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Autore: _Clarita_    11/11/2011    6 recensioni
" Sempre pronto a proteggerla, sempre lui, sempre e solo per lei, sempre Tony." 
Tony e la sua nuova missione.
" Non voglio più mentire! Voglio seguire il mio istinto. Voglio poter essere me stesso, e voglio farlo con te." 
Ziva e i suoi dubbi.
" Non poteva amarlo, non voleva odiarlo, non ci sarebbe riuscita, ma doveva trovare un modo per allontanarlo dai suoi pensieri. 
[...] i suoi occhi ancora la tradivano e DiNozzo sapeva leggerli come mai nessuno prima."
  
Un' altra prova di fiducia per la squadra di Gibbs.
"Erano lame roventi e affilate che gli si piantavano tra le vertebre, quegli sguardi [...]  
Stava cercando il modo per ricompattare la sua squadra, di nuovo
."   
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti, Ziva David
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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McGee aveva tentato invano di mandare Ziva a riposare mentre lui organizzava il collegamento con la sede dell’NCIS, ma lei sosteneva, sicura, di star bene e che il Mossad l’aveva addestrata a stress ben peggiori. La donna, così, aveva optato per fare la telefonata che Gibbs le aveva chiesto il giorno prima, a qualche suo ex collega, non prima di sistemare alla buona i suoi bagagli e controllare che le sue armi fossero pronte all’uso. Pulire e sistemare le sue armi, soprattutto la sua pistola, le dava sempre una certa tranquillità e la aiutava a svuotare la mente, concentrandosi solo su ciò che era necessario.
Senza badarci molto prese la prima porta che gli si parò davanti, lungo il corridoio del secondo piano della pensione. Non si domandò se fosse già occupata, dato che Kort li aveva avvertiti di essere gli unici ospiti al momento, ma il profumo che la investì appena aprì la porta la informò che qualcuno prima di lei aveva dormito in quel letto.
Richiuse in fretta l’uscio dietro di sé, come se avesse avuto paura che quel profumo potesse in qualche modo scappare, svanire nel nulla e lasciarla sola, di nuovo.
Socchiuse gli occhi e lasciò che la fragranza di quel dopobarba italiano le invadesse le narici, la coccolasse come un caldo abbraccio, restituendole la linfa vitale come solo i baci dei principi delle favole sapevano fare. Da sotto le palpebre socchiuse, una lacrima impertinente fuggì via, rigando quel viso stanco: l’amore l’aveva rammollita, forse per questo non si era mai regalata il privilegio di viverlo appieno. O forse anche per paura.
Riaprì gli occhi scuri, sbattendo più volte le sue ciglia ormai umide e mosse passi leggeri, discreti, quasi che avesse paura di svegliare qualcuno che dormiva in quel letto. Quel letto sfatto, stropicciato e disordinato come solo lui sapeva essere. Quel letto pregno del suo odore.








 
°°° °°° °°°








– Ok Abby, così dovresti riuscire a vedermi oltre che a sentirmi. Scusami, non avevo collegato bene il cavo video.– Esordì un indaffarato McGee, nel tentativo di sistemare tutte le attrezzature elettroniche al meglio, in modo tale da rimanere in costante contatto con Washington e soprattutto con Abby. La goth protestava da diversi minuti per via del fatto che, come al solito, lei fosse rimasta in America e non fosse al fianco dei suoi colleghi, dei suoi amici. Oltretutto sosteneva di essere un valido aiuto sul campo, poiché poteva coordinare i loro spostamenti cosicché la squadra non dovesse fare a meno di McGee e potesse, anzi, contare su un uomo in più. Nemmeno quella scusa, però, era bastata a far cambiare idea all’irremovibile Gibbs: “Ho già un uomo nei guai, non voglio correre rischi inutili”, le rispose dopo un’accorata arringa per perorare la sua causa. La decisione era stata presa ed era inappellabile.

– Oh! Sì, sì, ora ti vedo perfettamente Tim! Bel fondoschiena, complimenti! La palestra ha fatto miracoli, anche se a me non dispiaceva nemmeno quando ce l’avevi … diciamo più morbido! – rispose ilare la ragazza dall’altra parte dell’Oceano.

