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Autore: laisaxrem    11/11/2011    4 recensioni
La storia dell'amore di Remus Lupin e Ninfadora Tonks raccontata di pari passo con gli avvenimenti finali del sesto libro (22 giugno 1997) alla morte dei protagonisti (2 maggio 1998)
dal testo:
"« Oh. Ma cosa vedo? Il nostro amico Remus Lupin, il Lupo Mannaro addomesticato » disse sprezzante.
« Greyback » sussurrò Lupin. « Non posso dire che sia un piacere rivederti... »
« Come sei sgarbato » disse, uno sgradevole sorriso sul volto. Poi posò lo sguardo su Tonks e il suo ghigno divenne ancora più orrendo. « Ma vedo che hai portato con te uno spuntino. Davvero un bel bocconcino. Magari me ne lascerai un pezzetto... » aggiunse leccandosi le labbra e mostrando i denti.
Lupin si mise davanti a Tonks, la bacchetta levata, pronto a farle scudo col proprio corpo, se necessario.
« Non osare avvicinarti a lei » farfugliò l’uomo, sollevando più in alto la bacchetta. « Non osare avvicinarti a nessuno dei miei amici ».
« Oh-oh » lo schernì Greyback. « Vedo che sei combattivo. Credi di potermi battere, ragazzo? »
« Sei solo un mostro... »
« Sono lo stesso mostro che sei tu » osservò il lupo. « Te lo sei scordato? Sono stato io a crearti. Tu sei esattamente come me »."
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Un po' tutti | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Bè ciao a tutti. Questa è la prima storia che carico ed ho lottato parecchio contro me stessa per farlo.
Ma eccomi qui.
Vi avverto che non è niente di chè. Era nato come un libro ma visto che ci sono parti tratte da HP6 e HP7 leggendo il regolamento ho capito che non avrei potuto pubblicarle. Per cui ho deciso che metterò quello che posso.
Spero che sarete magnanimi. Sono capitoli molto lunghi e per cui premetto già che non compariranno ad un giorno di distanza. Forse una settimana. Ma più probabile di più. Premetto questo nel caso qualcuno si appassionasse: non vorrei mai deludere il mio pubblico. XP
Ho già una critica da rivolgere a me stessa: il mio Lupin è un po’ troppo lagnoso, forse, ma mi è sembrato il modo migliore per dipingere un uomo che non ha mai assaporato la felicità o la serenità.
Detto questo buona lettura. Spero che non mi tirerete troppi pomodori.
L
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Capitolo1
Sogno
 
A volte i sogni sono più veri della realtà
(dal fumetto “Sonja”)
 
Correva
Stava correndo senza sosta ma non ricordava cosa stesse cercando o dove stesse andando e questo faceva nascere in lui un’immensa ansia.
Accanto a lui sfilava una vegetazione fitta, con tronchi massicci e antichi, ricoperti quasi totalmente da uno spesso strato di muschio e licheni verde scuro.
Per quanto la nebbia e il buio lo circondassero, riusciva a riconoscere il luogo nel quale si trovava: un bosco; un bosco molto familiare teatro di molte avventure vissute con i suoi tre migliori amici e appartenente, perciò, alla sua giovinezza: la Foresta Proibita a Hogwarts.
Nonostante avesse capito dove si trovasse, l’angoscia che sentiva dentro di sé non diminuì: ancora non sapeva dove stesse andando o cosa stesse inseguendo.
Gli sembrava di correre da una vita quando, finalmente, la vegetazione cominciò lentamente a diradarsi fino ad aprirsi su una radura incantata.
Dopo l’oscurità opprimente della foresta, la luce brillante del sole lo colpì in pieno volto accecandolo per qualche secondo. Quando gli occhi si abituarono a quel nuovo sfolgorio riuscì a cogliere i particolari del prato nel quale si trovava: l’erba era di un verde brillante trapunto di fiori di campo di tutti i tipi e colori; qualche sasso isolato ricoperto di licheni spuntava tra i ciuffi d’erba alta e incolta; un ruscello attraversava la radura completando quel quadro magnifico circondato dagli alberi fitti della foresta.
Mentre il suo sguardo vagava cercando di riconoscere quel posto, di rievocarlo dall’oceano della sua memoria, i suoi occhi si fermarono su una figura che sostava vicino al fiume, voltandogli la schiena.
Immediatamente capì che ciò che lo aveva condotto fino a quel luogo spettacolare, quel filo invisibile che lo aveva trascinato fino a lì, era proprio quella figura femminile che sembrava non averlo nemmeno notato.
Lentamente e con il cuore che batteva a mille, si avvicinò a quella donna. Ad ogni passo riusciva a coglierne un particolare diverso.
Giunto ormai a pochi metri, la donna si voltò lentamente fino a mostrargli il volto.
