Libri > Twilight
Ricorda la storia  |      
Autore: spilletta    13/11/2011    7 recensioni
La gravidanza di Bella vissuta da Edward, l'incomprensione e il dolore, la voglia di morire...
-“Povero amore mio”, mormora e non so se si riferisce a me o al suo bambino. “Edward … cosa ti sto facendo”.
No, è troppo. Non posso addossarle anche il mio dolore, ma mi comprende, mi capisce e questo sentimento scioglie le mie catene, mi fa sentire amato. Ne ho bisogno, così tanto bisogno. Mi porto una mano al viso, nascondendomi. Vorrei piangere ma non mi è concesso. Resto in silenzio, scosso da brividi, un respiro dietro l’altro.Sento le sue mani che mi tirano a sé, le forze insufficienti.
“Vieni qui, ti prego, vieni accanto a me”
Non ho energie per rifiutare e il desiderio di sentirla vicina è troppo grande che mi distendo sul letto e la prendo con cautela fra le braccia.-
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Breaking Dawn
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La gravidanza di Bella, il dolore di Edward.
Spero vi piacerà …
 
NB: i personaggi non mi appartengono
 
MORIRO’ CON TE
 
Non riesco a spostare lo sguardo dal tappeto, che osservo ormai fissamente da più di venti minuti. Non ce la faccio, è atroce soltanto il pensiero di muovere la testa di un solo millimetro e vederla. Vorrei trasformarmi in pietra, esserlo davvero, una roccia muta e priva di emozioni. Soltanto una roccia. Non dovrei rendere conto a nessuno di niente e soprattutto a me delle mie azioni. E neanche proverei tanto dolore, un infinito, sconfinato oceano di disperazione.
Il tappeto è rosso. Forse. E’ probabile che io veda rosso, o non veda altro che quel colore. Non posso non sentire, non percepire i pensieri di chi ho intorno, ma non mi è mai rimasto così facile evitare di concentrarmi su di essi. Perché l’unica cosa che riesco davvero a sentire, udire, provare è  questa assurda disperazione.
Ecco. Rosalie si sta muovendo nella stanza. Qualcuno mi chiede qualcosa, ma cosa? Non rispondo, cosa serve? Non è Bella, no, lei sta in silenzio, distesa sul divano, mi guarda, lo so, forse la sto facendo soffrire, ma non riesco a cambiare ciò che provo.
Mi sto distruggendo. Il buio completo mi azzanna gli occhi, mi attanaglia il cervello in una morsa fatale. Non so pensare, non trovo strade, nessuna speranza. L’ultima è morta da poco. Jacob ha fallito, anche se potevo prevederlo. Ha fallito. Cosa farò adesso? Cosa lenirà il dolore che sento?
Non respiro neanche, lo so. Non serve, a cosa serve?
Vedo rosso. Il sole cala, il tappeto scolora, ma vedo sempre e solo rosso.
Una mano mi sfiora la spalla. Esme. Una piccola pressione, una vicinanza silenziosa. Non mi volto, non parlo. Non voglio essere consolato, nessuno deve avvicinarmi, voglio solo perdermi in questo mare buio per non provare più niente.
Edward, non posso vederlo così …
Mia madre mi compatisce. Io non voglio. Non sono neanche più arrabbiato, ho passato quel momento, la furia, l’ira profonda contro di me e contro la sua decisione. No, ormai sono solo disperato. Le forze per la rabbia non ci sono più, è come se mi avessero svuotato. Ecco, credo di sembrare un involucro inerte seduto sul divano. Non servo a niente. Mi odio. Forse anche Bella mi odia, non capisco perché si comporti così. Non le importa se soffro, non le importa di rovinare tutto, non le importa di morire. Bene. Ormai sono rassegnato, anch’io morirò. Ma questo non posso dirglielo. Non posso fidarmi di nessuno, tranne che … di Jacob. E sembra un’atroce scherzo del destino.
Un gemito. Alzo la testa di scatto. E’ l’unico suono che mi fa muovere. Ma no, c’è mia sorella, corsa in aiuto di Bella. Certo, il bimbo ha scalciato, un colpetto lieve e forse un grosso livido. Il mostro. Rose la rassicura, a cosa servo io? Non servo a niente. Bella non ha bisogno di me.
Un dolore sordo mi prende le viscere e fuggo fuori della stanza, veloce, fuori di casa, nel bosco.
