Titolo: Il Collezionista di Ricordi.
Personaggi: Fabian Prewett, Fabian/Marlene,
Altri Personaggi.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico.
Avvertimenti:
One-shot,
Het.
Rating: Verde.
Prompt: Vino Elfico.
Senso: Udito.
Introduzione: “Il Vino Elfico non gli era mai
piaciuto: aveva sempre preferito il Whiskey Incendiario o, al massimo, l’Ogden
Stravecchio. Ma lei adorava potersi bagnare le labbra, quando ancora poteva
farlo, con quell’amarognolo infuso alcolico.”
NdA: Okay. Un senso più difficile no?
L’ho inserito, sì, ma non penso di averlo fatto per bene. Ci sono passi che
richiamano l’udito, ma non sono molti – dopotutto la storia si basa su un’altra
cosa. I passi sarebbero: “Il rumore
arrivò attutito alle sue orecchie, che lo assorbirono lentamente, facendolo
rimbombare nella sua mente, basso e doloroso”, “Nelle orecchie rimbombavano il passo pesante e il chiacchiericcio degli
altri clienti” ed altri
ancora. Ovviamente, come noterai nel corso della storia, non ho mai parlato
precisamente di udito, ma di quel che udiva e come lo udiva Fabian. Non so se
mi spiego. Comunque spero di averlo usato in maniera quantomeno decente. So già
che non vincerò mai la sfida, ho già rinunciato: contro Lu_Pin è una battaglia
persa in partenza. Ma vabbeh: sono in ballo e devo ballare. Il pezzo in cui ci
sono delle frasi in corsivo l’una dopo l’altra è una parte che mi ha messa
davvero in crisi; mi spiego: sono frasi – ed incantesimi – che Marlene gli
dice/sussurra/urla. Ah, e c’è una scelta stilistica, nel bel mezzo della ff,
dove spezzo due volte una frase, inserendo dei flashback. Come detto prima è
una scelta puramente stilistica. Perciò be’, spero ti piaccia. :)
Generazione: dei Malandrini.
Il
Collezionista di Ricordi.
«Lo pago dopo, lo pago dopo» borbottò con la voce impastata
dall’alcol che gli circolava nelle vene, mentre gli occhi del barista si
posavano su di lui, contrariati.
Guardò distrattamente l’uomo che ripuliva le schegge di vetro
con un panno sporco.
«Mi dia un po’ di quello» disse ancora, additando una
bottiglia poco distante.
L’uomo dietro al bancone sbuffò sonoramente e afferrò nuovamente
la bottiglia di Vino Elfico, versando un po’ del suo liquido rosso all’interno
di un nuovo, integro bicchiere. Glielo mise davanti e poi tornò al suo lavoro,
avvicinandosi a due uomini appena entrati.
Fabian portò lo sguardo sul proprio bicchiere e disegnò il
contorno di quest’ultimo con un dito, osservando la bevanda con aria troppo
assorta per un ubriaco.
Il Vino Elfico non gli era mai piaciuto: aveva sempre
preferito il Whiskey Incendiario o, al massimo, l’Ogden Stravecchio. Ma lei
adorava potersi bagnare le labbra, quando ancora poteva farlo, con
quell’amarognolo infuso alcolico.
Chiuse le dita attorno al bicchiere e se lo avvicinò al viso,
poggiandovi appena le labbra. Se le inumidì e basta, per poi allontanarlo
un’altra volta. Successivamente ne bevve un altro sorso, cercando di far
restare quel sapore sulle sue labbra ancora e ancora: era lo stesso aroma che
avvertiva quando baciava Marlene, solo senza quel pizzico di chissà cosa che
aveva sempre caratterizzato la ragazza. Continuò a bere il Vino solo per
provare l’illusione di averla ancora lì, viva, accanto a lui, intenta a
sfiorargli i capelli rossi.
Abbozzò un sorriso tirato: le erano piaciuti sempre anche i
suoi capelli rossi.
Gideon ridacchiò del
fratello, che cercava di allontanarsi dalla ragazzina con il viso contratto in
una smorfia infastidita.
«Sono rossi, rossi! Cosa
c’è di strano?» sbottò con malagrazia Fabian, quando riuscì finalmente a
scollarsela di dosso.
La ragazzina dai capelli
castani arretrò di un passo e lo sfidò con lo sguardo. Poi domandò:
«Come ti chiami?».
