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Autore: Manu75    09/07/2006    7 recensioni
Severus ha 16 anni, è una mattinata particolare e lui prende una decisione che cambierà il suo destino. E non solo il suo.
Deve compiere una scelta:
Cuore o ragione?Amore o ambizione?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Evans, Narcissa Malfoy, Severus Piton | Coppie: Severus/Narcissa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Questa fu la prima fan fiction che scrissi, poco dopo l'uscita del sesto libro della Saga: "Il Principe Mezzosangue". L'amore per Severus era in me già da tempo ma quel libro mi ispirò a tal punto da non poter non scrivere su di lui, dargli una dimensione più giusta e reale. In cuor mio ho sempre saputo che lui fosse dalla parte di Silente, che fosse un Mangiamorte pentito, che fosse superiore agli altri, che sapesse amare e tanto. Prima ancora che il suo passato fosse svelato io sapevo e basta. 

 

"Siete qui per imparare la delicata scienza e l'arte esatta delle Pozioni" cominciò. Le sue parole erano poco più di un sussurro, ma ai ragazzi non ne sfuggiva una: come la professoressa McGranitt, Piton aveva il dono di mantenere senza sforzo il silenzio in classe. "Poiché qui non si agita insulsamente la bacchetta, molti di voi stenteranno a credere che si tratti di magia. Non mi aspetto che comprendiate a fondo la bellezza del calderone che bolle a fuoco lento, con i suoi vapori scintillanti, il delicato potere dei liquidi che scorrono nelle vene umane, ammaliando la mente, stregando i sensi... Io posso insegnarvi a imbottigliare la fama, la gloria, addirittura la morte... sempre che non siate una manica di teste di legno, come in genere sono tutti gli allievi che mi toccano".
(Prima lezione di Pozioni - Harry Potter e la pietra Filosofale)

 

“Il libro e il falò”