– Ma cosa … - farfugliò un imbarazzatissimo McGee, da sotto la scrivania, mentre ancora armeggiava con qualche cavo.

– Vedi che avevo ragione io? Sarei stata molto più utile lì con voi: a me una cosa del genere non sarebbe mai accaduta! La webcam va agganciata sullo schermo non appoggiata chissà dove e indirizzata verso il tuo lato ‘B’! – rise ancora la ragazza, mentre Tim affannosamente si ricomponeva e collocava la piccola telecamera correttamente.

– Abby, per favore! Non mi sono ancora ripreso del tutto dal viaggio, poi mettici anche lo stress … Davvero ti piacevo anche quando avevo qualche chiletto in più?! – era tipico di McGee, cambiare completamente discorso quando era imbarazzato o stupito per qualcosa. In risposta ricevette solo la risata cristallina della ragazza che, anche se si trovava dall’altra parte del mondo, riusciva ad infondergli quel calore e quella sicurezza di cui lui aveva bisogno.

– Mi sono persa qualcosa?! – domandò guardinga Ziva, appena fece il suo ingresso nel salotto.

– Ciao, Ziva! Mi complimentavo con McGee per i suoi progressi … fisici! – rispose la sorridente Abby attraverso il monitor.

– Ehi McGee, stai ricevendo molti complimenti oggi! Il tuo ego starà dondolando! – lo canzonò Ziva, contagiata dall’entusiasmo dell’altra ragazza. – Sai Abby, anch’io prima mi sono dovuta congratulare con lui per il suo fisico: ha affrontato ben due rampe di scale carico come un mulo e non è stramazzato a terra! Era solo un po’ paonazzo, questo sì! – concluse tra le risate l’israeliana.

– Fate pure come se non ci fossi! Prendetevi gioco di me come se io non stessi ascoltando! Non vi facevo così comari! E comunque, Ziva, si dice che l’ego gongola, non dondola! – rimbeccò il pivello ironico, ma senza risentimento. In fondo, tra loro era sempre così: una burla continua, un battibeccarsi, complici, per allentare la tensione tra un’indagine e un’altra. Il loro era un mestiere difficile che li portava ad uscire di casa al mattino senza avere la certezza che, però, la sera vi avrebbero fatto ritorno. Spesso, troppo spesso, avevano visto morire i loro colleghi: di qualcuno ricordavano a malapena il nome; di alcuni rimpiangevano di non aver avuto modo di conoscerli a fondo; di altri portavano ancora i segni visibili del dolore provato e che, probabilmente, non sarebbe mai passato. Ad un osservatore esterno potevano sembrare persone superficiali o con poco tatto: come si riesce a ridere quando si è circondati solo da morte e malignità? In realtà da tutta quella tristezza loro avevano tratto un insegnamento che, ai più, può sembrare scontato: vivere ogni attimo come se fosse l’ultimo, perché magari non si avrà il privilegio di avere un’altra chances. O più semplicemente, quello era il loro modo per esorcizzare la paura, che come ogni essere umano, colpiva anche loro. La paura di non rivedere un sorriso caro, di non poter riabbracciare la persona amata. La paura della morte stessa. Ed era proprio quello che stavano facendo ora Timothy, Ziva ed Abby: esorcizzare la loro paura. La loro paura di aver perso Tony.




 




°°° °°° °°°







La cella era in penombra a quell’ora, segno che il sole andava pian piano scemando verso l’orizzonte. Tony aveva ormai imparato a scandire il passare dei giorni e delle notti, seguendo la luce che filtrava dal lucernario della sua cella esposta, probabilmente, a sud ovest. Erano passati un paio di giorni, secondo i suoi calcoli, da quando aveva incontrato EJ ed ancora non si capacitava sul perché fosse lì a Tel Aviv e perché anche lei era coinvolta. Ricordava benissimo, ora, che non vi era traccia di lei nelle indagini, sempre che non fosse errato il nome di quello che lui aveva identificato come il responsabile dell’infangamento del nome di Ziva. Ipotesi quest’ultima da scartare perché anche Biton gli aveva parlato di aver preso contatto con un uomo. Forse EJ, allora, era la donna che lo stesso Biton gli aveva detto di aver incontrato qui con Lui? Probabile. Come probabile era anche l’annebbiamento del suo istinto, giacché quel particolare sulla donna gli era palesemente sfuggito, dovuto alla rabbia per aver scoperto l’identità del bastardo che aveva usato Ziva.

