Autore: FunnyBunny
Pairing: Onew/OC
Capitoli: 6/?
Desclaimer: Gli
SHINee non mi appartengono ma Key sì
This is so much like us,
We fight like we’ll never see each other again
And then become mixed in the soap called love,
Suddenly, all the animosity disappear.
We fight a hundred times,
And our hearts break a hundred times,
But like tangled pieces of string
Our love can’t be pulled apart.
Love’s
Way – SHINee
-
Rimasi
pietrificata sul posto, con lo sguardo puntato
verso la tazza. La persona a cui apparteneva la voce era di fianco a
me, ma mi
rifiutai di alzare gli occhi.
La
voce era terribilmente
familiare.
«Erin,
puoi gentilmente spiegarmi come mai sei seduta con
un idol?» mi girai di
malavoglia,
trovandomi davanti Jihyun, che mi fissava. Non riuscivo a capire la sua
espressione, tropo simile a quella di un giocatore di poker.
«Lui?
Lui non è un idol! T-Ti sbagli è-»
«Ciao
Onew» disse Jihyun girandosi verso di lui. Ti
prego, di che-
«Ciao»
«Oh
Dio, ma sei deficiente?!» mi girai verso di lui,
che però sembrava calmissimo.
«Su
Erin, è una tua amica. Nessuno morirà se sa che
mi
conosci!»
«Cos...?
Ma-»
«Ha
ragione Onew! Potevi anche dirmelo prima!»
«Vi
lascio parlare da sole, ok? Ah Erin, tieni» disse
porgendomi un biglietto «Così puoi evitare di
farti mezza Seoul a piedi se hai
bisogno. Ciao Jihyun, ciao Erin!» chiudendosi il giubbotto,
uscì di fretta dal
bar, cominciando a camminare. Appena fu fuori dalla nostra vista,
sentii Jihyun
emettere un gridolino inquietante.
«Erin,
questa me la paghi! Era lui il misterioso
ragazzo! Era Onew!»
sussurrò
eccitata sedendosi di fronte a me «Perché
non mi hai detto
nulla? Non sai che di me puoi fidarti? Su, racconta! L’hai
visto? Dico, l’hai
visto? Cioè, sono seduta sulla stessa sedia dove si
è seduto lui! E’ una
figata, te lo dico i-»
«Si,
l’ho visto e so che lì era seduto lui. Ora se stai
zitta per un attimo, ti spiego!»
«Sono
tutta orecchie!»
Sospirando,
iniziai a raccontarle tutto, dal servizio
fotografico a quello che era accaduto poche ore prima. Lei ascoltava in
silenzio, come le avevo intimato, ma vedevo i suoi occhi cambiare a
seconda di quello
che raccontavo. Dopo quasi mezz’ora avevo finito il mio
lunghissimo monologo.
«Erin,
sei qui da neanche un anno e stai uscendo con un
idol di fama internazionale!»
«Uscendo?
Ma hai sentito quello che ti ho detto? E’
ossessivo, è insopportabile! E poi non m’innamoro,
io»
«Se
lo dici tu... Nessuno comunque parlava di
innamorarsi!» aggiunse sorridendo furbamente.
Era
solo metà Novembre, ma già nel centro di Seoul si
poteva già avvertire un’atmosfera natalizia: i
negozi iniziavano a esporre i
primi articoli da regalo, le vetrine si abbellivano di luci e festoni
rossi e
d’oro, rendendo le vie principali coloratissime.
Non
avevo mai amato il Natale, e lo stesso valeva per
un po’ tutte le altre festività. Fin da piccola
non avevo mai festeggiato com’è
tradizione: mio padre lavorava, così passavo la vigilia con
una delle tante
cameriere della casa, scartando i regali che mi comprava mio padre.
Dopo gli
undici anni, quando mio padre smise di farmi i regali, iniziai a
passarlo in
camera mia.
Sarebbe
stato strano festeggiarlo per la prima volta
con Jihyun, ma non mi dovetti preoccupare più di tanto: lei
sarebbe partita
presto per una mega-vacanza con i suoi genitori per visitare alcuni
parenti, dagli
ultimi di Novembre fino ai primi di Gennaio.
Dopo
quella volta al bar, avevo sentito Onew solo
qualche volta. Ci incontravamo di sabato mattina, quando sembrava che
tutti e
due avessimo una pausa dai nostri lavori. Andavamo al
solito parco, poi a prendere un caffè in un
bar sconosciuto e poco frequentato. Lì, Onew parlava e
parlava, di tutto e di
tutti. Io ascoltavo e basta, a volte raccontavo qualcosa, nulla che
però fosse
rilevante. A Onew andava bene così, non si lamentava mai.
