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Autore: Eralery    10/11/2011    11 recensioni
Fabian/Marlene. | Drammatico, Malinconico, Romantico. | OneShot.
“Il Vino Elfico non gli era mai piaciuto: aveva sempre preferito il Whiskey Incendiario o, al massimo, l’Ogden Stravecchio. Ma lei adorava potersi bagnare le labbra, quando ancora poteva farlo, con quell’amarognolo infuso alcolico.”
Vincitrice del premio Miglior Promtp e Miglior Storia al "Scontro Generazionale" Contest indetto da Sbrillucica sul forum di EFP.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fabian Prewett, Marlene McKinnon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Collezionista

 Autore: June_ (sul forum); Eralery (su efp).
Titolo: Il Collezionista di Ricordi.
Personaggi: Fabian Prewett, Fabian/Marlene, Altri Personaggi.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico.
Avvertimenti: One-shot, Het.
Rating: Verde.
Prompt: Vino Elfico.
Senso: Udito.
Introduzione: Il Vino Elfico non gli era mai piaciuto: aveva sempre preferito il Whiskey Incendiario o, al massimo, l’Ogden Stravecchio. Ma lei adorava potersi bagnare le labbra, quando ancora poteva farlo, con quell’amarognolo infuso alcolico.”
NdA: Okay. Un senso più difficile no? L’ho inserito, sì, ma non penso di averlo fatto per bene. Ci sono passi che richiamano l’udito, ma non sono molti – dopotutto la storia si basa su un’altra cosa. I passi sarebbero: “Il rumore arrivò attutito alle sue orecchie, che lo assorbirono lentamente, facendolo rimbombare nella sua mente, basso e doloroso”, “
Nelle orecchie rimbombavano il passo pesante e il chiacchiericcio degli altri clienti” ed altri ancora. Ovviamente, come noterai nel corso della storia, non ho mai parlato precisamente di udito, ma di quel che udiva e come lo udiva Fabian. Non so se mi spiego. Comunque spero di averlo usato in maniera quantomeno decente. So già che non vincerò mai la sfida, ho già rinunciato: contro Lu_Pin è una battaglia persa in partenza. Ma vabbeh: sono in ballo e devo ballare. Il pezzo in cui ci sono delle frasi in corsivo l’una dopo l’altra è una parte che mi ha messa davvero in crisi; mi spiego: sono frasi – ed incantesimi – che Marlene gli dice/sussurra/urla. Ah, e c’è una scelta stilistica, nel bel mezzo della ff, dove spezzo due volte una frase, inserendo dei flashback. Come detto prima è una scelta puramente stilistica. Perciò be’, spero ti piaccia. :)
Generazione: dei Malandrini.

 

Il Collezionista di Ricordi.



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 Il bicchiere s’infranse sotto la sua presa salda, graffiandogli il palmo della mano mentre i cocci ricadevano sul bancone. Il rumore arrivò attutito alle sue orecchie, che lo assorbirono lentamente, facendolo rimbombare nella sua mente, basso e doloroso. Doloroso, ma mai quanto il peso che avvertiva al petto quando pensava al discorso che Silente aveva pronunciato per l’Ordine poche ore prima.
«Lo pago dopo, lo pago dopo» borbottò con la voce impastata dall’alcol che gli circolava nelle vene, mentre gli occhi del barista si posavano su di lui, contrariati.
Guardò distrattamente l’uomo che ripuliva le schegge di vetro con un panno sporco.
«Mi dia un po’ di quello» disse ancora, additando una bottiglia poco distante.
L’uomo dietro al bancone sbuffò sonoramente e afferrò nuovamente la bottiglia di Vino Elfico, versando un po’ del suo liquido rosso all’interno di un nuovo, integro bicchiere. Glielo mise davanti e poi tornò al suo lavoro, avvicinandosi a due uomini appena entrati.
Fabian portò lo sguardo sul proprio bicchiere e disegnò il contorno di quest’ultimo con un dito, osservando la bevanda con aria troppo assorta per un ubriaco.
Il Vino Elfico non gli era mai piaciuto: aveva sempre preferito il Whiskey Incendiario o, al massimo, l’Ogden Stravecchio. Ma lei adorava potersi bagnare le labbra, quando ancora poteva farlo, con quell’amarognolo infuso alcolico.
Chiuse le dita attorno al bicchiere e se lo avvicinò al viso, poggiandovi appena le labbra. Se le inumidì e basta, per poi allontanarlo un’altra volta. Successivamente ne bevve un altro sorso, cercando di far restare quel sapore sulle sue labbra ancora e ancora: era lo stesso aroma che avvertiva quando baciava Marlene, solo senza quel pizzico di chissà cosa che aveva sempre caratterizzato la ragazza. Continuò a bere il Vino solo per provare l’illusione di averla ancora lì, viva, accanto a lui, intenta a sfiorargli i capelli rossi.
Abbozzò un sorriso tirato: le erano piaciuti sempre anche i suoi capelli rossi.