La sua Ziva.

Sua perché, dopotutto, ancora non si era arreso all’idea di perderla.
Sua perché in qualsiasi luogo sperduto del Mondo il destino lo avesse condotto, lei sarebbe rimasta con lui, in lui, impressa in ogni fibra del suo essere.
Sua perché, nonostante avesse provato a farglielo capire più e più volte, lei era l’unica donna che lui avesse mai imparato ad amare, veramente.
Sua perché lui non poteva vivere senza di lei. 1

Di tanto in tanto si dimenava cercando di allentare i nodi delle corde che lo legavano, almeno quelle dei polsi: aveva ormai le spalle e le braccia intorpidite per via di quella posizione, decisamente scomoda. Dall’ultimo incontro con Omar, lo scagnozzo che lo rifocillava – almeno quelli erano i suoi ordini che, però, trasgrediva continuamente poiché, oltre al cibo, aveva sempre in serbo anche qualche pugno diretto al suo stomaco – il sadico, gli aveva legato le mani dietro la schiena “Per renderti innocuo e più vulnerabile” aveva detto beffardamente, così ora era costretto a contorsioni disumane per riuscire a bere quella brodaglia marroncina che gli davano per mantenerlo, almeno, in vita. Era umiliante per Tony tutto quello, soprattutto quando quell’energumeno si fermava a fissarlo e denigrarlo paragonandolo ad un cane bastardino. “Il bastardo sei tu” si ritrovava a pensare sentendo la rabbia montargli dentro, mista ad un desiderio irrefrenabile di vendetta. E l’avrebbe avuta, la sua vendetta, eccome se l’avrebbe avuta.
Una serie di rumori concitati, però, insoliti per quel luogo che sembrava esser sospeso in una dimensione, a metà tra due mondi, in cui il silenzio la faceva da padrone, catturò la sua attenzione. Riuscì a recepire distintamente il fragore di un motore e una sgommata: “forse una moto”, pensò.
S’irrigidì e smise di muoversi freneticamente così da poter captare al meglio quei suoni. Cadenzava, lento, perfino il proprio respiro per non perdersi nulla di quel che stava accadendo oltre quella porticina di legno, di cui ormai aveva imparato a menadito ogni venatura.
Una leggera scossa di adrenalina cominciava a scuotere il suo corpo, che seppur debole voleva essere pronto ad ogni evenienza.

“Mi hanno trovato.”

Fu un pensiero fulmineo che s’insinuò nella sua mente.
Una speranza, covata fino a quel momento ma mai ascoltata.
Speranza riposta in Kort: l’unico, oltre a Vance, ad essere a conoscenza di quella missione e di dove lui si trovasse.
La sua mente cominciò a vorticare cercando di creare possibili scenari di cosa fosse successo fuori da quelle quattro mura sudicie, che erano ormai la sua realtà, nei suoi giorni di prigionia: Kort che avverte Vance del loro mancato incontro – Tony avrebbe dato qualsiasi somma per vedere quella testa calva arricciarsi infuriata e blaterare per il suo ritardo. A quel punto Vance avrà avvertito il Segretario? O Gibbs? “No, Gibbs l’ha scoperto da solo, non ha aspettato i comodi di Vance!” pensò convinto.
Tony cercò di immaginarsi il Capo infuriato preparare un piano, aiutato dal Pivello – era semplice, quasi, figurarsi quelle mani, ceree e tremolanti, battere tasti frenetici del suo computer nel tentativo di rintracciarlo. Sicuramente anche Abby aveva dato il suo contributo e, se mai fossero anche partiti alla volta di Tel Aviv – cosa altamente possibile, conoscendo Gibbs – aveva insistito come una bambina capricciosa per poter partire anche lei.

Sul fatto che Abby fosse ancora a Washington a bere Caf-Pow imbronciata, Tony, era sicuro quanto che Gibbs e la sua squadra stessero condividendo il suo stesso cielo.

Passi veloci si rincorrevano nei corridoi fuori la cella. Un andirivieni accompagnato da urla e sfuriate.
Un’altra scarica di adrenalina percorse quelle membra stanche, quando DiNozzo udì nettamente il suono di sparo.

