Galeotto fu il
libro
-No, cazzo! Un'altra volta no!-
Non potei fare a meno di urlare quando fermai la macchina.
Guardai sconvolta e scocciata la fila infinita di auto che avevo davanti e
desiderai con tutto il cuore di trovare un posto dove potermi sotterrare.
Ero in giro per New York dalle sette di quella mattina
perché dovevo recarmi urgentemente all’università dove studiavo: avevo trovato
una mail sul computer la sera precedente dove mi comunicavano che c’era stato
qualche problema con la mia tesi di laurea.. qualcuno doveva averla perduta.
Quando lessi le poche righe presenti nel messaggio sperai
veramente con tutto il cuore che si stessero sbagliando, e che si fosse
trattato solo di un malinteso.. avevo lavorato su quella tesi un anno intero,
non ricordavo nemmeno più quante notti in bianco avevo passato davanti al
computer e adesso, a pochissimi mesi dalla laurea, mi dicevano che non la
trovavano più!
Avevo preso in prestito la macchina di mamma quella mattina,
per evitare il ritardo dei mezzi pubblici, e mi ero quasi ammazzata per
arrivare in tempo alla facoltà di giornalismo a cui ero iscritta.. per sentirmi
dire che la mia tesi non era stata smarrita e che si trovava al sicuro nei
registri. A quanto sembrava, avevano sbagliato ad inviare la mail..
Sollevata per la buona notizia ma irritata per l’alzataccia
mattutina, ero risalita di nuovo in macchina e subito me ne ero pentita quando
rimasi bloccata in mezzo al traffico. Quel giorno avevo scelto l’auto per
evitare i ritardi della metropolitana, ma il destino evidentemente non era
d’accordo con me ed aveva deciso di farmi perdere tempo ugualmente..
E il caldo di luglio che cominciava a farsi sentire non
aiutava per niente! Nemmeno l’aria condizionata riusciva a darmi sollievo,
contando il fatto che indossavo una canottiera e un paio di calzoncini che a
stento arrivavano a metà coscia..
Quando il traffico si era sbloccato riuscii a concentrarmi
sulla missione che dovevo compiere quel giorno, ossia trovare la nuova borsa di
Louis Vuitton per il compleanno di mia sorella Alice.. che se ne faceva poi di
una borsa da settecento dollari ancora non lo capivo! Non era meglio una da
pochi spiccioli? Io mi ci trovavo così bene..
Durante il resto della mattinata avevo girato tutti i negozi
di grandi marche che mi si paravano davanti, ma non ero riuscita a trovare
niente.. quella borsa sembrava essere sparita dalla circolazione, neanche fosse
fatta d’oro!
E così dopo sei ore, venti negozi, tre ingorghi e senza
nemmeno aver fatto colazione mi ritrovavo a sbraitare come uno scaricatore di
porto.. la mamma sarebbe stata fiera di me, oh sì, senza dubbio..
Mi abbandonai sul sedile dell’auto e mi passai una mano sul
viso, dopo però essermi tolta gli occhiali da vista. Quella mattina ero
talmente di fretta da essermi dimenticata di indossare le lenti a contatto, e
senza di quelle ero letteralmente cieca. Avevo recuperato con riluttanza gli
occhiali dalla borsa e li avevo indossati svogliatamente.. li odiavo con tutta
me stessa!
Indossai nuovamente gli occhiali e mi voltai, spiando fuori
dal finestrino.. non l’avessi mai fatto!
-Eh che lagna! È dappertutto!- sbottai accasciandomi sul
volante surriscaldato dell’auto.
Da qualche settimana a quella parte non potevi voltarti
senza trovare cartelloni, autobus, riviste, volantini e chissà cos’altro con
l’immagine di Edward Cullen, il nuovo modello della Dolce & Gabbana. Non si
era mai visto prima e all’improvviso tutti ne parlavano e ne erano innamorati..
bastava ancora un po’ di tempo e diventava più famoso della regina Elisabetta.
