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Autore: KrisJay    12/11/2011    6 recensioni
Questo è un ipotetico primo incontro tra Edward e Bella: lui è un modello affermato da poco, lei una studentessa vicina alla laurea. Si incontreranno in una libreria grazie ad un libro..
Può, grazie ad esso, nascere qualcosa?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Galeotto fu il libro

Galeotto fu il libro
 
 
 
 

-No, cazzo! Un'altra volta no!-
Non potei fare a meno di urlare quando fermai la macchina. Guardai sconvolta e scocciata la fila infinita di auto che avevo davanti e desiderai con tutto il cuore di trovare un posto dove potermi sotterrare.
Ero in giro per New York dalle sette di quella mattina perché dovevo recarmi urgentemente all’università dove studiavo: avevo trovato una mail sul computer la sera precedente dove mi comunicavano che c’era stato qualche problema con la mia tesi di laurea.. qualcuno doveva averla perduta.
Quando lessi le poche righe presenti nel messaggio sperai veramente con tutto il cuore che si stessero sbagliando, e che si fosse trattato solo di un malinteso.. avevo lavorato su quella tesi un anno intero, non ricordavo nemmeno più quante notti in bianco avevo passato davanti al computer e adesso, a pochissimi mesi dalla laurea, mi dicevano che non la trovavano più!
Avevo preso in prestito la macchina di mamma quella mattina, per evitare il ritardo dei mezzi pubblici, e mi ero quasi ammazzata per arrivare in tempo alla facoltà di giornalismo a cui ero iscritta.. per sentirmi dire che la mia tesi non era stata smarrita e che si trovava al sicuro nei registri. A quanto sembrava, avevano sbagliato ad inviare la mail..
Sollevata per la buona notizia ma irritata per l’alzataccia mattutina, ero risalita di nuovo in macchina e subito me ne ero pentita quando rimasi bloccata in mezzo al traffico. Quel giorno avevo scelto l’auto per evitare i ritardi della metropolitana, ma il destino evidentemente non era d’accordo con me ed aveva deciso di farmi perdere tempo ugualmente..
E il caldo di luglio che cominciava a farsi sentire non aiutava per niente! Nemmeno l’aria condizionata riusciva a darmi sollievo, contando il fatto che indossavo una canottiera e un paio di calzoncini che a stento arrivavano a metà coscia..
Quando il traffico si era sbloccato riuscii a concentrarmi sulla missione che dovevo compiere quel giorno, ossia trovare la nuova borsa di Louis Vuitton per il compleanno di mia sorella Alice.. che se ne faceva poi di una borsa da settecento dollari ancora non lo capivo! Non era meglio una da pochi spiccioli? Io mi ci trovavo così bene..
Durante il resto della mattinata avevo girato tutti i negozi di grandi marche che mi si paravano davanti, ma non ero riuscita a trovare niente.. quella borsa sembrava essere sparita dalla circolazione, neanche fosse fatta d’oro!
E così dopo sei ore, venti negozi, tre ingorghi e senza nemmeno aver fatto colazione mi ritrovavo a sbraitare come uno scaricatore di porto.. la mamma sarebbe stata fiera di me, oh sì, senza dubbio..
Mi abbandonai sul sedile dell’auto e mi passai una mano sul viso, dopo però essermi tolta gli occhiali da vista. Quella mattina ero talmente di fretta da essermi dimenticata di indossare le lenti a contatto, e senza di quelle ero letteralmente cieca. Avevo recuperato con riluttanza gli occhiali dalla borsa e li avevo indossati svogliatamente.. li odiavo con tutta me stessa!
Indossai nuovamente gli occhiali e mi voltai, spiando fuori dal finestrino.. non l’avessi mai fatto!
-Eh che lagna! È dappertutto!- sbottai accasciandomi sul volante surriscaldato dell’auto.
Da qualche settimana a quella parte non potevi voltarti senza trovare cartelloni, autobus, riviste, volantini e chissà cos’altro con l’immagine di Edward Cullen, il nuovo modello della Dolce & Gabbana. Non si era mai visto prima e all’improvviso tutti ne parlavano e ne erano innamorati.. bastava ancora un po’ di tempo e diventava più famoso della regina Elisabetta.
La sua fan più grande era senza dubbio Alice: aveva già la stanza piena di sue foto. Quel ragazzo che non poteva essere tanto più grande di me era riuscito a conquistare il gradino più alto del suo podio, riuscendo a superare persino Johnny Depp.. cioè, Johnny! Era incredibile..
Non che fosse brutto, anzi, era un bel ragazzo.. aveva i capelli castano chiaro, che nella nuova campagna pubblicitaria erano tenuti fermi con il gel ma che di solito teneva scompigliati, e il viso giovane ed espressivo. La cosa che mi aveva colpito particolarmente di lui erano gli occhi, di una delicata sfumatura di celeste che andava anche sul grigio.
L’ultima campagna pubblicitaria di cui era protagonista lo vedeva impegnato ad indossare uno smoking ed un orologio.. ancora non ero riuscita a capire a cosa stesse facendo la pubblicità, se all’abito elegante o al nuovo modello di orologio che a me sembrava uguale a quelli usciti in precedenza.
Se mi avesse sentito quella gnoma malefica di Alice, a quell’ora mi sarei ritrovata sorda e con la testa piena di dettagli e pregi che soltanto lei riusciva a vedere.. se lei in un orologio ci vedeva l’eleganza, la bellezza, l’utilità eccetera, io ci vedevo solo l’ora.
Non ero contro la moda, sinceramente non ne andavo matta. Indossavo solo quello che mi piaceva e che era comodo, non andavo alla ricerca di abiti ricercati e costosi solo per il gusto di farmi notare dalla gente.
 