«Fabian Prewett» rispose il
rosso, senza neanche sforzarsi di sorridere.
«Bene. Ora so chi cercare
quando dovrò esercitarmi in Incantesimi».
Così dicendo, la bruna se
ne andò, lasciandosi dietro due basiti gemelli dai capelli rossi.
Fabian poggiò
un gomito sul bancone e passò la mano tra i suoi crini rossi, come a cercare di
ricreare l’effetto di quella di Marlene, delle sue dita che s’intrecciavano con
le sue ciocche, impigliandogliele. Provò a imitare quelli che pensava fossero i
movimenti di Marlene, ma riuscì solamente a tirarsi dolorosamente i capelli.
Un altro sorso
di Vino gli annebbiò la vista per una manciata di secondi, ma tanto non la
stava usando più veramente. Nelle orecchie gli rimbombavano il passo pesante e
il chiacchiericcio degli altri clienti; Fabian si sforzò di far riemergere
ancora la voce di Marlene dal carico di dolore e di ricordi sotto a cui era
stata sepolta.
«Impedimenta!».
«Ti voglio bene, Fabian».
«Stupeficium!».
«Resterai con me, Fabian?».
«Pietrificus Totalus!».
«Dorcas è morta, Fabian.
Non voglio perdere anche te».
«Exulcero!».
«Ti amo, Fabian».
Le parole si
accavallavano nella mente di Fabian, nelle sue orecchie, quasi spingevano per
uscire dalle sue labbra. Ma lui teneva la bocca serrata, i denti affondati
nella carne del suo labbro inferiore. Che lo credessero un ubriaco, poco
importava, ma un debole no, quello mai.
Era un
Grifondoro, dopotutto.
Finì il suo
bicchiere e lo sbatté con forza sul legno del bancone, facendo scattare il
barista.
«Un altro» disse, brillo.
Non lo aveva mai retto molto, l’alcol, glielo dicevano sempre
tutti. Bastavano pochi bicchieri per fargli perdere la ragione, ma l’alcol non
era niente, se confrontato con il groviglio di emozioni, pensieri, parole,
sentimenti e ricordi che aveva dentro. Era un groviglio informe, quel che aveva
dentro: i pensieri che s’intrecciavano con le emozioni,
le parole che si legavano strette ai sentimenti,
«Non piangere, Marlene,
andrà tutto bene» sussurrò, le labbra premute sulla testa della ragazza che
piangeva abbracciata a lui.
«Era la mia migliore amica,
Fabian, era la mia migliore amica» singhiozzò Marlene, aggrappandosi alla
maglietta del ragazzo, che prese ad accarezzarle i capelli. «E loro me l’hanno
uccisa…».
«Ssh» mormorò, «Se stai in silenzio puoi ancora sentire la sua voce: lei non ti
ha lasciata e non lo farà mai».
L’aveva sentita sorridere appena
contro la sua maglia.
«Non può essere morta! Le
sue sono soltanto stronzate, Silente! Marlene non è morta, sono tutte cazzate!»
urlò, come fuori di sé, un ragazzo dai capelli rossi e le lacrime che si
affacciavano ai suoi occhi scuri.
Un ragazzo del tutto
identico a lui lo afferrò per un braccio e lo trascinò nuovamente a sedere,
mormorando qualcosa che Fabian non voleva sentire.
«Lei non ti ha lasciato e non lo farà mai».
Erano le stesse parole che
lui aveva detto a Marlene, ma iniziava davvero a dubitare della loro
veridicità.
Fabian fece
saettare il suo sguardo ubriaco sul proprietario del bar, che ricambiò,
squadrandolo con sufficienza, e si avvicinò per versargli un altro po’ di Vino.
Il ragazzo
curvò la schiena e avvicinò al viso al bicchiere, chiudendo gli occhi, mentre
l’aroma del Vino gli saliva su per le narici. Richiamava un qualcosa di
vecchio, un qualcosa che un tempo era stato mischiato all’odore fresco di
Marlene. Fabian cercava di catturarla, dovunque lei fosse, solo con la forza
del pensiero, per farla tornare giù, farla tornare da lui.
Ma erano solo
le fantasie di un ubriaco.
Ubriaco di
cosa, poi?
