Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade
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Autore: IlMalee    10/11/2011    3 recensioni
veri Sabbat fanno irruzione nel covo di un anziano... che non è molto contento di ricevere visite! Doveva essere un lavoretto facile e invece...
Genere: Azione, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Da dietro la porta non proveniva alcun rumore.
Evidentemente li aspettavano a cannoni spianati.
Michele sorrise, lisciando per bene il coltello con la lingua.
Ci sarebbe stato da divertirsi.
Spalancò la porta con un calcio, e poi si gettò subito di lato.
Aveva percepito ancora prima di entrare il battito di almeno otto persone in quella stanza. Vive. Quello era il meno.
Il problema erano quelli che non emettevano alcun battito.
Ci sarebbe stato da divertirsi, sul serio.
Non appena lui e i suoi compagni entrarono, rotolando ciascuno su un angolo diverso della stanza, aveva già messo a fuoco il posto in cui si trovavano.
Un'ampia stanza, probabilmente un salone relax.
Sotto di lui sentiva il fruscio morbido di un tappeto.
Erano in otto. Non appena si era scansato, avevano cominciato a far fuoco.
Uno di loro aveva in mano un mitra, vomitava proiettili come una cazzo di contraerea.
Quelli avrebbero potuto far male anche a lui.
Si era messo dietro un divano.
Sentiva che i proiettili ormai lo stavano riducendo a un formaggio di groviera, e ad un certo punto avvertì un bruciore al braccio sinistro. Una pallottola lo aveva colpito di striscio.
"Ci siamo, tesorini."
Sentì il sangue scorrergli attraverso le gambe e poi inondargli le braccia. I muscoli stavano per esplodere.
Spiccò un balzo, era sollevato almeno di due o tre metri da terra.
Rise quando vide il volto dello stronzo col mitra in mano, giusto un secondo prima che i suoi pugnali lo trafiggessero al petto.
"Ah!"
riuscì solo a emettere un grido strozzato, poi il moretto vestito da pappone cominciò a sputare sangue mentre lui rimaneva inginocchiato a rigirargli le lame.
Avrebbe voluto tagliargli la gola e berne un po', ma un bastardo davanti a lui lo aveva preso di mira.
Sentì un colpo esplodergli vicino la testa.
"!Mi hai fatto male, troietta!"
La testa ora gli bruciava, sentiva che gli stava per spuntare un bernoccolo.
Si rialzò e mollò un ceffone alla bionda che gli aveva appena sparato.
Quella ruzzolò via sbattendo la testa su un tavolino, e non si rialzò.
Michele diede un occhio di sfuggita dietro di sè.
Gli altri se la stavano spassando, esattamente come lui.
Gabriella stava squarciando rumorosamente la gola di un tizio con la faccia stravolta, pistola in mano, paralizzato dal terrore.
Enrico stava dando del suo meglio con il fucile,  vide che mirava alle gambe di un tizio, fece fuoco e poi lo lasciò agonizzante al suolo a raccogliere i resti di ciò che rimaneva delle sua membra. Che bastardo. Gli piaceva vederli soffrire.
Akin… Beh, era scomparso.Come al suo solito.
La carne da cannone che si erano portati appresso aveva iniziato a seguire il buon esempio, si erano avventati su uno e lo stavano smembrando, prosciugando fino all'ultima goccia quel figlio di puttana. Si leccavano pure le dita, zuppe di sangue.
Principianti.
Proprio mentre si chiedeva che fine avessero fatto Ettore, il vescovo e Giorgio, un'altra porta a doppia anta di legno massiccio si spalancò, dall'altro lato della stanza.
Non entrò nessuno. Quella fu la cosa che più lo lasciò stranito.
Poi, quando vide l'enorme mannaia lunga almeno quanto il suo braccio sfiorargli la  fronte mentre si abbassava all'ultimo secondo, capì.
Erano arrivati i veri stronzi.
Fece una capriola all'indietro e tentò di mettere a fuoco chi aveva davanti.
Era un armadio, un muro d'uomo. Capelli rossi, faccia da culo e una mannaia gigantesca. E cosa ancor peggiore, era veloce almeno quanto lui.
Il gigante attaccò di nuovo, stavolta tentando di mozzargli una gamba che incautamente teneva in avanti.
Riuscì a malapena a scansarsi, poi tentò di contrattaccare, mirando alla faccia del bastardo con un affondo.
Lo mancò vistosamente, quello si era abbassato prima ancora che vibrasse il colpo, e lo aveva mandato gambe all'aria con una spallata.
