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Autore: Blackie_    09/11/2011    0 recensioni
Bill è un angelo, o almeno dovrebbe esserlo, ma i suoi capelli corvini lo tradiscono, così come la sua profonda propensione verso i sentimenti umani e sbagliati che prova per Lara, una semplice ragazza terrena. Soltanto Tom, unico amico e confidente proverà ad aiutarlo, senza però riuscire a proteggerlo dallo stravolgimento di un Destino non scritto di cui soltanto Bill potrà essere l'artefice.
"Tutto pur di non essere come loro, tutto pur di non dover trascorrere un'eternità monotona, tutto pur di non essere un angelo"
Genere: Malinconico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La solita giornata di scuola finì e io mi trovavo ancora alla solita fermata con le solite cuffie nelle orecchie.
Canticchiavo a bassa voce con gli occhi chiusi, cercando di estraniarmi completamente dal mondo che mi circondava. All'improvviso mi sentii urtare da qualcosa e maledissi il mio fisico esile per avermi lasciata cadere in terra con così tanta facilità. Aprii gli occhi cercando di capire che cosa mi avesse colpito e notai un ragazzo che mi guardava tendendomi una mano con espressione mortificata. Lo sconosciuto borbottò qualcosa che non riuscii a comprendere a causa dell'alto volume della musica nelle mie orecchie, strinsi comunque la sua mano e mi rialzai togliendomi le cuffie
-Scusa davvero…- Mi disse io scrollai le spalle
-Non importa…piuttosto, dove cavolo stavi andando così di fretta?- Gli chiesi
-Cercavo di prendere l'autobus…ma sono arrivato tardi, è già partito…- Mi rispose indicando il mezzo allontanarsi fumando dal tubo di scarico, non so che cosa mi trattenne dal tirare un bestemmione storico.
-Ma come posso essere così imbranata?!?-Esclamai in un grosso sospiro passandomi una mano sul viso, possibile che non me ne andasse mai dritta una!?!
-Lo stavi aspettando anche tu?- Mi chiese lui apparentemente confuso, io annuii affranta e lo vidi mordersi le labbra per cercare di non scoppiare a ridere, fu comunque un apprezzabile segno di educazione.
-Ehm…comunque io sono Kristian- Disse tendendomi la mano
-Lara, piacere- Gliela strinsi e poi lo guardai, era abbastanza alto, aveva i capelli castani e due grandi occhi verdi, ero sicura di averlo già visto da qualche parte a scuola, ma non gli avevo mai fatto molto caso.
-Piacere mio- Rispose educatamente -Senti…visto che abbiamo una mezzora buona prima che passi un altro autobus in questo buco di paese…ti andrebbe di andarci a prendere un gelato?-
Lo guardai indecisa, di solito non prestavo molta confidenza alla gente conosciuta da poco, un rapporto, di qualunque genere, per me era una cosa da acquisire col tempo, era anche per questo che io non avevo molti amici. Comunque quel ragazzo mi sembrava un tipo a posto e quindi non ci vidi nulla di male a concedergli un uscita
-Va bene!- Risposi in un sorriso cordiale avviandomi insieme a lui verso la gelateria di fronte alla scuola
-Offro io!- Disse estraendo il portafoglio facendo attenzione a non macchiarsi con il suo cono al pistacchio
-No, non devi…- Tentai di replicare ma lui mi zittì con lo sguardo
-Dovrò pure scusarmi in qualche modo per averti buttata per terra no?-
Alzai gli occhi, ma gli sorrisi comunque.
Chiacchierando, o meglio, lui parlava e io mi limitavo a brevi frasi o cenni con il capo, il tempo passò velocemente e il secondo autobus arrivò permettendoci, questa volta, di salire.
Era piuttosto pieno e quindi dovemmo stringerci fra di noi, sfiorare il corpo di Kristian mi mise involontariamente in imbarazzo, probabilmente lui se ne accorsa perché scoppiò a ridere e mi strinse ancora di più a sé
-Non ti mangio mica!- Disse ridendo, mentre io non riuscivo quasi a proferire parola, mi domandavo perché si stesse interessando a me…si stesse interessando troppo a me.
Non ero certo un'ingenua, si capiva che il suo modo di comportarsi era più di semplice gentilezza, mi morsi il labbro inferiore pensando che, in fondo, non era certo brutto ricevere delle attenzioni di tanto in tanto.
-Io scendo qui- Dissi una volta arrivata alla mia fermata, lui mi salutò sorridente ed io scesi dall'autobus, mi sentivo incredibilmente agitata, come se avessi fatto tutta la strada di corsa, presi fiato e mi tranquillizzai prima di entrare in casa.