Sul suo viso a forma di cuore danzava un sorriso radioso, i capelli di un rosa brillante le sfioravano le spalle e dondolavano alla brezza leggera; le labbra piene erano aperte in un sorriso smagliante e gli occhi marroni e bellissimi erano immensi mentre lo guardavano con dolcezza.
Il suo cuore stava per esplodere a causa dei troppi battiti ed era sicuro che anche lei sentisse quel palpito incontrollato.
In quel mentre la donna percorse, sempre sorridendo e con passo deciso, i pochi metri che li separavano e, giunta ormai a poco più di un passo di distanza da lui, allungò la mano e dopo avergli sfiorato le dita lo afferrò per il braccio.
La mano di lei era calda e morbida, ma, improvvisamente, il calore incominciò a crescere e in un istante il polso iniziò a scottare e a bruciargli.
La parte razionale del suo cervello gli imponeva di arretrare, di allontanarsi da lei, di scansarsi in un qualche modo per eliminare quel dolore che lo opprimeva, ma il suo cuore lo bloccava: non voleva allontanarsi mai più da lei, non ora che l’aveva trovata dopo averla cercata a lungo; non voleva mai più distogliere lo sguardo dal suo bellissimo volto, dal suo sguardo penetrante e dolce.
Dopo pochi secondi dall’inizio di quel contatto -o forse erano stati giorni, o mesi, o anni, lui non lo sapeva- la parte del cervello che gli urlava di andarsene vinse e lui allontanò controvoglia e con il cuore in pezzi il braccio dalla sua mano candida.
In quell’istante Lupin si svegliò con le lacrime agli occhi.
Si guardò intorno, con il cuore che ancora batteva forte e il sogno ancora vivido nella sua mente: si trovava nella sua stanza in Grimmauld Place; le tende rosse del baldacchino gli impedivano la vista del soffitto ma, accanto al letto si vedeva una finestra che dava sulla strada. Erano quegli attimi ineffabili e indefiniti che precedono il crepuscolo, quando i corpi si fanno ombra.
All’improvviso un dolore acuto al polso sinistro gli rammentò cosa avesse interrotto così bruscamente il suo meraviglioso sogno.
Alzò il braccio e osservò il proprio polso ormai ustionato: un sottile filo d’oro lo circondava.
All’istante Lupin capì cosa stesse succedendo: allungò una mano verso il comodino che aveva accanto al letto e afferrò la bacchetta con la quale toccò, poi, lo stretto cordone d’oro. Subito il dolore cessò e l’oggetto si trasformò in un bracciale splendidamente lavorato e inciso con un simbolo.
Lupin lo toccò di nuovo con la bacchetta mormorando una formula magica di una certa complessità e subito comparve incisa una frase. Di nuovo toccò il bracciale pronunciando la parola segreta. Poi attese.
Dopo pochi secondi il metallo attorcigliato al suo polso cominciò a ribollire ma questa volta Lupin non sentì dolore. Lentamente il metallo si curvò fino a diventare una bolla che galleggiava dinanzi agli occhi dell’uomo.
Lupin ripeté la parola segreta abbinata ad un complicato movimento della bacchetta e all’istante un viso comparve nella bolla d’oro fuso, immediatamente seguito dal busto; era il volto di un uomo anziano, con un paio di occhiali a mezzaluna appollaiati su un naso lungo e ricurvo ed i capelli e la barba argento che gli arrivavano alla vita. Dietro agli occhiali c’erano due occhi azzurro chiaro così vividi e intensi che sembravano una porzione di cielo primaverile.
Albus Silente, Preside di Hogwarts, nonché il mago più potente che Lupin avesse mai conosciuto, lo osservava in viso, un po’ preoccupato.
« Scusa se ti ho disturbato, Remus, ma è una cosa urgente... ti senti bene? »
All’istante Lupin si rese conto di avere ancora le guance e gli occhi umidi. Istintivamente lasciò la bacchetta e salì con la mano libera a far sparire anche quelle ultime tracce del suo sogno.
« Sì, sì. Stai tranquillo » rispose poi, cercando di sorridere al Preside. « Va tutto bene. Mi sono solo appena svegliato ».
Mentre parlava osservava Silente: il suo volto era stanco e sembrava molto più vecchio del solito; non aveva mai visto il Preside così preoccupato. Ma forse era solo il peso degli eventi che iniziava a gravare anche sulle sue spalle, e la preoccupazione, forse, era dovuta al pesante compito di guidare e mantenere vivo l’Ordine della Fenice.
Anche Lupin apparteneva a questo gruppo, fondato la prima volta che Voldemort aveva assunto il potere. Era difficile e pericoloso fare parte dell’Ordine, sia per il membro stesso sia per la sua famiglia e i suoi amici; chi ne faceva parte correva rischi mortali quotidianamente e, di conseguenza, anche chi gli stava accanto.