Andò a schiantarsi contro un tavolo di vetro, mandandolo in mille pezzi.
Era veloce. Perfino più veloce di lui.
Fottutamente più veloce.
Sopra di lui, sentì Giorgio urlare.
"Non preoccuparti lo sistemo io lo stronzo!"
Lo vide che balzava superando sia lui che il tavolino di vetro in frantumi.
Aveva attaccato frontalmente il bestione rosso con il braccio buono, l'unico rimasto, e uno dei suoi machete. L'altro parò il colpo con la mannaia, arrancando.
"Ah no, questo lo sistemiamo assieme."
Si era rialzato, ed aveva iniziato ad attaccare anche lui.
La cosa che più lo sconvolgeva non erano tanto la potenza dei colpi di quell'ammasso di muscoli, quanto la sua velocità. Era rapidissimo, e mentre parava contemporaneamente i colpi suoi e di Giorgio, trovava pure il tempo di contrattaccare.
Poi ad un certo punto, vide Giorgio sputare sangue.
"Che cazzo ti prende?" riuscì a malapena a voltarsi un millesimo di secondo, per notare che un pugnale aveva raggiunto Giorgio alla gola.
"No!"
Avrebbe voluto capire da che parte provenisse il colpo, e chi li avesse attaccati ai fianchi, ma fu costretto a fare un balzo per evitare l'ennesimo attacco  del colosso armato di mannaia.
"Cazzo!!!"
Aveva lanciato uno dei suoi coltelli, mirando al volto.
L'altro riuscì però a scansarsi, la lama gli si conficcò solo nel braccio.
Michele riuscì a prendere distanza.
Era stremato, e sapeva che se fosse stato ancora vivo il suo cuore sarebbe stato sul punto di scoppiare, e il fiatone gli avrebbe fatto girare la testa.
Fu proprio quando il rosso sollevò la mannaia che vide una cosa enorme passargli accanto e colpire in pieno il suo avversario, spazzandolo via. Era una scrivania.
Si girò.
Era stata Gabriella, aveva la bocca imbrattata di sangue e gli occhi rossi fiammeggianti.
"Vedi di non farti ammazzare, cretino!"
Aveva ragione.
Doveva concentrarsi.
Michele vide che ne erano entrati altri, nella stanza.
Vide Enrico che stava tentando di colpire un tipo bassetto, pelato, armato di una katana in miniatura o qualcosa del genere.
L'altro però era più veloce, e schivava tutti i colpi di fucile.
Sentì un terribile frastuono davanti a sè e vide che la scrivania ora era in frantumi.
Il colosso dai capelli rossi era di nuovo in piedi, sulla faccia aveva un espressione più che eloquente.
"Forza, vieni da paparino."
Gli si era lanciato contro, e stavolta vide di non essere da solo.
Akin era ricomparso, come sempre alle spalle, e aveva colpito il gigante al cuore.
Michele vide scintillare la lama del pugnale dell'assassino mentre perforava il petto del rosso, e senza nemmeno dare il tempo a quello stronzo di reagire lo aveva trafitto alla gola con uno dei suoi coltelli.
Lui rimase paralizzato, per qualche secondo, poi si accasciò al suolo.
"Bel lavoro, Bin Laden."
Non aveva nemmeno fatto in tempo a congratularsi con l'Assamita, che qualcosa di invisibile lo sollevò da terra e lo scagliò dall'altra parte della stanza.
Ne erano arrivati altri.
Dal portone, erano in due. Una donna e un uomo.
L'uomo teneva le mani indirizzate verso Akin, e difatti vide che il cainita non riusciva più a muoversi, sgambettava impotente mentre una mano invisibile lo stritolava.
Dietro di lui, udì il rumore di una lama che cozzava e riuscì a intravedere con la coda dell'occhio che Gabriella era intenta a parare i colpi di un tipo in impermeabile armato di una spada sottile. Sembrava in difficoltà.
Fu allora che finalmente arrivarono gli altri.
Sentì dietro di sè la voce di Ettore urlare:
"Morte ai nemici del Sabbat!!!"
Quell'urlo gli diede nuova carica, e si lanciò all'assalto del tipo che aveva preso il controllo di Akin.
Proprio mentre stava per fargliela pagare, un fiotto di sangue gli riempì la gola e i polmoni.
Lo avevano colpito al petto.
Cadde stramazzando al suolo.
Quando riaprì gli occhi vide il tipo basso e pelato sorridere sopra di lui con i canini ben in vista. Aveva una cicatrice orribile in volto, e gli stava puntando un pugnale alla gola.