She's got a smile that it seems to me
Reminds me of childhood memories
Where everything
Was as fresh as the bright blue sky..
 

I Guns’N’Roses cominciarono a risuonare nell’abitacolo, avvertendomi dell’arrivo di una nuova chiamata e facendomi accantonare il pensiero della moda e di Edward Cullen. Svogliatamente afferrai la mia enorme borsa e ci frugai dentro, alla disperata ricerca del telefono.
-Pronto?- dissi quando lo trovai ed accettai la chiamata.
-Tesoro, ce l’hai fatta a rispondere!- la voce di mamma, sollevata, arrivò al mio orecchio. -Dove sei? Perché non hai chiamato prima?-
-Sono in mezzo al traffico.. e scusa se non ti ho chiamato, me ne sono dimenticata!-
-Non fa nulla cara, tranquilla- disse con voce calma. Prima mi mangiava viva, poi tutto di botto parlava come se nulla fosse.. mah, chi riusciva a capire le mamme aveva tutta la mia stima!
-Cosa ti hanno detto all’università? È andato tutto bene?-
-Hanno inviato l’e-mail alla persona sbagliata, mamma. La mia tesi è ancora lì..-
-Oh, meno male! Mi stavo preoccupando un sacco.. e la borsa invece? Sei riuscita a trovarla?-
-Non ancora. Adesso faccio un salto al centro commerciale e provo anche lì, forse ancora non l’hanno esaurita.-
-Ma tua sorella proprio una borsa introvabile doveva chiedere? Non poteva sceglierne una meno ricercata?- si lamentò mamma sbuffando.
-Chiediglielo, magari te lo spiega lei!- un movimento davanti a me mi fece alzare il viso e vidi sollevata che le auto cominciavano a spostarsi. -Mamma, ci sentiamo più tardi. Devo andare..-
Chiusi il telefono e lo gettai sul sedile prima di accertarmi che mi avesse risposto. Tolsi il freno a mano e partii lentamente.
-Spero almeno che non si blocchino più avanti..- borbottai senza distogliere gli occhi dal traffico.
 