Avevo
in qualche modo creato una routine stabile, che
però non avrebbe durato.
Era
una di quelle giornate in cui fa buio già alle
quattro di pomeriggio, in cui il freddo ti entra dentro le ossa e non
ti lascia
andare. Ero appena arrivata a casa dal lavoro e mi stavo cambiando con
il mio
solito pigiama, quando il cellulare suonò. Svogliata, aprii
la borsa, ma tutto
quello che vidi fu il mio portafoglio e altri oggetti. Seguii la
suoneria, finché
non arrivai in salotto. Il mio cellulare, appoggiato su un cuscino del
divano,
vibrava e suonava ancora.
«Chi
è a quest’ora... Pronto?»
«Ciao
Erin» rispose una voce calda, in inglese.
«Scusa,
non ti conosco» borbottai. Allontanai il
cellulare dall’orecchio per controllare il display. Numero
sconosciuto.
«Ma
come? Non ti ricordi più di tua
madre?» sentii ridacchiare dall’altra
parte della cornetta. «E’
passato tanto tempo, ma sono comunque tua madre, Erin»
continuò la voce.
Un
brivido percorse la mia schiena, obbligandomi a
sedermi sul divano. Non riuscivo a capire se fosse tutto uno scherzo o
se
davvero quella voce calda e vellutata fosse quella di mia madre.
«S-Stai...
Scherzando?» sussurrai.
«Perché
dovrei? Ho saputo che non sei più in America, è
vero?»
«N-No,
aspetta. Perché... Perché mi hai chiamato?
Perché proprio ora?» strinsi il cellulare tra la
mano, cercando di comprendere
il motivo di quella surreale chiamata. L’ultima volta che
avevo sentito e visto
mia madre avevo cinque anni, tredici anni fa, prima che ci abbandonasse
per
trasferirsi in Florida con un venticinquenne. Perché si
faceva sentire proprio
ora? Era successo qualcosa?
«Vedi,
Erin... Da donna, ho sempre avuto il desiderio
di rivederti, ma ho sempre avuto paura. Ora finalmente ho trovato il
coraggio
di contattarti e...»
«Come
hai fatto?»
«Sai,
amici...» amici? Quali amici? Decisi di rimanere
in silenzio. «Allora, è vero che ti sei trasferita
all’estero?»
«Sì...
In Corea»
«Oh,
e com’è? Racconta! Perché ti sei
trasferita?»
«E’
bella. Mi sono trasferita perché...» rimasi in
silenzio, cercando di trovare le parole. Non volevo parlargli subito
della mia
relazione con mio padre. «Perché sono sempre stata
appassionata di… questo
posto»
«Capisco,
ci sono tante cose che non so di te! Tesoro
mi chiamano, purtroppo, ti richiamerò, ok?» e
chiuse la telefonata.
Rimasi
lì immobile, seduta sul divano e con il
cellulare ancora all’orecchio, cercando di riordinare le
idee.
Era
tutto così strano, così... surreale.
«Erin,
che hai fatto?» chiese Jihyun entrando nella
sala, poi guardando il cellulare ancora stretto tra le mie mani, mi rivolse uno sguardo
curioso «Chi ha
chiamato?»
«...Mia
mamma» mormorai.
«Cosa?!
Ma...»
«Io...
Mi ha chiamata, così... Dal nulla»
«Perché?»
chiese nuovamente sedendosi accanto a me.
«Non
lo so... Dice che voleva rivedermi... Jihyun... E’
normale che io mi senta... strana? Quasi felice, direi» mi
girai verso la mia
amica, mentre lei sorrideva appena.
«Beh,
penso di sì. Anzi, devi essere felice: hai
ritrovato tua mamma!» esclamò abbracciandomi.
Sorrisi leggermente
nell’abbraccio.
Avevo
trovato mia mamma...
Era
l’una di notte quando sentii il cellulare vibrare
sul comodino. Alzando la testa dal cuscino, afferrai
l’aggeggio e guardai il
display. La parola “Mamma” lampeggiava
insistentemente sullo schermo.
«Pronto...»
sussurrai alzandomi dal letto.
«Ciao
tesoro, come stai?» esclamò la voce
dall’altro
capo.
«Tutto
ok» risposi mettendomi un paio di scarpe. Uscii
silenziosamente dalla camera e andai fuori sulla terrazza, sperando di
non
disturbare Jihyun.
«Perché
sussurri?»
«Qua
da noi è notte... mamma»
«Ah,
capisco! Hai sonno?»
