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Autore: kymyit    11/11/2011    1 recensioni
Grandi cose stanno per accadere alla WW Academy. La sorella del terribile Ivan Braginski, Natalia torna dai suoi fratelli... dall'oltre tomba! Chi l'ha uccisa? Riuscirà il russo a salvare la vita della sorella maggiore e a proteggere il suo "schiavetto" Toris? Ludwing riuscirà a vincere le elezioni e diventare il rappresentante degli studenti o Alfred e gli Alleati la spunteranno? Fine? Macché! Un altro fantasma torna a tormentare due ex studenti e il loro rapporto incrinato. Questo ed altro ancora in quest'assurda fan fiction!!
Genere: Drammatico, Comico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lituania/Toris Lorinaitis, Russia/Ivan Braginski, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8: Salve, comune mortale.


Roderich bussò alla porta ed entrò soltanto quando ricevette il permesso di farlo. La luce della stanza era piuttosto bassa e Ludwig gli fece cenno col dito di parlare piano. Feliciano dormiva, ma a giudicare dal suo viso, non doveva essere immerso in un sogno piacevole.
Le sue sopracciglia erano stranamente corrugate e le sue mani stringevano i lembi delle lenzuola. A tratti sospirava, piagnucolava e più di una volta Ludwig si era visto costretto a sedersi accanto a lui per stringergli le mani fra le sue e tentare di tranquillizzarlo.
Roderich si sedette su una sedia accanto al tedesco e lo guardò dritto negli occhi.
-E’ assurdo quello che mi hai raccontato, lo sai?-
-Ne convengo…- ammise lui –Ma anche tu che sogni mio fratello e lui che ti avverte di chissà quale minaccia. ammetterai che anche questo è alquanto incredibile, o no?-
-Era lei?- domandò il moro continuando a guardare Feliciano che dormiva raggomitolato su se stesso, col braccio sinistro ingessato.
-Non l’ho mai incontrata di persona, ma ho letto il diario di Gilbert e quindi, credo che sia lei… ma mi chiedo perché ci abbia lasciati andare.-
-Aspetta. - lo interruppe il moro, non capendo –Vi ha lasciato andare?- chiese ancora –Feliciano ha il braccio rotto e tu una caviglia slogata, quindi vi ha attaccati, no?-
Ludwig sorrise stentatamente.
-Ehm… non è esatto… in realtà, quando ci si è parata davanti, Feliciano ha dato di matto e mi è caduto sopra… -
L’austriaco tacque e si sistemò gli occhiali sul naso. Era da Feliciano farsi male a quel modo, c’era poco da dire.
-E questo?- chiese premendo l’indice contro la guancia gonfia di Ludwig che sussultò dolorante.
-Lovino.- disse soltanto, come se solo quel nome chiarisse tutto.


Era ormai notte fonda e Roderich non tornava.
Da quando faceva quegli strani sogni riguardanti Gilbert era sempre distratto. Elizaveta non poteva negare a se stessa che la cosa la seccasse alquanto, ma si sforzava di capire. Poi Ludwig aveva chiamato il suo fidanzato ad un orario improponibile e al solo nome “Gilbert” quello era schizzato via dal letto per correre dal cognato mancato.
La ragazza si adagiò pesantemente sul cuscino, trattenendo le lacrime.
Doveva resistere, perché in fondo era sbagliato ingelosirsi di un morto. Era lei quella che Roderich stringeva fra le braccia ed era sempre lei quella con cui faceva l’amore e progettava di costruirsi un futuro…
Non Gilbert.
Quel pensiero la fece stare un po’ meglio, anche se dovette ammettere, di essere stata indelicata.
“Sono io quella viva, non lui.” aveva pensato, sorridendo appena, convincendosi di non pensarlo per cattiveria, ma solo per auto consolazione. Socchiuse gli occhi, sfiancata da tutto quel rimuginare doloroso, ma quando li riaprì, incontrò due occhi scarlatti e trentadue denti splendenti ed arroganti.
La ragazza urlò per lo spavento stringendo al petto le coperte, quando una mano tentò di chiuderle la bocca, fallendo.
Rimase così, Gilbert, col braccio evanescente sospeso a mezz’aria e la mano intangibile dentro la bocca di lei. –Ehm… io…- disse, imbarazzato appena prima di ricevere una cuscinata che lo attraversò con la velocità di un tir. Riaprì gli occhi e si accorse che la sua entrata in scena era stata poco gradita dalla ragazza.
Elizaveta lo fissava torva ed impaurita, ma, come in passato, anche pronta a farlo a pezzetti.
-Meno male che son morto…- commentò –Non sento la mancanza delle tue padellate…-
Lei reclinò il capo e tentò di toccarlo, per capacitarsi meglio della situazione. Le sue dita sfiorarono il gelido nulla dell’altro e in quel momento l’ungherese si sentì profondamente dispiaciuta per il fantasma con cui divideva l’uomo, tanto che rinunciò all’idea malsana di aspirarlo con il folletto e si sedette composta sul materasso.
-Che cosa ci fai qui?- gli chiese imbarazzata e scontenta –Non dovresti essere in paradiso o qualcosa del genere?-
Quello rise –Non pensavo avessi una così alta considerazione di me. Capisco che la mia magnificenza è riconosciuta in ogni dove ma…-
-Taglia corto.- lo interruppe la ragazza –Perché sei tornato?-
-Per mettervi in guardia… lei non si accontenterà di uccidere chiunque tenti di separarla da Braginski. Vuole molto di più. Lei vuole vivere ancora per riavere ciò che ritiene suo.-
-Aspetta, aspetta!- mise le mani avanti Elizaveta –Lei chi?- domandò –E cosa starebbe succedendo?-
Gilbert sospirò, forse era meglio se parlava direttamente con Roderich, ma non c’era più tempo.
-Ok… ora te lo spiego lentamente, comune mortale.- disse con un cipiglio saccente da far saltare i nervi persino ad un santone.




