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Autore: Zaire    13/11/2011    1 recensioni
Zaire è una ragazza di diciotto anni che vive in una piccola cittadina del Montana. La sua vita è iniziata a cambiare quando è entrata in contatto con il mondo dei vampiri. Ora s trova a vivere da sola nella sua casa, con uno spasimante insistente e un nuovo vicino piuttosto intrigante.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come avevo immaginato la giornata a scuola andò bene, tra scherzi e risate con Clayton e Dakota. Li avevo invitati a cena per quella sera e con molte probabilità si sarebbero fermati anche per la notte: avevo decisamente bisogno di compagnia dal crepuscolo in poi. Clay non sarebbe stato una minaccia nè per me nè per Dakota: ormai eravamo così amici che qualsiasi rapporto più intimo sarebbe sembrato impensabile. Inoltre eravamo abituati a pigiama party del genere poichè fin da piccoli avevamo condiviso culle e lettini. Insomma, per me erano entrambi come fratello e sorella: tra di noi non c'era mai stato imbarazzo nè tanto meno vergogna.

Dopo scuola mi feci subito accompagnare da Dakota al lavoro: quella sera sarei tornata a casa prima e avrei fatto in tempo a cucinare qualcosa, sempre se avessi trovato un passaggio da qualche mio collega.
"Ci vediamo alle otto, ok Zazà?" sorrise Dakota radiosa.
"Ok, a dopo"
La salutai con un gesto della mano privo di entusiasmo ed entrai di corsa all' Old Marlon's head, il pub in cui lavoravo sei giorni su sette nel pomeriggio, dalle quattro alle sette. Sapevo benissimo che il tempo che passavo al lavoro era troppo poco, soprattutto se messo in relazione al mio stipendio, ma non potevo permettermi di trascurare la scuola se volevo andarmene via da quel buco di Sweetgrass.
Poggiai la borsa sul bancone di mogano senza nemmeno curarmi di lasciarla con delicatezza, soprattutto a causa dell'età di quel pezzo di legno, troppo vecchio per reggere certi urti. A Sweetgrass tutto era troppo vecchio per essere scosso in qualche modo: dagli oggetti ai pregiudizi degli abitanti. Certe cose, certe conoscenze, erano in grado di rompere per sempre la tranquillità di quella cittadina, fondata soprattutto sulla chiusura e l'ignoranza di chi vi abitava. Purtroppo Sweetgrass non era il mondo, anzi, era un punto così piccolo sulla superficie sferica del pianeta da poter essere tranquillamente cancellato dalle cartine e dai cartelli stradali. Ha una superficie di 4.823 chilometri quadrati ed è abitata da 3.609 persone, 0,75 per chilometro quadrato; la possiamo più appropriatamente definire contea nonostante tutti vogliano chiamarla città. La verità è che abitiamo in un piccolo paesino del Montana, non a New York, nè a Los Angeles, bisogna farcene una ragione: non contiamo niente.
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"Hey Za, stai attenta: questo qui è un pensionato"
Distratta dai miei pensieri rivolsi una piccola smorfia ad Ezra, impegnato a lucidare i bicchieri dietro al bancone.
"Togli subito quella borsa" disse indicando la mia tracolla con sguardo torvo. Sbuffai annoiata riprendendo la borsa e trascinandomela dietro fino al retro, dove mi sarei cambiata.
Mi chiusi la porta alle spalle, sbattendola con violenza nella speranza di far capire agli altri di non entrare. Mi tolsi il giacchetto e il top, mettendoli disordinatamente sull'appendiabiti e indossai la maglietta nera a maniche corte del pub, con sopra il mio grambiule rosso bordò su cui capeggiava a caratteri neri gotici il mio nome e quello del locale.
Tornai nella sala a passo svelto, entrando nella parte del bancone riservata a noi baristi mentre cercavo di raccogliere in modo decente i miei capelli. Ezra era ancora impegnato a lucidare i suoi bicchieri, così mi appoggiai al legno del tavolo tenendo una mano sul fianco e guardando il mio collega di lavoro all'opera.
"Hai bisogno di una mano?"
Senza rispondere mi allungò quattro o cinque bicchieri infilati l'uno dentro all'altro e mi passò uno strofinaccio logoro.
"Lo prendo come un sì"
Senza proferire altre parole mi misi all'opera con impegno, cercando di non pensare ad altro oltre che al mio compito. Non so per quanto tempo rimasi a lucidare lo stesso bicchiere, fatto sta che quando Ezra ritrovò finalmente la lingua io avevo ancora lo stesso numero di boccali di quando lui me li aveva passati.