La sua fan più grande era senza dubbio Alice: aveva già la
stanza piena di sue foto. Quel ragazzo che non poteva essere tanto più grande
di me era riuscito a conquistare il gradino più alto del suo podio, riuscendo a
superare persino Johnny Depp.. cioè, Johnny! Era incredibile..
Non che fosse brutto, anzi, era un bel ragazzo.. aveva i
capelli castano chiaro, che nella nuova campagna pubblicitaria erano tenuti
fermi con il gel ma che di solito teneva scompigliati, e il viso giovane ed
espressivo. La cosa che mi aveva colpito particolarmente di lui erano gli
occhi, di una delicata sfumatura di celeste che andava anche sul grigio.
L’ultima campagna pubblicitaria di cui era protagonista lo
vedeva impegnato ad indossare uno smoking ed un orologio.. ancora non ero
riuscita a capire a cosa stesse facendo la pubblicità, se all’abito elegante o
al nuovo modello di orologio che a me sembrava uguale a quelli usciti in
precedenza.
Se mi avesse sentito quella gnoma malefica di Alice, a
quell’ora mi sarei ritrovata sorda e con la testa piena di dettagli e pregi che
soltanto lei riusciva a vedere.. se lei in un orologio ci vedeva l’eleganza, la
bellezza, l’utilità eccetera, io ci vedevo solo l’ora.
Non ero contro la moda, sinceramente non ne andavo matta.
Indossavo solo quello che mi piaceva e che era comodo, non andavo alla ricerca
di abiti ricercati e costosi solo per il gusto di farmi notare dalla gente.
She's got a smile that it seems to me
Reminds me of childhood memories
Where everything
Was as fresh as the bright blue sky..
I Guns’N’Roses cominciarono a risuonare nell’abitacolo,
avvertendomi dell’arrivo di una nuova chiamata e facendomi accantonare il
pensiero della moda e di Edward Cullen. Svogliatamente afferrai la mia enorme
borsa e ci frugai dentro, alla disperata ricerca del telefono.
-Pronto?- dissi quando lo trovai ed accettai la chiamata.
-Tesoro, ce l’hai
fatta a rispondere!- la voce di mamma, sollevata, arrivò al mio orecchio. -Dove sei? Perché non hai chiamato prima?-
-Sono in mezzo al traffico.. e scusa se non ti ho chiamato,
me ne sono dimenticata!-
-Non fa nulla cara,
tranquilla- disse con voce calma. Prima mi mangiava viva, poi tutto di
botto parlava come se nulla fosse.. mah, chi riusciva a capire le mamme aveva
tutta la mia stima!
-Cosa ti hanno detto
all’università? È andato tutto bene?-
-Hanno inviato l’e-mail alla persona sbagliata, mamma. La
mia tesi è ancora lì..-
-Oh, meno male! Mi
stavo preoccupando un sacco.. e la borsa invece? Sei riuscita a trovarla?-
-Non ancora. Adesso faccio un salto al centro commerciale e
provo anche lì, forse ancora non l’hanno esaurita.-
-Ma tua sorella
proprio una borsa introvabile doveva chiedere? Non poteva sceglierne una meno
ricercata?- si lamentò mamma sbuffando.
-Chiediglielo, magari te lo spiega lei!- un movimento
davanti a me mi fece alzare il viso e vidi sollevata che le auto cominciavano a
spostarsi. -Mamma, ci sentiamo più tardi. Devo andare..-
Chiusi il telefono e lo gettai sul sedile prima di
accertarmi che mi avesse risposto. Tolsi il freno a mano e partii lentamente.
-Spero almeno che non si blocchino più avanti..- borbottai
senza distogliere gli occhi dal traffico.
Quando fermai la macchina nel parcheggio del centro
commerciale più grande di New York quasi non mi sembrava vero. Spensi la
macchina e aprii la portiera per scendere, ma me ne pentii quasi subito: fuori
l’aria era terribile, troppo calda ed afosa per i miei gusti..
