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Autore: Jack_Chinaski    12/11/2011    1 recensioni
Dove siete mentre i vostri figli crescono?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era la sera della vigilia ed ero piantato nell’angolino più buio dell’ascensore, con una madre e il suo bambino.
Avevano sacchi della spesa gonfi di cibo e roba impacchettata.
Per un attimo desiderai che fosse una madre sola, per unirmi a lei e al suo bambino a tavola. Ero solo.
Ma quella non era la mia famiglia e non lo sarebbe diventata sicuramente quella sera.
Il bimbo aveva  una massa informe di capelli biondi e non riusciva a stare fermo in quei pochi metri di spazio, se ne uscii con una strana domanda rivolta alla madre:
“Mamma, è vero che qualcuno sta cercando di uccidere Babbo natale?”
La madre era sgomenta, come facesse il suo piccolo angelo a conoscere i più efferati fatti di cronaca nera attuale era qualcosa che la tormentava ed era troppo occupata a pensarci per rispondere.
Così iniziò a guardare anche me e lì capii che era stata allargata pure a me la questione.
Per quanto fosse strano, il piccolo aveva ragione.
Mentre vivevamo quel singolare momento in quella stretta cabina metallica, tutti lì fuori sapevano dell’esistenza di una persona intenta ad andare in giro e ad uccidere persone che in passato avevano indossato le vesti di Babbo Natale.
L’emittente più in voga sulle tragedie quotidiane c’aveva persino fatto uno special, con informazioni trapelate dalla polizia riguardo al fatto che questi avevano lavorati tutti per la “Jojo Toys”, famosa casa di giocattoli. Una qualche vendetta di qualche tipo, si diceva, era la spiegazione più plausibile.
Intanto non mollava e visto che la madre non sembrava intenzionata a farsi capace del suo conoscere il mondo reale, capii di dover rispondere io.
Mi mossi dal mio angolo cercando di prendere una posizionino più normale, senza volere mostrai l’interno del mio cappotto marrone e la donna vide qualcosa attaccata sotto la mia ascella sinistra.
Fu per un po’ incuriosita, quando realizzo il suo essere una pistola per poco non svenne.
Le sorrisi rassicurante e tirai fuori il tesserino della tasca destra.
Ero l’ Ispettore Kahn e non aveva nulla da temere, ridacchiò nervosamente come risposta.
Ma non solo, aggiunsi, ero uno di quelli assegnati al compito di scovare questo pericoloso assassino e potevano pure giurarci, non avremmo lasciato morire Babbo natale per nulla al mondo.
Lei mi sorrise, poi finalmente arrivammo e le porte si aprirono.
Ero più rilassato, sapevo che mi stavo per liberare di loro e questo mi faceva stare bene.
Non volevo metterli in pericolo e vicino a me mi sembrava lo fossero sempre tutti.
Il bimbo mi guardò e disse:
 “Mi prendi per cretino? Lo so benissimo che Babbo natale non esiste!”
La madre subito lo abbracciò per farlo tacere e si scusò per lui.
Erano carini, divertenti. Lei mi ricordava mia madre.
Qualsiasi donna intenta a passare la vita a giustificare uno stronzo uscito da lei perché lo ama follemente mi ricorda mia madre.
Risero entrambi, poi mi decisi a chiedere dove fossero l’appartamento 2512 e smisero.
Qualcosa non andava.
“Il signor Anderson…ha fatto qualcosa?”
Mi chiese lei.
“No, è solo un amico”
“Ah…lei è amico del signor Anderson”
Aveva cominciato a guardarmi con disprezzo lei e con paura il bimbo.
“Qualche problema?”
“No, nessuno. Ora ci scusi ma dobbiamo andare”
Mi lasciarono lì, senza dirmi nulla. Li guardai andar via, erano belli.
Tornai in me e mi misi alla ricerca della porta giusta.
Dopo aver camminato per il corridoio a casaccio, trovai la porta. Era una delle ultime e mi ci piazzai davanti.
Ero eccitato, dovevo ammetterlo. Pensai addirittura di bussare imitando il suono della famosa “Jingle Bells”.
Avevo alzato il pugno quando sentii la voce stridula di lei urlare: Steven.
Così si doveva chiamare il bambino di poco fa.
Mi voltai e lo vidi arrivare, mi stava cercando.
“Cosa c’è?”
“Tu non sei amico del signor Anderson”
“Perché non dovrei?”
“Perché tu sei buono”
Non aggiunse nulla, la madre l’aveva raggiunto. Lo prese di peso e lo portò via, spariti.
Sapevo di cosa stava parlando Steven, sapevo perché lei mi aveva guardato con disprezzo prima.
L’adrenalina mi era scesa, crollata a picco e mi limitai a bussare normalmente.
La voce roca dietro la porta mi chiese cosa volessi, gli mostrai il tesserino allo spioncino e aprii.
Il signor Anderson era un uomo sui cinquanta, capelli brizzolati e pancia rigonfia.
Un spettacolo per nulla edificante.
“Signor Anderson?”
“Si, sono io”
Dannazione, non doveva andare così. Me l’ero immaginata diversa.
Nella mia fantasia sarei entrato in casa sua, avrei parlato un po’ con lui, avrei giocato come fa un gatto famelico col topo e poi lo avrei distrutto con un argomentazione eccezionale sulla sua vita.
 Sapevo tutto di lui.
Non s’era mai sposato, nessun figlio e solo un lavoro precario per arrivare a fine mese, come tanti.
Nessun hobby, nessun vizio. Solo un’abitudine, andare al parco una o due volte alla settimana.
Camminare oziosamente nel verde, guardare distrattamente le famiglie felici e poi nascondersi dietro qualche albero. In attesa di qualche bimbo sperduto.