"Zaire..posso chiederti una cosa?" domandò senza staccare gli occhi dal suo bicchiere.
"Certo" anche io feci lo stesso, senza alzare lo sguardo.
"Sai..il tipo nuovo non mi piace per niente e so che abita davanti a casa tua, quindi volevo chiederti se non fosse il caso di..beh..trasferirti"
Alzai gli occhi interdetta, incontrando il suo sguardo sincero, velato da un'ombra di seria preoccupazione. Preoccupazione..per me?La cosa mi lusingava e tormentava al tempo stesso. Da una parte perchè avevo passato metà della mia adolescenza ad essere infatuata di Ezra, seguendolo in tutti i posti possibili, dall'altra perchè avevo il timore di metterlo in pericolo in qualche modo.
Poggiai strofinaccio e bicchiere avvicinandomi a lui per guardarlo meglio sotto la luce del neon.
"E dove?A momenti non ho più soldi nemmeno per il cibo"
Lui sorrise, avanzando una mano e poi ritirandola, come per frenarsi dal fare qualcosa. Quel gesto, come un lampo, mi riportò in mente la discussione che avevo avuto con Hades la sera prima e il modo in cui era stato trattenuto dal sfiorarmi il viso. Rabbrividì al pensiero di quel contatto mancato, non sapevo se per paura o per delusione..oppure per entrambe.
"Beh..avevo pensato che potresti trasferirti da me, sempre che ti vada bene"
Mi irrigidì immediatamente: trasferirmi da lui?Un tempo avrei saltato di gioia per una proposta del genere ma in quel momento era come una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere in qualsiasi momento: bisognava trattare la situazione con più delicatezza possibile.
In quel momento mi si accavallarono in testa mille pensieri e mille possibili risposte a quell'invito. Per quale motivo avrei dovuto trasferirmi da lui?
"Sai..non voglio lasciare casa mia: è come una parte di me e, soprattutto, della mia famiglia"
Lui non si scoraggiò e, continuando a sorridere gentilmente, avanzò una seconda proposta.
"Allora, sempre se non sono troppo maleducato a chiedere, potrei trasferirmi io da te, no?"
Poggiai lo strofinaccio e il bicchiere sul tavolo, mettendomi le mani sui fianchi con fare risoluto. Dopo tutto ero molto affezionata ad Ezra e gli volevo bene: per nessun motivo al mondo avrei voluto ferirlo e la sua richiesta era mossa da intenzioni sincere. Stavo per aprire bocca quando mi passò per la mente un pensiero: io effettivamente avevo bisogno di aiuto e soprattutto di compagnia, ero seriamente in pericolo e lui non stava esagerando ad essere preoccupato per la mia incolumità. Dalla sua parte probabilmente c'era solo un pregiudizio verso lo strano nuovo arrivato ma io, conoscendo tutto, avrei fatto meglio a guardarmi dal restare da sola in quella casa piena di nascondigli e troppo grande per una persona sola.
"Uhm..sì, penso che possa andare bene" risposi arresa alle circostanze, facendomi cadere le braccia lungo il corpo sciogliendo la presa che le dita avevano sui fianchi, così strette da poter sentire il dolore.
Mi sorrise ancora più raggiante, dandomi una leggera e svelta carezza sulla guancia.
"Allora finito il turno torno a casa a prendere alcune delle mie cose e poi vengo da te, ok?"
"Certo..perfetto!"
In realtà non sapevo se per me fosse veramente perfetto e, non sapevo per quale motivo, mi sentivo perfino in colpa. Verso di chi?Non ne avevo la più pallida idea. Quella situazione nasceva da un effettivo bisogno di protezione oppure da un di distrazione?Queste domande mi tormentarono durante tutto il mio turno, interrotte ogni tanto da alcune domande di Ezra, a cui rispondevo con dei semplici cenni d'assenso. Per lo più il discorso riguardava la nostra prossima convivenza e, da quello che dimostrava, doveva esserne entusiasta. Un tempo i ruoli sarebbero stati invertiti: io sarei stata quella euforica e lui quello dubbioso. Dopo tutto avevamo otto anni di differenza e a sedici anni, quando io ero innamorata di lui, lo stacco sembrava molto più grande di quello che c'era adesso. Ma era possibile che in soli due anni le cose cambiassero così tanto?Che i ruoli si invertissero in modo così rivoluzionario?A quanto pareva il destino mi stava dimostrando un'altra volta come tutto fosse possibile a Sweetgrass.