Quando fermai la macchina nel parcheggio del centro commerciale più grande di New York quasi non mi sembrava vero. Spensi la macchina e aprii la portiera per scendere, ma me ne pentii quasi subito: fuori l’aria era terribile, troppo calda ed afosa per i miei gusti..
Dopo aver chiusi l’auto raggiunsi in fretta l’entrata del centro commerciale e sospirai di sollievo quando sentii l’aria condizionata, fresca e piacevole, infrangersi sulla mia pelle accaldata.
-Ah, che bellezza!- esclamai mentre facevo alcuni passi e mi guardavo intorno.
La prima cosa che feci fu cercare un bagno, e ci impiegai anche un bel po’ di tempo.. quel posto era enorme, specialmente per me che avevo uno scarso senso dell’orientamento e rischiavo di perdermi ogni volta.
Dopo aver soddisfatto i bisogni del mio corpo ed essermi rinfrescata un po’ braccia e collo, andai a prendermi qualcosa da mangiare per poter fermare il mio stomaco che borbottava da parecchio tempo. Mi fermai al McDonald’s e ordinai il mio adorato Big Mac, insieme alle patatine ed alle crocchette di pollo. La cassiera mi guardò scioccata ed invidiosa quando mi sentì pronunciare quelle parole.. capii subito, però, a cosa stava pensando.
Di certo non le capitava tutti i giorni vedere ragazze della mia taglia ordinare un pasto tanto calorico, ma era uno dei vantaggi che mi offriva il mio fisico.. avevo un metabolismo che bruciava in fretta e mi permetteva di mangiare tutte le schifezze che volevo, ma avevo anche problemi ad accettare alcune particolarità del mio aspetto come, ad esempio, il mio sedere.
Poteva essere definito normale per una che portava la taglia 42 e non ingrassava un granché durante l’anno, ma a me proprio non piaceva..
Con calma, e aggiungerei anche con gusto, consumai il mio pranzo e dopo essermi saziata ricominciai a girare per i corridoi del posto, osservando le vetrine e cercando di capire in quali dei tanti negozi avrei potuto trovare quella benedetta borsa firmata.
Naturalmente, anche lì non potevi voltarti senza trovarti davanti la pubblicità con la new entry della Dolce & Gabbana.. ormai non ne potevo quasi più.
Provai due o tre negozi di grandi marche, che però si rivelarono tutti buchi nell’acqua. Avevano già esaurito le scorte, e mi consigliavano di andare a provare negli altri che, guarda caso, avevo già girato.
Mi stavo rassegnando all’idea che non avrei trovato niente, e stavo per recuperare il telefono dalla borsa per dirlo alla mamma quando mi fermai davanti al negozio della Louis Vuitton.. e non riuscii a credere ai miei occhi.
La borsa! Quella maledetta, pestifera e introvabile borsa.. era davanti a me, in vetrina e faceva bella mostra di sé.
Forse la fortuna quel giorno stava cominciando a girare dalla mia parte.
Mi avvicinai e la osservai più da vicino.. per essere bella lo era, ma come poteva un bauletto grosso sì e no venti centimetri catturare così tanto l’attenzione?
Entrai senza indugi nel negozio e chiamai la prima commessa libera, che si avvicinò ancheggiando sui tacchi alti e sorridendo affabile.
-Posso esserti utile?- domandò lei gentilmente.
-Il bauletto in vetrina.. vorrei comprarlo- dissi con voce ferma, osservando la sua figura più alta di me di quindici o venti centimetri.. ero bassa, ma quella aveva anche un paio di trampoli ai piedi. Era normale che la guardassi dal basso del mio metro e cinquantacinque.
-La borsa della nuova collezione?- domandò stupita, e non feci in tempo nemmeno ad annuire che subito aggiunse: -Mi dispiace, ma non è in vendita..-
