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Autore: Akemi_Kaires    10/11/2011    5 recensioni
Amina è tutto, fuorché un'Allenatrice di Pokèmon. In realtà, mai ha desiderato di averne uno.
Anzi, ha una vita molto banale e monotona. Ed è fiera di essere così.
Ma, durante una normale serata, una decisione sconvolgerà totalmente la sua vita.
Come reagirà?
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Dal Capitolo 7:
- Voglio diventare come lui – annunciò infatti, alzandosi in piedi, determinata come non mai. Sotto un certo aspetto, invidiavo il suo entusiasmo. – Un giorno diventerò l’eroina di Johto!
- Allora saremo messi bene… - la schernii, sbuffando, smorzando brutalmente il suo entusiasmo. Per tutta risposta, ricevetti un’occhiataccia e uno spintone.
Inarcai un sopracciglio, scrollando le spalle, cominciando a pensare seriamente ad un suo possibile ritardo mentale. Dopotutto, non era lei dalla parte del torto? Non poteva essere così stupida da credere in quel genere di idiozie.
Forse non si rendeva conto di quanto fosse pericolosa un’impresa simile.
Genere: Avventura, Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Come mi sembra giusto e lecito fare, vorrei porre i miei più sentiti ringraziamenti a tutti coloro che continuano a seguire l’a

Come mi sembra giusto e lecito fare, vorrei porre i miei più sentiti ringraziamenti a tutti coloro che continuano a seguire l’avventura della volubile Amina Drater.

Vorrei dare un abbraccio forte a Cheche, berserker eagle, Rozen Kokoro, Angelus the best, ellacowgirl in Madame_Butterfly e Julia_Phantomhive, che mi spronano sempre a fare del mio meglio.

Grazie di cuore a tutti quanti.

 

Capitolo 7:

Fu Pace. Fu Guerra

 

Sdraiata sulle coltri morbide del mio letto, fissando il soffitto macchiato di umidità, non posso fare a meno di ricordare il discorso fatto precedentemente con Lance.

Con le braccia incrociate dietro la testa, sospiro, mentre rifletto su quante questioni si sono susseguite nel corso del tempo, modificando le condizioni della nostra Regione. Il nostro popolo continua tuttora a versare lacrime di dolore e terrore, mentre qualcuno, al vertice del potere, osserva inespressivo noi tutti e resta impassibile di fronte alle grida imploranti pietà.

L’astio monta improvvisamente in me, non appena i ricordi di come tutto ha avuto inizio anni fa riaffiorano lentamente, costringendomi a trattenere un singhiozzo…

 

Scorrevano velocemente immagini ricolme di gioia e gaudio sullo schermo della nostra vecchia televisione. Osservai con insofferenza tutta quell’emozione palpabile, mentre davanti ai miei occhi ricorrevano cadenzanti figure sorridenti e traboccanti di felicità.

A Kanto era finalmente giunta la tanto attesa e bramata pace.

Sfoderai un sorriso beffardo, non appena scorsi il volto giovane e dai tratti infantili del ragazzino che era stato in grado di liberare la sua Regione dal giogo del male. Non feci a meno di domandarmi come lui, di soli dieci anni, fosse stato così potente da riuscire a scacciare Giovanni, capo del Team Rocket, dal Paese.

Red, così si chiamava il nuovo eroe. Un vero Campione, e astro nascente nel mondo degli Allenatori, così lo elogiavano i media.

Una domanda si insinuò nella mia mente, inducendomi a riflettere a riguardo. Com’era riuscito ad intimorire una così grande potenza?

Sgranocchiando patatine, beatamente sdraiata sul divano, non potei fare a meno di domandarmi cosa ci trovasse di così entusiasmante nello sprecare la sua adolescenza per combattere nemici nei quali io avrei serbato profondo terrore. Poteva davvero essere apatico? Più semplicemente, forse era incosciente.

Cecilia, a differenza mia, osservava la figura con dovuta ammirazione. Vidi i suoi occhi luccicare, irrorati da una strana e per me inquietante luce. Mi augurai che non stesse pensando ciò che più temevo. No, non poteva essere così sciocca…

Purtroppo, i miei incubi peggiori si tramutavano sempre in realtà.