 «Sono così… rossi!» esclamò una ragazzina bruna di undici anni o poco più, affondando le mani nella chioma folta di un suo compagno di casa. «Sembra lo stesso rosso della nostra Casa!».
Gideon ridacchiò del fratello, che cercava di allontanarsi dalla ragazzina con il viso contratto in una smorfia infastidita.
«Sono rossi, rossi! Cosa c’è di strano?» sbottò con malagrazia Fabian, quando riuscì finalmente a scollarsela di dosso.
La ragazzina dai capelli castani arretrò di un passo e lo sfidò con lo sguardo. Poi domandò:
«Come ti chiami?».
«Fabian Prewett» rispose il rosso, senza neanche sforzarsi di sorridere.
«Bene. Ora so chi cercare quando dovrò esercitarmi in Incantesimi».
Così dicendo, la bruna se ne andò, lasciandosi dietro due basiti gemelli dai capelli rossi.

 

Fabian poggiò un gomito sul bancone e passò la mano tra i suoi crini rossi, come a cercare di ricreare l’effetto di quella di Marlene, delle sue dita che s’intrecciavano con le sue ciocche, impigliandogliele. Provò a imitare quelli che pensava fossero i movimenti di Marlene, ma riuscì solamente a tirarsi dolorosamente i capelli.
Un altro sorso di Vino gli annebbiò la vista per una manciata di secondi, ma tanto non la stava usando più veramente. Nelle orecchie gli rimbombavano il passo pesante e il chiacchiericcio degli altri clienti; Fabian si sforzò di far riemergere ancora la voce di Marlene dal carico di dolore e di ricordi sotto a cui era stata sepolta.

 «Ho paura, Fabian».
«Impedimenta!».
«Ti voglio bene, Fabian».
«Stupeficium!».
«Resterai con me, Fabian?».
«Pietrificus Totalus!».
«Dorcas è morta, Fabian. Non voglio perdere anche te».
«Exulcero!».
«Ti amo, Fabian».
 

Le parole si accavallavano nella mente di Fabian, nelle sue orecchie, quasi spingevano per uscire dalle sue labbra. Ma lui teneva la bocca serrata, i denti affondati nella carne del suo labbro inferiore. Che lo credessero un ubriaco, poco importava, ma un debole no, quello mai.
Era un Grifondoro, dopotutto.
Finì il suo bicchiere e lo sbatté con forza sul legno del bancone, facendo scattare il barista.

«Un altro» disse, brillo.
Non lo aveva mai retto molto, l’alcol, glielo dicevano sempre tutti. Bastavano pochi bicchieri per fargli perdere la ragione, ma l’alcol non era niente, se confrontato con il groviglio di emozioni, pensieri, parole, sentimenti e ricordi che aveva dentro. Era un groviglio informe, quel che aveva dentro: i pensieri che s’intrecciavano con le emozioni,

«La vedi quella farfalla? A volte vorrei essere come lei, poter volare via» aveva detto un giorno Marlene, indicandogli un insetto colorato lì vicino. Fabian non si voltò, ma restò a guardare quell’increspatura di labbra che faceva bella mostra sul viso di lei: era più bella di una farfalla, Marlene.

le parole che si legavano strette ai sentimenti,  

«Non piangere, Marlene, andrà tutto bene» sussurrò, le labbra premute sulla testa della ragazza che piangeva abbracciata a lui.
«Era la mia migliore amica, Fabian, era la mia migliore amica» singhiozzò Marlene, aggrappandosi alla maglietta del ragazzo, che prese ad accarezzarle i capelli. «E loro me l’hanno uccisa…».
«Ssh» mormorò, «Se stai in silenzio puoi ancora sentire la sua voce: lei non ti ha lasciata e non lo farà mai».
L’aveva sentita sorridere appena contro la sua maglia.

 i ricordi che chiamavano a sé il dolore.

«Non può essere morta! Le sue sono soltanto stronzate, Silente! Marlene non è morta, sono tutte cazzate!» urlò, come fuori di sé, un ragazzo dai capelli rossi e le lacrime che si affacciavano ai suoi occhi scuri.
Un ragazzo del tutto identico a lui lo afferrò per un braccio e lo trascinò nuovamente a sedere, mormorando qualcosa che Fabian non voleva sentire.
«Lei non ti ha lasciato e non lo farà mai».
Erano le stesse parole che lui aveva detto a Marlene, ma iniziava davvero a dubitare della loro veridicità.

