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Autore: Invader_from_Hell    21/03/2004    4 recensioni
L'ultimo racconto della serie che va avanti da novermbre. Il tema principale abbiamo scoperto essere l'amore, e adesso la mia ricerca è terminata: ho capito ciò che ho cercato per un bel po' di tempo. Questo è il risultato, il gran finale, la conclusione del mio ragionamento. Ma non solo, è un omaggio a tutti voi che mi avete sostenuto e che mi avete ispirato. Grazie, grazie di cuore.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The story so far

 

La splendida Fine

 

È questo l’ultimo racconto della mia prima serie logica, che porto avanti ormai da novembre. Con questo brano concludo la ricerca che ho compiuto in questi mesi e che mi ha portato ad un risultato di cui sono molto felice. L’amore ha segnato gran parte della mia opera in quanto all’ispirazione, ho detto un sacco di cose e molte di più me ne avete dette voi. Per questo voglio ringraziarvi. Perché mi avete seguito con dedizione e passione, mi avete consigliato, apprezzato, e mi avete sempre riempito di felicità. In molti casi, senza di voi non sarei andato avanti. Per questo mi sembra doveroso ringraziare soprattutto quattro persone: Sara, Asuka, Lisa e senza dubbio Gal. Grazie ragazze. Dopo questo racconto inizierò un lavoro piuttosto lungo. Grazie per questi giorni meravigliosi.

 

 

Nel nostro scompartimento il rumore delle rotaie poteva sembrare il più allegro dei componimenti musicali, seppure caratterizzato da quella tipica durata dei suoni destinati ad annoiare presto.

Stanche della bellezza, distrutte dall’ultima stella che cadendo sibila a non finire e senza pietà, giacevate tra le mie braccia. Non ho la più pallida idea di cosa steste osservando nei miei occhi. Io lo osservavo che dormiva accanto a noi, e di questo mi sentivo profondamente colpevole. Non tanto per la mia ormai assodata convinzione di non averne il diritto, quanto per la profonda vergogna che provavo nell’osservare la sua immagine immortalata nella bellezza di un istante,  un istante che sarebbe durato almeno altre due ore. Questo non credo che l’aveste capito. Ritengo molto più probabile una vostra congettura riguardo gli effetti della primavera su di me, una situazione che ci aveva portato pochi minuti prima a godere delle risate più libere e lontane da casa che avessi mai sentito. E invece io ero paralizzato di fronte alla bellezza del caso, di fronte alla sua immagine che si fondeva irrimediabilmente con quella della bellezza che fugge, assumendone a tratti i caratteri, al punto di ritrarla completamente in alcuni momenti. Disteso sui sedili reclinati, il capello calato sugli occhi che si intravedevano sotto gli occhiali da sole, il cui compito in quel momento era nascondere le tracce del delirio della giornata. Mi colpì subito la sua immagine, e di questo sono sicuro che vi siate subito accorte. Ad una prima analisi era sicuramente quell’ultima stella caduta che adesso si muoveva in lui e lo accompagnava nella danza dell’istante che volgeva alla sua fine. Lo dimostrava il fatto che il suo volto era strenuamente difeso dal capello e dagli occhiali, tanto che dovetti chiedergli se teneva gli occhi aperti o no, per non rischiare di essere scoperto mentre lo fissavo assaporando ogni pezzetto dell’attimo che lo avvolgeva. Ma a dire il vero, l’essere scoperto era più una mia necessità, e il fatto che lo stessi evitando conferma questa mia teoria. Difeso com’era, si poteva immaginare come una stella piombata nella sporcizia dal cielo che si difende dai contati col nuovo mondo. È però necessario non interpretare male le stelle. Lui non sarebbe certo stato una stella talmente bella da dover evitare ogni contatto con quel vagone e con noi tre che cercavamo tra noi la risposta ai nostri bisogni persi per strada. Lui avrebbe piuttosto assunto la forma della stella smarrita e atterrita alla sola idea di non essere tanto importante da doversi preservare, lui avrebbe finito per lasciare la presa confinata nel suo cielo d’origine per poi piombare su di noi in fiamme.