Dopo aver chiusi l’auto raggiunsi in fretta l’entrata del
centro commerciale e sospirai di sollievo quando sentii l’aria condizionata,
fresca e piacevole, infrangersi sulla mia pelle accaldata.
-Ah, che bellezza!- esclamai mentre facevo alcuni passi e mi
guardavo intorno.
La prima cosa che feci fu cercare un bagno, e ci impiegai
anche un bel po’ di tempo.. quel posto era enorme, specialmente per me che
avevo uno scarso senso dell’orientamento e rischiavo di perdermi ogni volta.
Dopo aver soddisfatto i bisogni del mio corpo ed essermi rinfrescata
un po’ braccia e collo, andai a prendermi qualcosa da mangiare per poter
fermare il mio stomaco che borbottava da parecchio tempo. Mi fermai al
McDonald’s e ordinai il mio adorato Big Mac, insieme alle patatine ed alle crocchette
di pollo. La cassiera mi guardò scioccata ed invidiosa quando mi sentì
pronunciare quelle parole.. capii subito, però, a cosa stava pensando.
Di certo non le capitava tutti i giorni vedere ragazze della
mia taglia ordinare un pasto tanto calorico, ma era uno dei vantaggi che mi
offriva il mio fisico.. avevo un metabolismo che bruciava in fretta e mi
permetteva di mangiare tutte le schifezze che volevo, ma avevo anche problemi
ad accettare alcune particolarità del mio aspetto come, ad esempio, il mio
sedere.
Poteva essere definito normale per una che portava la taglia
42 e non ingrassava un granché durante l’anno, ma a me proprio non piaceva..
Con calma, e aggiungerei anche con gusto, consumai il mio
pranzo e dopo essermi saziata ricominciai a girare per i corridoi del posto,
osservando le vetrine e cercando di capire in quali dei tanti negozi avrei
potuto trovare quella benedetta borsa firmata.
Naturalmente, anche lì non potevi voltarti senza trovarti
davanti la pubblicità con la new entry della Dolce & Gabbana.. ormai non ne
potevo quasi più.
Provai due o tre negozi di grandi marche, che però si
rivelarono tutti buchi nell’acqua. Avevano già esaurito le scorte, e mi
consigliavano di andare a provare negli altri che, guarda caso, avevo già
girato.
Mi stavo rassegnando all’idea che non avrei trovato niente,
e stavo per recuperare il telefono dalla borsa per dirlo alla mamma quando mi
fermai davanti al negozio della Louis Vuitton.. e non riuscii a credere ai miei
occhi.
La borsa! Quella maledetta, pestifera e introvabile borsa..
era davanti a me, in vetrina e faceva bella mostra di sé.
Forse la fortuna quel giorno stava cominciando a girare
dalla mia parte.
Mi avvicinai e la osservai più da vicino.. per essere bella
lo era, ma come poteva un bauletto grosso sì e no venti centimetri catturare
così tanto l’attenzione?
Entrai senza indugi nel negozio e chiamai la prima commessa
libera, che si avvicinò ancheggiando sui tacchi alti e sorridendo affabile.
-Posso esserti utile?- domandò lei gentilmente.
-Il bauletto in vetrina.. vorrei comprarlo- dissi con voce
ferma, osservando la sua figura più alta di me di quindici o venti centimetri..
ero bassa, ma quella aveva anche un paio di trampoli ai piedi. Era normale che
la guardassi dal basso del mio metro e cinquantacinque.
-La borsa della nuova collezione?- domandò stupita, e non
feci in tempo nemmeno ad annuire che subito aggiunse: -Mi dispiace, ma non è in
vendita..-
Il sorriso mi morì sulle labbra. -Come sarebbe a dire che
non è in vendita?-
-È l’ultimo pezzo che ci è rimasto. Stiamo aspettando le
nuove scorte e non possiamo venderla prima che arrivino- mi spiegò dispiaciuta.