Abbraccio un albero, ne rovino il tronco, la corteccia si sbriciola tra le mie mani, cado in ginocchio, senza forze.  Sto sbagliando, non è come sento, non può preferire Rosalie a me, non può essere così. No. Bella, Bella, aiutami. Sto morendo un poco alla volta, come te. Non voglio vederti andare via, non ce la faccio. Non ho saputo proteggerti. Sapevo che prima o poi ti avrei distrutta, ma ho voluto credere che il nostro amore fosse possibile, ed invece era una favola, anzi adesso è solo e soltanto un atroce incubo dal quale neanche tu puoi svegliarti.
Dalla bocca non mi escono lamenti. Potessi piangere forse lo farei. O forse no. Il mio è un pianto muto,  il dolore mi blocca e mi schiaccia a terra, modellandomi  come fossi di cera. E’ mille volte più forte di me.
Forse è meglio lasciarlo solo …
Povero Edward ...
Esme e Alice. Arrivano, ne sento i pensieri. Non voglio vederle, ma ormai sanno dove sono, a cosa serve fuggire?
Alice torna indietro, solo mia madre si avvicina, si china vicino a me, per terra. Sento il suo profumo buono, ma non sa calmarmi, ormai niente riesce a farlo.
“Edward, non puoi scappare così …”, mormora con la voce che le trema.
Chino la testa, sconfitto. “Peggioro le cose rimando in casa. Bella non ha bisogno di me, ci siete voi.”.
“Che stai dicendo? Spero non crederai a quello che dici!”
“Invece è così. Vuole solo Rose accanto. Io le do solo fastidi … solo fastidi”, dico, ripetendo l’ultima parola come un disco rotto. Ma ci credo davvero?
La mano di Esme mi carezza leggera un ginocchio, mi guarda con occhi lucidi, il viso affranto.
“Posso immaginare quello che provi, ma non è come credi. Bella ha bisogno di te, se tu non le stai vicino non avrà senso per lei tutto questo. Non lo capisci? Sei tu la sua vita, come potrebbe desiderare altri accanto a sé?”
“Allora perché non mi ascolta? Mi sento completamente inutile … rifiutato …”
“Edward non è così … Parlale, ascoltala, ma non aggredirla con la tua verità”
Mi alzo in piedi di scatto. “La mia “è” la verità!! La verità è che morirà, che ciò che ha dentro non è un bambino, ma un mostro!”
Esme scuote la testa, incapace di rispondere.
“Ricorda Edward, nel bene e nel male … Lo hai promesso. Non dimenticarlo proprio ora. Da sola, non ce la farà mai”
Non vedo che il muschio marrone che ricopre il terreno. Nessun pensiero, neanche quello di mia madre.  La mia mente blocca ogni cosa, anche i ricordi più belli. Ma per quanto rifiuti di pensare quelle parole entrano diritte nella mia coscienza, mi scuotono, mi contorcono. Ha ragione, è vero, nel bene e nel male, in salute e malattia … come ho potuto scordarlo? E Bella forse … forse lei si aspetta questo da me.
Mi piego in due dal dolore, come un albero spezzato sembra il mio corpo e non me ne curo. Non doveva finire così. Non so combattere ma neanche so rassegnarmi alla sua volontà, a quella speranza di futuro, perché niente è più difficile per me che considerarmi degno di amore, capace di portare un frutto buono, come un bambino. Come può essere una cosa buona quando la vedo vivere in un costante inferno? Non posso credere in ciò che lei crede, non  mi posso permettere di avere la sua fiducia, non posso, non ha nessun senso! Ma … mia madre ha ragione, è l’unica cosa che mi resta da fare, rimanere, soffrire, forse espierò una parte delle mie colpe, forse servirà a qualcosa patire con lei. E patirò, certo, mi spezzerò in tanto piccoli frammenti ogni qual volta che la vedrò gemere e deperire. Ma ci sarò, solo questo posso fare.
Allontano Esme con un gesto della mano, incapace di parlare. Lei abbassa la testa, vorrebbe abbracciarmi, sta male per me ma si volta e torna in casa.
Respiro. Lascio che il dolore si sistemi in tutto il corpo per evitare di esplodere o di farlo trasparire. Devo mettermi una maschera per rientrare, per sedermi accanto a lei e dirle: sono qui. Mi ci vuole tempo, un po’ di tempo, ma quanto? E il tempo passa, non so contarlo, ma gli occhi percepiscono un’oscurità profonda. Devo andare, devo andare.
Un ultimo respiro e forzo i passi verso di lei.