"E' finita, coglione."
"No!"
Sentì uno sprizzo di sangue investirgli il volto e poi un cumulo di cenere ricoprirgli il corpo. Qualcuno aveva mozzato di netto la testa del pelato.
"Tutto bene, vero sabbat?"
Era il vescovo Gabriele, sopra di lui. Sembrava un vero vichingo nel pieno della battaglia, il volto dipinto di sangue.
Stava per ringraziarlo, ma vide che all'improvviso la sua faccia aveva preso fuoco.
Letteralmente.
Era come se  qualcuno lo avesse colpito in pieno con un lanciafiamme.
"Aaaaaaagghhh!!!"
si era messo ad urlare, e  a battersi la faccia nel disperato tentativo di estinguere le fiamme, ma la sua testa ormai era un globo infuocato.
Michele vide che quel bastardo coi capelli lunghi ora era concentrato sul vescovo Gabriele, e mano a mano che agitava le mani le fiamme aumentavano.
Era una scena terrificante, lì davanti ai suoi occhi il vescovo stava venendo arso vivo.
"Lurido bastardo! Morirai con me!"
Aveva urlato così il vescovo, poi si era lanciato addosso al vampiro e lo aveva abbracciato.
L'altro aveva tentato di dimenarsi, ma era troppo tardi. Entrambi ora bruciavano emettendo urla assordanti, rotolando per terra.
Dopo un po' a terra erano rimasti dei vestiti bruciati e un cumulo di polvere grigia.
Michele si rialzò e vide che lì davanti era rimasta ad assistere la vampira, scioccata.
"Ma ciaooo…"
"No!"
Le aveva afferrato i capelli, e poi la aveva sbattuta al suolo.
"Ora morirai qui, puttana!"
"No!Pezzente!"
Lei tentò di afferrargli la testa e guardarlo negli occhi, poi urlò:
"Lasciami andare, subito!"
Nello stesso istante in cui la non morta aveva urlato quelle parole in tono autoritario, Michele aveva distolto lo sguardo continuandola a tenere ferma al suolo.
"Questi giochetti non funzionano con me, troia."
Michele tirò fuori dalla cintura altri due coltelli e li infilzò entrambi nei polsi della cainita, piantandola al suolo. Poi prese un pezzo di legno della scrivania in pezzi, e le trafisse il cuore.
Quella rimase lì, paralizzata a bocca aperta.
Era proprio carina.
Per sicurezza Michele le piantò altri due pugnali sulle braccia, in prossimità dei muscoli, e altri due alle gambe, bloccandola completamente. Era immersa in una bagno di sangue. Una gnocca da paura, vestita da segretaria, con tanto di seni enormi, occhiali e tacchi a spillo. Si fermò per un attimo a contemplarla.
Solo allora si rese conto che attorno a lui vi era il silenzio più totale.
La stanza era un cumulo di macerie, vi era puzza di fumo, carne bruciata e un fortissimo odore di sangue. Quelli della carne da cannone erano tutti morti.
Michele vide sparsi qua e là tre o quattro mucchietti di cenere e riconobbe i vestiti.
I ghoul erano tutti stecchiti, avevano gli occhi spenti e assenti.
Camminò per un po', e vide che Akin era morto, o perlomeno in torpore. Sembrava che qualcuno gli avesse slogato ogni articolazione e lo avesse ridotto a un burattino male assemblato.
Giorgio era crepato pure lui. La gola completamente squarciata e lo sguardo vitreo sul suo volto stava a testimoniare che quel non morto non si sarebbe più mosso per un bel pezzo.
Da dietro un divanetto ricoperto di sangue e crivellato dai proiettili, comparve Gabriella.
Non lo salutò con un suono o un'espressione umana, ma con un ringhio vero e proprio, da animale. Ea esausta, si trascinava a fatica a quattro zampe.
Michele vide che aveva la schiena ricoperta di lame infilzate e pezzi di legno acuminati. Sembrava un puntaspilli.
"Quei…Quei bastardi mi hanno fatto male."
Si era chinato e le stava togliendo tutta quella roba di dosso.
"Non preoccuparti, adesso ce ne andiamo."
Sentì un rumore dietro di lui, e voltandosi vide che si trattava di Enrico.
"Ciao ragazzi" sorrideva, beato. Accanto a lui c'era anche il barbone. Sembrava illeso.
"Cazzo, ma sei ancora vivo pure tu?Vieni a darmi una mano qui, è un macello."
