Le
luci intermittenti, sfocate, scorsero veloci davanti ai suoi occhi.
Harry
era immobile, sdraiato. Un lenzuolo gli copriva gran parte del corpo.
Delle
voci, attorno a lui, farneticavano parole incomprensibili.
Si
aprì una porta. Un’altra. Poi un’altra
ancora.
Le
voci si fecero più frenetiche e insistenti, ma Harry non
riuscì a capire cosa
stavano dicendo. Era come se il tempo procedesse al rallentatore.
Percepì
l’odore acre di disinfettante nell’aria,
accompagnato dal ronzio sordo dei neon
appesi al soffitto.
<<
Respira. Sta respirando!>>
strillò una voce femminile.
Una
fitta di dolore lo colpì allo stomaco. Gli si diffuse
ovunque, bruciante, come
se decine di lame acuminate e roventi gli avessero trafitto ogni fibra
del
corpo. Il suo cuore prese il volo e iniziò a battere come le
pale di un
elicottero; sembrava pronto a sbriciolargli le costole. Il dolore
intenso lo
tramortì, sciolse le briglie del suo forzato autocontrollo e
gli diffuse
un’innata sensazione di vuoto. Stanchezza. Come se,
d’improvviso, le sue forze
si fossero esaurite.
<< Harry.>>
ansimò
un’altra voce. << Harry. Harry.
Ti prego. Non ci
lasciare.>>
Harry
avrebbe voluto rispondere che no, chiunque fosse, non
l’avrebbe mai lasciata.
Era appena tornato fra i vivi, perché mai avrebbe dovuto far
visita a Silente?
Tentò di dire qualcosa, ma le sue labbra erano congelate e
dalla sua bocca
fuoriuscì solo un lamento soffocato. Impercettibile. Lieve
come un soffio di
vento.
<<
Harry, amore mio, ti prego. Ti prego.>>
Un’altra
porta venne spalancata e un immenso fiotto di luce gli invase gli
occhi. Le sue
iridi verde smeraldo vennero accecate da una lampada, che qualcuno
proiettò
nella sua direzione. Alla sua destra, poco distante
dall’orecchio, c’era una
grossa scatola nera che emetteva un ticchettio sinistro. Altro dolore.
Una
puntura al braccio. Poi qualcuno disse: << Il battito si
sta
regolarizzando.>> Ci fu un’altra sequenza di
parole e anime sfocate che
transitavano intorno a lui, vicino a lui, senza mai toccarlo.
Per
Harry iniziò una lotta interiore: una parte di lui si stava
lentamente
assopendo, ma il cuore batteva sempre più svelto, andando
incontro al fuoco
minaccioso che gli ardeva le viscere.
<<
Rigenerus
Totalis.>>
Un
altro lampo accecante.
Harry
inarcò la schiena, dimenandosi con le poche forze rimaste in
preda agli spasmi.
Urlò. Un grido silenzioso, inerme, inespressivo. Il fuoco si
fece più
circoscritto e gli pervase il petto, come se avesse consumato tutto
ciò che
aveva incontrato lungo il cammino. Il cuore balbettò altri
tiepidi battiti.
Due. Ancora uno. Poi il Silenzio.
Non
c’era più alcun suono. Alcun respiro.
Harry
aprì gli occhi, sorpreso, e scrutò terrorizzato
parecchie paia di occhi chinati
su di lui, visi protetti da mascherine, e aghi. Aghi
dovunque, collegati a macchinari di cui non conosceva nemmeno
l’esistenza. Avrebbe voluto ricominciare a urlare, ma non ne
ebbe la forza.
<<
E’ tutto a posto.>> disse una voce. Delle dita
si serrarono attorno al
suo polso. << Si trova al San Mungo, signor Potter. La
faremo tornare come nuovo.>>
*°*°*°*°*
<<
Il tuo momento non
è ancora giunto.>> Il viso sottile di Silente
comparve davanti ai suoi
occhi, affabile e sorridente. I suoi limpidi occhi azzurri lo
osservarono
gioiosi attraverso gli occhiali a mezzaluna. <<
Perciò sei tenuto a fare
la tua scelta.>>
Harry
si svegliò.