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Non mi piaceva…Quel Kristian non mi piaceva per niente. Non che fosse un criminale o cosa, dato che avevo già dato un'occhiata alla sua mente, eppure c'era qualcosa che non andava in lui, come un lato oscuro, sapientemente nascosto dietro una maschera da bravo ragazzo. In ogni caso, non potevo fare nulla da lì e quindi era inutile pensarci più di tanto.
Pensieri, pensieri…Pensavo troppo, e a pensare troppo si finisce irrimediabilmente per impazzire, e ormai avevo ottime ragioni per credere di non essere più tanto lucido.
-Bill! Bill Eccoti finalmente!-
Sussultai sentendomi chiamare da Tom e le acque che stavo fissando si intorpidirono fino a far svanire completamente l'immagine che stavo guardando.
-Cosa c'è?- Gli domandai voltandomi verso di lui
-Devo andare a prendere un anima- Mi disse con voce piatta
-Ok…va- Gli risposi io, non capendo perché mi avesse detto una cosa piuttosto ordinaria,
Tom mi stava guardando in modo strano e non riuscivo a capire che cosa avesse
-Non voglio- Disse piano, scandendo ogni parola con estrema lentezza, lo guardai strabuzzando gli occhi
-Nessuno di noi lo vorrebbe, ma prima o poi ci tocca, quindi fatti coraggio e vai- Gli dissi categorico.
L'angelo si abbassò e mi sussurrò nell'orecchio, talmente piano così che nessun altro avrebbe mai potuto sentirlo:
-è un Non Nato- Mormorò con uno strano tono di voce
I Non Nati erano, come indica il termine stesso, quelle anime che non avevano ancora tratto il primo respiro e che quindi non avevano mai potuto vivere, alcune di esse finivano completamente annullate, visto che non era più possibile inserirle nel circolo della natura, mentre altre, scelte personalmente dalle cariche più alte, avevano l'"onore" di venir rese angeli o demoni, dipendeva dai casi. Tom era uno di questi, poco più di vent'anni prima, quella ragazzina di diciotto anni che avrebbe dovuto essere sua madre, lo rifiutò perché non voleva permettere a nulla di offuscare la sua brillante prospettiva di vita e così decise di abortire, abbandonando ciò che era ancora non era, lasciandolo solo davanti al suo destino.
-Non preoccuparti- Gli dissi sorridendo -Ci vado io-
Tom mi abbracciò -Grazie! Grazie! Non so perché però…davvero, io non me la sentivo-
Lo guardai comprensivo, spesso gli angeli Non Nati erano i più inclini a provare ancora quegli istinti umani con i quali erano stati creati in origine, e anche per questo molti di loro non potevano ambire ad alte cariche ed erano spesso considerati un gradino più in basso degli altri angeli.
-Non c'è di che- Risposi, poi mi avviai a svolgere il mio compito.
La mia destinazione era in Cina, per la precisione in una clinica nella città di Xi'an. La donna si trovava ancora distesa sul letto sotto l'effetto dell'anestesia, guardando nella sua mente ho appurato che il motivo di quella decisione era stato il rigido controllo delle nascite e le ingenti tasse da pagare nel caso i figli nati fossero più di uno, la donna era sola e già madre di un altro bambino, non poteva assolutamente permettersi di crescere un altro figlio.
Accanto al letto, chiuso in una busta di plastica, vi era il feto, lungo meno di un centimetro, ma vi erano già ben visibili i grandi occhi e un accenno di arti.
Con un sospiro cominciai a guardarmi attorno, i Non Nati erano difficili da individuare, dato che quell'anima non era ancora niente vi era solo la sua essenza più profonda che ora vagava senza meta in quella stanza.
Chiusi gli occhi e mi concentrai al massimo, poi la sentii, come un vento gelido che ti invade fin nel profondo e in lontananza un gemito e poi un lamento strozzato
-Seguimi, non voglio farti del male- Sussurrai, quando riaprii gli occhi, era davanti a me.
L'anima era bianca e inconsistente, sulla viso spiccavano due grandi abissi vuoti e neri, la testa, senza volto né capelli, era sostenuta da un corpicino infinitamente sproporzionato e non vi erano dita ne sulle mani né sui piedi.
Mi accovacciai fino ad arrivare alla sua altezza poi allungai la mano verso di essa
-Vieni con me- Dissi piano, ma lei si ritrasse bruscamente, come spaventata
-Non aver paura- Continuai dolcemente, l'anima emise un singhiozzo e si allontanò ancora di più, allora io mi avvicinai di nuovo fino a sfiorare il vapore bianco di cui era formata, reprimendo a stento un brivido di gelo. La mia tecnica però, sembrò funzionare perché l'anima si calmò e strinse il mio dito indice nella sua mano minuscola. Le sorrisi incoraggiante e la portai via, ora bisognava soltanto aspettare il responso di Nike.
  
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