Fabian fece saettare il suo sguardo ubriaco sul proprietario del bar, che ricambiò, squadrandolo con sufficienza, e si avvicinò per versargli un altro po’ di Vino.
Il ragazzo curvò la schiena e avvicinò al viso al bicchiere, chiudendo gli occhi, mentre l’aroma del Vino gli saliva su per le narici. Richiamava un qualcosa di vecchio, un qualcosa che un tempo era stato mischiato all’odore fresco di Marlene. Fabian cercava di catturarla, dovunque lei fosse, solo con la forza del pensiero, per farla tornare giù, farla tornare da lui.
Ma erano solo le fantasie di un ubriaco.
Ubriaco di cosa, poi?
Fabian prese il bicchiere in mano con un gesto violento e bevve tutto d’un fiato. La testa incominciava a girargli terribilmente, in un vortice di capelli bruni, capelli rossi, occhi verdini, parole sconnesse che non si potevano collegare alle altre, di profumo di mela.
 

«Perché mi guardi così?».
«Lo sai che sei bella?».

 Nemmeno se ne accorse, quando chiese al barista di versargli un altro po’ di Vino: se lo ritrovò nel bicchiere quando aprì gli occhi, e se ne stupì. Quando chiese spiegazioni all’uomo, egli lo guardò come se fosse impazzito, e disse qualcosa a proposito dell’alcol e della salute.
Un sorso: il sorriso di Marlene sembrava essere davanti a lui, le labbra rosee leggermente increspate.
Allungò la mano in avanti, ma c’era solo aria fredda.
Ancora un po’: strizzò forte gli occhi e, da sotto le palpebre serrate, gli sembrò di vedere quelli di lei, che lo guardavano, divertiti.
Quando li riaprì si accorse che le iridi di Marlene non erano lì, ma che erano impresse nella sua mente.
Altro goccio: la testa si fece pesante e ricadde sul legno del bancone, mentre gli occhi a stento restavano semiaperti.
La porta del locale si aprì, facendo passare un ragazzo del tutto identico a Fabian, che si fermò a pochi passi da lui, il viso contratto in una smorfia indecifrabile. Dolore, spossatezza, preoccupazione – Fabian vedeva tutto confuso, da dietro le ciglia.
L’odore pungente di Gideon lo sentì a malapena, mentre quest’ultimo gli passava un braccio attorno alla vita e lo trascinava fuori; il vento gli sferzò il viso stanco, illuminato solo da un sottile spicchio di luna.
Prima di Smaterializzarsi con il fratello, Fabian lo sentì mormorare:

«Merlino, il tuo alito… Sei ubriaco fradicio, Fab».
Quelle parole sembravano uscire da altre labbra – labbra più carnose, più morbide, più femminili: quelle di Marlene –, a Fabian sembrava che fosse la voce della ragazza a mormorare quelle due frasi. Fabian sperava che fosse la sua voce.
Lei lo avrebbe capito: avrebbe capito che era ubriaco di dolore.
 

***



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June con “il Collezionista di ricordi 

Grammatica: 10/10 
Stile e lessico: 9.8/10 
Originalità:10/10 
Utilizzo prompt:5/5 
Utilizzo senso:4/5 
Gradimento personale:5/5 

Totale: 43.8 

Che meraviglia… 
Complimenti la tua storia è un capolavoro. E’ scritta in modo sublime e inoltre è tremendamente originale. 
Hai utilizzato il prompt in modo impeccabile, quel liquido rosso è parte integrante della storia. L’unica pecca , forse, è stato l’utilizzo del senso dove non ti ho potuto dare il massimo perché non ha un ruolo chiave nella storia. 
Dal punto di vista grammaticale non ho riscontrato errori, c’è solo una virgola che non mi ha fatto impazzire, quella prima di se confrontato. 
Infine, ho tolto 0.20 allo stile, che ho trovato a dir poco fantastico, per queste due frasi che non mi sono piaciute, proprio in virtù dell’eleganza del contesto in cui le hai inserite. 
1-un ragazzo dai capelli rossi e le lacrime che si affacciavano ai suoi occhi scuri. 
2- Altro goccio: la testa si fa pesante e ricade sul legno del bancone, mentre gli occhi a stento restano semiaperti. 
Nel primo caso, dalla prima volta che ho letto la storia, ho trovato che la seconda parte della frase stonasse in quel contesto. 
Nella seconda frase non ho capito la scelta di utilizzare il presente se poi la frase che precede e quella che segue sono al passato. 
Infine la tua storia mi ha fatto impazzire e, sebbene Lue è una forza, tu con questo lavora hai dimostrato di essere altrettanto brava. 

 

 

Importantissimo: questa è una delle poche storie che mi piacciono! E, buon Dio, ha vinto due premi su tre, tra cui il “Miglior Storia” – intesa come storia preferita dalla giudiciA.
DIAMINE, il mio cuore sta per esplodere e schizzare in cielo come un fuoco d’artificio. Me lo sento. ;AAA; Sono così dannatamente contenta, è una soddisfazione enorme.
Eeee… e niente. Sono così felice che non riesco a parlare, a tirare fuori i fiumi di parole che vorrei poter digitare per ringraziare voi, per aver letto, e Sbrillucica, per aver giudicato questa storia.
Okay, ora mi ritiro definitivamente. ;AA; *Sparge ammmoreH (cit. Hayley) e si ritira*

   
 
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