L’aveva
fatta eccome, la sua scelta.
Dalla
beatitudine e silenziosa stazione di King’s Cross immersa
nella nebbia si
ritrovò sdraiato su un letto del San Mungo, in una camera
dal soffitto bianco e
asettico, le pareti verniciare di un fastidioso color verde marcio.
Perché poi
i muri degli ospedali erano tinteggiati sempre di verde? E’
distensivo. Gli aveva spiegato Seamus Finnigan, un paio di
mesi
prima, caporeparto del Pronto Soccorso Magico del San Mungo.
Distensivo
un cazzo.
<<
Harry.>>
Poi
quella voce. Quella presenza, al suo fianco, cambiò ogni
cosa.
La
sua visuale venne oscurata da una folta e riccia chioma castana. E dai
suoi
occhi, di una delicata sfumatura nocciola, che lo osservarono umidi di
lacrime.
<< Finalmente.>> Hermione, il suo angelo,
la sua migliore amica.
Allungò delicatamente una mano sulla sua fronte,
scompigliandogli la chioma
corvina. E quel semplice tocco gli diffuse un innato calore.
<<
Hermione, per favore, non soffocarlo.>> sbottò
la voce di Ron, alle loro
spalle.
Nonostante
la luce fosse ancora accecante, Harry riuscì a distinguere
ogni particolare del
viso di Hermione. Ogni neo, ogni minima imperfezione della pelle. Poi i
suoi
occhi, così radiosi, scintillanti di gioia, felici di
riflettersi nei suoi. Per
un attimo dimenticò del tutto la presenza di Ron. E i
Dissennatori, Bellatrix,
Silente e tutto il resto. Voleva baciarla. Voleva stringerla a
sé e ripeterle
all’infinito quanto la amava.
<<
Hermione.>> riuscì a mormorare in un sussurro
poco percettibile. Cercò di
alzarsi in posizione seduta, ma lei gli premette prontamente le mani
sul petto
e lo ricacciò indietro sul cuscino.
<<
Sei ancora troppo debole.>>
<<
Cosa… cosa mi è successo?>>
farfugliò Harry. Aveva la gola arida. Allungò
una mano tremante sul comodino e recuperò gli occhiali. La
sua vista migliorò
notevolmente.
Tutto
era così nitido. Limpido. Definito.
<<
Schiantato.>> disse Ron, che sedeva con il suo sorriso
allegro a un bordo
del letto. Indossava un maglione color prugna con un’enorme
“R” dorata ricamata
sul petto, dalla quale trapelava il colletto stropicciato di una
camicia.
<<
Con l’Aston Martin e tutto il resto.>>
soggiunse Hermione, le labbra
strette in una smorfia.
<<
Avevamo concordato che
gliel’avresti
detto dopo.>> le bisbigliò Ron.
<<
Via il dente, via il dolore.>>
<<
Aspettate.>> Harry fece forza sui gomiti e
tentò di tirarsi su. La testa
iniziò a girargli vorticosamente e fu costretto a sdraiarsi
di nuovo, in preda
a un conato di vomito. Un freddo pungente gli penetrò fin
sotto la pelle.
<< La mia Aston Martin?>>
<<
Distrutta.>> disse Hermione, con noncuranza, mentre gli
stringeva forte
una mano fra le sue. << Oh, Harry. Tu stai bene, per
fortuna. Non
m’importa nient’altro.>>
<<
Distrutta?>> Harry
impallidì.
<<
Tu stai bene.>> ripeté Hermione, con un sibilo
minaccioso. La presa sulla
sue dita si fece più salda, soffocante, fino a fargli male.