"Sì, arrivo, un momento."
"dove diavolo sono finiti gli altri, Ettore, gli Adepti?Il vescovo?"
"Il vescovo è morto."
"Vorrei tanto sapere dove si trova Ettore. Nel casino ho perso di vista tutti."
"Io non lo so dove si trova Ettore. Ma so dove si trova lui."
A Michele venne quasi un colpo.
Enrico aveva indicato la porta, spalancata. Lì davanti, con una faccia a metà tra lo schifato e il divertito, vide Bruno. Era proprio lui.
"Bruno! Brutto stronzo!"
Si era rialzato, ma quello sghignazzando aveva preso a salire le scale.
Anche Gabriella si era rialzata, e saltellando aveva iniziato a rincorrere l'anziano.
Ridendo, Enrico si era messo a correre assieme a loro.
Salirono le scale di fretta, Michele era tutto un ammasso dolorante ma sentiva una furia  bruciargli da dentro le viscere che lo faceva andare avanti.
Quando arrivarono alla sala superiore, scoprirono che vi era un enorme stanzone, semibuio, con delle grandi finestre.
Sembrava una sala da ballo, non c'erano mobili.
Con circospezione, avevano iniziato a camminare timorosi scrutando nel buio.
La voce li fece quasi sobbalzare.
"Andatevene, non ho tempo da perdere con voi."
Michele per un attimo rimase in silenzio, poi replicò:
"Codardo, perché non vieni fuori e ci affronti? La facciamo finita una volta per tutte."
"Molto volentieri."
Qualcosa si era mosso nel buio e Michele, seguito da Gabriella, si era voltato in quella direzione, pronto allo scatto.
Si bloccarono quando videro che si trattava di un grosso ratto di fogna, che squittendo schizzò via.
Poi alle loro spalle udirono un rumore di vetri infranti.
Una delle finestre era stata rotta.
Un buco largo abbastanza perché un uomo vi potesse passare attraverso.
"Merda, ci ha giocati!"
Michele aveva bestemmiato, conficcando il pugnale sul legno del parquet.
"E adesso che si fa?"
Enrico sbuffò, grattandosi il sedere con il fucile.
"Non si fa un bel niente, non si fa. Ce ne torniamo a casa."
"Come scusa? E la missione?"
"Fanculo la missione. Il vescovo è morto, Bruno è scappato. Di sicuro anche Gian Galeazzo se ne è andato e scommetto  che anche Ettore se l'è svignata o è stato fatto a pezzi."
"Merda."
"Io sinceramente sono stufo."
E cosa intendi fare?" Gabriella si era sistemata un pò i capelli, sedendosi ad ascoltare Michele. Sembrava interessata.
"Io direi di andarcene da Milano. Questo posto è fottuto, ormai. Presto i sabbat verranno tutti fatti fuori. Ammettiamolo, la Camarilla ci ha presi per le palle. Non c'è speranza di vittoria."
"Hai ragione. Con Gian Galeazzo dalla loro poi…"
"Io dico di andare a Torino. O in Sicilia. Ho sentito che non se la passano tanto male da quelle parti, i sabbat."
"Ehi," li interruppe Enrico."Però una cosa c'è."
"Che cazzo intendi dire?"
"Ho vinto la scommessa!"
Il malkavian indicò tutto contento il barbone che li aveva seguiti fino lì. Sembrava terrorizzato, le gambe gli tremavano.
Michele sputò per terra.
"Cazzo! Pure questa adesso. E va bene, hai vinto."
"Yeeeee!!!" Enrico cominciò a saltare per la stanza e fare piroette.
"posso tenerlo con me, posso? Prometto che gli baderò io, gli darò da mangiare e lo vestirò…"
"E va bene, portatelo pure dietro quel derelitto. Tanto ormai, per quello che conta.."
"Allora ductus, qual'è la prossima mossa?"
Michele rimase interdetto per un attimo.
Era stata Gabriella a parlare. Sorrideva nel buio, anche se l'immagine era piuttosto agghiacciante.
Sorrise anche lui.
"Bèh, innanzitutto direi di andarcene da questo posto di merda il più velocemente possibile. Poi credo che sarebbe meglio progettare un piano per dare la caccia a quel bastardo di Bruno."
Staccò il pugnale dal pavimento e se lo rimise nella cintura.
"Dopotutto, prima o poi lo ritroveremo quel bastardo. E gli faremo vedere cosa significhi fare incazzare dei veri sabbat."

  
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