Faceva un gran caldo quel
piacevole pomeriggio di maggio. Gli studenti del liceo scientifico si
apprestarono ad uscire da scuola, accaldati, annoiati, affamati. La
maggior parte di loro seguiva i corsi di recupero pomeridiani,
istituiti per alzare al meglio il rendimento scolastico. Valeryn, purtroppo, era finita a
recuperare matematica, rischiando il debito per la sua testa dura. Come
Elia definiva scherzosamente, “non era lei a non capire la
matematica, era la matematica a non capirla”. Lei e il biondo
stavano insieme da sette mesi, ormai. A Valeryn piaceva molto stare in
sua compagnia, era spassoso, divertente ed anche dolce quando voleva.
Non sapeva se era esattamente amore, ma provava un grande affetto per
lui.
Elia scese le scale della
scuola con un enorme sbadiglio. La sua impeccabile cresta bionda, un
foglio a quadretti in mano. Diede uno scappellotto a Daniel per
salutarlo, questi si arrabbiò cercando di mollargli un
calcio.
«Ti ammazzo, a
te e a quella stupida cresta di gallo!» roteò con
gli occhi, guardando con sufficienza Valeryn «E anche alla
tua gallina spennata!»
La castana fece per
ribattere, ma Elia la circondò da dietro con un abbraccio e
non le diede il tempo. Si abbassò per darle un bacio, mentre
Daniel faceva una smorfia schifata.
«Bah, siete
ripugnanti! Non starò un minuto in più con voi a
vedere le vostre zozzerie»
Cambiò
direzione gridando loro un “addio”.
Valeryn ed Elia si guardarono e
scoppiarono a ridere. Era sempre il solito idiota, con i suoi capelli a
caschetto che ondeggiavano e la sua parlantina inesauribile.
Valeryn spostò gli
occhi smeraldini sul suo ragazzo, che sorridendo, gettò il
foglio dentro un cestino della spazzatura.
«Basta con
questi stupidi recuperi, mi sono rotto le palle!» si
stiracchiò, poi posò una mano sulle spalle della
ragazza.
La guardò
negli occhi. Era sempre così bella che poteva perdersi in
lei ogni momento. Credeva di esserne innamorato. O almeno, era la cosa
di più così simile all'amore che aveva mai
sperimentato. Forse un'infatuazione così forte da non
riuscire a contenersi; aveva una voglia matta di saltarle addosso.
La strinse a
sé, mentre camminavano.
«Ti va
se…» le sussurrò
all’orecchio, malizioso.
Valeryn si voltò
verso di lui, stupita.
«Ma dai, e
dove?» chiese nascondendo una risata.
Lui la
trascinò fino al lungo mare, in un pezzo di spiaggia deserta
dove erano soliti appartarsi in casi estremi e voglie estreme, ma con
immensa delusione, videro che il posto era già occupato da
delle persone che scattavano foto al paesaggio.
Elia sbuffò
stizzito, ed anche la ragazza arricciò il naso.
«Ma che
cazzo...» borbottò lui, incrociando le braccia.
Valeryn si intenerì a
quella vista. Elia non era solito mostrare le proprie emozioni, e in
quel momento si vedeva chiaramente quanto desiderasse stare con lei.
Gli gettò le braccia al collo e lo baciò con
passione.
Lui rimase spiazzato.
Dopo che si staccarono, rimasero labbra su labbra.
«Mi piace
quando mi travolgi» sorrise maliziosamente, mentre Valeryn gettava la chioma
castana all’indietro senza mollarlo e rideva divertita.
Vittorio
s’incamminò in direzione della piazzetta dove si
trovavano quegli scemi dei suoi amici.
Grandi stronzi a non
aspettarlo! Insomma, si disse, non poteva mollare il
tiramisù sul più bello, era squisito.
Camminò
ancora, e d’un tratto i suoi occhi grigi furono catturati da
due ragazzi che si baciavano. Dietro di loro, uno splendido tramonto.
Storse un po’ il naso senza sapere nemmeno lui
perché.
Si avvicinò e
vide che erano proprio loro, sua cugina di terzo grado, Valeryn, e il suo migliore
amico, Elia.