Nella sala un silenzio lugubre. Rosalie ed Esme sedute accanto a Bella, piegata in due, gli occhi chiusi, rossi, forse ha pianto. Ma quanto tempo è passato?
Emmet mi prende per un braccio, i suoi pensieri sono strani, nervosi.
“Ma dov’eri? Rose è infuriata con te …”.
Strano. Orami è il tema di tutto il dramma. Ma io non penso a Rose, vedo solo gli occhi rossi di Bella. E’ forse colpa mia?
Mi avvicino, mia sorella mi si para davanti, vorrei gettarla fuori della stanza con tutte le mie forze, vorrei sfogare la mia rabbia su di lei, ma stringo i pugni, aspetto.
“Cosa fai qui adesso? Puoi tornare da dove vieni!”, mi urla in un ringhio sommesso.
Rimango calmo. La maschera funziona.
“Cosa succede, sta male?”, chiedo a mia madre, la voce mi trema appena.
Esme scuote la testa.
“Non si fa neanche toccare da quando te ne sei andato. Non fa altro che piangere”
Bella.
Mi inginocchio davanti a lei. Bella sta male per me? Cosa ho fatto? E’ forse possibile …
“Bella, sono qui”, sussurro piano, ancora incerto.
Apre gli occhi, due fessure gonfie, cerchiati di scuro ma sempre così espressivi, dolcissimi che mi fissano e non mi accusano di niente.
“Sei qui …”, riesce a dire ma la voce le muore e china la testa verso di me e mi avvicino ancora, abbracciandola. Ora il suo capo è sul mio petto, ne respiro il profumo, così diverso da quando è incinta, e mi sento morire. Nel distruggere me stesso distruggo anche lei. Non posso. E’ vero, sono davvero un mostro.
“Perdonami, non volevo lasciarti”. La voce mi muore in gola e continuo a stringerla senza parlare, mentre si abbandona a me, dei singhiozzi la scuotono ancora, mi bagna la camicia. Sento i pensieri di tutti, quelli di Rose sono i più forti, coloriti, sembra quasi odiarmi, ma non lo fa per Bella, no, lei pensa al bambino che deve avere tranquillità, io sono il problema qui dentro.  Gli altri sembrano felici che sia tornato, mio padre pensa che io sia il suo unico bene, l’unico bene di Bella, ma io so che non è così, altrimenti non succederebbe tutto questo.  Percepisco anche i pensieri di Jacob, accampato fuori casa con Seth, sta seguendo la scena ma non vuole entrare, anche lui mi odia. Basta, non voglio ascoltarli, immagini di speranza, immagini cupe, di lotta, i conflitti con i lupi, i desideri di mia sorella, le preoccupazioni di Carlisle, basta, Dio, basta!  Voglio solo rimanere con lei, ho bisogno di sapere se mi ama ancora, ma si, certo che mi ama, ma voglio sentirlo, Dio, ne ho un disperato bisogno. Andatevene tutti! Lasciateci soli una buona volta! Lasciatemi queste ultime ore, questi ultimi giorni solo con lei. Come farò ad andare avanti?
Dovrei controllarla, pensò Carlisle incerto, ma decido di non ascoltarlo e continuo a carezzarle i capelli, calmandola per quanto mi è possibile.
“Bella, - Rose si avvicina un poco rivolgendosi a lei – vuoi provare ancora a mangiare qualcosa?”.
Lei scossa la testa e mi guarda. “Edward, portami a letto”.
Rimango un attimo interdetto, cercando di capire cosa può esserci dietro questo suo innocente desiderio.
“A letto? Non preferisci rimanere qui?”.
“Voglio stare con te. Portami in camera tua … ma prima ho bisogno di lavarmi un po’”, dice con un filo di voce.
Rose non si stacca da noi e le sorride. Non ci sono per lei, sono meno di un insetto. Non mi da neanche il tempo di gioire della richiesta di mia moglie.
“Ti porto io tesoro, forse è meglio, no?”
Bella si aggrappa alla ma camicia e mi guarda supplichevole. “Edward …”. Lei vuole me.
Mi volto verso mio padre. “Posso portarla su, è un problema?”, chiedo.
“Non direi, magari si riposa meglio”
“Non mi sembra una buona idea veramente, se succede qualcosa?”, esplode Rose, contraria come sempre.
“Siamo tutti qui Rose ..”, replica Carlisle.
“Bella, perché non dormi sul divano come sempre, non credo ti farà bene stare con lui, Edward non è in grado di …”, insiste rivolta verso di lei, mentre mi sento ribollire di una rabbia fredda e profonda.