Il sorriso mi morì sulle labbra. -Come sarebbe a dire che non è in vendita?-
-È l’ultimo pezzo che ci è rimasto. Stiamo aspettando le nuove scorte e non possiamo venderla prima che arrivino- mi spiegò dispiaciuta.
-Perché cavolo lasciate la merce esposta se poi non potete venderla? Bel modo di illudere la gente!- esclamai, sentendo l’irritazione crescere ed espandersi dentro il mio corpo.
Prima che potessi commettere qualche performance degna di me uscii dal negozio, lasciando la commessa impalata e scioccata nello stesso punto dove ero qualche secondo prima.
Era una cosa assurda, totalmente ed incomprensibilmente assurda! Cioè, per quale cazzo di motivo dovevano tenere in esposizione una cazzo di borsa se non la potevano vendere? Quella era anche una novità.. se la merce stava per finire la riordinavi, su quel particolare ero d’accordo, ma la finivi di vendere tutta, non solo fino ad un certo punto!
Troppo irritata per parlare e anche solo per comunicare a mamma quella notizia del cavolo, decisi di andare nell’unico posto che sapevo mi facesse rilassare.. la libreria. Prima però mi dovevo ricordare in quale ala del centro commerciale si trovasse, poi ci sarei andata.
Dopo aver girato per mezz’ora e dopo aver consultato la piantina dei negozi (ero stata costretta a farlo, mi sarei persa seriamente altrimenti) raggiunsi la mia tanto agognata meta. Non appena entrai sentii il tipico odore che emanavano i libri nuovi di zecca, uno dei pochi che adoravo.
Non avevo in programma di acquistare dei libri nuovi, in camera mia già ce n’erano troppi che dovevo ancora cominciare a leggere, ma almeno un giretto me lo sarei concesso.. magari avrei trovato ispirazione per i prossimi acquisti, non si poteva mai sapere.
Girai quasi tutti i reparti, spaziando dall’horror ai romanzi rosa.. spulciai persino quelli di cronaca nera. Scartai senza indugi quello riservato ai fantasy.. gli unici che mi erano piaciuti erano ormai stati scritti da tempo e le ultime novità non mi entusiasmavano poi così tanto.
Mi fermai a scorrere i titoli degli autori e mi soffermai più del dovuto su Stephen King, uno degli autori che ultimamente stavo valutando. Avevo acquistato due suoi romanzi e ne avevo letto uno.. mi aveva lasciato addosso un angoscia talmente grande che decisi di aspettare un po’ prima di leggere l’altro.
Afferrai una copia de ‘Il miglio verde’ che si trovava proprio di fronte a me; la trama la conoscevo già perché avevo visto il film e dovevo dire che mi era piaciuto parecchio.. quanti pianti mi ero fatta quando avevano ucciso John! Mio padre mi aveva guardato male fino alla fine del film, sicuramente perché credeva che mi fossi rammollita..
Chissà se avrei reagito nello stesso modo leggendolo.. sempre meglio quello che leggere di pagliacci psicopatici ed assassini di minori!
Me ne stavo ferma con il libro in mano, indecisa se acquistarlo o no, quando sentii una presenza al mio fianco. Con la coda dell’occhio vidi che si trattava di un ragazzo.. un ragazzo molto alto. Non diedi peso alla sua presenza e cominciai a leggere il retro della copertina, ma mi bloccai quando sentii la sua voce leggere le stesse parole che stavo seguendo con lo sguardo.
- Sono stanco di vedere gli uomini ferirsi tra loro. Sono stanco di tutto il dolore che vedo e sento nel mondo ogni giorno; ce n'è troppo. E' come avere pezzi di vetro conficcati nella testa tutto il tempo..-