Per questo motivo tutte le azioni, le decisioni, le riunioni dell’Ordine erano segretissime e sempre per questo motivo, Lupin e tutti gli altri membri dell’Ordine, portavano un filo d’oro sotto varie forme, il quale fungeva da via di comunicazione tra i vari membri e il loro capo, Silente, che poteva comunicare, così, con tutti senza correre il rischio di intercettazioni.
Mentre la mente di Lupin pensava a tutte queste cose, il silenzio era calato tra i due uomini.
Vedendo che lo sguardo di Silente si stava facendo indagatore, Lupin gli chiese: « Hai detto che si tratta di una cosa urgente. È successo qualcosa di grave? »
Silente rimase lì a pensare ancora per qualche istante poi disse: « No, per ora non è successo nulla, però questa sera devo lasciare Hogwarts per qualche ora ma non voglio lasciarla incustodita... »
« Ho capito » lo interruppe Lupin. « Posso venire là a dare una mano ai professori nelle ronde ».
« Grazie Remus. Naturalmente non sarai solo. Sto’ convocando anche altri membri dell’Ordine; non penso che succederà niente ma... Bè meglio essere sicuri, non voglio esporre a rischi inutili i miei studenti. Allora, riesci a venire qua per le sette? »
« Se vuoi vengo anche subito; non ho molto da fare qui in casa da solo... ».
Non riuscì a terminare la frase; il ricordo dei suoi due migliori amici, James e Sirius, morti entrambi a causa di Voldemort, gli bloccava la voce in gola.
« Perfetto, allora. Ci vediamo fra qualche minuto. E... scusa ancora se ti ho svegliato ».
Lupin osservò ancora il viso del suo vecchio Preside e in un istante capì che Silente aveva intuito tutto... o quasi. Gli sorrise a fatica e poi osservò la bolla d’oro ritirarsi lentamente fino a ritornare un sottile bracciale d’oro aderente al suo polso come una seconda pelle.
Lentamente Lupin riprese il controllo delle proprie emozioni; chiuse faticosamente in un cassetto della propria memoria, peraltro già pieno di ricordi o di visioni simili, il sogno; si alzò dal letto, si vestì ed afferrò la bacchetta che era rimasta appoggiata sulle coperte.
Giunto alla porta la aprì e si voltò ad osservare la stanza nella quale dormiva ormai da due anni; la sua mente riportò dolorosamente a galla il sogno così bruscamente interrotto, e una lacrima debordò nuovamente dagli occhi di Lupin che la asciugò velocemente con una mano tremante.
Lupin sospirò, si voltò e chiuse dietro di sé la porta, cercando, così facendo, di sigillare nel proprio cuore il viso di Tonks.
L’uomo scese le scale della grande casa e, arrivato nell’ingresso, indossò lentamente il pesante mantello nero da viaggio che era appeso ad un appendiabiti; diede un occhiata alla casa buia e poi uscì in strada.
Si allontanò in fretta dalla porta.
Giunto a qualche metro di distanza si voltò per osservare la casa, ma il numero dodici di Grimmauld Place era già sparito. Non aveva lasciato traccia. Era scomparso lasciando solo i numeri undici e tredici ad occupare il suo posto.
Lupin sospirò e voltò le spalle alla propria abitazione.
Fece un paio di passi verso il lato della strada e poi fece una giravolta su se stesso pensando intensamente alla propria meta: il villaggio di Hogsmade.
Immediatamente lo colse la familiare sensazione di strappo dietro l’ombelico e in un istante si ritrovò a Hogsmade, a chilometri di distanza da dove era partito.
Diede solo una rapida occhiata al paese e s’incamminò subito per il sentiero sterrato che due volte all’anno, ormai da più di dieci secoli, portava al castello centinaia di giovani maghi e streghe.
Anche lui aveva percorso quella strada parecchie volte. Erano passati quasi tre anni dall’ultima volta eppure quella strada gli era molto più familiare che non la propria casa.
Mentre ripensava al passato sfoderò la bacchetta e la agitò leggermente; un lupo argenteo scaturì da essa; immediatamente il suo Patronus sfrecciò lungo la strada e sparì dietro una curva.
Camminava da parecchio, ormai, quando infondo alla stradina comparve un enorme cancello delimitato da due enormi colonne, ciascuna sormontata da un grosso cinghiale alato di pietra massiccia.
Si avvicinò. Pesanti catene lo chiudevano e non lasciavano alcuna possibilità di aprirlo.
Lupin alzò lo sguardo e la figura dell’enorme castello si dipanò davanti ai suoi occhi. Molte luci brillavano alle finestre, segno che gli studenti al suo interno erano ancora tutti svegli, nelle rispettive sale comuni o a cena nella Sala Grande.
All’improvviso, mentre il suo sguardo vagava sul parco del castello, vide la luce di una lanterna avvicinarsi. La poca luce solare che ancora rischiarava il cielo al tramonto non consentiva però di vedere chi fosse.