- Voglio diventare come lui – annunciò infatti, alzandosi in piedi, determinata come non mai. Sotto un certo aspetto, invidiavo il suo entusiasmo. – Un giorno diventerò l’eroina di Johto!

- Allora saremo messi bene… - la schernii, sbuffando, smorzando brutalmente il suo entusiasmo. Per tutta risposta, ricevetti un’occhiataccia e uno spintone.

Inarcai un sopracciglio, scrollando le spalle, cominciando a pensare seriamente ad un suo possibile ritardo mentale. Dopotutto, non era lei dalla parte del torto? Non poteva essere così stupida da credere in quel genere di idiozie.

Forse non si rendeva conto di quanto fosse pericolosa un’impresa simile.

Nostra madre, poco distante, sorrise. Stava lavando le stoviglie, in previsione del lavoro che avrebbe sopraffatto lei e nostro padre il giorno seguente. Gestire un’osteria era tutto, fuorché semplice. Amavano, tuttavia, la loro occupazione, nonostante la fatica che essa comportava.

- Potremmo pensarci, ora che quei criminali sono stati sconfitti – propose, mentre strofinava con un panno uno dei tanti piatti che doveva pulire. – Non appena andremo ad Ebanopoli, potrai chiedere al Capopalestra consigli riguardo la tua prossima avventura. Saprà sicuramente darti delle dritte a riguardo.

Quell’anno, avevamo programmato di trascorrere le vacanze estive in quel borgo montano sorto tra le rocce. Desideravamo far visita in quel piccolo paese, poiché rappresentava le origini di Lilian.

Lei adorava quel luogo, ove risiedevano i ricordi più belli della sua vita, e sarebbe sicuramente stato crudele privarla di quel momento ricco di significato. Quella decisione era stata approvata all’unanimità, ed era alquanto entusiasta di recarvisi al più presto.

Lodava quella cittadina, rappresentandola come un vero paradiso terrestre. Ricordai come i suoi occhi si accendevano del lume della gioia non appena nominava la bellezza del paesaggio montano che circondava il paese, di come fossero imponenti e magnifiche le montagne imporporate dalla neve candida e cangiante.

Raccontava spesso tutti i suoi pomeriggi passati con i piedi a penzoloni nel vuoto, mentre sedeva sul ponte che congiungeva Ebanopoli al Percorso 45, stando all’ombra dei maestosi e rigogliosi alberi che costeggiavano l’ingresso di quel luogo. Osservava le placide acque del fiume scorrere sotto di sé, scorgendo Pokèmon Drago che sguazzavano gaudiosi cullati dalle piccole onde.

Faceva parte dei Domadraghi, ed era alquanto orgogliosa del suo ruolo nonostante facesse parte del rango più basso fra tutte le categorie, fino a quando non aveva rinunciato alla carica per seguire fino alla costa l’amore della sua vita: mio padre Marco.

Non aveva mai posseduto rimpianti riguardo la sua scelta. Non sapevo se definirlo un gesto ammirevole o scellerato, lasciare un ruolo così importante per divenire una semplice e umile cuoca in una taverna per marinai e avventurieri affamati.

Inutile dire alcunché riguardo lo sdegno provocato nei suoi compagni, che avevano ritenuto quel gesto come segno di arrendevolezza e mancanza di volontà, eppure Lilian non desiderava altro che poterli riabbracciare, anche a costo di subire accuse da parte del suo stesso passato.

A quanto pareva, non vi era nulla in grado di contrastare la sua scelta, neppure il terrore di poter essere rinnegata e scacciata. Forse erano solamente fisime mie, delle persone non potevano essere così crudeli…

Ma ora che cosa mai avrebbe potuto ostacolarla, dopo l’ascesa della pace sulle nostre terre?

 

In procinto di partire, ci ritrovammo nella sala da pranzo di casa nostra, pronti a consumare la nostra ultima colazione prima di inaugurare quel pellegrinaggio che vedeva come meta Ebanopoli.

