stanza in cui era stata ricoverata la giovane con passo felino, tanto
che lei non sembrava essersi accorta della sua presenza a pochi passi
dal letto su cui giaceva. L'uomo si concesse qualche minuto per
scrutarla con i suoi occhi analitici: Juliet Robinson tremava e, che
lei lo sapesse o meno, quello non era uno dei soliti comportamenti
che aveva osservato durante i lunghi anni in polizia da parte di un
omicida a sangue freddo. Eppure, aveva confessato e molte prove che
avevano raccolto confermavano la sua testimonianza. Horatio
aggrottò
leggermente la fronte. Certo, alcune prove urlavano che quella
ragazza era colpevole fino al midollo, ma altre...La mancante arma
del delitto, l'assenza di residui di polvere da sparo, ed ora
quell'infortunio che probabilmente metteva in discussione qualsiasi
cosa che gli era stata confessata. C'erano troppe incongruenze e lui
era troppo meticoloso per lasciare che una giovane potesse venire
condannata all'iniezione letale senza essere sicuro al cento per
cento della sua colpevolezza.
“Signorina Robinson.” disse, a mo'
di saluto.
Gli occhi color cioccolato, circondati
da cupi cerchi violacei, saettarono immediatamente verso di lui.
“Tenente Caine.- gli fece eco Juliet,
cercando di riguadagnare un po' di compostezza- Strani posti gli
ospedali. Un'infinità di storie e tragedie tutte riunite
nello
stesso edificio. Ha parlato con il dottor Aller?”
Horatio
si limitò a rispondere con un cenno del capo e continuando a
osservare intensamente la ragazza le lasciò cadere fra le
mani una
foto.
“Conosce
quest'uomo, signorina Robinson?”
Juliet
aggrottò la fronte, concentrandosi al massimo mentre
studiava
minuziosamente la figura che aveva di fronte. Era un uomo di
quarant'anni al massimo, col viso rubicondo incorniciato da una folta
barba rossiccia, e dei piccoli occhi ridenti nascosti dietro a un
paio di lenti rotonde. C'era qualcosa, in quello sguardo, che le dava
un certo senso di familiarità, eppure la sua mente
continuava a
chiudersi a riccio, senza lasciare scappare alcun altro indizio.
Sollevò
fra le dita ancora tremanti il pezzo di carta e, mentre continuava a
fissare quel volto sconosciuto, domandò ad Horatio
“Chi è?”
“Si
chiamava Gilbert Evans.- spiegò il rosso, rigirandosi gli
occhiali
da sole fra le dita- È la vittima.”
“Io...Io
non me lo ricordo.” balbettò la ragazza,
diventando ancora più
pallida di quanto già non fosse.
“Sappiamo
per certo che lo conoscevi.- continuò a parlare Caine,
indagando
ogni sua reazione- Lavorava al Miami Metro Zoo e, come te, era un
esperto in animali selvatici.”
Juliet
rimase in silenzio per diversi istanti prima di domandare
“Eravamo
fidanzati?”
“Perché
me lo domandi?” ribatté Horatio, sorpreso da
quella domanda.
“Indossavo
un anello prima...prima di essere arrestata.- spiegò quindi
la
giovane, massaggiandosi con fare nervoso la mano sinistra- Un anello
di fidanzamento. Forse il mio è stato un...come si
chiama?Crimine
passionale?”
Horatio
scosse piano la testa “No, il dottor Evans non era il tuo
fidanzato. Un membro del mio team sta cercando di scoprire chi possa
essere stato a regalarti quell'anello. Se riusciamo a trovarlo
potremmo anche capire che cosa stavi facendo qui a Miami da tre
anni.”
La
ragazza annuì distrattamente in risposta a ciò
che le era stato
detto, ma non parlò.
“Perché
l'hai fatto Juliet?” domandò quindi il tenente
della scientifica,
inclinando il capo e perforandola con l'intensità del suo
sguardo.
“Non
lo so.- esalò stancamente la Robinson- Non so
perché l'ho ucciso.”
“No.-
la contraddisse Caine con tono sicuro- Perché hai confessato
un
omicidio che non ricordi aver compiuto?”
Juliet
spalancò la bocca, incredula per quella domanda
“Io...Tu...Tu come
fai a saperlo?”
“Ho
già avuto casi in cui erano coinvolte vittime o criminali
con
amnesia...” spiegò l'uomo, muovendo qualche passo
nella stanza e
sedendosi finalmente sulla sedia posta di fianco al letto.
“Davvero?-
domandò di nuovo la giovane- E' davvero possibile
dimenticarsi di
aver fatto una cosa del genere?”
Horatio
non rispose, decidendo invece di andare avanti col suo interrogatorio
informale “Come fai ad essere così certa di essere
colpevole?”