La figura era ormai giunta a pochi metri dal cancello quando finalmente Lupin riconobbe il volto dell’uomo. Un naso adunco spuntava sopra un paio di labbra sottili e inarcate all’ingiù; gli occhi nerissimi lo squadravano con un odio antico e poco represso; tutto questo era incorniciato da due tende di capelli neri e unticci.
I due uomini si squadrarono a lungo. Poi Severus Piton estrasse la bacchetta e la batté sulle pesanti catene che bloccavano il cancello; subito queste iniziarono a strisciare. Allora l’uomo si scostò un poco per lasciare entrare Lupin chiudendo subito alle sue spalle il cancello.
Tutto questo si era svolto in pochi secondi, e in questo tempo i due uomini non si erano rivolti la parola.
« Ciao Severus » disse Lupin, cortesemente. « Come stai? »
« Lupin » Il saluto di Piton era freddo, quasi sprezzante. « Il Preside ti aspetta nel suo ufficio ».
Lupin sospirò. « Grazie, Severus ».
Piton camminava stando un passo davanti a lui, e questo, insieme al suo sguardo d’odio e alla sua freddezza, fece capire a Lupin che Severus Piton non aveva affatto dimenticato i loro scontri da ragazzi.
Piton aveva odiato James Potter e Sirius Black fin dal loro primo incontro, sull’Espresso per Hogwarts, e non aveva smesso di odiarli nemmeno ora che erano morti entrambi; quel disprezzo perpetuava ancora e si esprimeva per la maggior parte contro Harry Potter, figlio di James e di Lily e figlioccio di Sirius, ma, in parte, anche contro di lui, Lupin, il ragazzo-mostro, il lupo mannaro, l’amico di Sirius e James.
Silente aveva sperato che l’attrito tra loro si smorzasse con il ritorno di Voldemort, con la rinascita dell’Ordine della Fenice, perché ora lavoravano tutti, lui, Sirius e Piton, per lo stesso scopo, stavano tutti dalla stessa parte; ma il suo desiderio si era rivelato un’utopia: Piton e Sirius avevano continuato a beccarsi per un anno prima della morte di quest’ultimo. E ora Piton rivolgeva tutto il proprio odio verso di lui, l’ultimo rimasto del trio.
Erano ormai giunti ai piedi del castello. Piton spalancò il portone ed i due uomini si ritrovarono nella Sala d’Ingresso.
Piton si fermò presso le scale e così fece Lupin.
« Il Preside ti aspetta nel suo ufficio, Lupin » gli disse, acido. « Ti rammenti la strada o vuoi che ti ci porti? »
« No, grazie Severus » rispose lui, cortese.« Faccio da solo ».
A quelle parole Piton si voltò di scatto facendo sventolare il mantello nero e si avviò verso la Sala Grande.
Con un ultimo sguardo a quell’uomo che lo odiava, Lupin si voltò e prese a salire le scale.
Giunto dinnanzi al gargoil che sbarrava la porta dell’ufficio del Preside ripeté la parola che era comparsa nel metallo del bracciale quando si era ritirata la bolla.
Immediatamente la statua si spostò con un balzo; la parete alle sue spalle scivolò di lato per rivelare una scala a chiocciola di pietra in perenne movimento.
Lupin vi salì senza esitazioni e in un attimo si ritrovò davanti ad una porta di legno massiccio con un pesante battente d’ottone.
« Avanti » invitò Silente quando l’uomo bussò. Dalla voce sembrava sfinito.
Lupin aprì la porta. L’ufficio era lo stesso di sempre, circolare, con le pareti ricoperte dai ritratti dei vecchi Presidi, con tavolini dalle gambe sottili sui quali i delicati strumenti d’argento sbuffavano fumo e ronzavano; come sempre Fanny, la magnifica fenice di Silente, si trovava appollaiata sul suo trespolo e osservava Lupin con vivace interesse.
« Ah. Remus. Ma quale piacere. Siediti, siediti pure. A cosa devo questa visita improvvisa e del tutto inaspettata? » Silente ridacchiava.
Lupin ricambiò il sorriso. « Ah. Bè passavo di qui per caso e ho pensato di passare a farti un salutino, Albus ».
« Bene. Sei sempre il benvenuto qui, Remus ».
« E poi mi è giunta voce che qualche matto ha chiesto l’intervento dell’Ordine della Fenice per proteggere la scuola. Così sono venuto ad assistere allo spettacolo ».
Silente tornò serio. « È proprio così; hai davanti a te quel pazzo. Comunque, tornando a cose serie... Come ti ho già detto prima devo allontanarmi per qualche ora dalla scuola perciò ho chiamato alcuni membri dell’Ordine della Fenice per... supportare gli insegnanti di Hogwarts nelle ronde. Ti avviso che potrebbe essere una notte molto lunga. Accetti? ».