<< Ne ricompreremo
un’altra. Adesso pensa a rimetterti in forze. I Medimaghi
hanno detto che sei
scampato alla morte per un soffio. Sono stata così male,
Harry. Non sapevo cosa
fare. Mi sentivo impotente.>>
<<
Te la sei scampata un’altra volta.>> Ron gli
strizzò l’occhio. Poi si
alzò dal letto e sbadigliò sonoramente,
stiracchiandosi come un gatto. Hermione
gli lanciò un’occhiata accigliata.
<<
Da quanto tempo mi trovo in ospedale?>>
<<
Tre giorni.>>
<<
Tre giorni?>>
<<
Avevi bacino, braccia e costole fratturate.>>
sospirò Hermione. <<
Dopo l’incidente sei stato trasportato d’urgenza al
San Mungo mentre gli
Obliviatori si occupavano di rimettere a posto la faccenda a Londra.
Ero in
ufficio al Quartier Generale quand’è successo.
Kingsley mi ha avvisata e mi ha
accompagnata subito qui. Ero… terrorizzata.>>
<<
Terrorizzata è dir
poco.>> fu
il sagace commento di Ron. In cambio gli fu indirizzato un altro
sguardo
indispettito. << Oh, andiamo, Hermione!>>
esclamò. << Tutto
bene quel che finisce bene. Il nostro Eroe ne ha passate di peggio.
Come
l’Ungaro Spinato. Voldemort.
Il
Basilisco. Voldemort. I
Dissennatori.
Voldemort. E poi Harry sta bene. Non
è vero, Harry?>>
<<
Sì.>> mentì Harry, che aveva male
dappertutto.
<<
Hai visto? Presto si riprenderà e potrà tornare a
giocare.>>
<<
La tua sensibilità è paragonabile a quella di un
cucchiaino, Ronald.>>
<<
Cos’ho detto di male?>> la rimbeccò
Ron, le orecchie paonazze. <<
Le Fenici d’Argento non sono le stesse senza il Miglior Cercatore della Prima Divisione.
Nemmeno il vecchio Oliver
Baston dei Glasgow Rangers è riuscito a catturare
così tanti Boccini a metà
campionato.>>
<<
Grazie.>> mormorò sommessamente Harry, che gli
sorrise.
<<
Uomini.>>
sbottò Hermione.
<< Come potete pensare alle automobili e al Quidditch
prima ancora della
vostra salute?>>
Harry
non riuscì a proferire parola del suo viaggio alla stazione
di King’s Cross, né
tantomeno di Silente, Bellatrix e tutto il resto. Conservava nella sua
testa un
ricordo sfocato della vicenda, e più si sforzava di
concentrarsi per ricordare
più il ricordo si faceva nebuloso.
Si
sentiva meglio, era al fianco della persona che amava, stava andando
tutto
bene. Perché rovinare quel momento?
Ron
tornò ai Tiri Vispi a metà pomeriggio,
promettendogli di fare ritorno
l’indomani con una scatola di Cioccorane alla Menta.
<< E’ una tiratura
limitata per celebrare il duecentesimo anniversario di Edmund
Testaquercia, creatore
della Fabbrica di Mielandia.>> disse tutto allegro, prima
di scomparire
nel corridoio.
Quando
il sole rossastro tinteggiò di un bagliore color sangue le
veneziane della
finestra, Harry iniziò ad avvertire un vuoto opprimente allo
stomaco. Aveva
fame. Come se non si cibasse da mesi interi. L’esito delle
analisi dei
Medimaghi fu positivo e gli fu permesso di trangugiare una minestrina
di
cipolle e una fetta di formaggio di Noce. Non fu granché, ma
perlomeno mise a
tacere i fastidiosi borbottii del suo stomaco.
Hermione
gli raccontò del trambusto sollevato dalla Gazzetta del
Profeta in seguito al
suo incidente. << L’hanno paragonato alla
trovata di un folle viziato e
egocentrico, che non è nemmeno in possesso della patente
babbana.>> A
quanto pareva Rita Skeeter non si era ancora data per vinta, lottando
ferocemente alla ricerca di uno scoop che compromettesse
irrimediabilmente
l’immagine eroica di Harry Potter. << Cagna
schifosa.>> commentò acidamente
Hermione. E strinse così forte le
lenzuola del letto che le sue nocche divennero bianche.