La
Robinson fece un respiro profondo e abbassò lo sguardo sulle
proprie
mani giunte in grembo mentre parlava con un filo di voce
“Saprei
decapitare un uomo, anche tagliargli le mani...Sono un veterinario,
ho una conoscenza sufficiente del corpo umano, oltre che animale, per
essere in grado di fare una cosa del genere potenzialmente con ogni
tipo di lama. So come usare una pistola. Non ho un alibi, forse avevo
un movente anche se ora non lo ricordo, e la logica urla che il fatto
che sia io l'assassino è l'unica possibilità
contemplabile.”
“Quello
che interessa a noi, signorina Robinson, è quello che ci
dicono le
prove.” la informò quindi il rosso guardandola
intensamente.
Finalmente
la ragazza si azzardò ad alzare lo sguardo “E che
cosa dicono
finora?”
“La
tua arma non è quella che ha sparato al dottor Evans, e su
di te non
abbiamo trovato alcun residuo di polvere da sparo.- riassunse quindi
Caine con tono professionale- Questo ti esclude come esecutrice
dell'omicidio, ma non ti scagiona per l'occultamento del
cadavere.”
“Non
avete prove che non sia stata io.” ribatté Juliet
con ostinazione.
“Signorina
Robinson...” cercò di calmarla Horatio. Il dottor
Aller lo aveva
avvistato delle potenziali reazioni che sarebbero potute scaturire da
un discorso del genere. A quanto pareva, la ragazza stava ancorandosi
a quell'unico sprazzo che poteva ricondurre attraverso la logica agli
anni di vita dimenticati, con testarda disperazione.
“Io
ho confessato, giusto?- continuò di nuovo con una certa
ansia-
Quando uno confessa non dovrebbe essere tutto più facile per
voi?”
Il
capo della scientifica mantenne un tono di voce calmo, sperando
così
di riuscire a tranquillizzare anche la giovane “Non in casi
in cui
chi confessa ha un trauma cranico del genere.”
“Quindi
la mia testimonianza non ha più valore?”
mormorò di nuovo Juliet,
gli occhi velati da lacrime.
“Faremo
parlare le prove.” disse semplicemente Horatio.
“Ok.”
Il
modo quasi infantile con cui la ragazza si stringeva le braccia
attorno al torso convinse il tenente a provare una nuova strategia
“Sai, Juliet, c'è la possibilità che tu
non sia l'assassina che
stiamo cercando.”
La
voce della ragazza gli arrivò flebile e tremante alle
orecchie
“Credevo di soffrire di un semplice disturbo post-traumatico
da
stress. Non è raro dopo cose del genere e...”
“Signorina
Robinson.” cercò di interromperla nuovamente
l'uomo.
“Io
so
di aver ucciso quell'uomo, tenente. È come quando da piccolo
fai
qualcosa di sbagliato e il senso di colpa ti devasta finché
non
confessi. Ho la stessa sensazione, solo che è amplificata al
massimo. E poi, se anche non fossi io l'assassino ciò non mi
renderebbe meno colpevole. Le brave persone non si ritrovano in
situazioni come questa.”
Horatio
sapeva che le persone che gli si presentavano davanti mentivano, per
i motivi più disparati e sempre più spesso, e che
erano in grado di
recitare anche meglio di strapagati attori di Hollywood. Eppure il
suo sesto senso continuava a dirgli che c'era qualcosa che non andava
in quel quadro. Che doveva esserci qualcosa di più, qualcosa
che
dovevano ancora scoprire. Tornò a fissare la giovane
semi-sdraiata
sul letto, che stava cercando di recuperare fiato dopo la propria
arringa animata.
“A
questo proposito, sei mai stata coinvolta in traffici illegali?Di
animali, per esempio?”
La
domanda parve scioccare Juliet più di quanto fosse
necessario
“Cosa?!No!Sono diventata veterinaria perché amo
gli animali,
sarebbe deontologicamente scorretto se facessi una cosa del
genere.”
Il
tenente Caine annuì lentamente “Capisco. Abbiamo
scoperto che il
dottor Evans trafficava in manufatti derivanti dall'uccisione di
animali protetti e probabilmente anche in animali esotici. E sappiamo
anche che tu avevi dei rapporti professionali con lui, anche se
effettivamente non hai mai operato nel tuo campo di specializzazione
degli ultimi anni.”
“Mi
sta accusando di essere una trafficante di animali?- domandò
Juliet
con una ostilità tutta nuova nella voce- Deve
provarlo.”
Horatio
si alzò, muovendo qualche passo verso la porta.
“Lo
farò, Juliet. Lo farò.”
dichiarò, prima di uscire infilandosi
gli occhiali da sole.