Fabian prese il
bicchiere in mano con un gesto violento e bevve tutto d’un fiato. La testa
incominciava a girargli terribilmente, in un vortice di capelli bruni, capelli
rossi, occhi verdini, parole sconnesse che non si potevano collegare alle
altre, di profumo di mela.
«Perché mi guardi così?».
«Lo sai che sei bella?».
Un sorso: il
sorriso di Marlene sembrava essere davanti a lui, le labbra rosee leggermente
increspate.
Allungò la mano
in avanti, ma c’era solo aria fredda.
Ancora un po’:
strizzò forte gli occhi e, da sotto le palpebre serrate, gli sembrò di vedere quelli
di lei, che lo guardavano, divertiti.
Quando li
riaprì si accorse che le iridi di Marlene non erano lì, ma che erano impresse
nella sua mente.
Altro goccio:
la testa si fece pesante e ricadde sul legno del bancone, mentre gli occhi a
stento restavano semiaperti.
La porta del
locale si aprì, facendo passare un ragazzo del tutto identico a Fabian, che si
fermò a pochi passi da lui, il viso contratto in una smorfia indecifrabile.
Dolore, spossatezza, preoccupazione – Fabian vedeva tutto confuso, da dietro le
ciglia.
L’odore
pungente di Gideon lo sentì a malapena, mentre quest’ultimo gli passava un
braccio attorno alla vita e lo trascinava fuori; il vento gli sferzò il viso
stanco, illuminato solo da un sottile spicchio di luna.
Prima di
Smaterializzarsi con il fratello, Fabian lo sentì mormorare:
«Merlino, il tuo alito… Sei ubriaco fradicio, Fab».
Quelle parole sembravano uscire da altre labbra – labbra più
carnose, più morbide, più femminili: quelle di Marlene –, a Fabian sembrava che
fosse la voce della ragazza a mormorare quelle due frasi. Fabian sperava che fosse la sua voce.
Lei lo avrebbe capito: avrebbe capito che era ubriaco di
dolore.
June con “il Collezionista
di ricordi”
Grammatica: 10/10
Stile e lessico: 9.8/10
Originalità:10/10
Utilizzo prompt:5/5
Utilizzo senso:4/5
Gradimento personale:5/5
Totale: 43.8
Che meraviglia…
Complimenti la tua storia è un capolavoro. E’
scritta in modo sublime e inoltre è tremendamente originale.
Hai utilizzato il prompt in modo impeccabile, quel
liquido rosso è parte integrante della storia. L’unica pecca , forse, è stato
l’utilizzo del senso dove non ti ho potuto dare il massimo perché non ha un
ruolo chiave nella storia.
Dal punto di vista grammaticale non ho riscontrato
errori, c’è solo una virgola che non mi ha fatto impazzire, quella prima di se
confrontato.
Infine, ho tolto 0.20 allo stile, che ho trovato a
dir poco fantastico, per queste due frasi che non mi sono piaciute, proprio in
virtù dell’eleganza del contesto in cui le hai inserite.
1-un ragazzo dai capelli rossi e le lacrime che si
affacciavano ai suoi occhi scuri.
2- Altro goccio: la testa si fa pesante e ricade
sul legno del bancone, mentre gli occhi a stento restano semiaperti.
Nel primo caso, dalla prima volta che ho letto la
storia, ho trovato che la seconda parte della frase stonasse in quel contesto.
Nella seconda frase non ho capito la scelta di
utilizzare il presente se poi la frase che precede e quella che segue sono al
passato.
Infine la tua storia mi ha fatto impazzire e,
sebbene Lue è una forza, tu con questo lavora hai dimostrato di essere
altrettanto brava.
Importantissimo: questa è una
delle poche storie che mi piacciono! E, buon Dio, ha vinto due premi su tre, tra cui
il “Miglior Storia” – intesa come storia preferita dalla giudiciA.
DIAMINE, il mio
cuore sta per esplodere e schizzare in cielo come un fuoco d’artificio. Me lo
sento. ;AAA; Sono così dannatamente contenta, è una soddisfazione enorme.
Eeee… e niente.
Sono così felice che non riesco a parlare, a tirare fuori i fiumi di parole che
vorrei poter digitare per ringraziare voi, per aver letto, e Sbrillucica, per
aver giudicato questa storia.
Okay, ora mi
ritiro definitivamente. ;AA; *Sparge ammmoreH (cit. Hayley) e si ritira*