-Perché cavolo lasciate la merce esposta se poi non potete
venderla? Bel modo di illudere la gente!- esclamai, sentendo l’irritazione
crescere ed espandersi dentro il mio corpo.
Prima che potessi commettere qualche performance degna di me
uscii dal negozio, lasciando la commessa impalata e scioccata nello stesso
punto dove ero qualche secondo prima.
Era una cosa assurda, totalmente ed incomprensibilmente
assurda! Cioè, per quale cazzo di motivo dovevano tenere in esposizione una
cazzo di borsa se non la potevano vendere? Quella era anche una novità.. se la
merce stava per finire la riordinavi, su quel particolare ero d’accordo, ma la
finivi di vendere tutta, non solo fino ad un certo punto!
Troppo irritata per parlare e anche solo per comunicare a
mamma quella notizia del cavolo, decisi di andare nell’unico posto che sapevo
mi facesse rilassare.. la libreria. Prima però mi dovevo ricordare in quale ala
del centro commerciale si trovasse, poi ci sarei andata.
Dopo aver girato per mezz’ora e dopo aver consultato la
piantina dei negozi (ero stata costretta a farlo, mi sarei persa seriamente
altrimenti) raggiunsi la mia tanto agognata meta. Non appena entrai sentii il
tipico odore che emanavano i libri nuovi di zecca, uno dei pochi che adoravo.
Non avevo in programma di acquistare dei libri nuovi, in
camera mia già ce n’erano troppi che dovevo ancora cominciare a leggere, ma
almeno un giretto me lo sarei concesso.. magari avrei trovato ispirazione per i
prossimi acquisti, non si poteva mai sapere.
Girai quasi tutti i reparti, spaziando dall’horror ai
romanzi rosa.. spulciai persino quelli di cronaca nera. Scartai senza indugi
quello riservato ai fantasy.. gli unici che mi erano piaciuti erano ormai stati
scritti da tempo e le ultime novità non mi entusiasmavano poi così tanto.
Mi fermai a scorrere i titoli degli autori e mi soffermai
più del dovuto su Stephen King, uno degli autori che ultimamente stavo
valutando. Avevo acquistato due suoi romanzi e ne avevo letto uno.. mi aveva
lasciato addosso un angoscia talmente grande che decisi di aspettare un po’
prima di leggere l’altro.
Afferrai una copia de ‘Il miglio verde’ che si trovava
proprio di fronte a me; la trama la conoscevo già perché avevo visto il film e
dovevo dire che mi era piaciuto parecchio.. quanti pianti mi ero fatta quando
avevano ucciso John! Mio padre mi aveva guardato male fino alla fine del film,
sicuramente perché credeva che mi fossi rammollita..
Chissà se avrei reagito nello stesso modo leggendolo..
sempre meglio quello che leggere di pagliacci psicopatici ed assassini di
minori!
Me ne stavo ferma con il libro in mano, indecisa se
acquistarlo o no, quando sentii una presenza al mio fianco. Con la coda
dell’occhio vidi che si trattava di un ragazzo.. un ragazzo molto alto. Non
diedi peso alla sua presenza e cominciai a leggere il retro della copertina, ma
mi bloccai quando sentii la sua voce leggere le stesse parole che stavo
seguendo con lo sguardo.
- Sono stanco di vedere gli uomini ferirsi
tra loro. Sono stanco di tutto il dolore che vedo e sento nel mondo ogni
giorno; ce n'è troppo. E' come avere pezzi di vetro conficcati nella testa
tutto il tempo..-
Alzai il viso ed
incontrai quello del ragazzo, che mi osservava e che aveva un’aria leggermente
famigliare. I capelli ribelli erano castani, scuriti leggermente per via del
gel che li teneva fermi e su cui erano poggiati un paio di occhiali da sole. Le
labbra rosee erano distese in un sorriso storto, strano ma che risaltava sulla
pelle chiara. Gli occhi, poi, erano spettacolari: di un azzurro chiaro,
tendente al grigio..