PARTE PRIMA


 
Fin dalla fine di maggio l’eccitazione e l’attesa si erano fatte sentire in tutta Hogwarts. Il primo sabato di giugno si sarebbe tenuto l’ultimo incontro di Quidditch della stagione: Grifondoro contro Tassorosso.
L’esito era scontato. Per il quinto anno consecutivo i Grifoni avrebbero portato a casa la Coppa d’Argento della vittoria, non poteva che essere così. Il vantaggio sui Serpeverde, secondi in classifica, era incolmabile e, da quando James Potter era diventato il cercatore del Grifondoro, la squadra rosso-oro non aveva mai perduto un incontro.
Tuttavia, nonostante il risultato fosse pressoché certo, tutti gli studenti si erano preparati a vivere quella giornata come se avessero dovuto assistere ad una finale della Coppa del Mondo.
I Tassorosso non ci stavano a fare la parte della vittima sacrificale e volevano uscire a testa alta dal campo. I Corvonero, che avevano subito una pesante, e molto contestata, sconfitta, ad opera dei Serpeverde, si preparavano a sostenere i Grifondoro e a sbeffeggiare i loro acerrimi nemici, che avrebbero perso sotto il naso la Coppa del Quidditch e, conseguentemente, la Coppa delle Case per l’ennesimo anno.
Naturalmente gli studenti della Casa di Salzar Serpeverde stavano preparandosi a sostenere quella battaglia impari con tutto l’orgoglio che generalmente li distingueva.
Gruppetti di studenti delle quattro Case si erano riuniti per settimane, vocianti ed eccitati, in ogni angolo della scuola ad ogni intervallo delle lezioni, discutendo di quell'unico, appassionante, argomento. In mezzo a tanto fervore una sola persona era sembrata immune a tanta agitazione e, senza mai rivolgere la parola a nessuno, si era aggirata, ogni giorno, per i corridoi dell’edificio o per il cortile, alla ricerca di un angolo tranquillo e appartato dove trascorrere gli intervalli.
Severus Snape era uno studente del sesto anno e faceva parte della Casa dei Serpeverde. Abitualmente non rivolgeva la parola a nessuno e il suo aspetto e il suo atteggiamento cupo, di solito, non incoraggiavano nessuno ad avvicinarlo. Nemmeno i compagni della sua Casa. Quindi quella solitudine gli era abituale e, per certi versi, congeniale. Quando non riusciva a trovare un posto poco affollato e tranquillo per poter leggere in santa pace, si dirigeva verso la biblioteca diHogwarts e lì vi rimaneva, fino a che non doveva rientrare alla sala comune dei Serpeverde dove, invariabilmente, si avviava verso il dormitorio senza aver scambiato parola praticamente con nessuno.
Il sabato della partitissima, mentre una folla di studenti allegri e vocianti si dirigeva verso il campo di Quidditch, egli risalì le scale, che portavano dalla sala comune all’atrio della scuola, pieno di sentimenti contrastanti che gli riempivano la mente e l’anima e che nulla avevano a che vedere con l’incontro imminente.
Giunto in cima alle scale si separò dal resto del gruppo dei Serpeverde e si infilò nella biblioteca, con la veste nera della divisa che gli svolazzava intorno al corpo magro.
Nulla del suo volto, affilato e dai lineamenti appuntiti, lasciava trapelare la tempesta che gli si agitava dentro. I suoi occhi neri erano bui e vi si poteva scorgere solo un gelido distacco. Ma del resto, lui era divenuto un maestro della dissimulazione.
Tanto abile a mascherare i propri pensieri e altrettanto abile a smascherare quelli degli altri.
Così, nonostante i sentimenti violenti che infuriavano nel suo petto, l’espressione del suo volto rimaneva imperscrutabile.
Solo un pallore più accentuato del solito poteva rivelare la battaglia che lo scuoteva. Ma, visto che a nessuno interessava studiare gli stati d’animo del sinistro, strano ed inquietante Severus Snape, la battaglia poteva imperversare indisturbata.
Nessuno badava a lui.
Lui, che si aggirava per la scuola con i lunghi capelli neri che gli incorniciavano il volto olivastro, sempre immerso nella consultazione di libri pesanti e complicati.
Lui che, pur essendo uno degli studenti più brillanti della scuola, non gioiva mai delle valutazioni lusinghiere degli insegnati, dei punti fatti guadagnare alla sua Casa. Ogni voto conseguito, generalmente il massimo raggiungibile, veniva accolto da Severus con una smorfia ironica e sprezzante sul volto. Il suo atteggiamento indisponeva molti dei suoi compagni.
Non era uno studente molesto. Anzi, era stato spesso vittima di scherzi anche crudeli da parte di altri studenti della scuola. Tuttavia nessuno avrebbe voluto trovarsi da solo, in un corridoio deserto, con Severus Snape, poiché la sua eccellenza nella pratica delle Arti Oscure era ritenuta molto più di una leggenda.
Tutti lo evitavano o, al massimo, si limitavano a qualche saluto formale. Nessuno voleva approfondire la sua conoscenza. Nessuno, tranne lei.
Il petto venne come trafitto da una lama non appena il volto di lei si fece strada nella sua mente. Gli occhi gli scintillarono e lui dovette fare uno sforzo per ricacciare indietro l’ondata di sofferenza che minacciava di travolgerlo. Per costringersi a dominarsi si strinse il braccio sinistro fin quasi a fermarne la circolazione. Durò un attimo. Il dolore si placò. Lasciò andare la presa convulsa e si accarezzò quello stesso braccio con delicatezza.
La consapevolezza di cosa vi fosse sotto la manica nera della divisa, il pensiero di quello che, appena qualche settimana prima, era stato impresso a fuoco nella sua carne, sul suo avambraccio sinistro, riuscì a lenire come un balsamo la sua sofferenza. La battaglia dentro di lui si fermò.
Un leggero sorriso gli increspò le labbra sottili. Per un momento si concesse di riassaporare la sensazione di gioia selvaggia che aveva provato nell’essere al suo cospetto. Nel ricevere il marchio sublime che decretava la sua appartenenza alla corte del più grande e temuto dei maghi.
Tornò con la mente al momento in cui si era inginocchiato al cospetto del Mago Oscuro più potente che fosse mai vissuto. Al momento in cui aveva sfiorato con le labbra, pieno di devozione, la mano che gli era stata porta. All’attimo stesso in cui i loro occhi si erano incrociati.
Aveva avvertito con potenza l’invasione subita dalla propria mente ma non aveva innalzato alcuna barriera. Aveva lasciato che i propri ricordi, i propri pensieri, i propri sentimenti, venissero setacciati finemente. Sondati nel profondo.
Tutti, tranne uno.
Quel sentimento di cui aveva preso coscienza solo da poco tempo l’aveva nascosto e trattenuto in un angolo remoto. Sapeva che così doveva essere. Che era la cosa giusta.
Comunque, aveva provato tanta gioia a quel contatto che, nel momento in cui si era interrotto, si era sentito come svuotato. Aveva tenuto lo sguardo fisso sull’uomo potente che gli stava dinnanzi e, tra di loro, vi era stato un secondo, un solo secondo, di muta e totale comprensione.
Un sigillo.
Poi un altro sigillo, visibile, era stato posto sul suo corpo e, nel momento in cui aveva giurato eterna fedeltà al Signore Oscuro, si era sentito, per la prima volta nella sua intera vita, in pace.
Ora quel sigillo era un’ancora di salvezza. Salvezza dalla debolezza che lo portava a provare disprezzo per se stesso.
Immobile, nel mezzo degli scaffali colmi di libri, Severus venne strappato brutalmente ai propri ricordi nel momento in cui un boato esplose nell’aria, proveniente dall’esterno della Scuola. Dal campo di Quidditch.
La partita era cominciata.

 
 
FINE PARTE PRIMA.
  
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