Tuttavia, osservando con più attenzione, sono sicuro che anche voi due, sebbene non animate dal mio stesso sentimento, vi sareste rese conto di ciò che lui rappresentava in quel momento. Non era altro che un semplice strumento del caso e della bellezza, scelto senza criterio tra molti altri grazie solo ai raggi che filtravano debolmente e che colpendolo lo riflettevano nel modo giusto agli occhi dell’attimo. Non faticherete certo a comprendere il perché io lo avessi in quel preciso istante definito come la passività allo stato gassoso. Lui era l’immagine della tensione che precede la notte, per parafrasare quel famoso scrittore. Era un puro caso se in quel momento ai miei occhi appariva così intriso di bellezza e così unico. Questo aveva subito indotto in me un processo di divinizzazione nei suoi confronti che adesso mi appare assolutamente ridicolo.

Tuttavia, come spiegare quel senso di tenerezza e desiderio che saliva rapidamente dalle scosse del treno e che mi invadeva piano col preciso intento di portarmi al crollo? Se è vero che ero cosciente di come la sua immagine in quel momento fosse puramente illusoria, e di come sotto la maschera di debolezza si nascondesse il volto di un vulcano spento e indifferente, allora come potevo esserne affascinato?

La risposta è piuttosto scontata. Sapevo che quella bellezza era solamente momentanea, e come un bambino è desideroso di immortalare nei suoi occhi una stella cadente nella notte di San Lorenzo, io desideravo possedere in quel momento quella bellezza. Non mi preoccupavo in realtà del modo in cui avrei dovuto riuscirvi, pensavo solo alla violenza che vi avrei messo. Le scosse scortesi del treno erano improvvisamente diventate di una sensualità tale che iniziai a preoccuparmi dello stato di eccitazione che avanzava. Se in quel momento sotto quegli occhiali i suoi occhi fossero in realtà stati spalancati, si sarebbe forse accorto della perversione che proiettavo su di lui? Tuttavia, proprio in occasione di quella mia riflessione compresi un punto fondamentale. Io ardevo ad immortalare e distruggere quella bellezza, non lui! Lui era solo il veicolo attraverso il quale essa si manifestava ai miei occhi. e forse anche ai vostri.

Il vostro sguardo incontrò la scia del mio che giaceva su di lui mentre la bellezza svaniva poco a poco. Un sorriso si disegnò sui vostri volti. Uno dei due sorrisi era chiaramente pervaso da disperazione, sebbene fosse un sentimento ormai incantato nell’osservare la grazia della mia fine. Per questo poteva solo scaturire da un sorriso. L’altro sorriso invece era compiaciuto, quasi divertito, profondamente speranzoso. Se avesse potuto fare qualcosa, anche di pericoloso, per permettermi di rapire quella bellezza – e non solo- l’avrebbe fatto senza pensarci due volte.

Notai allora, mentre vi abbracciavo entrambe, la profonda differenza che vi separa avvicinandovi a me. Se entrambe osservate la stessa cosa lo fate con occhi totalmente diversi. Gli occhi scuri di una di voi cercano uno sfondo adeguato sul quale proiettare il proprio desiderio irreprensibile, quelli azzurri dell’altra cambiano con la luce del sole e delle cose, e osservano proiettando sempre grande speranza e fiducia.

Avere entrambi i vostri sguardi addosso era in quel momento come vedere un angelo che stringeva la mano ad un diavolo nei miei occhi. Non ci avrebbero spaventati le vipere che si sarebbero arrampicate sui nostri castelli, perché saremmo stati capaci di ucciderle subito, senza lasciarne neppure le ossa.