Sentì qualcosa
agitarsi nello stomaco non appena si accorse di loro. Si
soffermò su Valeryn che era splendente,
stupenda come al solito, e si morse il labbro. Loro tre erano grandi
amici, e lei era sua cugina... Doveva smetterla di pensare a cose
strane, perché non era proprio il caso.
Insomma, fino a qualche
mese fa avrebbe giurato di essere contento per loro, ma adesso... tutto
ciò che sentì fu solo una gran voglia di
interrompere quel dannato momento. Si avvicinò di soppiatto,
poi saltò loro addosso abbracciandoli, infilandosi nel mezzo.
«Ehilà,
chi si vede!» trillò con un sorriso «Che
stavate facendo, eh?!»
Elia scoppiò a
ridere e lo abbracciò a sua volta. Valeryn, invece, rimase
spiazzata.
Li aveva visti? Insomma,
era solo Vittorio che importava se li aveva visti... Era suo cugino.
Provò un moto di imbarazzo al solo pensiero che lui avesse
potuto vederli baciare, il che era strano.
«Il solito
coglione, eh?» Elia lo guardò con affetto
Vittorio gli fece una
boccaccia, poi si voltò verso sua cugina che ancora non
aveva mollato.
«E tu? Anche tu
pensi che sia un coglione?» lo disse con un tono strano,
quasi lo sussurrò.
La guardava in modo
indescrivibile, come se la vedesse per la prima volta, una piacevole
prima volta.
Lei incontrò i
suoi occhi grigi e rimase paralizzata. Era sempre stato così
bello? Sentiva qualcosa agitarsi dentro di sé.
«Eh... Certo,
come no» rispose, schiarendosi la voce. Vittorio fece un
broncio indignato, poi lasciò andare Elia e la strinse forte
facendola quasi soffocare con il solletico. Lei urlava e si dimenava,
mentre lui rideva.
«Ahia, brutto
stronzo, mollami!»
«Come ti sei
permessa a dire che sono un coglione?»
«È
stato l’amico tuo, prenditela con lui!»
Vittorio la
mollò facendola barcollare all’indietro. Valeryn lo guardò
arrabbiata, con i capelli spettinati, mentre Elia rideva.
«No, lui
è il mio amore, tu non c’entri...»
abbracciò possessivamente Elia, e la allontanò da
lei.
I due se la ridevano,
perché conoscevano Valeryn, lei era suscettibile,
nessuno doveva contraddirla, e cosa ancora più grave,
nessuno doveva prendersi gioco di lei!
Solo Vittorio lo faceva.
E beh, anche Daniel, ma a quel tricheco lo zittiva prontamente, era suo
cugino che non riusciva a gestire…
Non sapeva neanche il
perché.
«Vi divertite a
prendermi in giro?!» esclamò
incrociando le braccia, gli occhi verdi lampeggianti
«Anzi, a
prendermi in giro, Vittorio, vedo che hai trovato un nuovo hobby
divertente!»
Lui lasciò
l’amico e si avvicinò a lei sussurrandole:
«Qualsiasi cosa
riguardi te è divertente, cugina»
Valeryn sentì il
cuore perdere un battito. La sua vicinanza era estremamente fastidiosa.
O forse era così piacevole che le procurava un
brivido…
Elia richiamò
l’amico, tirandogli un’affettuosa pacca sulla
spalla.
«Allora, che ci
fai qui da solo?»
Vittorio fece una smorfia.
«Gli altri non
mi hanno aspettato, da bravi infami. Sono dovuto scendere per conto
mio»
«Oh, che
peccato!» lo scimmiottò sua cugina.
Vittorio e Elia si
voltarono verso di lei. Il castano alzò un sopracciglio,
afferrò un suo dito e lo strinse forte.
«Ahia!»
si dimenava dal dolore lei, ma era a metà tra le risate
«Lasciami andare, scemo!»
Ignorando i suoi lamenti,
Vittorio continuò a parlare con Elia.
«Dicevo, non
potevo lasciare il tiramisù dentro al piatto, mia sorella ci
ha messo anima e corpo a prepararlo!»
«Stronzo,
potevi pensarmi! Perché non me ne hai portato un
po’?»