«Un
po’» mi appoggiai al muro
«Non
ti preoccupare, quando tornerai qui in America,
potrai dormire quanto vorrai e non do-»
«Cosa?
Tornare in America?» esclamai fregandomene dei
vicino. «Di cosa stai parlando?»
«Ora
che ti ho rintracciata, non vorrai certo rimanere
là in Giappone!»
«...Corea»
la corressi «E comunque... Non posso, qua ho
un lavoro e degli amici, non vorrai che io lasci
tutto…»
«Ma...
Vorresti dire che preferiresti rimanere lì
piuttosto che venire ad abitare con me?»
«N-non...
Non ho detto questo... Ma...»
«Mi
vogliono al lavoro tesoro, mi dispiace. Prometti di
pensarci bene, ok?»
«O-»
la linea telefonica s’interruppe, io rimasi lì in
piedi.
Non
volevo tornare in America, ricominciare da capo
tutto ancora una volta. Qui avevo un lavoro, una casa, avevo Jihyun
e... avevo
Onew. Non volevo lasciare tutto, eppure sentivo che avrei fatto bene
passare un
po’ di tempo con mia madre. Era normale passare del tempo con
lei, non succede
così?
Era
mia mamma dopotutto, no?
La
mattina dopo mi svegliai con un terribile mal di
testa e due o tre linee di febbre. Chiamai il lavoro e mi dissero di
rimanere a
casa per un giorno o due. Sollevata, sprofondai tra le coperte,
ripensando alla
chiamata della sera prima.
Non
sapevo davvero cosa fare, e non volevo parlarne con
Jihyun per il momento. La risposta, grazie al cielo, arrivò
a metà mattinata,
verso le dieci.
«Erin!»
sentii esclamare appena aprii la chiamata.
«Sì,
mamma?»
«Non
sarai costretta a ritrasferirti, per ora! Verrò io
in Corea per qualche settimana, ok?»
«Cosa?»
esclamai alzandomi di colpo dal letto. Ebbi una
fitta alla testa, costringendomi a calmarmi per un attimo.
«Verrò
lì e starò un po’ con te!»
«Cos...
Ma quando? E dove starai?»
«Fra
due o tre settimane. Il posto lo troverò, starò
in
un hotel o a casa tua, ok?»
«Ehm...
Io... o-ok» mormorai. Mia madre riattaccò
qualche minuto dopo, ma non feci nemmeno in tempo ad appoggiare il
telefono sul
comodino che iniziò a vibrare di nuovo. Senza nemmeno far
caso al nome,
accettai la chiamata, portando il cellulare all’orecchio.
«Pronto?»
«Hey
Erin!»
«Hey
rompiscatole» borbottai ironica riconoscendo
immediatamente la voce.
«Di
buon umore, eh? Hai voglia di uscire? Hanno
cancellato un’intervista!» trattenni una risatina
sentendo il tono di voce di Onew:
nemmeno un bambino a Natale avrebbe avuto una voce così
felice!
«Sto
male, non posso uscire»
«Oh,
mi dispiace... Allora vengo a cucinarti qualcosa!»
dichiarò.
Neanche
morta!
«No
che non vieni!»
«Hai
fame e non puoi alzarti!»
«Non
sai dov-»
«Kibum,
posso cucinare pollo fritto a un
ammalato?» m’interruppe senza nemmeno starmi a
sentire. Sentii un ragazzo sgridarlo, un altro ridere.
«Onew,
tu non verrai qua!» esclamai riportando
l’attenzione su di me.
«Ciao
Erin, ci vediamo fra poco!»
Scalciai
via le coperte, cercando di reprimere i miei
istinti omicidi. Ma perché quel ragazzo doveva sempre fare
di testa sua?!
Appoggiai la mia testa dolente ai cuscini, cercando di riaddormentarmi.
«Tanto
non gli apro»
«Eriiiiiin!
Apriiiii!»
«No!»
esclamai stringendomi nella coperta che avevo
attorno al corpo. Saltellai verso il divano, stendendomi.
«Daiii!
Ho fatto mezza Seoul solo per venire qua, ora
devi aprirmi!»
«Ok,
ok» mormorai alzandomi. Aprii la porta. Onew era
davanti a me con due sporte tra le mani e il solito sorriso che gli
illuminava
il viso.
«A
dir la verità ero abbastanza vicino, ci ho messo tanto
perché non sapevo cosa comprare» aggiunse
ridacchiando. Senza nemmeno
arrabbiarmi mi spostai, ristendendomi sul divano. La febbre era
probabilmente
salita, il mal di testa era persistente.