« Ma certo » disse Lupin indignato. « Dubiti di me fino a questo punto? Cosa credi che sia venuto a fare fino a qui? Una visita di cortesia? »
Le labbra di Silente s’incresparono in un breve sorriso triste ma, qualche istante dopo, tornò serio e disse: « Mi dispiace di averti svegliato, prima; non ti avrei disturbato se non fosse stata una faccenda importante, soprattutto visto che sei appena tornato da una missione rischiosa. Comunque, avevi uno sguardo strano quando ci siamo parlati; è successo qualcosa che dovrei sapere? C’è qualche cosa che ti turba? Sai che con me puoi confidarti ».
Lupin chiuse gli occhi e si mise a pensare. Aveva ragione; Silente aveva intuito qualcosa.
Non sapeva cosa dire, non sapeva se rispondere, se rivelare al Preside ciò che gli attanagliava il cuore.
Quando riaprì finalmente gli occhi, trovò Silente che lo squadrava con i suoi occhi azzurri e penetranti; lo scrutava, con ancora quello sguardo preoccupato negli occhi.
« No, no. Stai tranquillo. Non c’è nulla che non va » mentì Lupin, con poca disinvoltura.
Silente non smetteva di osservarlo, preoccupato; e mentre cercava di sostenere quello sguardo indagatore, fissando quegli occhi azzurri e limpidi, a Lupin vennero in mente un altro paio di occhi, marroni come il cioccolato più puro ed altrettanto dolci, circondati da ciglia folte e lunghe: gli occhi più belli e più espressivi che avesse mai visto.
Una lacrima sfuggì di nuovo dagli occhi di Lupin prima che l’uomo riuscisse e trattenerla.
« Remus! » esclamò sconcertato, ma con voce dolce, Silente.
La mano di Lupin, intanto, era scattata automaticamente sul viso a cancellare la prova della propria debolezza, dei propri sentimenti, del proprio errore. Sì, perché era stato un errore farsi coinvolgere fino a quel punto, esporsi a quel modo, innamorarsi di una donna che non meritava e non poteva avere, ma che avrebbe voluto, e voleva, con tutto se stesso; e ora, a farne le spese era lui, era il suo cuore che, lacerato, sanguinava copiosamente, inarrestabile, irreparabilmente danneggiato e compromesso.
« Remus » ripeté Silente, dolcemente. « Sei assolutamente sicuro di stare bene? Se vuoi tornare a casa per me va bene e... »
« No, no » lo interruppe Lupin. « Sto bene. È stato solo... qualcosa nell’occhio... ma non è niente... niente di importante... Va tutto bene...  Io... sto bene... »
Il Preside lo osservò ancora per qualche secondo; poi, per niente convinto dalla spiegazione che gli era appena stata fornita, assentì e disse « Ok ».
« Bene. Posso farti una domanda, Albus? » chiese subito Lupin per spostare il discorso e l’attenzione del Preside lontano da se stesso e dai suoi problemi.
« Ma certo, Remus. Dimmi pure ». Il tono di Silente era amabile ma il suo sguardo si accese di uno strano brillio che Lupin non riuscì a interpretare.
« Bè, se non sbaglio non è la prima volta che lasci Hogwarts, giusto? »
« Giusto »
« Ma non hai mai chiamato... rinforzi. Come mai oggi si? »
Silente fece una lunga pausa.
« Sei un buon osservatore, Remus. Vedi, è una precauzione ».
Lupin osservò il Preside; l’atteggiamento e la postura erano rilassati ma gli occhi erano tristi e preoccupati; erano come una confessione, come la rivelazione di un segreto pauroso che veniva nascosto gelosamente dal proprietario.
E in quell’istante a Lupin parve di capire tutto, e un brivido freddo di paura e consapevolezza gli corse lungo la schiena.
« Hai paura di non fare ritorno? », domandò lentamente, per confermare i suoi sospetti ma temendo già una risposta affermativa.
Silente scoppiò in una fragorosa risata ma i suoi occhi erano colmi di preoccupazione.
« Mi correggo; sei un ottimo osservatore » rispose l’uomo. « Bè, non voglio mentirti, non ora che hai intuito qualcosa. Sì. È un viaggio pericoloso, quello che stia... sto’ per intraprendere. E... ».
« ... E... » incalzò Lupin.
Silente fece una pausa, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Poi, alzando lentamente il braccio annerito, aprì gli occhi e disse: « E questa sera potrei non essere fortunato come l’altra volta ».
Tra i due uomini calò il silenzio; erano immersi ognuno nei propri pensieri.
Fu Lupin, parecchio tempo dopo a romperlo.
« Potrei sapere dove vai? »
« Mi spiace, Remus » rispose Silente con un sorriso. « Ma non posso proprio dirtelo. Ne va della tua vita e, probabilmente, del futuro di tutta la comunità magica ma non solo ».
« Bè, allora potrai dirmi con chi ci vai? » domandò con un sussurro.