«Eh,
perché altrimenti si freddava» rispose
scherzosamente.
Elia sorrise ma fece
finta di indignarsi.
«Grazie che mi
vuoi bene…»
«Io ti amo, non
ti voglio bene» rise Vittorio, poi si voltò verso Valeryn che ancora tentava di
mollarsi da lui, gridando
«Non senti
anche tu un ululo?» si rivolse poi a Elia, mentre questo
guardava la ragazza e ridacchiava.
«Non so, sembra
più il verso di una cornacchia»
Valeryn li maledisse in tutte le
lingue possibili. Suo cugino le stava staccando il dito! Eppure,
nonostante il dolore, non voleva che la lasciasse...
Elia scosse la testa con
un ghigno.
«Dai, lasciala
stare adesso, e vieni con noi»
Vittorio sorrise, mentre Valeryn
s’imbronciò. Non aveva voglia di stare insieme a
suo cugino. Insomma, a parte il fatto che le procurava delle sensazioni
strane che non sapeva spiegarsi... e poi… beh, e poi, non
era giusto! Per una volta che il suo lato romantico con Elia usciva
fuori!
«No, non voglio
che lui viene» ribatté decisa «Mi
dà fastidio»
Vittorio alzò
gli occhi al cielo. Non voleva che Valeryn se la prendesse, lui
adorava vederla urlare, adorava quando si arrabbiava, adorava quando le
parlava e basta.
«Ah
sì?» le sussurrò con sarcasmo,
avvicinandosi alla sua faccia
«Peccato che io
venga lo stesso, sono educato e non rifiuto mai un invito»
Le fece
l’occhiolino, poi prese a braccetto Elia e lo
portò davanti con sé.
La castana rimase
indietro a guardarli, la bocca semiaperta, indignata, come mai nessuno
era riuscito.
Ma chi era lui a
risponderle in quel modo? Perché lui con una sola parola la
mandava in tilt, e non sapeva mai come comportarsi?
Era solo suo cugino...
Elia e Vittorio si
sedettero in una panchina, di fronte alla scuola elementare. Valeryn li seguì
imbronciata perché parlavano tra di loro e
l’avevano esclusa... Lei odiava essere ignorata.
Vittorio lo sapeva per
certo. Ma visto che la ragazza mandava segnali contrastanti verso il
suo ragazzo, Elia ridacchiò e disse:
«Dai, non
l’ignoriamo più, altrimenti si mette a
piangere»
«Io non mi
metto a piangere!» precisò lei «Solo che
mi date sui nervi»
«Ti
dà fastidio se non ti consideriamo?» le fece il
verso, Vittorio «povera la mia cuginetta...»
«Piccola e
indifesa» continuò il biondo, ridendo.
«Così
pura, casta, STRONZA!»
I due scoppiarono a
ridere.
Valeryn incrociò le
braccia sbuffando. Elia, scosso dalle risate,
l’abbracciò e le diede un bacio sulle labbra.
Il castano li
osservò, sentendo un leggero fastidio montarlo. Erano
maleducati a baciarsi davanti a lui... Scosse la testa vigorosamente,
come tentando di scacciare quegli stupidi ed inutili pensieri.
«Che fai, ti
muovi per vedere se c’hai la testa? Mi dispiace, non
c’è l’hai» lo prese in giro il
biondo, che aveva appoggiato un braccio sulle spalle della ragazza.
Valeryn guardò di
sottecchi Vittorio.
Perché era
diventato difficile per lei baciare Elia quando c’era lui?
L’avevano sempre fatto, perché adesso si sentiva
quasi in imbarazzo?
Vittorio mise le braccia
dietro la schiena e si poggiò contro lo schienale della
panchina.
«Bah»
disse guardando il cielo ormai scuro «mi annoio
così»
«Cosa intendi
fare?» chiese il biondo
Vittorio rimase a
rimuginare.
Non sapeva esattamente
cosa voleva…
«Mah, se avessi
una ragazza anch’io saprei come occupare il tempo»
fece un ghigno malizioso.
Elia
ridacchiò, Valeryn mise il broncio.