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Mi feci riaccompagnare a casa da Ezra, che quel giorno aveva stranamente il mio stesso orario d'uscita. Solitamente lavorava fino a tardi e chiudeva il locale ma, a quanto mi aveva velocemente accennato, quel giorno sarebbe uscito prima.
Si fermò nel mio vialetto, aggrottando la fronte alla vista di Hades, piantato in tutto il suo splendore davanti alla porta, con una spalla appoggiata al muro e le braccia conserte.
"Vuoi che scenda con te?" chiese irritato.
"No, tranquillo: tu vai a casa a preparare le tue cose, qui ci penso io"
Gli diedi un veloce bacio sulla guancia per ringraziarlo e scesi dalla macchina con più disinvoltura del dovuto, nonostante il mio cuore battesse così forte da potermi tranquillamente uscire dal petto. Ovviamente Hades percepiva quel rumore assordante -o almeno..assordante per le sue orecchie- poichè sorrise per metà con fare compiaciuto e per metà con fare dolce, quasi protettivo.
Non sapevo se quella reazione derivasse dalla paura di lui o da chissà quale altro sentimento a me ignoto, fatto sta che il mio ritmo cardiaco mi avrebbe presto procurato un infarto bello e buono se continuavo di quel passo.
Mi fermai davanti a lui, con le gambe tremanti e zero voce, guardandolo negli occhi.
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"Corso?" mi chiese sorridendo.
"Levati, voglio entrare"
Cercai di spingerlo di lato con quanta più forza possibile, rasentando quasi la maleducazione. Tutto inutile: non lo spostai di un centimetro e lui continuò a sorridere, come se la cosa fosse in qualche modo divertente. Decisamente non sopportavo quel suo fare tronfio e tentai ancora di spostarlo, mettendoci molta più forza di prima ma ancora niente. Mi arresi e incrociai le braccia al petto sbuffando.
"Devo preparare la cena..spostati"
Per un momento rimase in silenzio, poi lentamente si scostò da davanti la porta, facendomi cenno di passare.
"Grazie" borbottai scorbutica.
Stavo per chiudermi la porta dietro quando lui la fermò con una mano, impedendomi di spingerla oltre.
"Cosa vuoi ancora?" chiesi al limite dell'esasperazione.
"Stasera vengono i tuoi amici, vero?"
Rimasi sbiggottita da quella domanda: come diavolo faceva a saperlo?Riaprì la porta, appoggiandomi a braccia conserte contro la cornice di legno.
"E tu come fai a saperlo?"
Rise come ad una battuta che io non potevo capire, guardandomi con compassione.
"Lo prendo come un sì. Beh..non pensi che sarebbe un'ottima occasione per fare in modo che i tuoi amici e quel tipo -il tuo ragazzo, per caso?- stringano amicizia con il nuovo arrivato?"
"Non è il mio ragazzo" fu l'unica cosa che riuscì a dire in quel momento, velocemente e senza nemmeno pensarci.
"Buono a sapersi"
Mi fece un occhiolino e rimase fermo sulla porta, aspettando quella che doveva essere una mia sentenza e non avrebbe accettato risposte negative.
"Non so se sia una buona idea"
"Mettimi alla prova"
Un'altra volta cercò di avvicinarsi a me ma fu ostacolato dalla linea della porta che ci divideva come un muro invisibile, così sottile ma così forte e resistente da non poter essere attraversato tranne che con una mia semplice parola:
"Entra.." lo dissi a malincuore, abbassando la testa e arrendendomi al fatto che lui avrebbe comunque trovato un modo di entrare, adesso o tra qualche mese..ma l'avrebbe trovato. Purtroppo era impossibile resistere al potere che lui esercitava su di me e sul resto della gente, non era un fattore di forza ma solo di natura: lui era il predatore e noi le prede, stop, la situazione non ammetteva alcun tipo di replica.
Con un grande sorriso avanzò un passo oltre la linea della porta ed entrò, inspirando ad occhi chiusi l'odore di casa mia.
"Grazie..ci voleva tanto?"
Non risposi e mi diressi svelta verso la cucina, gettando la borsa dall'altro lato della stanza e passando una tovaglia ad Hades.
"Ora apparecchia"
Mi girai di scatto senza nemmeno vederne la reazione ma sentì una risatina soffocata e involontariamente gli estremi delle mie labbra si mossero in un piccolo sorriso.