Alzai il viso ed incontrai quello del ragazzo, che mi osservava e che aveva un’aria leggermente famigliare. I capelli ribelli erano castani, scuriti leggermente per via del gel che li teneva fermi e su cui erano poggiati un paio di occhiali da sole. Le labbra rosee erano distese in un sorriso storto, strano ma che risaltava sulla pelle chiara. Gli occhi, poi, erano spettacolari: di un azzurro chiaro, tendente al grigio..
Mi schiarii la voce quando mi accorsi che gli stavo facendo praticamente la lastra e cercai di riprendere un contegno, anche se sapevo di non esserci riuscita un granché.
-Interessa anche a te?- domandai, agitando il volume che ancora tenevo in mano.
Lui batté le palpebre un istante, e poi mi rispose. -Veramente no, ho già letto quel libro.. però quella è una parte che mi ha colpito molto- spiegò facendomi così risentire quella voce così soave..
Voce soave? E quella da dove mi era uscita?
-A te, invece? Ti interessa?- mi domandò sempre guardandomi.
-No- riposai in fretta il libro, rischiando quasi di far cadere gli altri dallo scaffale. -Stavo solo facendo un giro..-

-Dallo sguardo che avevi, sembrava che ti piacesse- osservò.
-Non è il mio genere- mentii.. ma perché dovevo mentirgli, poi? Non stavo mica nascondendo qualcosa.
-Avrò sbagliato, allora..- borbottò grattandosi il mento leggermente coperto di barba con un dito.
-Ah, ma che stupido che sono! Non mi sono nemmeno presentato!- allungò una mano e sorrise. -Io sono Edward. Te invece sei..?-
-Isabella- risposi, stringendogli la mano. -Ma gli amici mi chiamano Bella.-
-Posso chiamarti anch’io così?-
-Ma certo..-
Certo che ci sapevo fare.. conoscevo questa persona da quanto, due minuti? e già gli stavo dando confidenza! Però aveva quell’aria così conosciuta.. ero sicura di averlo già visto da qualche parte.. ma dove? All’università forse?
Decisi di chiederglielo.. se poi mi stavo sbagliando ed era un perfetto estraneo, avevo sempre lo spray al peperoncino nella borsa (omaggio di papà poliziotto, ma quelli erano dettagli..).
-Ma noi ci conosciamo?- domandai dopo aver ritratto la mano. -Mi sembra di averti già visto..-
Lui si agitò un po’ sul posto, e si portò una mano agli occhiali da sole che fece subito scivolare davanti agli occhi. -No, non penso. Me lo ricorderei se ti conoscessi già..-
-Ah..- l’unico verso che riuscii a sillabare fu quello, anche perché ero rimasta perplessa dalla reazione che aveva avuto alla mia domanda. Perché mettersi gli occhiali scuri in un luogo chiuso, dove non era presente il minimo raggio di sole?
Mi appuntai di tenere a portata di mano lo spray, così magari avrei fatto vedere a Charlie che il suo gadget poliziesco serviva a qualcosa.
-Senti.. ti va un caffè? Oppure devi cercare qualcosa?- domandò lui insicuro.
-S-sì, mi piacerebbe- balbettai.
Mi sorrise ed insieme uscimmo dalla libreria. Edward si guardava intorno ogni tanto, come se avesse paura di incontrare qualcuno e senza togliersi quei benedetti occhiali da sole. Era anche silenzioso, e la mia teoria sembrava essere sempre più azzeccata.. mi preparai a prendere lo spray.
Solo quando passammo davanti ad una profumeria capii perché Edward si comportava in quel modo.. lì davanti c’era l’ennesimo cartellone della Dolce & Gabbana con protagonista assoluto il nuovo modello, che era identico spiccicato al ragazzo che avevo accanto!
Ecco perché mi sembrava di conoscerlo! Erano settimane che lo vedevo ogni volta che andavo in giro oppure entrando in camera di Alice!
-Oddio!- urlai. Mi accorsi di averlo fatto forse un po’ troppo forte e mi portai le mani davanti alla bocca, anche se il danno ormai era fatto.
-Che c’è? È successo qualcosa?- Edward, sorpreso e preoccupato dalla mia performance, mi guardò profondamente cercando di capire cosa mi fosse accaduto.
-O-oddio santo! Ecco perché mi sembrava di averti già visto!- esclamai, la voce mi si era fatta stridula e sembravo tanto mia sorella quando era felice per qualcosa; puntai, poi, un dito verso il suo viso. -Tu.. tu sei..-