L’ascensore scorreva lento lungo i cavi d’acciaio. Lo stridore delle carrucole sembrava assordante nel silenzio che avvolgeva come un deprimente manto sia Ivan che Toris.
Fu molto doloroso per il russo ricevere l’ennesima telefonata dall’ospedale. Non poteva farci nulla ed era quello a tediarlo. Perché Kat’ja stava morendo inesorabilmente. L’aveva salvato e stava pagando quel suo gesto senza che lui potesse ricambiare.
Sospirò affranto, battendo la testa alla parete gelida della cabina. Toris lo fissò sottecchi e infilò la mano nella sua, per consolarlo. Ivan reclinò appena la testa per sorridergli, quando la cabina s’arrestò di colpo facendo perdere l’equilibrio ai due. La luce al neon lampeggiò a intermittenza per alcuni secondi, poi fu il buio.
-Ivan…- annaspò Toris, sentendo l’aria mancargli.
Era ansia, solo un dannato attacco di panico…
Il russo lo accolse fra le braccia forti per tranquillizzarlo, era una cosa che gli piaceva fare da morire.
Di solito però era lui a spaventare il lituano. Quella volta, invece, c’era qualcosa di meno concreto da temere e il corpo che Ivan stringeva era troppo gelido per essere vivo.
Le luci balenarono ancora una volta e gli occhi stralunati del russo si spalancarono nel trovarsi di fronte a quelli baluginanti di follia pura di sua sorella.
-Na…Natalia!?- balbettò con voce strozzata.
La luce s’accese e tremò di nuovo per interminabili secondi ed Ivan scorse, oltre le spalle della sorella morta, Toris, rantolante sul gelido fondo della cabina.
Si stringeva la gola, annaspava. Ivan fece per raggiungerlo, ma Natalia lo respinse senza toccarlo. Sbatté alla parete con forza e gli parve di sentire la spina dorsale andare in frantumi per il dolore. Ricadde seduto sul pavimento, mugolando.
-Natalia….- disse sottovoce, con le lacrime agli occhi. Dio quanto ringraziava il cielo di essere solo...
Era stupido, ma stava piangendo e si sentì profondamente stupido. Nessuno doveva vederlo così.
-Natalia, fermati, ti prego…- supplicò tentando nuovamente di raggiungere il compagno che si contorceva a terra, preda degli ultimi spasmi che il corpo privato d’ossigeno gli concedeva.
Natalia era come la ricordava quel giorno, fiocco in testa, lunghi e disordinati capelli, abitino grazioso… una dolce ragazzina… talmente bella e dolce da poter avere il mondo ai suoi piedi, talmente folle da volere solo lui che non la desiderava in quel senso.
-Per favore…- disse ancora a capo chino –Mi dispiace per quello che è successo, ti prego, fermati!-
Lei guardò lui, poi il lituano ormai giunto al limite e sorrise ancora, sotto i continui flash intermittenti del neon. Ogni volta che la luce s’accendeva, lei osservava il proprio operato da differenti prospettive, compiaciuta del dolore che arrecava.
-Tu mi hai tradito…- sussurrò all’orecchio del fratello gelandogli il sangue nelle vene e Ivan urlò con quella sua voce sottile e le sfuggi scattando all’indietro, incespicando.
-Ti prego, vattene!- esclamò con le lacrime agli occhi –Ti prego!-
-Io ti amo…-
-Io no!- esclamò allora il russo, nel panico –Ma ti voglio bene! Sei la mia sorellina…-
-ERO LA TUA SORELLINA!- ruggì metallicamente Natalia –MI HAI LASCIATO MORIRE!-
La cabina tremò violentemente a ritmo della luce che impazzita s’accendeva e spegneva, ancora e ancora. I capelli di Natalia erano come serpenti che si contorcevano nell’aria e la sua pelle pareva più cadaverica di pocanzi e i suoi occhi erano scuri come la pece, come due buchi nel suo capo. Il sangue le grondava dalla ferita infertale da Kat’ja e Ivan nell’assistere a quella ripugnante visione si sentì morire per il terrore.
-IO NON VOLEVO CHE TU MORISSI!- urlò –E’ STATO TUTTO IN INCIDENTE! NESSUNO VOLEVA CHE TU MORISSI, NAT!-
A quelle parole, l’atmosfera si fece meno pesante, ma solo un poco. In un istante il viso della ragazza fu di nuovo a pochi centimetri da quello del fratello maggiore.
Cercò le sue labbra tremanti, le sfiorò, ma non sentì il loro sapore, il loro calore… non sentì nulla se non l’amara costatazione della propria situazione…
Era morta.
Natalia lo sapeva, ma si sentì ugualmente infelice.
-Volevo solo che mi amassi più di una sorella…- disse piano e sparì.
Ivan non si seppe spiegare né perché, né come, ma lei non c’era più, la luce era tornata e l’ascensore era di nuovo in movimento.
-Toris…- esclamò d’un tratto, voltandosi verso il compagno riverso a terra, ma lo trovò semiseduto e confuso. Il castano lo guardava con occhi colmi di panico e confusione.
-Cos’è successo?- gli domandò.
Ivan boccheggiò scuotendo meccanicamente la testa.
-Io… non… non lo so…- disse con un filo di voce.
Le membra non gli rispondevano più, il suo cuore era come impazzito nel petto. Strinse al petto le mani sudaticce e tremanti e fu allora che lo vide, il coltello di Natalia, forse cadutogli dalla tasca senza che se ne accorgesse.