Mia madre era a dir poco entusiasta, e ciò era denotato dalla sua fretta nel riordinare gli oggetti nelle sue valige e nell’appendere il cartello di “ferie” al di fuori del ristorante. C’era tensione ed emozione nell’aria, ed erano a dir poco palpabili e tangibili.

Non potei, però, fare a meno di sbuffare di fronte all’idea di quanta fatica avremmo dovuto fare per giungere in quel posto isolato dal mondo. Sinceramente, avrei preferito starmene a casa, anche a costo di rimanere sola per alcuni giorni.

Purtroppo, non potevo permettermi di rovinare la gioia di Lilian. Sarebbe stato crudele, e mi sarei sicuramente sentita in colpa nel vedere un sorriso triste dipinto sul suo volto a causa mia.

Mi affacciai alla finestra, giusto in tempo per assaporare ancora l’aria salmastra che si insinuava nella mia gola provocando un piacevole bruciore, ammirando per un’ultima volta il profilo placido dell’oceano.

Fu in quel momento che mio padre accese la televisione, per accertarsi ancora una volta riguardo le previsione metereologiche. Era molto previdente, su questo non serbavo alcun dubbio.

Nel preciso istante in cui mia madre si fece attenta riguardo le notizie della giornata, un piatto cadde a terra, frantumandosi in una miriade di frammenti.

Mi voltai di scatto, richiamata improvvisamente dall’urlo spaventato di mia sorella. Restai sbigottita e senza fiato, mentre osservavo il volto abbattuto e incredulo della mamma. Ad occhi sbarrati, velati dalle lacrime, ammirava lo scempio dipinto sullo schermo della televisione, mentre le mani tremavano convulsamente.

Strappai il telecomando a mio padre, ancora stupito riguardo ciò che avevano udito, ed alzai il volume per riuscire ad ascoltare ciò che aveva terrorizzato i miei genitori.

Trattenni il respiro, mentre le parole del cronista giungevano alle mie orecchie. Raccontava ciò che era successo durante la notte con un tono alquanto affranto e distrutto.

Non mi concentrai molto su ciò che diceva, bensì sulle immagini che venivano mostrate man mano.

Si intravedeva ciò che poteva somigliare ad una landa sperduta. Il terreno era costituito da un denso strato di polvere, senza alcuna traccia di vegetazione, e il cielo era grigio, puntellato da nubi nere simili a quelle generate da un incendio.

Non appena inquadrarono due alberi ancora in preda a lingue infuocate, ai piedi di un ponte corroso e distrutto dalle fiamme, un gemito strozzato si levò dalla gola di Lilian. Cecilia, accanto a me, si portò una mano alla bocca, mentre io non riuscivo ad esprimere quel tumulto di emozioni che mi avevano travolta.

Quel luogo era gremito di persone indossanti lunghi e suntuosi mantelli neri, assieme a divise austere, seguiti fedelmente da Draghi. Alcuni domavano gli incendi, servendosi degli attacchi dei loro compagni, e di secchi ricolmi di acqua presa dal fiume, mentre altri cercavano di ricostruire abitazioni distrutte o ancora pericolanti.

Vi erano macerie ovunque, massi precipitati dalle montagne, distruzione. Non pareva esservi rimasto nulla di integro, in quella cittadina che a suo tempo doveva essere un vero e proprio paradiso naturale. Da quel momento innanzi, sarebbe stata marchiata da quella strage della quale era stata protagonista.

- …e con questo concludiamo il servizio riguardo all’attacco avvenuto da parte di misteriosi terroristi ad Ebanopoli, ultima città di Johto e sede dell’ottava Palestra della Lega Pokèmon – concluse l’inviato, scollegando la linea e riportando l’attenzione allo studio.

Nei miei occhi si riflettevano ancora le immagini di quell’inferno e il fuoco vivo che seminava morte senza alcuna pietà.

Non era affatto giunta la pace, come tutti credevamo ciecamente. Da ciò che ero riuscita a comprendere in modo frammentato, i nemici erano risaliti dalle montagne, aggredendo gli Allenatori e strappando loro i Pokèmon, per poi insediarsi nel borgo e devastare ogni cosa.

Si erano insinuati in quella cittadina pacifica, dando inizio ad una coreografia bella e dannata basata su giochi infuocati.