“Vai Capo! Falli fuori tutti, ma lasciami Lui vivo … lasciami l’onore di dargli ciò che si merita.”

Riprese a contorcersi, eccitato, per cercare di slegarsi e farsi trovare pronto a fuggire non appena la sua squadra sarebbe arrivata.
Era questione di secondi, oramai.
Li sentiva.
I passi si facevano sempre più vicini.
Alternava il suo sguardo dalle corde alla porta, e viceversa.
Aspettava solo che si aprisse.
Aspettava solo di udire il rumore dell’uscio sfondato.

– DiNozzo! – una voce maschile richiamò la sua attenzione urlando quel nome con tutta la voce che aveva in corpo.

Il fascio di luce di una torcia investì il volto di Tony tanto da costringerlo a strizzare gli occhi e voltarsi di scatto verso il buio. Fu una frazione di secondo, però, perché poco dopo rivolse il volto di nuovo verso l’uomo fermo sull’entrata con ancora la torcia fissa su di lui.
Un sorriso malizioso si nascose sotto lo strato di barba che cominciava a coprire il viso di Tony.

– Finalmente! – disse DiNozzo, con voce roca e stanca.




 




°°° °°° °°°







– Volete anche del thè con dei pasticcini? – Gibbs tuonò alle spalle dei suoi due agenti impalati a ridere davanti al monitor del computer – O avete intenzione di mettervi a combinare qualcosa di utile per ritrovare il vostro collega? – concluse glaciale, dopo essersi interposto tra i visi di McGee e Ziva.

– Scusa Capo … – balbettò Tim, mortificato.

Gibbs gettò una rapida occhiata a Ziva che si mordeva, nervosamente, il labbro inferiore in evidente imbarazzo anche lei. Abby, che aveva assistito alla scena attraverso il monitor, sembrò scossa nel vedere Jethro così duro e scontroso: forse perché sapeva che lo diventava quando il suo istinto gli sussurrava che qualcosa di brutto stava per accadere.

– Non avevamo molto su cui lavorare, Gibbs. – tentò di dire Abbs, che ricevette in risposta un’occhiata fredda dal Capo e una terrorizzata di McGee. Non si fece intimorire, però, e finì – Abbiamo però ottimizzato la nostra connessione e controllato che tutti gli strumenti fossero funzionali. –

Gibbs ridusse gli occhi a due fessure e poi spostò lo sguardo dalla forense a Ziva – Hai contattato qualcuno come ti avevo detto? – le chiese autoritario.

– Sì, gli ho spiegato la situazione. Sarà qui a momenti. –

– Capo, che è successo? Siete sporchi di sangue! – disse all’improvviso McGee, quasi sconvolto, alternando un paio di volte lo sguardo da lui a Kort.

– Siamo scampati ad un attentato. Normale routine per agenti federali, non trovi McGee? – si intromise Kort.

Gibbs stava per parlare, sicuramente ordinare qualcosa ma Ziva lo interruppe, parandosi dinanzi a lui – Che ne è stato dell’informatore? Ti ha detto dove si trova Tony? – chiese in tono agitato scrutando il volto sgualcito e impolverato del Capo.

Jethro la osservò e lesse nei suoi occhi nocciola tutta l’apprensione che a fatica cercava di nascondere nei suoi gesti sicuri e tesi, calcolati e misurati come un bravo agente del Mossad sa’ essere. Lei non lo era più, però, ed ora a spingerla a combattere c’era qualcosa di più forte del mero senso di devozione e fedeltà ad un padre: c’era l’affetto, l’amore che è un motore molto più potente di qualsiasi altro ideale.
Gli occhi della donna gli facevano mille domande silenziose e Gibbs decise di raccontargli la conversazione avuta poco prima con Sharif: raccontò minuziosamente ogni particolare soffermandosi sul fatto che Biton sosteneva fermamente di non aver mai visto Ziva e mai avuto nessun contatto con lei.

– E tu gli hai creduto sulla parola? Tony gli ha creduto senza battere ciglio? – sbottò Ziva incredula per tanta fiducia che, a volte, ancora sentiva di non meritare.