E giunse infine la notte delle streghe, degli spettri, degli zombie… la notte oscura in cui il male accede alla dimensione terrena più di quanto non faccia normalmente. E anche la notte in cui i bimbi incoscienti girano di casa in casa dichiarando –Dolcetto o scherzetto!-
Un tempo Elizaveta avrebbe trovato molto divertente tutto quello svolazzare di lenzuola, mantelli e cenci ma quel giorno non era tornata all’Accademia per divertirsi e non aveva bisogno di una maschera per spaventare. Sotto il trucco pesante da strega, i suoi occhi erano infelici e annoiati.
-Ripetimi di nuovo, perché siamo qui?- sussurrò.
-Non fare domande stupide.- disse Gilbert svolazzando sopra la sua testa –Devi trovare le possibili vittime e metterle in guardia.-
-Non pensavo tu fossi così altruista…- commentò l’ungherese lanciandogli un’occhiataccia torva –E comunque mi prenderanno per pazza.-
-Perché, non lo sei?- ribatté il fantasma sogghignando e la ragazza tentò di colpirlo con la scopa, rischiando, invece, di dare una ramazzata ad un Roderich vampiro armato di punch.
-Ehm… ciao…- balbettò imbarazzata la ragazza. L’austriaco inarcò il sopracciglio, senza capire.
-Con chi stavi parlando?- le domandò e lei arrossì, maledicendo mentalmente Gilbert che se la rideva chiassosamente sopra le loro teste.
-Con nessuno.- mentì –Provavo a calarmi nella parte… tutto qui… oh, guarda, c’è Ludwig!- esclamò indicando il tedesco fra la folla di studenti travestiti.
La sala era un tripudio di zucche, pipistrelli, nastri mortuali e luci inquietanti.
Fantasmi, zombie, vampiri, streghe, fate, folletti, troll, diavoli e tante altre creature diverse danzavano, ridevano e scherzavano, ignare del reale terrore che si sarebbe scatenato quella notte.

Fine capitolo 8





Cattiva ed in ritardo come al solito...
L'intreccio si complica signori, spero di procedere spedita fino alla fine ^_-
Grazie che mi sostenete nonostante i mostruosi ritardi!!
Kiss!!
   
 
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