Perché parlava
in quel modo? Le dava sui nervi...
«Ma chi ti
piglia? Così come sei, poi»
Vittorio alzò
gli occhi grigi su di lei. La ragazza si sentì a disagio di
fronte al suo sguardo. Quegli occhi erano famelici, sembrava
scrutassero a fondo ogni suo più nascosto segreto.
«Per tua
informazione, io ho una fila di ragazze che fanno a botte per stare con
me»
Valeryn fece una smorfia.
«Ma per
favore!»
Vittorio si mise seduto
di scatto. Guardò Elia, accanto a lui, e sorrise. Lo
abbracciò.
«Primo fra
tutti il tuo fidanzatino. Cosa credi che sbavi per te? È
mio»
Fece finta di baciarlo.
Elia rise e si lasciò baciare sulla guancia.
Valeryn scrollò le
spalle, scuotendo la testa. Era sempre il solito idiota…
Lasciò andare
Elia e si abbandonò nuovamente contro la panchina, guardando
ancora il cielo. D’un tratto la malinconia lo sorprese,
socchiuse gli occhi e pensò a cosa sarebbe potuto succedere
a distanza di giorni, mesi, magari anni... sarebbe rimasto tutto uguale
tra di loro?
Non aveva nessuna
certezza in quel momento. Non era innamorato di nessuno, a volte non si
fidava nemmeno di nessuno. Solo con Elia riusciva a parlare, ad essere
sé stesso. Solo con Elia, e anche con lei… In
quel momento li vide abbracciati e un velo di tristezza
s’impossessò dei suoi occhi.
Gli sembravano
così sbagliati insieme... Il suo migliore amico e sua
cugina... Poteva mai funzionare? O era lui ad essere diventato
patetico, a farsi troppe seghe mentali su di lei?
Valeryn, che diamine
c’entrava con lui? Le voleva bene, davvero tanto bene, ma...
Beh, c’era un
ma a quel punto.
Stava delirando. Si,
forse era proprio così…
Elia lo fissò
interrogativo. Era pensieroso, non smetteva di guardare il cielo. Che
diamine aveva il suo amico? Forse non era stata una buona idea a farlo
venire insieme a loro.
Ma loro erano il
magnifico trio del gruppo! Loro stavano sempre insieme, erano perfetti
tutti e tre.
Doveva fare qualcosa per
rianimare quella serata. Guardò Valeryn che fissava il vuoto,
mentre Vittorio era ancora perso tra le stelle. Prese il pacchetto di
sigarette che adorava tanto, e ne sfilò tre.
Una la portò
in bocca, le altre due le porse a loro. Entrambi si voltarono verso di
lui, interrogativi.
«Fumiamo»
Valeryn e Vittorio si lanciarono
uno sguardo, poi portarono le rispettive sigarette alla bocca e le
accesero. Il castano gettò il fumo, guardando il suo
migliore amico.
Elia fumava spesso. E
quelle tre sigarette condivise significavano solo una cosa: che loro
tre sarebbero rimasti sempre uniti, in un modo o nell’altro.
Sorrise raggiante.
Poggiò le gambe sopra il biondo e aspirò il fumo
con aria da snob.
«Sapete?»
disse ad un certo punto, facendoli voltare verso di lui «A me
non importa quello che potrebbe succedere tra di noi, non mi importa se
litigheremo, se saremo lontani un giorno... Io ci sarò
sempre per voi, ve lo giuro»
Valeryn rimase spiazzata da
quelle parole. Non immaginava che suo cugino potesse avere
così paura di un ipotetico cambiamento nel loro rapporto. Lo
fissò. Era troppo bello, Vittorio. Guardò Elia.
Era bello anche lui.
Li voglio tutti e due,
pensò stupidamente ed egoisticamente. Poi si diede della
cretina.
Che diamine pensava?
Il biondo sorrise verso
il suo migliore amico. A volte provava dei sentimenti strani verso di
lui, gli voleva così bene... era forse qualcosa che riusciva
anche a sorvolare il semplice bene.
Non lo sapeva, o forse
non voleva indagare abbastanza perché non aveva il coraggio
di scoprire certe cose.