-Shhhh!- mi zittì lui posando una delle sue mani sulla mia bocca, prima che potessi dire il suo nome. Lo dissi ugualmente farfugliando contro il suo palmo; non si era capito nulla ma lo avevo detto.
Mi tolse la mano quando si accorse che avevo smesso di parlare. Si guardò in giro prima di sussurrare: -Ti prego, non esultare così, potrebbero riconoscermi..-
-È per questo che hai..- indicai gli occhiali.
Annuì. -Quando vado in giro cerco di essere il più anonimo possibile, ma il più delle volte mi sgamano sempre.. oggi sembra andare meglio del solito, mi hai riconosciuto solo tu- disse sorridendo leggermente.
-Se non fossimo passati qui davanti non avrei mai capito dove era che ti avevo già visto..- gli indicai il cartellone che era ancora accanto a noi.
-Oh merda! Vieni via di lì!- esclamò trascinandomi via.
-Ma che fai?-
-Odio quei cosi, me li sogno anche la notte..- riprendemmo a camminare per raggiungere il bar più vicino, o meglio per cercare il bar più vicino. Io non riuscivo a smettere di guardarlo: cioè, stavo parlando e stavo per prendere un caffè con Edward Cullen, una persona famosa! Non ero una sua fan, ma quando mi sarebbe mai ricapitata un occasione del genere?
Sorellina, beccati questo!” pensai malignamente.
Raggiungemmo il bar e ci andammo ad accomodare ad uno dei tavoli che c’erano all’interno.. era stato Edward a scegliere di entrare, forse per lui era meglio non farsi vedere troppo esposto. Di sicuro la popolarità era uno degli aspetti che meno amava del suo mestiere.
-Non ti piace essere notato, eh?-
-All’inizio era divertente- rispose, dopo essere stato qualche secondo in silenzio a giocare con alcune bustine di zucchero. -La gente per strada mi riconosceva e mi chiedeva di fare foto, autografi.. la cosa adesso è peggiorata, e sono passate solo poche settimane! È ridicola come situazione..-
Ridacchiai e sentii gli occhiali scivolarmi lungo il naso. Li afferrai prima che potessero cadere: prima o poi avrei dovuto far stringere le astine, erano troppo lente per i miei gusti..
-Carini gli occhiali- commentò Edward sorridendo. Non era una presa in giro.. gli piacevano davvero. Come potevano piacergli?
-Io invece li odio- ribattei prontamente. -Di solito porto le lentine, ma stamattina ero di fretta ed ho dimenticato di metterle.. raramente metto gli occhiali.-
-Dovresti farlo più spesso, invece. Ti stanno bene.-
Sentii le guance riscaldarsi, e sicuramente non a causa del caldo. Mi accadeva sempre quando qualcuno mi faceva un complimento.. ogni tanto la mia timidezza, che ero riuscita a mascherare durante gli anni, tornava a farmi visita.
-Sei gentile..- sussurrai sorridendo a malapena. Lui ricambiò.
Nei minuti successivi chiacchierammo un po’ mentre bevevamo il caffè. Io gli parlai dei miei studi e della mia laurea quasi imminente, e scoprii che anche lui aveva frequentato l’università ma che aveva trascurato un po’ gli studi per via del lavoro, però voleva riprenderli il prima possibile.
Più lo sentivo parlare e più dovevo ricredermi: Edward Cullen non era il modello famoso e pieno di sé che avevo sempre immaginato.. era, invece, un ragazzo semplice ed anche un po’ timido.
Gli stavo descrivendo la mia famiglia quando mi ricordai del motivo per cui mi trovavo lì.
-Oh no!- sussurrai.
-Che hai?- domandò Edward curioso.
-Devo chiamare mia madre.. gli devo dire che non sono riuscita a trovare il regalo per mia sorella- dissi frettolosamente mentre cercavo il telefono nella borsa/valigia.. quando serviva non lo trovavo mai.
-Cosa cercavi? Magari ti posso aiutare..-
Lo guardai, pensandoci su: lui lavorava nel campo della moda, magari sapeva dove avrei potuto trovare quella benedetta borsa.
-Sto cercando il nuovo bauletto della Louis Vuitton, ma sembra introvabile.. è da stamattina che cerco inutilmente.- 
-Hai provato al negozio che c’è qui?-
-Certo che l’ho fatto! C’era anche, ma mi hanno detto che era l’ultimo pezzo e che non potevano venderlo..- al solo pensarci l’irritazione ritornava prepotentemente. -Non è una cosa assurda?-