Ripresi la concentrazione iniziando a cucinare gli hamburger e le patatine fritte che avevo comprato il giorno prima al supermercato, dando di tanto in tanto qualche occhiata ad Hades, seduto su una sedia poco lontana ad osservarmi all'opera. Dopo aver messo tutto a cuocere mi voltai verso di lui, appoggiata con una mano al piano di cottura.
"La vita degli umani ti interessa così tanto?" chiesi alzando un sopracciglio.
"Beh..almeno voglio sapere cosa succede al cibo che andrò a mangiare stasera"
Un'altra volta mi rivolsi verso il piano di cottura, girando gli hamburger sulla padella. Non feci in tempo a voltarmi verso Hades che me lo trovai vicino, ancora intento ad osservarmi. Da quella poca distanza potevo vedere perfettamente il colore dei suoi occhi e la perfezione dei lineamenti che andavano a formare quel viso incantevole, con un odore irresistibile. Involontariamente mi avvicinai e lui, aggrottando la fronte, si allontanò, tornando al suo posto. Dopo qualche minuto di silenzio riprese la parola senza guardarmi in viso ma scrutando le ombre fuori dalla finestra.
"Non piaccio ai tuoi amici, vero?"
Mi presi tutto il tempo necessario per rispondere, imparando proprio da quell'essere bellissimo che era seduto sulla sedia della mia cucina. Quando ebbi ben pensato alla risposta mi voltai e ripresi fiato.
"Uhm..Dakota nemmeno ti conosce però penso che ti odierà anche lei quindi sì, non piaci ai miei amici"
La cosa lo divertì particolarmente perchè scoppiò a ridere fragorosamente, una risata profonda ma irresistibile che ti faceva venire voglia di andargli ancora più vicino e di accarezzargli il viso, come per constatare che quello non fosse un sogno ma una persona reale.
"E come dargli torto" disse ancora scosso dalle risate.
"Ti fa ridere?"
Dopo essersi a poco a poco calmato decise di riavvicinarsi a me, sorridendomi gentile e divertito.
"Non mi fa ridere il fatto che mi odino, quello è normale. Mi ha fatto ridere il modo in cui l'hai detto, sei..strana"
"Direi che tu sei proprio l'ultima persona nella posizione di definire qualcun'altro strano"
Un'altra volta si mise a ridere e mi accarezzò velocemente il viso, passando il dorso della mano sulla mia guancia, questa volta fui io a scostarmi andando a posizionare il cibo a tavola.
"Tra poco saranno tutti qui..vedi di comportarti come un nomrale vicino e non come la bestia assassina che sei"
"Uhmm..gentile"
Come previsto il campanello suonò e io corsi verso la porta davanti alla quale trovai Dakota, fradicia e con un vassoglio in mano ricoperto di alluminio. La feci subito entrare e la portai in camera mia per darle dei vestiti asciutti. Dalle scale feci un muto segno ad Hades per dirgli che non era il caso di seguirci. Arrivate in camera mi chiusi la porta dietro e raccontai in breve a Dakota i fatti della giornata.
"Quindi fammi capire, saremo: io, te, Clay, quel figo di Ezra e quell'altro figo del tuo vicino pazzo maniaco?"
"Esatto.."
Rimase in silenzio per un pò, valutando la situazione come faceva sempre quando le prospettavo un cambio di programma. Alla fine, dopo qualche attimo di meditazione, se ne uscì con un enorme sorriso.
"Però lasciamene almeno uno"
Sciolta dalla tensione mi diressi sorridente verso l'armadio per cercarle qualcosa di asciutto da mettere.
"Anche tutti e due"

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Stranamente la serata era stata un grande successo e tutti, tranne Ezra, avevano preso in simpatia Hades che si era comportato proprio come un insospettabile vicino di casa mangiando cibo umano, scherzando con i miei amici e stuzzicando di tanto in tanto Ezra, che addentava il suo hamburger con aria di sfida. Alla fine della serata quel vampiro sorprendente mi iautò a lavare i piatti sotto l'occhio vigile di Dakota che fin da subito aveva colto un non so cosa promettendomi un resoconto dettagliato appena sole.
"Alla fine non mi hanno odiato, visto?" mi sussurrò Hades all'orecchio palesemente compiaciuto.
"Tranne Ezra" gli feci notare continuando a lavare i piatti sporchi. Lui sbuffò senza comunque perdere il buon umore e tirandomi un pò di sapone.
"Oh, lui mi avrebbe odiato anche se fossi stato Jim Carrey"
"Infatti lui odia Jim Carrey"
Mi guardò con un sopracciglio alzato e io feci spallucce.