– DiNozzo aveva una tua foto e gliel’ha mostrata. Credo che gli avrebbe creduto comunque, anche senza foto, altrimenti non sarebbe partito da Washington convinto che tu eri innocente. – replicò Gibbs, quasi addolcendo il tono sul finire della frase.

Ziva arrossì leggermente all’idea che Tony portasse con sé una sua foto. Si imbarazzò come un’adolescente alla prima cotta immaginando quale fosse quella foto: sicuramente quella scattata a Parigi. La sua preferita.
Gibbs riprese il riepilogo e raccontò anche le modalità dell’attentato subito.
Ziva, McGee ed Abby ascoltarono con attenzione.

– Con i migliori auguri del Signor David. – ragionò dubbiosa Ziva – Il Signor David … –ripeté come una litania, camminando avanti e indietro in quei pochi metri del salotto della pensione. – Ecco forse perché hanno pensato che sia stata io a vendere le informazioni. – sbottò fermandosi di colpo. – Si tratta di uno scambio di identità? – chiese incerta a tutti i presenti. E forse anche a se stessa.

– Non avrebbero rapito DiNozzo per un banale scambio di identità, lo sai bene anche tu. – intervenne Kort, pratico e glaciale. Aveva ragione e Ziva lo sapeva. Quella flebile speranza che Tony non si trovasse tra le mani di qualcuno senza scrupoli, scemò di colpo, come di colpo era nata.

– Se fosse stato uno scambio di identità perché Tony avrebbe continuato ad indagare ossessivamente? Sarebbe bastato riferirlo cosicché avrebbe fatto ritorno a casa in tempi brevi, no?! – azzardò McGee.

– Con i “se” e con i “ma” non si va lontano. Basta chiacchiere. – sentenziò Gibbs stufo di quell’inattività. Il tempo stringeva. – McGee scannerizza questa mappa e inviala ad Abby. C’è segnato su il luogo dove Biton ha incontrato la nostra talpa. La mostrò anche a Tony nel loro incontro, forse può essere andato lì. –

– Subito, Capo! – rispose prontamente McGee.

– Abby! Quando avrai la mappa, voglio che la studi nei minimi particolari. Trovami l’ubicazione esatta di quel posto e invia le coordinate ai nostri navigatori. Resteremo comunque in contatto tramite segnale GPS. Voglio piantina e foto del capanno: quante sale ha, interrate e non; se ha un perimetro delineato e sorvegliato; vie d’accesso e possibili vie di fuga. – ordinò perentorio.

– Ti dirò anche se il pavimento è di moquette o con le piastrelle: se ce ne sono ti dirò anche il loro numero esatto, Gibbs! – rispose aprendo il file appena arrivatole da McGee e cominciando le sue ricerche.

– Kort, hai detto che Tony aveva inviato parte delle sue ricerche a Vance, vuol dire che aveva un computer o dei blocchi di appunti: sai dove sono? – chiese rivolgendosi al nuovo elemento del suo gruppo.
Stava cominciando a fidarsi di lui? Il velo di freddezza e diffidenza dietro il quale Gibbs si nascondeva, era ancora eretto a muraglia di difesa, certo era, però, che Trent gli aveva quasi salvato la vita nell’attentato di quel pomeriggio: avrebbe potuto lasciarlo con Biton e invece aveva rischiato fino all’ultimo anche lui di essere scoperto sul luogo di quell’omicidio. Di fiducia era ancora troppo presto per parlarne, ora, lo stava ancora mettendo alla prova: Jethro intanto rimaneva in attesa, in finestra, aspettando un suo passo falso o la riprova che qualcosa di buono c’è in tutti. In quasi tutti, almeno.

– Ho trovato questi nella camera dove Tony ha dormito quando alloggiava qui. – rispose Ziva sommessamente mostrando un computer e un mucchio di fogli pasticciati e disordinati. – Sono entrata per sbaglio nella sua camera e riordinandola me li sono trovati davanti, ho pensato che McGee potesse controllare il suo pc ed io leggere tra le sue carte. – continuò, quasi giustificandosi per quell’intrusione.