Mi schiarii la voce
quando mi accorsi che gli stavo facendo praticamente la lastra e cercai di
riprendere un contegno, anche se sapevo di non esserci riuscita un granché.
-Interessa anche a
te?- domandai, agitando il volume che ancora tenevo in mano.
Lui batté le palpebre
un istante, e poi mi rispose. -Veramente no, ho già letto quel libro.. però
quella è una parte che mi ha colpito molto- spiegò facendomi così risentire
quella voce così soave..
Voce soave? E quella
da dove mi era uscita?
-A te, invece? Ti interessa?-
mi domandò sempre guardandomi.
-No- riposai in fretta
il libro, rischiando quasi di far cadere gli altri dallo scaffale. -Stavo solo
facendo un giro..-
-Dallo sguardo che avevi, sembrava che ti
piacesse- osservò.
-Non è il mio genere- mentii.. ma perché
dovevo mentirgli, poi? Non stavo mica nascondendo qualcosa.
-Avrò sbagliato, allora..- borbottò
grattandosi il mento leggermente coperto di barba con un dito.
-Ah, ma che stupido che sono! Non mi sono
nemmeno presentato!- allungò una mano e sorrise. -Io sono Edward. Te invece
sei..?-
-Isabella- risposi, stringendogli la mano.
-Ma gli amici mi chiamano Bella.-
-Posso chiamarti anch’io così?-
-Ma certo..-
Certo che ci sapevo fare.. conoscevo questa
persona da quanto, due minuti? e già gli stavo dando confidenza! Però aveva
quell’aria così conosciuta.. ero sicura di averlo già visto da qualche parte..
ma dove? All’università forse?
Decisi di chiederglielo.. se poi mi stavo
sbagliando ed era un perfetto estraneo, avevo sempre lo spray al peperoncino nella
borsa (omaggio di papà poliziotto, ma quelli erano dettagli..).
-Ma noi ci conosciamo?- domandai dopo aver
ritratto la mano. -Mi sembra di averti già visto..-
Lui si agitò un po’ sul posto, e si portò
una mano agli occhiali da sole che fece subito scivolare davanti agli occhi.
-No, non penso. Me lo ricorderei se ti conoscessi già..-
-Ah..- l’unico verso che riuscii a
sillabare fu quello, anche perché ero rimasta perplessa dalla reazione che
aveva avuto alla mia domanda. Perché mettersi gli occhiali scuri in un luogo
chiuso, dove non era presente il minimo raggio di sole?
Mi appuntai di tenere a portata di mano lo
spray, così magari avrei fatto vedere a Charlie che il suo gadget poliziesco
serviva a qualcosa.
-Senti.. ti va un caffè? Oppure devi cercare
qualcosa?- domandò lui insicuro.
-S-sì, mi piacerebbe- balbettai.
Mi sorrise ed insieme uscimmo dalla
libreria. Edward si guardava intorno ogni tanto, come se avesse paura di
incontrare qualcuno e senza togliersi quei benedetti occhiali da sole. Era anche
silenzioso, e la mia teoria sembrava essere sempre più azzeccata.. mi preparai
a prendere lo spray.
Solo quando passammo davanti ad una
profumeria capii perché Edward si comportava in quel modo.. lì davanti c’era
l’ennesimo cartellone della Dolce & Gabbana con protagonista assoluto il
nuovo modello, che era identico spiccicato al ragazzo che avevo accanto!
Ecco perché mi sembrava di conoscerlo!
Erano settimane che lo vedevo ogni volta che andavo in giro oppure entrando in
camera di Alice!
-Oddio!- urlai. Mi accorsi di averlo fatto
forse un po’ troppo forte e mi portai le mani davanti alla bocca, anche se il
danno ormai era fatto.
-Che c’è? È successo qualcosa?- Edward,
sorpreso e preoccupato dalla mia performance, mi guardò profondamente cercando
di capire cosa mi fosse accaduto.