-È la prima volta che sento una cosa del genere..- commentò ridacchiando. -Senti, aspetta qui e non ti muovere per nessuna ragione.. io torno subito- aggiunse, alzandosi dalla sedia.
-Dove vai?- domandai.
Cavolo Bella, ma saranno anche fatti suoi no?” disse la vocina che si trovava nella mia testa e che ogni tanto si faceva viva.
-Aspetta e vedrai- furono le uniche cose che mi disse prima di uscire dal bar.
Rimasi seduta a quel tavolo, a guardare l’entrata del locale per vedere se stava tornando. Mi muovevo agitata sulla sedia, non sapendo cosa fare.. andai anche in bagno per perdere tempo, ma quando tornai al tavolo lui non c’era.
Cominciai a preoccuparmi quando notai che erano passati quasi trenta minuti da quando era andato via.. se l’era per caso svignata? Aveva trovato un pretesto per andarsene lasciandomi qui da sola? Però mi aveva detto di aspettare.. perché dirmelo se poi voleva andare via?
Quelle domande e tante altre, simili in fatto di sciocchezze, riempirono il mio cervello fino a quando non rividi la figura di Edward comparire all’entrata del bar. In mano teneva una grossa busta marrone.
-Dove eri finito?- domandai senza riuscire a trattenermi.
-In missione per aiutarti- rispose mostrandomi un enorme sorriso. Mi porse la busta, sulla quale era stampato il marchio della Louis Vuitton.
-Non ci credo!- urlai afferrandola. La aprii e dentro ci trovai l’odiosa borsa che mi stava facendo impazzire. -Ma come hai fatto?-
-La commessa mi ha riconosciuto.. sono riuscito a prendere la borsa dopo un sacco di foto e di autografi- disse senza smettere di sorridere.
-Tu.. sei un grande! Non so davvero come ringraziarti!-
-Non ce n’è bisogno..- 
-Fatti rimborsare almeno la spesa..- recuperai in fretta i soldi che avevo da parte per la borsa e glieli offrii. -Ti prego.. non posso farti spendere settecento dollari così a buffo!-
Lui li prese, un po’ titubante. -Sai che non era necessario..-
-Invece sì!- esclamai. Mi alzai e recuperai borsa e busta, dopodiché lo abbracciai. -Grazie, grazie infinite!-
-La smetti di ringraziarmi? L’ho fatto volentieri!-
Mi staccai da lui e gli sorrisi. Dovevo salutarlo visto che dovevo tornare a casa, ma non volevo. Mi dispiaceva lasciarlo.. ero stata bene con lui, anche se per pochissimo tempo.
-Ora devo proprio andare.. magari ci rincontriamo- dissi, del tutto sincera. Mi sarebbe davvero piaciuto rivederlo ancora..
-La prossima volta che hai bisogno di qualcosa cercami, così ti aiuto!- scherzò sorridendo.
Ci salutammo pochi minuti dopo. Non sapevo perché, ma mi sentii strana quando salii in macchina per tornare a casa, e continuai ad esserlo per tutto il tragitto.
Raggiunsi la palazzina dove si trovava il mio appartamento e salii in fretta le scale.. faceva ancora un caldo pazzesco, e non volevo prendere l’ascensore. Entrai in casa dopo aver aperto la porta e notai che era tutto silenzioso.. non c’era nessuno.
Ne approfittai per recarmi in camera mia e nascondere con calma la borsa: mancavano ancora un paio di settimane al compleanno di Alice, e non volevo che la trovasse prima. La sfilai dalla busta e la tenni in mano, osservandola attentamente. Era carina, mi piaceva ma non era proprio adatta a me.. era troppo fashion per i miei gusti.
La sentivo anche pesante, come se ci fosse qualcosa di solido dentro. Che cavolo di imbottitura ci avevano messo? Sassi?
La appoggiai sul letto e la aprii: dentro ci trovai un libro, ma non uno qualsiasi.. era ‘Il miglio verde’.
-Ma che..?- farfugliai prendendolo in mano. Io quel libro non lo avevo comprato.. a meno che adesso con le borse davano in omaggio anche i mattoni di Stephen King. Poi però ricordai che Edward mi aveva incontrato mentre tenevo in mano proprio quel volume, in libreria.
Era stato lui a metterlo nella borsa? Ma perché?
Aprii il libro alle prime pagine bianche e lì trovai alcune righe scritte a penna, con una grafia semplice e al tempo stesso elegante.
 