“Rose, ti prego … ne ho bisogno”, le labbra le tremano nello sforzo, ma le sue parole sono un balsamo per me.
Rosalie si raddrizza, visibilmente contrariata, mi fulmina con lo sguardo.
“Ok. Ma sarò nei paraggi. Non la stressare con i tuoi assurdi discorsi o …”
“O cosa?”, chiedo con Bella fra le braccia, mentre la sollevo delicatamente dal divano.
Ecco, non parla più e mi da le spalle e uscendo dalla sala. Esme invece si avvicina, è felice di vederci insieme. “Dormi bene Bella ..”, le sussurra carezzandole una guancia.
Ho un improvviso sussulto di gioia ma la guardo, Deglutisco, lei mi osserva. “Andiamo”, le dico, devo fare quello che vuole, ma ho sempre la morte nel cuore.
La porto in bagno, la faccio sedere sul bordo della grande vasca e inizio a spogliarla piano, mentre l’acqua scorre. Non voglio pensare ad altro che a questo momento, ad aiutarla in ciò che ha bisogno, senza considerazioni. Devo riuscirci. Sarebbe inutile discutere. So che mi vuole accanto e questo deve bastarmi.
Una smorfia le dipinge il volto quando le tolgo l’ultima maglia. Mi fermo.
“Ti faccio male?”
Scuote la testa e mi carezza una guancia con un gesto materno. Lei si sente già madre, perché io non riesco neppure a vedermi con un padre?
L’acqua è calda e l’aiuto ad entrarvi cacciando indietro il dolore che provo nel vederla magra e pallida e, soprattutto, cercando di non fissarmi su quel ventre prominente e pieno di lividi che protegge con le mani. No, devo prendermi cura di lei. Troverò un altro modo oppure, oppure tutto finirà. In un modo o in un altro tutto finirà e finirà l’angoscia e la sofferenza di entrambi.
Il bagno sembra rilassarla, ma è così priva di forze che devo sorreggerla e occuparmi di ogni cosa.
A volte mi guarda, mi osserva preoccupata poi abbassa gli occhi senza dire una parola.
“Grazie … e, scusami”.
“Non devi ringraziarmi”
“Però posso scusarmi?”
Sospiro, cercando un telo dove avvolgerla.
“Non ne sono sicuro”
“Che vuoi dire?”, chiede ed io intanto la riprendo tra le braccia e protetta dall’asciugamano la faccio sedere sulle mie gambe. Quanto è piccola. Pesa come un uccellino,e la sua pancia è enorme, mi si stringe il cuore.
“E’ complicato … ma tu non hai niente di cui scusarti. Io ho sbagliato, non tu …”, dico mentre la stringo piano. Il sapone alla lavanda non copre il suo odore delizioso e lo annuso, avido, assetato di ogni minuto insieme a lei. Il cuore batte piano, perde il ritmo, le carezzo una mano ossuta, incapace di parlare ancora.
Ma lei libera la mano e la porta al mio viso, è calda, mi costringe a guardarla negli occhi.
“Edward, l’ultima cosa che vorrei fare è farti soffrire così, ma non so come farti capire che …”
Le metto un dito sulle labbra. Non voglio sentire le sue scuse, nessuna ragione, niente di niente. Non le capirei, adesso meno che mai.
“Ti prego, no … “, supplico.
Lei  chiude gli occhi, rassegnata, mi circonda il collo con le braccia.
La porto in camera mia. Sul letto Alice ha già messo vestito puliti e l’aiuto a indossarli, lentamente, ogni movimento sembra costarle troppe energie e le impedisco di farlo. Io penso a lei. Sono suo marito, almeno questo mi è permesso. E Bella mi lascia fare, come sempre abbandonata a me, infinitamente fiduciosa. La stendo nel letto, di fianco, e la copro bene, i suoi occhi seguono ogni cosa che faccio. Me li sento addosso e non dice niente. Mi guarda soltanto.
Mi siedo accanto, sul bordo del letto. Non so che fare, forse vuole dormire, penso che andrò sul divanetto nero per restare almeno nella stanza. Ma mi prende una mano.
“Edward, tu non vuoi sentirlo ma io ho bisogno di parlarti. Sei ancora arrabbiato con me?”.
“Cosa? No … “
“Invece si. Dimmi la verità”
Respiro a fondo. Non vorrei parlarne, non voglio aggredirla con il mio dolore, ma è così forte, così tagliente la sofferenza che provo, mi scava nelle viscere come un tarlo, che non posso rimanere in silenzio.