-O-oddio santo! Ecco perché mi sembrava di
averti già visto!- esclamai, la voce mi si era fatta stridula e sembravo tanto
mia sorella quando era felice per qualcosa; puntai, poi, un dito verso il suo
viso. -Tu.. tu sei..-
-Shhhh!- mi zittì lui posando una delle sue
mani sulla mia bocca, prima che potessi dire il suo nome. Lo dissi ugualmente
farfugliando contro il suo palmo; non si era capito nulla ma lo avevo detto.
Mi tolse la mano quando si accorse che
avevo smesso di parlare. Si guardò in giro prima di sussurrare: -Ti prego, non
esultare così, potrebbero riconoscermi..-
-È per questo che hai..- indicai gli
occhiali.
Annuì. -Quando vado in giro cerco di essere
il più anonimo possibile, ma il più delle volte mi sgamano sempre.. oggi sembra
andare meglio del solito, mi hai riconosciuto solo tu- disse sorridendo
leggermente.
-Se non fossimo passati qui davanti non
avrei mai capito dove era che ti avevo già visto..- gli indicai il cartellone
che era ancora accanto a noi.
-Oh merda! Vieni via di lì!- esclamò
trascinandomi via.
-Ma che fai?-
-Odio quei cosi, me li sogno anche la
notte..- riprendemmo a camminare per raggiungere il bar più vicino, o meglio
per cercare il bar più vicino. Io non riuscivo a smettere di guardarlo: cioè,
stavo parlando e stavo per prendere un caffè con Edward Cullen, una persona
famosa! Non ero una sua fan, ma quando mi sarebbe mai ricapitata un occasione
del genere?
“Sorellina,
beccati questo!” pensai malignamente.
Raggiungemmo il bar e ci andammo ad
accomodare ad uno dei tavoli che c’erano all’interno.. era stato Edward a
scegliere di entrare, forse per lui era meglio non farsi vedere troppo esposto.
Di sicuro la popolarità era uno degli aspetti che meno amava del suo mestiere.
-Non ti piace essere notato, eh?-
-All’inizio era divertente- rispose, dopo
essere stato qualche secondo in silenzio a giocare con alcune bustine di
zucchero. -La gente per strada mi riconosceva e mi chiedeva di fare foto,
autografi.. la cosa adesso è peggiorata, e sono passate solo poche settimane! È
ridicola come situazione..-
Ridacchiai e sentii gli occhiali scivolarmi
lungo il naso. Li afferrai prima che potessero cadere: prima o poi avrei dovuto
far stringere le astine, erano troppo lente per i miei gusti..
-Carini gli occhiali- commentò Edward
sorridendo. Non era una presa in giro.. gli piacevano davvero. Come potevano
piacergli?
-Io invece li odio- ribattei prontamente.
-Di solito porto le lentine, ma stamattina ero di fretta ed ho dimenticato di
metterle.. raramente metto gli occhiali.-
-Dovresti farlo più spesso, invece. Ti
stanno bene.-
Sentii le guance riscaldarsi, e sicuramente
non a causa del caldo. Mi accadeva sempre quando qualcuno mi faceva un
complimento.. ogni tanto la mia timidezza, che ero riuscita a mascherare
durante gli anni, tornava a farmi visita.
-Sei gentile..- sussurrai sorridendo a
malapena. Lui ricambiò.
Nei minuti successivi chiacchierammo un po’
mentre bevevamo il caffè. Io gli parlai dei miei studi e della mia laurea quasi
imminente, e scoprii che anche lui aveva frequentato l’università ma che aveva
trascurato un po’ gli studi per via del lavoro, però voleva riprenderli il
prima possibile.
Più lo sentivo parlare e più dovevo
ricredermi: Edward Cullen non era il modello famoso e pieno di sé che avevo
sempre immaginato.. era, invece, un ragazzo semplice ed anche un po’ timido.
Gli stavo descrivendo la mia famiglia
quando mi ricordai del motivo per cui mi trovavo lì.
-Oh no!- sussurrai.