<< Oh, Harry, ma cosa importa?
Stai bene.>>
<<
Sono stufo di quella donna.>> sbottò Harry,
che si issò lentamente sui
gomiti. << Voglio dire, sono quasi
morto.
Non è divertente. E poi l’ha patente babbana ce
l’ho eccome.>>
<<
Comunicherò a Santford di inviare un esposto al Profeta.>>
<<
Non ti disturbare. Rita Skeeter non si fermerà mai, nemmeno
davanti agli
Auror.>>
Si
guardarono per un lungo istante, poi scoppiarono a ridere.
Harry
si mise a seduto sul letto e le fece scorrere un braccio attorno alle
spalle,
sollevando la mano libera per accarezzarle una guancia. Quella pelle,
morbida e
setosa. I suoi occhi. Il suo profumo di pesca e miele. Aveva rischiato
di non vederla
mai più, ed un baratro interiore gli squarciò il
petto. Come sarebbe stato non esistere?
Hermione
gli scompigliò affettuosamente i capelli. Si
chinò, radunando la borsa e le sue
cose sparse nella camera. La gioia nel suo sguardo palesava una
profonda
stanchezza. Era stata lì chissà quanto, senza
dormire.
Sua
moglie.
Com’era
bello poterlo dire. Nella gioia e nel dolore, per sempre, lì
al suo fianco.
<<
Và a casa.>> sussurrò debolmente
Harry, che le strizzò l’occhio. <<
Sto bene.>>
Il
contatto con i cuscini gli trasmise un quieto torpore. Un formicolio
gli invase
gli arti, addentrandosi fino alle costole. Fu seguito da un fremito,
poi da una
profonda fitta di dolore che lo costrinse a strizzare gli occhi.
Ripagò caro lo
sforzo di essersi alzato.
Hermione
indossò il soprabito color crema allacciato alla cintola con
un nastro
d’argento, che le fasciava elegantemente il corpo esile e
slanciato. Si sistemò
i capelli con una mano, rimirando il proprio riflesso nella finestra.
Poi tornò
a guardarlo. Con quegli occhi. Con lo sguardo che solo lei era in grado
di
rivolgergli. << Ci vediamo domani.>>
Harry
si sentì pervadere l’anima. No.
No.
Doveva dirglielo. Subito.
<<
C’è una cosa che devi sapere. E’ molto
importante. Riguarda, ecco…
l’incidente.>>
<<
Abbiamo tutto il tempo, amore. Ora cerca a riposare.>>
Hermione si chinò
su di lui. Le loro labbra si incontrarono. << Domattina
ho una riunione
con Kingsley. Mi libererò verso le dieci. Verrò
qui il prima possibile e, per
l’amor del cielo, non accettare dolciumi o schifezze
di alcun genere da Ron. Sei debole. La tua alimentazione deve essere controllata.>>
<<
Lo farò.>> le promise Harry.
Un
ultimo sorriso. Poi Hermione comparve dietro il tonfo attutito della
porta, e
Harry si ritrovò a scrutare il soffitto buio, sentendosi
solo e impotente come
un fantasma ferito. La sua salute
stava migliorando, ma una parte nascosta di lui si domandò
come avesse fatto a
ritornare fra i vivi. Era un fantasma? Un Angelo Caduto? Forse, niente
di tutto
ciò. Semplicemente un uomo che aveva compiuto una scelta:
quella di
incamminarsi sui suoi vecchi passi, perché quella era la
cosa giusta fare.
Perché
aveva solo ventisette anni, dopotutto, e una moglie. E… un
segreto.
*°*°*°*°*°*
Incidente
automobilistico per Harry Potter.