«Ti voglio
bene, Vic» gli
sussurrò piano, dopo aver gettato del fumo dalla bocca.
Vittorio alzò
lo sguardo su di lui, forse non aveva capito bene. Lo guardò
negli occhi e sorrise.
«Anche
io» disse altrettanto piano, poi si morse un labbro
«Mi... Mi giuri che non smetteremo mai di essere...
amici?»
Elia negò con
la testa.
«Te lo
giuro»
Valeryn li guardava senza capire.
«Anche se io ti
facessi la cosa più grave a questo mondo?»
Il biondo
scoppiò a ridere.
«Ti ucciderei,
ma ti vorrei bene lo stesso»
«Davvero?»
Gli occhi grigi di
Vittorio incontrarono i suoi. Non sapeva nemmeno perché
voleva la certezza di quello.
Sapeva solo che aveva
bisogno di saperlo sempre vicino.
«Se non ti
volessi bene credo che ti amerei» si lasciò
scappare Elia, alzando gli occhi e ammirando le stelle. Vittorio
ridacchiò piano. Poi si voltò a guardare Valeryn, che li osservava con
gli occhi lucidi. Non era abituata a quegli slanci d’affetto
da parte loro.
«Ehi,
piccola» le disse con un sorrisino «Guarda che
vogliamo bene pure a te»
La ragazza
sospirò socchiudendo gli occhi. Perché
d’un tratto si sentiva così confusa...
«A-anche io,
Vitto…»
Lui sorrise compiaciuto.
Poi abbracciò Elia, e questo fece lo stesso con la sua
ragazza. Si ritrovarono tutti e tre vicini.
«Ad ogni modo,
in ogni circostanza, mi promettete che noi tre resteremo sempre
insieme?»
I due annuirono.
L’amicizia e l’amore non potevano morire mai.
L’amore... Che
cos’era l’amore?, si chiese Vittorio. In
quel momento gli occhi smeraldini di Valeryn s’
incastrarono con i suoi. Che sentimento difficile
l’amore… Spesso s'insinuava tra
l’amicizia e rovinava ogni cosa...
Elia, d’un
tratto, si schiarì la voce e battè le mani.
«Ci vuole
qualcosa che ci faccia ricordare per sempre di questa sera»
Afferrò la
borsa di Valeryn e tirò fuori
una macchina digitale grigia. La poggiò sopra un
auto parcheggiata proprio di
fronte a loro, e sorrise con il suo splendido sorriso.
«Ci vuole
proprio una bella foto ricordo» poi ridacchiò
«Sì, siamo solo noi, ma siamo anche i
migliori»
Fece
l’occhiolino e Vittorio rise insieme a lui. Corse a sedersi
mentre l’autoscatto partiva.
La foto
scattò, immortalando per sempre i loro sorrisi
così sinceri.
Un attimo prima dello
scatto, gli occhi di Valeryn e Vittorio si erano
incontrati. E in quel momento capirono, ciò che non
avrebbero voluto mai capire...
Elia guardò
quella foto scattata mesi prima. Fece una smorfia, strinse forte la
fotocamera.
Lui, Valeryn e Vittorio.
Ma che diavolo
rappresentavano loro tre assieme?
Si erano solo illusi,
si era solo illuso,
quello stronzo di Vittorio l’aveva illuso.
Strinse un pugno, e
guardò i loro sorrisi, così complici,
così raggianti.
Guardò lui...
Così bello, così stronzo...
Come aveva potuto fargli
una cosa del genere? Credeva gli volesse bene davvero. E invece erano
tutte stronzate...
Lui e Valeryn, insieme, lo avevano
tradito.
Si erano innamorati alle
sue spalle.
Si sentiva
così male che voleva spaccare tutto. Strinse ancora una
volta la macchina fotografica, poi la lanciò sul letto.
Gli faceva schifo
l’amore.
Gli faceva schifo
l’amicizia.
Gli faceva
schifo Vittorio, si disse, coprendosi il
volto con le mani.
Ma ancora di
più si faceva schifo lui stesso, perché,
nonostante tutto, non riusciva a smettere di voler bene a quel
bastardo, quello stronzo, quel traditore del suo migliore amico.