-Che hai?- domandò Edward curioso.
-Devo chiamare mia madre.. gli devo dire
che non sono riuscita a trovare il regalo per mia sorella- dissi
frettolosamente mentre cercavo il telefono nella borsa/valigia.. quando serviva
non lo trovavo mai.
-Cosa cercavi? Magari ti posso aiutare..-
Lo guardai, pensandoci su: lui lavorava nel
campo della moda, magari sapeva dove avrei potuto trovare quella benedetta
borsa.
-Sto cercando il nuovo bauletto della Louis
Vuitton, ma sembra introvabile.. è da stamattina che cerco inutilmente.-
-Hai provato al negozio che c’è qui?-
-Certo che l’ho fatto! C’era anche, ma mi
hanno detto che era l’ultimo pezzo e che non potevano venderlo..- al solo
pensarci l’irritazione ritornava prepotentemente. -Non è una cosa assurda?-
-È la prima volta che sento una cosa del
genere..- commentò ridacchiando. -Senti, aspetta qui e non ti muovere per
nessuna ragione.. io torno subito- aggiunse, alzandosi dalla sedia.
-Dove vai?- domandai.
“Cavolo
Bella, ma saranno anche fatti suoi no?” disse la vocina che si trovava
nella mia testa e che ogni tanto si faceva viva.
-Aspetta e vedrai- furono le uniche cose
che mi disse prima di uscire dal bar.
Rimasi seduta a quel tavolo, a guardare
l’entrata del locale per vedere se stava tornando. Mi muovevo agitata sulla
sedia, non sapendo cosa fare.. andai anche in bagno per perdere tempo, ma
quando tornai al tavolo lui non c’era.
Cominciai a preoccuparmi quando notai che
erano passati quasi trenta minuti da quando era andato via.. se l’era per caso
svignata? Aveva trovato un pretesto per andarsene lasciandomi qui da sola? Però
mi aveva detto di aspettare.. perché dirmelo se poi voleva andare via?
Quelle domande e tante altre, simili in
fatto di sciocchezze, riempirono il mio cervello fino a quando non rividi la
figura di Edward comparire all’entrata del bar. In mano teneva una grossa busta
marrone.
-Dove eri finito?- domandai senza riuscire
a trattenermi.
-In missione per aiutarti- rispose
mostrandomi un enorme sorriso. Mi porse la busta, sulla quale era stampato il
marchio della Louis Vuitton.
-Non ci credo!- urlai afferrandola. La
aprii e dentro ci trovai l’odiosa borsa che mi stava facendo impazzire. -Ma
come hai fatto?-
-La commessa mi ha riconosciuto.. sono
riuscito a prendere la borsa dopo un sacco di foto e di autografi- disse senza
smettere di sorridere.
-Tu.. sei un grande! Non so davvero come
ringraziarti!-
-Non ce n’è bisogno..-
-Fatti rimborsare almeno la spesa..-
recuperai in fretta i soldi che avevo da parte per la borsa e glieli offrii.
-Ti prego.. non posso farti spendere settecento dollari così a buffo!-
Lui li prese, un po’ titubante. -Sai che
non era necessario..-
-Invece sì!- esclamai. Mi alzai e recuperai
borsa e busta, dopodiché lo abbracciai. -Grazie, grazie infinite!-
-La smetti di ringraziarmi? L’ho fatto
volentieri!-
Mi staccai da lui e gli sorrisi. Dovevo
salutarlo visto che dovevo tornare a casa, ma non volevo. Mi dispiaceva
lasciarlo.. ero stata bene con lui, anche se per pochissimo tempo.
-Ora devo proprio andare.. magari ci
rincontriamo- dissi, del tutto sincera. Mi sarebbe davvero piaciuto rivederlo
ancora..
-La prossima volta che hai bisogno di
qualcosa cercami, così ti aiuto!- scherzò sorridendo.
Ci salutammo pochi minuti dopo. Non sapevo
perché, ma mi sentii strana quando salii in macchina per tornare a casa, e
continuai ad esserlo per tutto il tragitto.