Era profondamente diversa anche la natura della vostra preoccupazione nei miei confronti. Da una parte avvertivo un solenne terrore che come l’edera si arrampicava su tutti i muri. Un terrore dovuto non tanto alla mia situazione, quanto alle dirette ripercussioni che avrebbe avuto su fatti a me ancora per poco sconosciuti. Una disperazione sciolta e diluita nella tavolozza del cielo.

Dall’altra parte invece, la preoccupazione scaturiva da qualcosa che ancora mi era sconosciuto. Era un affetto di genere diverso dall’altro, un calore che sembrava essere nato solo per se stesso, senza uno scopo e senza paura. Un pizzico di rimprovero mi colpiva picchiettandomi la fronte e ricordandomi di quanto le mie carte fossero potenti, di quanto fossi grandioso alla luce del sole,  dell’enormità della mia risorsa interiore. Se da una parte mi venivano mostrate dignitose possibilità di uscita, dall’altra mi si spiegava come sfruttare tutto il mio potenziale d’attacco, che a quanto pare avrebbe potuto tutto.

Una cosa veniva da ambedue le parti, puro ed incondizionato, fresco e saporito: il calore. L’unico calore in vita mia che mi avesse permesso di mostrare il mio. No, quel tepore che emanavo non era stanchezza, era il mio amore per voi, circoscritto allo spirito e colmo di rispetto e gratitudine.

In due sguardi, due preoccupazioni, due gioie, ma una sola priorità.

Vi guardai nuovamente, per capire cosa aveste di diverso dalla figura che adesso dormiva priva di quella bellezza che prima la avvolgeva. Non seppi dare una risposta, ne ipotizzai molte. Passai dunque il mio sguardo su di lui. Non lo toccava il minimo segno di delirio, e sembrava essersi spento dopo la sua esplosione, la quale era servita da detonatore per le sue ultime energie. Restava lì, e adesso sembrava proprio indifferente. Il disprezzo iniziò a minacciare una salita nel mio cuore, tant’è che lo sentivo conficcare le sue piccozze da qualche parte. Eccola la mia ultima stella caduta sulla terra, eccola lì adesso. Cosa poteva mai avere di una stella? Cosa poteva avermi spinto a desiderarlo? Cosa non aveva funzionato in me un paio di mesi prima? Perché l’osso spezzato non si era riformato? Perché aveva continuato a perforare la carne?

Ripensai a parole, fatti.. inutile dire che non compresi dove fosse la normalità, e dove confinasse con la mia colpa. Vi guardai, adesso il vostro sguardo mi interrogava. Sorrisi. Sapevo che volevate sapere le risposte alle domande che mi ero fatto poco prima. Lo guardo, con rabbia. E finalmente mi appare semplice.

Non ho fatto tutto da solo.

 

 

Terminata il 21 Marzo 2004

Dedicata a tutti quelli che mi hanno seguito nel percorso, che come avete visto non è stato mai facile. Con questo racconto spero di rendere giustizia alle sensazioni che ho provato, e se qualcuno si sentirà mal interpretato o sminuito, non me ne voglia male. Amo ogni secondo che vivo, ogni soffio di vento e ogni tramonto. Ringrazio Asuka per l’attenzione che mi dedica costantemente. In lei ho trovato la persona che mi aiuta a reggere questa croce più grande delle altre. Grazie a Lisachan per aver sempre trovato il tempo per leggermi. Spero di poter portare sempre avanti questi due rapporti di collaborazione. Grazie a Sara per avermi offerto il suo supporto un’infinità di volte, e per sapermi prendere in modo esemplare e sempre molto dolce. Spero di ricambiare adeguatamente. Grazie a Gal per tutto quello che sto trovando in lei e per il “fertilizzante”. Beh, c’è un’altra persona che forse dovrei ringraziare, ma non credo abbia senso.

Ci sentiamo tra pochi giorni con altri nuovi racconti!

 

Matteo Piccini

  
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