Gibbs fece un cenno di assenso e i due si misero a lavoro. Li guardava concentrarsi intenti a cercare anche il più piccolo dettaglio che potesse risultare utile. Attraverso il monitor, poteva immaginare Abby mordersi le labbra laccate di nero o bere un sorso di Caf-Pow tamburellando con un anfibio il pavimento mentre aspettava qualche riscontro. Li lasciò lì, mentre lui e Kort andarono in un’altra stanza per mettere al corrente, telefonicamente, Vance degli ultimi sviluppi.









 
°°° °°° °°°









– Omar, mettilo su una sedia, voglio guardarlo negli occhi ed essere al suo stesso livello. – ordinò l’uomo sulla soglia della cella mentre si dirigeva verso una lampada ad olio per accenderla.

– Tu non sarai mai al mio stesso livello! – sputò velenoso Tony mentre, con poca grazia, veniva fatto accomodare su una sedia.

– Non ti perdi mai d’animo eh, DiNozzo?! – lo schernì – Vuoi avere sempre l’ultima parola, di solito condita da un tocco della tua sottile e pungente ironia. – Gli parlava subdolo girandogli intorno. – Ma me l’aspettavo sai? Ziva mi aveva avvertito che eri una mina vagante. Imprevedibile ed enigmatico, sempre nascosto dietro al personaggio del buffone di corte! –

– Non nominarla! Non osare pronunciare il suo nome di nuovo … – minacciò Tony.

– Perché non sono degno? È questo che stavi per dire? – rise, sadico e quasi di gusto. – Tu credi di essere migliore di me? No. Io non lo credo, sai?! – l’uomo si puntellò sui braccioli della sedia sgangherata dove Tony sedeva e lo fissò dritto negli occhi. – Credi di avere il diritto di nominare il suo nome solo perché ti sei eletto a suo protettore, a suo fidato scudiero e cavaliere? – continuò sostenendo lo sguardo carico d’odio di Tony. – Sai perché non sei migliore di me, DiNozzo? Sei in grado di andare in capo al mondo per lei, farti quasi ammazzare per ben due volte, ma non sei in grado di fare la cosa più semplice: fregartene di Gibbs, delle sue stupide regole e dirle ciò che senti per lei, veramente. Rinunceresti anche alla tua vita, ma non saresti capace di rinunciare all’NCIS per lei. Tu hai paura e non lo farai mai. Chi è che non è degno di dire il suo nome, ora? –

Di colpi allo stomaco, appena sotto il cuore, Tony in quei giorni ne aveva ricevuti molti. EJ gli aveva riservato una pugnalata alle spalle che mai si sarebbe aspettato. Ed ora era Lui a ferirlo: quell’uomo che lo fissava, tornato dopo che era sparito subito dopo averlo rapito, forse per ucciderlo o forse per interrogarlo, finalmente.
Probabilmente avrebbero avuto una resa dei conti prima dell’ultimo atto: la liberazione o la morte. E quello, poi, cos’era un modo per distruggerlo mentalmente, oltre che fisicamente?
Tony lo fissò negli occhi incapace di rispondergli, perché non poteva certo confessare al suo carceriere che aveva dannatamente ragione.

Lui non si sentiva degno di lei.

Aveva compiuto i gesti plateali per lei, ma non le aveva mai detto – semplicemente – che lei incarnava tutto ciò che cercava da una vita intera.
Le aveva confessato di non saper vivere senza di lei, ma non aveva lottato per vivere con lei.
La colpa non era di Gibbs, o delle sue regole: erano state trasgredite da tempo immemore e da Jethro in persona.
Ziva, forse meritava un uomo migliore accanto. Un uomo in grado di dirle ciò che provava senza paura.

– Stai pensando che ho ragione, non è così? – lo sfidò

– No, ti sbagli! – mentì Tony. – Tu non sai un bel niente del rapporto che c’è tra me e Ziva. Le dirò quello che provo non appena ti avrò ucciso e sarò libero di andarmene! – cercò di ribadire con convinzione. Lo avrebbe fatto davvero se solo fosse uscito vivo da quel capanno.

“Basta fingere.” Si disse tra sé.

Ora Tony aveva un motivo in più per sopravvivere a tutto quello che ancora lo aspettava.

Una risata derisoria accompagnò l’ultima frase dell’Agente.
– Tu credi davvero che riuscirai ad uscire da qui … vivo?! Illuso. – l’uomo si raddrizzò distogliendo lo sguardo da quello di Tony. – Adesso basta fare chiacchiere inutili. Dimmi tutto quello che sai o che pensi di sapere su di me. – disse sbrigativo.