Raggiunsi la palazzina dove si trovava il
mio appartamento e salii in fretta le scale.. faceva ancora un caldo pazzesco,
e non volevo prendere l’ascensore. Entrai in casa dopo aver aperto la porta e
notai che era tutto silenzioso.. non c’era nessuno.
Ne approfittai per recarmi in camera mia e
nascondere con calma la borsa: mancavano ancora un paio di settimane al
compleanno di Alice, e non volevo che la trovasse prima. La sfilai dalla busta
e la tenni in mano, osservandola attentamente. Era carina, mi piaceva ma non
era proprio adatta a me.. era troppo fashion per i miei gusti.
La sentivo anche pesante, come se ci fosse
qualcosa di solido dentro. Che cavolo di imbottitura ci avevano messo? Sassi?
La appoggiai sul letto e la aprii: dentro
ci trovai un libro, ma non uno qualsiasi.. era ‘Il miglio verde’.
-Ma che..?- farfugliai prendendolo in mano.
Io quel libro non lo avevo comprato.. a meno che adesso con le borse davano in
omaggio anche i mattoni di Stephen King. Poi però ricordai che Edward mi aveva
incontrato mentre tenevo in mano proprio quel volume, in libreria.
Era stato lui a metterlo nella borsa? Ma
perché?
Aprii il libro alle prime pagine bianche e
lì trovai alcune righe scritte a penna, con una grafia semplice e al tempo
stesso elegante.
Avevi
detto che non ti interessava, ma io l’ho preso ugualmente. Leggilo, è davvero
molto bello e scritto bene.
Edward
P.S:
io domani pomeriggio sarò di nuovo a quel bar. Se ti va, raggiungimi. Mi
piacerebbe incontrarti di nuovo..
Leggevo quelle righe e non riuscivo a
credere a quello che c’era scritto. Edward aveva trovato un modo per potermi
informare senza che me ne accorgessi..
Con il libro in mano, ancora aperto, corsi
fino alla camera di mia sorella ed entrai. Guardai tutte le foto di Edward che
erano appese alle pareti e alla porta della stanza, riempiendomi la vista della
sua immagine.
Adesso non vedevo proprio più in quelle
foto l’Edward modello.. ma solo il ragazzo con cui avevo parlato quel
pomeriggio. In pochissime ore avevo cambiato davvero opinione su di lui, e ne
ero davvero contenta.
Guardai le foto, poi di nuovo il libro.
“Se
ti va, raggiungimi. Mi piacerebbe incontrarti di nuovo..” c’era scritto. Mi
andava?
Ma che razza di domanda era? Certo che mi
andava.
-
Questa One-shot ha partecipato al contest ‘Fiumi
di parole’ indetto sul forum di Efp da Vivien L e da Artemide88.
Attraverso una lettera ed un numero scelti
tra quelli che avevano le organizzatrici e che corrispondevano ad un immagine
ed una citazione, si doveva trarre ispirazione per scrivere una storia.
L’immagine che è capitata a me è questa qui, mentre la citazione è questa ‘Sono stanco di
vedere gli uomini ferirsi tra loro. Sono stanco di tutto il dolore che vedo e
sento nel mondo ogni giorno; ce n'è troppo. E' come avere pezzi di vetro
conficcati nella testa tutto il tempo’ ed è tratta dal libro di Stephen
King Il miglio verde.
Vedendo l’immagine a
me è venuta in mente l’idea di una pubblicità, con protagonista appunto un Edward
modello ed alle prime armi ed a lui si è poi aggiunta una Bella un po’ pazza e
scellerata. Con questa storia ho provato anche a gestire il lato demenziale che
c’è in me e che prima d’ora non avevo mai sfruttato nelle mie storie.. spero
che come primo esperimento sia andato bene e che lo abbiate apprezzato :)
Vi ringrazio se siete arrivate fin qui, un
bacio.
KrisC