Avevi detto che non ti interessava, ma io l’ho preso ugualmente. Leggilo, è davvero molto bello e scritto bene.
Edward
P.S: io domani pomeriggio sarò di nuovo a quel bar. Se ti va, raggiungimi. Mi piacerebbe incontrarti di nuovo..
 

Leggevo quelle righe e non riuscivo a credere a quello che c’era scritto. Edward aveva trovato un modo per potermi informare senza che me ne accorgessi..
Con il libro in mano, ancora aperto, corsi fino alla camera di mia sorella ed entrai. Guardai tutte le foto di Edward che erano appese alle pareti e alla porta della stanza, riempiendomi la vista della sua immagine.
Adesso non vedevo proprio più in quelle foto l’Edward modello.. ma solo il ragazzo con cui avevo parlato quel pomeriggio. In pochissime ore avevo cambiato davvero opinione su di lui, e ne ero davvero contenta.
Guardai le foto, poi di nuovo il libro.
Se ti va, raggiungimi. Mi piacerebbe incontrarti di nuovo..” c’era scritto. Mi andava?
Ma che razza di domanda era? Certo che mi andav
a.
 
 
 
  
 
 
 

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Questa One-shot ha partecipato al contest ‘Fiumi di parole’ indetto sul forum di Efp da Vivien L e da Artemide88.
Attraverso una lettera ed un numero scelti tra quelli che avevano le organizzatrici e che corrispondevano ad un immagine ed una citazione, si doveva trarre ispirazione per scrivere una storia.
L’immagine che è capitata a me è questa qui, mentre la citazione è questa ‘Sono stanco di vedere gli uomini ferirsi tra loro. Sono stanco di tutto il dolore che vedo e sento nel mondo ogni giorno; ce n'è troppo. E' come avere pezzi di vetro conficcati nella testa tutto il tempo’ ed è tratta dal libro di Stephen King Il miglio verde.

Vedendo l’immagine a me è venuta in mente l’idea di una pubblicità, con protagonista appunto un Edward modello ed alle prime armi ed a lui si è poi aggiunta una Bella un po’ pazza e scellerata. Con questa storia ho provato anche a gestire il lato demenziale che c’è in me e che prima d’ora non avevo mai sfruttato nelle mie storie.. spero che come primo esperimento sia andato bene e che lo abbiate apprezzato :)
Vi ringrazio se siete arrivate fin qui, un bacio.
KrisC

   
 
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