Il
ragazzo sopravvissuto perde il controllo della vettura. E’
grave al San Mungo.
LONDRA
– L’incidente è avvenuto nel tardo
pomeriggio di mercoledì, quando Harry
Potter, Eroe del Mondo Magico e astro nascente delle Fenici
d’Argento,
rincasava dall’allenamento pomeridiano con la squadra presso
il SilverFox Stadium di Myfair a
bordo
della sua auto babbana. << Un bolide.>> ha
confermato il Professor
Barney Hipkiss, ricercatore e Capo dell’Ufficio per
l’Uso Improprio dei
Manufatti Babbani. << Un’automobile del genere
– modello Aston Martin DBS
– è in grado di
eguagliare la potenza di tre Nimbus 2001. E’ senza dubbio un
oggetto molto pericoloso, che va
maneggiato con
estrema cura.>>
Lo
schianto lungo l’Autostrada M25, nei pressi del Mills Hill
Golf Club. Il
veicolo di Potter ha perso il controllo per l’eccessiva
velocità, sfondando la
paratia divisoria tra le carreggiate e invadendo la corsia opposta. Lo
schianto
laterale con un camion è stato inevitabile, a detta di
alcuni testimoni. Gli
Obliviatori e i Medimaghi sono intervenuti tempestivamente sul luogo
dell’incidente. Harry Potter è stato trasferito
d’urgenza all’ospedale San
Mungo, le sue condizioni sono apparse gravi.
<<
La famiglia del Signor Potter, lo staff e i compagni delle Fenici
d’Argento
Quidditch Club hanno deciso di mantenere un doveroso riserbo per quanto
accaduto stamane.>> ha riferito il Presidente delle
Fenici d’Argento, Ezius
Aistrael. << Pertanto non abbiamo altre dichiarazioni da
rilasciare in
merito.>>
Secondo
le prime stime, la possibilità che Potter abbia perso il
controllo a causa
della velocità eccessiva del veicolo è la
più ricorrente presso l’Ufficio per
l’Uso Improprio del Manufatti Babbani. A tal proposito, il
Professor Barney
Hipkiss si è raccomandato: << L’uso
di tali veicoli è assolutamente
proibito se non si è in possesso della patente
babbana. Svolgeremo i doverosi accertamenti. Consiglio a
tutti i maghi e
streghe, lettori del Profeta, di acquistare Manici di Scopa. In
assoluto il
mezzo di trasporto più sicuro.>>
Hermione
interruppe la lettura dell’articolo con uno sbadiglio
esausto.
Depositò
la copia spiegazzata del Profeta sul comodino; il viso sorridente di
Harry,
ritratto in prima pagina, le restituì un sorriso smagliante:
era a cavallo
della sua Firebolt 2.0, il boccino svolazzante stretto nel suo pugno,
con la
casacca scarlatta delle Fenici d’Argento. La didascalia della
foto diceva: “Harry Potter. Genio e
sregolatezza. La
scamperà anche questa volta?”
Hermione
ricacciò un epiteto in gola. Rita
Skeeter. Un giorno - ne era certa - si sarebbe vendicata.
Si
sfilò gli occhiali da vista, con i quali era costretta a
convivere da un paio
di mesi a causa dello stress accumulato in ufficio, e si
rigirò fra le lenzuola
del letto matrimoniale. Allungò istintivamente una mano sul
materasso,
avvertendo una brutale sensazione di solutine quando non
percepì la presenza di
Harry al suo fianco.
Era stato fortunato. Sarebbe bastato un soffio di vento, un tassello del destino andato storto, e la vita di Harry sarebbe terminata in quel tunnel. Il solo pensiero le congelò il cuore. No. Non avrebbe mai potuto vivere senza di lui. Perciò era meglio evitare di pensarci.
*°*°*°*°*°
Di seguito, un altro capitolo. Spero vi piaccia.
Grazie a Kia85, Merygreis e Kiki per le recensioni :D
Nient'altro da aggiungere, se non:
AUROR POWER!