– Ho scoperto la verità. Quanto ti hanno offerto per quelle informazioni? –

– Meno di quanto immagini, DiNozzo. Chi altro è a conoscenza della verità che pensi di aver scoperto? –

– Vuoi sapere se ho spifferato tutto alla mia squadra? O a Vance? – ghignò Tony – È solo questione di tempo … saranno qui a breve! Sono scomparso da troppo tempo, ormai, si sarebbero mossi lo stesso per cercarmi, anche per molto meno di una sporca spia come te. –

– Se non vuoi collaborare con le buone maniere, DiNozzo, ci penserà Omar a farti parlare. Sai quanto sa essere persuasivo.– lo minacciò l’uomo, chinandosi di nuovo verso di lui.

– Sei tu che non vuoi parlare, magari Omar può essere persuasivo anche con te. Vogliamo provare? – gli intinò Tony, ammiccando verso lo scagnozzo.

– Tu non hai scoperto un bel niente, non è così? Sai solo che ho usato il nome di Ziva … pensi che lo abbia fatto per soldi non è così? Ti sbagli, sai? Dei soldi non me ne faccio nulla … me ne hanno dati molti, comunque, ma non è per quelli che l’ho fatto. – l’uomo si alzò e prese a passeggiare intorno a Tony.

– Allora per cosa l’hai fatto? –

– Per qualcosa di molto più potente dei soldi, qualcosa che riesce a smuoverti l’anima, che ti corrode fino al profondo delle tue viscere. È come un tarlo e non ti abbandona fin quando non soddisfi quel desiderio. – gli arrivò di nuovo ad un palmo dal volto e lo fissò dritto negli occhi. – Puoi capire di cosa parlo DiNozzo? –

– Dimmelo tu … –

– Vendetta. Solo desiderio di vendetta. –

– Cosa ti ha fatto Ziva per meritare la tua vendetta? –

– Parli troppo, DiNozzo, l’ho sempre detto che sei un ficcanaso. Adesso basta domande. Non sai nulla di tutta questa faccenda. Niente di rilevante almeno. Ci dobbiamo spostare da qui perché c’è troppo movimento in città … e non voglio pesi inutili. – caricò la sua pistola e lentamente tese il braccio dinanzi a sé, puntando dritto tra gli occhi di Tony. – Mi dispiace mandare in fumo i tuoi propositi amorosi con Ziva, ma credo non uscirai vivo da qui. – Ghignò malignamente mentre il suo indice premeva, impercettibilmente il grilletto.






– O Forse sarai tu a non uscirne vivo … Cruz. – una voce alle sue spalle lo fermò, accompagnando la sua frase con il suono inconfondibile di un’arma che veniva caricata.

Il sangue si gelò nelle vene degli uomini nella cella.

Il capolinea era giunto: gli interrogativi pendenti sarebbero stati risolti.
Qualcuno non ne sarebbe uscito vivo e qualcun altro avrebbe avuto una seconda possibilità … forse.












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NdA
1: Rimando alla puntata 7x01.

Toc toc! C’è ancora qualcuno che legge questa schifezzuola?! Bah! Speriamo di sì! Mi scuso per l’immenso ritardo … non riuscivo ad andare avanti: tutto mi sembrava troppo banale e forse, alla fine, è proprio nel banale che sono caduta. Spero che lo troviate ancora coerente con il resto della storia. Non manca moltissimo alla fine –anche se non so quantificarlo in capitoli – quindi resistete, mi raccomando!
Grazie ai nuovi che hanno aggiunto la storia tra le seguite e/o preferite: quanto mi piacerebbe sapere la vostra opinione! Mi aiutereste ad andare avanti. Spero di leggervi!
Un altro grazie va a Nico83, fedele nelle recensioni dall’inizio di questa storia! (Ah per l’apparizione di Cruz … l’avevo già programmata… mi avevi scoperto! ;D Provvederò ad allungargli le sofferenze, se preferisci!)
Aspetto i vostri giudizi o pareri … battete un colpo se ci siete!
Alla prossima!

_Clarita_

 
  
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