Silente sbiancò. « Prego? »
« Chi ti accompagna? » ripeté, questa volta alzando un po’ la voce. « Allora? », incalzò Lupin, poiché Silente non dava segno di voler parlare. « Lo so che non sarai solo, te lo sei lasciato sfuggire prima... »
« Harry ».
Lupin si voltò, pensando che fosse entrato Harry per parlare con il Preside, ma non vide nessuno.
« Cosa? »
« Harry viene con me ».
Lupin rimase paralizzato.
« Come... come sarebbe a dire che Harry viene con te? Hai detto che sarà molto pericoloso, che hai paura di non tornare vivo e porti con te Harry? MA HAI PERSO IL SENNO? ».
Lupin si era alzato in piedi quasi inconsciamente e ormai stava urlando. Non gli sembrava possibile che Silente, l’uomo più saggio che avesse e, probabilmente, avrebbe mai conosciuto, si comportasse in un modo tanto sconsiderato.
« Gliel’ho promesso... » incominciò Silente, come per giustificarsi.
« Come hai potuto? Ha sedici anni! Dopo tutto quello che hai e abbiamo fatto per proteggerlo dall’ira di Voldemort, ora lo porti con te in una missione suicida? Non hai pensato alle conseguenze delle tue azioni? Non hai pensato a Harry? »
« Ora basta Remus ».
Lupin tacque all’istante, non perché Silente avesse urlato, anzi; la sua voce era rimasta bassa ma nel suo tono c’era qualche cosa che intimorì Lupin molto più che non se si fosse messo a gridargli contro.
« Pensi che non abbia riflettuto attentamente prima di acconsentire a che Harry mi accompagni in questa missione? So benissimo i pericoli che correremo, i pericoli cui io lo sto’ per esporre; e credimi, in una circostanza normale darei la vita pur di non porlo in un rischio del genere. Ma questa volta non posso evitarlo; Harry verrà con me e non cambierò idea ».
I due uomini si guardarono negli occhi per un istante interminabile, occhi verdi in occhi azzurri. Alla fine Lupin sospirò e disse: « Va bene. Mi fido di te, Albus, della tua abilità e del tuo buon senso, anche se sembra che di quest’ultimo tu sia un po’ carente ultimamente. Ti raccomando solo di tornare a Hogwarts tutto intero e di riportare anche Harry ».
« Non ti preoccupare » disse Silente, di nuovo sorridendo. « Non tornerei nemmeno, senza di lui ».
All’improvviso, qualcuno bussò alla porta.
« Ah » mormorò il Preside. « Sì. Devono essere gli altri membri dell’Ordine che ho convocato. Avanti » disse ad alta voce, rivolto alla porta di quercia.
« Chi...? »
Ma Lupin non terminò la domanda perché la porta dell’ufficio si era aperta rivelando la donna più bella che lui avesse mai visto.
Era uguale a come l’aveva vista in sogno tranne che per due particolari: i capelli, che non erano rosa ma color topo, e gli occhi. Questi ultimi, infatti, erano tristi, senza il consueto vivace brillio, ma ugualmente dolci ed espressivi.
Appena lo vide, sul viso triste di Tonks apparve un sorriso radioso; nei suoi occhi tornò a sfavillare il consueto brillio e i capelli, prima flosci e spenti, assunsero un po’ del colore rosa gomma da masticare che Lupin ricordava.
Dietro Tonks entrò un uomo alto, con le braccia muscolose e i capelli lunghi e rossi raccolti in una lunga coda dietro alla nuca. Bill Weasley salutò allegramente Silente e chiuse la porta dietro di sé. Fu solo allora che si accorse della presenza di Lupin.
« Remus! » esclamò. « Anche tu qui, vedo. Bene. Ci sarà da divertirsi ».
« Speriamo di no, Bill. Speriamo di no » s’intromise Silente, ridacchiando. Poi si voltò leggermente per osservare meglio Tonks e le disse: « Buonasera, Ninfadora. Tutto bene? Siediti, siediti pure ».
Lupin si alzò subito per cederle il proprio posto, ma Silente, alzatosi anch’egli, sfoderò la bacchetta e fece comparire un paio di comode poltrone di chintz sulle quali si sedettero i due nuovi arrivati.
« Buonasera professore » rispose Tonks. « Sto’ bene grazie. Abbiamo interrotto qualcosa con il nostro arrivo? »
Tonks si era voltata leggermente verso Lupin mentre parlava e lo fissava con un mezzo sorriso triste dipinto in volto.
« No no, stai tranquilla Ninfadora » rispose Silente, cui non era sfuggito lo sguardo della donna, né il suo cambiamento fisico alla vista di Lupin. « Stavo solamente spiegando a Remus il motivo di questa convocazione; sai, non aveva capito molto bene quando gliel’ho detto la prima volta ».
« Mi sembra strano. Come mai? » chiese lei incuriosita e quasi preoccupata, ma sempre senza staccare gli occhi da Lupin.