Sì, era un pedofilo e di questo l’avrei accusato. Avrebbe sicuramente negato, spergiurato e forse persino reagito male ma ero cintura nera e l’avrei steso.
Avrei chiamato la centrale e detto di venire a prelevarci al corrente indirizzo, mentre attendevamo l’arriva di questa gli avrei raccontato tutta la storia.
Sapevo che lui era un pedofilo e l’ultimo dei babbo natali della Jojo Toys rimasto vivo.
Avrei visto lo stupore fra la sofferenza sul suo viso, poi sarebbe partita una musichetta e infine il flashback.
Nessuno lo sapeva ancora, l’assassino dei babbi natali era stato arrestato quella stessa mattina, si chiamava James Right ed era mio amico.
Non aveva posto alcuna resistenza all’arresto, era venuto con noi in questura e aveva cercato soltanto di difendersi negando e negando ancora. Alla fine non c’è l’ha fatta più e mi ha raccontato tutto.
Progettava tutto questo da tempo, da quando da bimbo era stato molestato nel negozio della Jojo alla vigilia di natale.
S’era perso, mi raccontava fra le lacrime, e un uomo vestito da babbo natale l’aveva trovato. Promettendogli di aiutarlo a ritrovare i suoi genitori l’aveva seguito con fiducia e lì questi aveva abusato di lui.
Chiunque sarebbe crollato, qualsiasi persona avrebbe avuto difficoltà a vivere con un tale ricordo impiantato nella propria memoria eppure James c’è l’aveva fatta, sembrava averla superata.
Solo che in realtà aveva capito di avere un esistenza segnata, un dolore non superabile  e avere deciso di usare quell’esistenza per scovare il suo carnefice. C’era persino riuscito.
S’era fatto assumere dalla Jojo come semplice smistatore di posta e potendo accedere ai vecchi database, aveva trovato gli assegni registrati delle 5 persone che quell’anno erano stato ingaggiate per fare i babbi natali e i loro nomi.
Aveva cominciato a inseguirli, a prendere informazioni di ogni tipo su di loro e aveva scoperto come nessuno di loro fosse veramente pulito. Naturalmente in tutto questo tempo e dopo il suo passato, la sanità mentale di James era sempre più compromessa e lo dimostrano i fatti accaduti dopo.
Li andò a prelevare, tutti. Nella notte, nelle loro abitazioni, vestito da babbo natale e li torturò fino ad ucciderli. Non gli interessava più di tanto oramai se erano il suo carnefice o meno, rimanevano comunque stupratori o ladri o assassini.
Tutti loro però furono in perfetta sintonia nel dire due cose in punto di morte.
La prima che non erano stati loro e la seconda che era stato un certo Anderson, un tipo pagato a nero perché l’unico disponibile a lavorare la sera della vigilia.
In tutto ciò James aveva completato perduto il senno. Tutto quel sangue e le torture,  gli facevano ribollire la coscienza.
Per lei, signor Anderson, James aveva intenzioni diverse, gli avrei detto.
Ha sofferto come un animale ad inseguirla, a registrare i suoi schifosi affari senza poter intervenire perché sapeva quanto fossero materiale prezioso per il suo dossieri su di lei e per incastrarla.
L’aveva davanti a sé, il suo carnefice e non poteva ucciderlo. Che forza di carattere.
Purtroppo nel suo pensare a tutto, non aveva pensato a noi. Lo abbiamo arrestato e rovinato tutto.
Fine dei  giochi.
Dopo una lunga pausa per prendere fiato dopo il monologo, avrei finito con un colpo ad effetto:
Sa, Anderson, James si è ucciso.
Una mia distrazione, lo portavo via e mi ha tolto la pistola. Si è sparato.
Perso nella sua follia, non mi ha nemmeno detto dove teneva i suoi dossier.
Ma io li troverò, Anderson, e lei pagherà. Per James e tutti gli altri.
Lui avrebbe pianto, proprio in quel momento sarebbero arrivati i colleghi e se lo sarebbero portato via.
Così volevo andasse. Il degno finale di un giallo di quart’ordine.
Solo che questa era la realtà, lui era davanti a me in un momento interminabile e io non lo vedevo.
Cioè era lì, ma io vedevo James, vedevo Steven e la faccia di tanti altri bambini che non conoscevo e che erano registrati in quei video persi chi sa dove.
Vedevo le notti insonni di Steven e il tormento di James, vedevo la loro nausea, la loro paura.
“Allora? Vuole dirmi cosa posso fare per lei?”
“Niente, Anderson. Non può fare più niente per me e nemmeno per se stesso”
Tirai fuori la pistola e gliela puntai ai testicoli, sparai. Un esecuzione in pieno stile pulp.
Indietreggiò nella porta fino ad entrare di nuovo in casa e mi godetti qualche secondo della sua agonia.
Era un uomo veramente indifeso ora.
L’unica arma con cui aveva fatto del male per una vita gliel’avevo tolta di botto e i suoi occhi cercavano disperatamente di capire perché, ora sentiva un millesimo di quello che avrà sentito James per tutta la vita.
Mi spiace, amico mio, ma non posso fare giustizia per te.
La giustizia è per gli uomini. Questo qui non può anelare a tale diritti.
Puntai ancora, stavolta alla fronte e misi fine alla cosa. Mi tirai la porta e lo lasciai lì.
Tornai indietro all’ascensore e quando c’arrivai si aprii, ne uscii un uomo.
Assomigliava a Steven.  Sperai fosse suo padre, nessuno dovrebbe rimanere solo alla vigilia.
“Buon natale”
Sì, buon natale.
   
 
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