«Yah,
stai bene?» mi chiese chiudendo la porta.
«Ho
solo un po’ di mal di testa» si sedette accanto a
me, scrutandomi. Poi, piano piano, vidi il suo viso avvicinarsi sempre
di più
al mio. Incapace di capire cosa stesse succedendo, rimasi immobile,
finché non
sentii le sue labbra appoggiarsi leggere sulla mia fronte.
Pietrificata,
continuai a fissarlo stralunata.
«Sei
molto calda, Erin... dovresti prendere un’aspirina»
«Prima
devo mangiare, non posso prenderla a stomaco
vuoto»
«...Giusto.
Allora cucino in un attimo! Ci credi che i
malati non possono mangiare pollo fritto? E’ incredibile...
dovrò farti una di quelle cose insipide che mangiano
tutti, immagino...» gli mostrai con un cenno la cucina, dove
si intrufolò in un
attimo. Stesa sul divano lo sentivo canticchiare una delle mille
canzoni
presenti nell’iPod di Jihyun. La sua voce era profonda ma
vellutata;
decisamente affascinante…
No
aspetta.
La
sua voce non era affascinante, nemmeno per sogno! Ma
a cosa stavo pensando?
«...Bene?»
sussultai leggermente, trovandomi davanti il
viso di Onew, perplesso, che aspettava una risposta.
«Cosa?»
«Ho
detto, ti senti bene?» annuii, sedendomi. Presi in
mano la zuppa che mi porgeva e la squadrai sospettosa. Era fin troppo
di
bell’aspetto per essere stata cucinata da un uomo.
«L’hai....
davvero cucinata tu?»
«Cosa
credi?! Sono capacissimo di cucinare un sacco di
piatti!» decisi che non mi importava chi l’avesse
cucinata, dal momento che
rischiavo di morire di fame. Mangiai il piatto in fretta, mentre Onew,
di
fianco a me, mi osservava discretamente. E stranamente non mi dava
fastidio;
ero così abituata alla sua presenza che ormai non facevo
più caso alle sue
stranezze.
«Come
si dice?» esclamò tutto d’un tratto. Lo
squadrai,
posando la ciotola sul tavolino davanti a noi.
«La
prossima volta metti meno verdure?»
«No,
la parola “magica”!»
«Onew,
la parola “magica” è per favore, non
grazie» si
mise quasi subito a ridere, mentre io lo guardavo sbuffando.
«Fa
lo stesso, tanto “Grazie” l’hai comunque
detto!»
poi, alzandosi aggiunse: «Dove sono le medicine?»
«In
bagno, lo sportello di sinistra» tornò poco dopo
con in mano una scatolina. Presi l’aspirina e poi mi ristesi
sul divano, sempre
sotto lo sguardo apprensivo di Onew. In silenzio, cercai di ascoltare i
suoni
che provenivano dalla strada, mentre i raggi deboli del sole invernale
si
appoggiavano su di noi. Odiavo stare male, con tutta me stessa. Non
riuscire a
stare in piedi e non poter camminare per me era impensabile!
«Onew...»
mi ritrovai a sussurrare dopo qualche attimo di
silenzio, ormai fuori di me.
«Si?»
«Tu...
sei davvero strano.
Anche se continuo a cacciarti tu ritorni sempre. Non è
normale» come estraniata
dal mio corpo, sentivo la mia voce sussurrare quelle parole ma, forse a
causa
della febbre, non riuscivo a prendere il controllo sulla mia bocca.
«Lo
prendo come un complimento?»
«Fai
come vuoi» le palpebre, intanto, si facevano
sempre più pesanti. «Mi ricordi tanto un
cagnolino» aggiunsi prima di chiudere
gli occhi del tutto. Nel silenzio della stanza, prima di addormentarmi,
sentii
la sua voce sussurrare “Tu mi ricordi un gattino ferito,
invece”.
-
Note
dell’autore.
Eccoci
qua… Jihyun ha scoperto il “segreto” di
Erin e
la madre di Erin è entrata in scena… Le cose
iniziano a farsi interessanti da
qui in poi! :3
Questo
capitolo non mi convince del tutto, ma dopo l’ennesima
volta che lo cambio ho deciso di lasciarlo così e amen!
Spero vi piaccia!
---
Too
Fast To Live:
Spero ti piaccia questo capitolo! La Onrin…
mi piace come nome! *___* ahahah
_Eli
Minho_:
Grazie del complimento, non immagini quanto mi faccia
piacere :3 Eeh, chi lo sa se è cotta… Vedremo!