« Non so esattamente. Dovresti chiedere a lui. A me era sembrato un po’ sconvolto quando l’ho chiamato ».
Lupin, che fino a quel momento aveva tenuto lo sguardo puntato sul ritratto di Armando Dippet, osservò di scatto Silente, lanciandogli uno sguardo di avvertimento misto a supplica.
Ma ormai era troppo tardi. Tonks si era voltata completamente verso di lui e nel farlo le loro ginocchia si erano inavvertitamente sfiorate. A quel tocco un brivido corse lungo la schiena di Lupin.
« Remus » disse lei dolcemente. « Cosa ti succede? Sei tutto rosso in volto, tremi e stai sudando. Sei sicuro di stare bene? Dovresti farti vedere da Madama Chips... »
Mentre parlava, Tonks aveva alzato una mano per spostargli dal volto una ciocca di capelli madidi di sudore. A quel gesto si sfiorarono di nuovo e Lupin si spostò leggermente di lato, in modo da non entrare nuovamente in contatto con la donna.
« Sto’ bene » rispose con voce rotta. « Non è nulla. Non ho bisogno di andare in infermeria. È tutto ok ».
Tonks non sembrava per nulla convinta, come del resto non lo erano Silente e Bill, ma disse: « Allora? Come mai eri sconvolto prima? »
« Io... non ero sconvolto... è stato solo... un brutto sogno » balbettò l’uomo guardandosi le ginocchia, imbarazzato.
Tonks lo osservava con aria critica e, allo stesso tempo,dolce.
« Sei sicuro... ? »
« Ho detto che sto’ bene, ok? » urlò Lupin. « Perché adesso non la smettete di farvi i fatti miei e vi concentrate sul motivo della chiamata? »
Nell’ufficio calò un silenzio pesante.
« Sì, hai ragione » disse Tonks, sbalordita dalle sue urla. « Noi... scusami Remus. Non pensavo fossero cose personali. Mi spiace davvero; giuro... che ti starò lontana se la mia vicinanza ti infastidisce... »
Lupin era sconcertato dal tono di voce della donna, e alzò la testa per vederla in viso; subito si rese conto che il suo volto era di nuovo triste e i capelli flosci e smorti. Poi l’uomo notò con terrore che agli angoli degli occhi di Tonks spuntavano delle grosse lacrime che lei faticava a trattenere. Subito Lupin si pentì della sfuriata.
Abbassò lo sguardo e disse: « Scusatemi. Io... sono solo stanco, tutto qui ».
« Ma certo Remus è normale; scusaci tu » disse Silente. « Non avremmo dovuto insistere.
« Bene. Per tornare alla vostra missione, ho motivo di credere che abbiate accettato di aiutare gli insegnanti di Hogwarts nelle ronde notturne dal momento che siete qui. Speravo in un’affluenza più massiccia ma del resto... »
« Mamma si scusa » lo interruppe Bill. « Ma papà tornerà tardi stasera e lei vuole aspettarlo a casa. Sa, si vedono poco, ultimamente; tra i compiti per l’Ordine e il lavoro di papà al Ministero... »
« Capisco » rispose Silente, meditabondo. « Naturalmente vorranno passare insieme quel poco tempo libero che rimane loro. Mi spiace di essere uno dei fattori che limitano loro questo tempo. Mi scuserò appena possibile ».
« Oh. Non ce ne sarà bisogno; loro fanno tutto con grande passione ».
« Sì, ne sono convinto » ridacchiò Silente. Poi osservò l’orologio e riprese: « Bene. Posso chiedervi di andare in Sala Professori, per favore? Deve finire delle faccende prima di partire, e così voi potrete salutare gli altri professori e discutere con loro riguardo alle ronde .
« Remus » aggiunse mentre si stavano alzando. « Puoi fermarti ancora qualche minuto, per cortesia? Vorrei finire con te il discorso di prima... »
« Ma certo ».
Tonks osservò con sguardo teso i due uomini ancora seduti alla scrivania; sembrava incerta, come se stesse decidendo se era il caso di restare. Ma poi si alzò; Silente fece lo stesso e la precedette alla porta, aprendogliela.
« Prego » disse il Preside cortesemente, facendo un inchino.
« Grazie » mormorò lei, titubante, e si avviò lungo le scale, facendo cenno col capo all’uomo. Bill la seguì subito salutando a sua volta il Preside, ma molto più allegramente.
Appena furono scesi lungo le scale, Silente richiuse la porta e si risedette alla scrivania, accarezzando prima Fanny sul collo e sulla testa.
Sedutosi sulla poltrona grande come un trono, il Preside osservò Lupin attentamente da sopra le punte unite delle lunghe dita.
Rimasero lì ad osservarsi per un paio di lunghissimi minuti, che ne sembravano cento, e questa volta fu Silente a rompere il silenzio che si era dilatato tra di loro.