"Insomma, hai capito.."
Mi presi una pausa dal discorso per mettere a posto quei pochi piatti che avevamo lavato e per prendere le posate sporche da tavola, appoggiandole sul piano del lavabo. Lui afferrò tre forchette e aprì il getto d'acqua, iniziando ad insaponarle e io feci lo stesso con le restanti.
"Se lo avessi stuzzicato di meno non avrebbe avuto motivo di odiarti"
"Dovrò farmi valere in qualche modo" osservò con un sorrisino di sfida.
"Allora non ti lamentare"
Il discorso venne interrotto da Clay che entrò in cucina con in mano un telecomando per Xbox 360 e una sguardo euforico neglio occhi.
"Hades, sai giocare a Call of Duty?"
Lui mi guardò sorridendo e, posati forchette e strofinaccio, si diresse verso Clayton dandogli una pacca sulla spalla.
"Che domande, da qua!"
Detto questo scomparirono e l'ultima cosa che vidi fu Clay mimare con la bocca la parola "sposalo". Scossi la testa continuando a lavare le ultime posate, riponendole di volta in volta nel cassetto dove le tenevo.
Finito di sparecchiare andai in salotto dove Hades e Clay erano intenti a giocare all'Xbox seduti sul divano mentre Dakota ed Ezra erano accovacciati per terra presi da una grande partita a monopoli in cui Kot sembrava avere la meglio. Le urla di Clayton, insodisfatto dalle numerose sconfitte che stava subendo da Hades, risuonavano per tutto il salotto assordanti e acute. Mi tappai le orecchie urlandogli in faccia:
"Clay, non urlareeeee!!"
"Zitta, donna!" mi disse nervoso masticando una patatina al formaggio.
Roteando gli occhi mi andai a sedere dall'altra parte del divano, vicino ad un tranquillissimo Hades che muoveva velocemente le dita sui tasti del telecomando, distruggendo Clay con finte e attacchi a sorpresa.
"Mi passi un popcorn?" mi chiese senza staccare gli occhi dallo schermo.
Allibita presi un solo popcorn dalla ciotola poggiata sul tavolino all mia destra e glielo porsi tenendolo tra il pollice e l'indice. Lui, questa volta voltandosi verso di me, senza però smettere di muovere le dita sui tasti, spalancò la bocca, facendomi segno di imboccarlo. Era troppo!Mi misi in bocca il popcorn e schiacciai il tasto 'pausa' sul telecomando di Hades porgendogli la ciotola, con grande scontento di Clay.
"Non mi vanno più" disse Hades divertito sotto lo sguardo furente di Ezra.
Alzando un sopracciglio riavviai il gioco e presi la ciotola di popcorn tutta per me, iniziando a mangiarli mentre incitavo un Clayton ormai senza speranze.

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Andatosene Hades finalmente Ezra ritornò ad essere di umore abbastanza normale, senza però evitare di tenermi un pò il muso. Clay e Dakota erano al piano superiore, intenti a preparare le loro cose per la notte, mentre io ero in salotto che cercavo di capire come funzionasse quel maledetto divano letto.
All'improvviso arrivò Ezra che con un semplice gesto riuscì ad aprire il divano, guardandomi divertito.
"Quindi dormirò per sempre sul divano?"
"No.." il suo sguardo si illuminò speranzoso "entro domani preparo la camera degli ospiti"
Mentre risalivo le scale lo sentì borbottare qualcosa riguardo ad Hades di cui non colsi totalmente il contenuto, così decisi di non dargli troppo peso e mi diressi, non senza pensieri, verso camera mia dove trovai Dakota e Clay già spaparanzati sotto le coperte a ridacchiare tra loro.
"HADES E' UN FIGOOOOOOOOOOOO" mi urlò Dakota appena chiusi la porta della stanza.
Già in pigiama mi infilai con loro sotto le coperte, stretta a Clayton che si era volontariamente piazzato nel mezzo. 
"Buona notte" dissi spegnendo la luce, senza dare adito ad altri commenti su Hades che di sicuro avrebbero portato a galla cose che prefetivo non far sapere agli altri. Al pensiero di quelle cose mi strinsi ancora di più a Clayton, come una bambina che abbraccia il suo peluche preferito da una parte perchè ha paura per sè stessa e dall'altra perchè ha paura per lui. Clay sorrise e ci addormentammo così, con lui che mi stringeva una mano e il braccio di Dakota che tentava di avvolgerci entrambi.

  
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