Non avevano avuto alcun riserbo nei confronti dei paesani. Se non fosse stato per l’intervento dei Domadraghi, i quali scacciarono i terroristi con rabbia e grinta, forse quel luogo sarebbe stato davvero raso al suolo.

Il dolore di mia madre sfociò in un pianto disperato. Corse come un forsennata verso camera sua, alla sola vista di tutti i suoi sogni distrutti e cancellati dalla venuta del male. Marco la seguì, nel tentativo di calmarla e rassicurarla.

Voltai leggermente il capo verso mia sorella, quel poco che mi bastava per poter scorgere dolore e tristezza nel suo volto. Grazie a quell’agguato, anche i suoi desideri erano stati ridotti in cenere in balia del vento. Avrebbe dovuto dire addio ai suoi sogni di gloria.

“Dov’è la pace?” la vidi mimare con le labbra, in una domanda diretta al nulla.

Rabbia cieca montò in me, costringendomi a digrignare i denti mentre serravo i pugni con astio. Alla fine la crudeltà del demonio si era rivelata in tutta la sua dannata forza, agendo nel momento propizio ove tutti erano così tanto in balia dell’euforia, scaturita dall’ascesa dell’effimera pace, da ignorare totalmente ogni possibile avversione.

Non avevano avuto alcuna pietà, punendo anime innocenti per infierire tormento e discordia.

- Arriveranno anche da noi, Amy? – domandò Cecilia, terrorizzata, infrangendo quella cappa di silenzio che gravava sopra le nostre teste.

- Spero di no – risposi semplicemente, nel vano tentativo di confortarla. – Qualcuno arriverà a proteggerci…

- Forse la Lega ci aiuterà… - aggiunse lei, chinando il capo, affranta.

Uscii da casa mia, sbattendo violentemente la porta, furiosa come non mai.

Nessuno si trovava ad Ebanopoli per soccorrere i cittadini, né per confortare gli oppressi. Non aveva proteso la mano in loro aiuto, ma si era limitato ad osservare come spettatore indiretto il loro dolore ed ascoltare apaticamente le loro urla disperate.

Ancora una volta, nessuno aveva masso un dito per proteggere il suo popolo.

 

 

La Tana del Drago:

Questa volta mancano le Verità del Capitolo, dato che quest’ultimo è piuttosto serioso (fin troppo) e non contiene scene riguardanti Amina in prima persona, se non indirettamente.

Ho voluto trattare un pochino le origini della madre, poiché avranno una certa ripercussione sulla vita della figlia in futuro, e di come si è generata la strana situazione che grava su Johto.

Ho voluto trovare un modo per spiegare il fenomeno assurdo di Ebanopoli… che nell’anime appare come un posto rigoglioso e verdeggiante mentre nel game sembra quasi un campo di battaglia della Seconda Guerra Mondiale. Il riferimento agi alberi, per chi non lo sapesse, si può notare solo in Heart Gold e Soul Silver, ove vi sono due tronchi semi distrutti (a me sembra proprio dal fuoco, sicché…) accanto al ponte che conduce al Percorso 45.

Ho voluto fare un riferimento a Red, perché appare anche nella saga di Johto, ed ho voluto presentare la condizione di Kanto dopo la scomparsa di Giovanni.

L’attacco ad Ebanopoli genererà un altro fatto, che verrà spiegato tra un po’ di capitoli. Mi auguro di avervi incuriositi un pochino, davvero. Lo spero con tutto il cuore.

Riguardo ai personaggi… ecco spiegato l’odio di Amina nei confronti del Campione. Il problema in parte sta nel fatto che questo non è mai intervenuto a Kanto e ad Ebanopoli, cittadina della madre. Diciamo che è una questione un po’ personale.

Forse vi ho delusi, forse no. Mi auguro che questo capitolo sia stato di vostro gradimento.

A presto!

Amy

PS: Qualcuno mi deve spiegare perché amo così tanto il titolo che ho dato a questo capitolo… X°D In ogni caso, ci tenevo ad aggiungere che Ebanopoli è stata sì distrutta, ma nessuno ci ha rimesso la vita.

  
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