« Dovresti parlarle... »
« E perché mai dovrei farlo? » chiese Lupin cercando di imprimere alla propria voce un tono acido e disinteressato.
« Perché la ami molto più di quanto tu non voglia ammettere. Perché continui a respingerla? » chiese dolcemente. « Non vedi come soffre? Lei ti ama profondamente e ora ho capito che anche tu soffri molto. Con il tuo atteggiamento ferisci lei e te ».
« Le passerà. Mi dimenticherà. La mente umana è brava a reprimere gli avvenimenti che causano dolore... »
« Lo sai meglio di me che non dimenticherà, come del resto tu non dimenticherai mai lei. I sentimenti che vi legano sono più forti di quello che credevo ».
« Dimenticherà... » ripeté lui, attonito.
« Svegliati Remus! » esclamò Silente, spazientito. « Apri gli occhi! Tu non puoi rinunciare a lei. Conosco un uomo che in gioventù scelse la strada sbagliata, e così facendo perse la donna che amava; e nonostante essa si sia sposata e ora sia morta da molti anni, lui la ama ancora. Si è tormentato per anni con l’idea che se avesse fatto una scelta diversa, magari ora quella donna sarebbe al suo fianco. Non fare il suo stesso errore! Non conosco i motivi della tua scelta di non frequentare Ninfadora, ma qualunque essi siano ti consiglio di ripensarci perché non troverai mai più una donna che ti ami come lei ti ama! »
Lupin rimase in silenzio a meditare su ciò che Silente gli aveva appena urlato ma poi si riprese dallo shock iniziale e disse con voce gelida: « E così vorresti sapere i motivi che mi hanno indotto a respingerla. Bene. Ti accontento subito.
« Abbiamo tredici anni di differenza, Albus, tredici! Sono troppo vecchio per lei! Inoltre non ho un soldo, non potrei mai garantirle una vita serena. E, fatto ancora più importante, nel caso te ne sia dimenticato una volta al mese mi trasformo in un mostro che potrebbe farla a pezzi in un istante! Non voglio metterla in pericolo.
« Lei si merita un uomo giovane, forte e sano, un uomo che le possa dare sicurezza, che la possa proteggere dai pericoli. E io non rispondo a nessuno di questi requisiti ».
« Lei ha bisogno soprattutto di un uomo da amare e che la ami, e quello sei tu! »
«Sì! LA AMO! La amo più della mia stessa vita! Morirei pur di proteggerla! Ed è proprio per questo motivo che non posso stare con lei! Non capisci?! Solo il fatto di starmi accanto è un pericolo e... io non voglio perderla. Per un anno l’ho osservata da lontano, le sono stato vicino come amico e piano piano ho sentito aumentare dentro di me l’amore che provavo per lei, che ho provato per lei fin dalla prima volta che l’ho vista. Ma ora che anche lei prova qualcosa per me, devo tirarmi indietro, devo starle lontano. Non posso permettere che provi certi sentimenti per me. Non posso e non voglio metterla in pericolo. Io... » balbettò Lupin; aveva perso tutto il vigore che aveva mentre dichiarava i suoi sentimenti. « Non sopporterei di perderla... Io... non... »
Lupin crollò con le mani sul volto, a coprire le lacrime che gli rigavano il volto. Quando finalmente riuscì a riprendere il controllo di sé, si asciugò gli occhi e alzò il viso per guardare Silente.
« Remus... » cominciò quello, sempre con un tono dolce nella voce; ma Lupin lo interruppe subito.
« Ti prego Albus, basta così. Non parliamone più. Io... non ce la faccio » disse incerto. Poi riacquistò un poco di quel vigore che lo aveva animato fino a pochi minuti prima ed aggiunse: « Sono convinto delle mie scelte, ho preso la mia decisione e non intendo tornare indietro. Perciò, se mi vuoi scusare, ora vorrei andare disotto dagli altri ».
Silente sospirò e disse: « Stai commettendo un errore e spero che quando te ne renderai conto non sia troppo tardi. Ci vediamo al mio ritorno, Remus. Buonanotte e grazie ancora per essere accorso subito alla mia chiamata ».
« Di nulla » rispose lui, alzandosi.
Stava già per voltarsi quando lo colse un presentimento sinistro e qualcosa scattò dentro di lui; allora si voltò, allungò la mano verso Silente e stringendola gli disse: « Buona fortuna ». Poi si girò verso la porta, rivolse un’occhiata veloce a Fanny ed aprì la porta.
La voce di Silente lo rincorse: « Rifletti! » esclamò.
Lupin si voltò e vide non il Preside di Hogwarts, forte e potente, ma un uomo anziano, sul cui volto si vedevano più che mai i segni della vecchiaia.
Rivolse un sorriso veloce e posticcio a quel Silente che non riconosceva e chiuse dietro di sé la porta dello studio.
  
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