“Non sono arrabbiato con te, o almeno non più. Lo sono con la tua decisione. Non la comprendo, non capisco perché vuoi buttare via tutto quello per cui abbiamo lottato …”
“Credi che sia così? Credi che faccia qualcosa di sbagliato?”
“Si, lo credo. Ma non voglio che cambi idea per me, ma per te stessa. Guardati. Come faccio per farti capire che ti stai distruggendo? Non puoi portare avanti questa gravidanza Bella, non ce la farai mai!”
“E’ sbagliato perché credi che io non ce la faccia o perché credi che tuo figlio sia … un mostro?”
Chiudo gli occhi. Non posso rispondere a questa domanda guardandola in faccia. Le mie mani sono strette a pugno e invano Bella mi trattiene.
“Credo entrambe le cose”.
Abbassa la testa e vedo luccicare una lacrima che scende veloce fino al mento.
“Povero amore mio”, mormora e non so se si riferisce a me o al suo bambino. “Edward … cosa ti sto facendo”.
No, è troppo. Non posso addossarle anche ill mio dolore, ma mi comprende, mi capisce e questo sentimento scioglie le mie catene, mi fa sentire amato. Ne ho bisogno, così tanto bisogno. Mi porto una mano al viso, nascondendomi. Vorrei piangere ma non mi è concesso. Resto in silenzio, scosso da brividi, un respiro dietro l’altro.
Sento le sue mani che mi tirano a sé, le forze insufficienti.
“Vieni qui, ti prego, vieni accanto a me”
Non ho energie per rifiutare e il desiderio di sentirla vicina è troppo grande che mi distendo sul letto e la prendo con cautela fra le braccia.
“Tu sei una parte di me, non potrei vivere senza una parte di me … Così è anche di questo bambino, perché, perché è tuo figlio. Solo per questo. Io lo amo, come amo te, è qualcosa di te, ti appartiene. Questo lo capisci?”
“Ma non sappiamo cosa … sia. Tu pensi sia un bambino, ma ti sta uccidendo. Come può esserci del buono in ciò che porta solo morte?”
“Io ce la farò. E’ soltanto molto forte, ma ce la farò”.
“Quindi non cambierai idea?”
“No amore, non posso farlo. Come non posso cambiare ciò che provo per te. Come potevi anche solo pensare che avrei accettato la proposta di Jacob?”
“Infatti non ci credevo davvero, ma dovevo tentare ..”
“Faresti qualsiasi cosa per me …”
“Ma non posso impedirti di lasciarmi”
Bella mi stringe di più. Il suo respiro è debole, affaticato. Devo smetterla, non serve a niente.
“Non voglio lasciarti e non lo farò mai. Io conto su di te …”
Non rispondo, scuoto la testa. Inutile replicare. Mi sento talmente male che ho l’impressione di stare sprofondando in un pozzo buio, risucchiato da un vortice. E non mi interessa.
“Edward, Edward, guardami …”, le sue dita mi sfiorano leggere, sono meno calde, la sto gelando, ma non posso allontanarmi. Non ce la faccio.
Raggiunge i miei occhi, forse ne legge la disperazione.
“Ti amo, ci credi? Non voglio altri che te. Rosalie mi capisce, ma è di te che ho bisogno”
Non otterrò di più, lo so, ma è già molto. La voragine che ho nel petto si sta momentaneamente richiudendo. Cosa potrei ancora fare? Vorrei soltanto poter credere in ciò che lei crede, vedere ciò che vede. Ma non c’è altro che un muro nero davanti ai miei occhi. Niente, non vedo niente. Solo morte.
La stringo fra le braccia. Si muove appena, si protende verso di me, le sue mani mi cercano. Avvicino il volto al suo, sta piangendo ma sorride.
“Amore, amore mio … ho bisogno di te”, sussurra in un debolissimo filo di voce e socchiude gli occhi aspettando le mie labbra. Oh, Dio, Bella. Non chiedermelo, non tentarmi. Vorrei essere in collera con te per difendermi da tutta questa angoscia, vorrei allontanarti, so che soffrirò e soffrirò sempre di più mentre perderai lentamente la vita per qualcosa che non comprendo.  Ma non ho difese. Hai detto bene, non posso difendermi da me stesso, non posso rifiutare una parte di me.
Allora bacio le tue labbra, delicatamente.
Non proverò più a farti cambiare idea. Semplicemente, morirò con te.
 
  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: spilletta