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Autore: _Ella_    14/11/2011    2 recensioni
Imprecò contro cose a caso, forse persino sul gatto, visto che lo guardava indispettito con quegli occhietti chiari. Era diventato una vacca, forse avrebbe dovuto fargli fare più esercizio, o forse non avrebbe dovuto permettere ad Axel di fargli mangiare schifezze.
Sospirò, cercando di capirci qualcosa nei sistemi fratti.
La seconda superiore era uno strazio, un supplizio!
Genere: Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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#1 – Questione di abilità?; anni 7/12 (primi giorni di ottobre)

 

Roxas, la mano ancora stretta a quella di Axel, si sentiva un po’ in colpa per i compiti che non aveva svolto. Sua madre si sarebbe arrabbiata di sicuro e l’avrebbe messo in punizione, togliendogli il dolce a cena e i videogiochi per un’eternità.
Sospirò, sperando che almeno Biscotto non scappasse di casa.
Sì, il gatto si chiamava Biscotto. Non l’aveva chiamato in quel modo perché magari era di un bel color marroncino con qualche macchia qui e lì – infatti era grigio – ma lui e suo fratello maggiore l’avevano chiamato a quel modo visto che, quando l’avevano portato a casa dopo averlo trovato in giro l’anno prima, la prima cosa che aveva fatto era stata scaraventarsi sul latte e biscotti di Babbo Natale che sarebbe dovuto arrivare quella stessa sera e, come se non bastasse, si era tirato dietro l’albero, distruggendo qualche regalo ed il presepe – aveva mangiato un pastore, due pecore e la stella cometa
Era un po’ una peste, ma non aveva fatto niente di altrettanto grave dopo, quindi tenerlo non era stato così fastidioso, anzi.
Ritornando ad Axel, che lo stava trascinando dall’altra parte della strada, nel giardino di casa sua, teneva ancora stretto sotto il braccio il barattolo con la lucertola appena catturata. Lui non riusciva ancora a catturarle, Axel faceva sempre prima di lui, era più veloce ed aveva una mira impeccabile, soprattutto quando le colpiva con le pietruzze che tirava con la fionda.
A volte però colpiva lui, uhm.
Finalmente lo lasciò quando, di fronte l’enorme melo che c’era nel suo giardino dietro casa, dovette arrampicarsi sulla scaletta di legno che pendeva giù, per salire sulla casa che c’era tra i rami. Si arrampicò anche lui, stando attento a non cadere e, una volta su, come da manuale issò la scaletta perché nessuno li disturbasse.
«Dai, fammi vedere la lucertola» sbottò curiosissimo, una volta tirata su tutta la scala
«Però non farla scappare»
«No, no! Sto attento, giuro.»
Prese il barattolo e, allentato il tappo, fissò la lucertola che, inerme, tentava di arrampicarsi inutilmente sul liscio vetro; aveva la pelle di un bel colore verde, uguale a quello più scuro della sua scatola di pastelli.
Com’è che si diceva? Ah, sì: smeraldo.
«Le diamo un nome?» chiese, alzando gli occhi su di Axel che, nel frattempo, cercava di colpire le mele che andavano a marcire con la fionda
«Alla lucertola?» il ragazzo gli prestò attenzione, fissandolo con un’occhiata poco convinta «Tanto entro un giorno muore» sbottò, come se fosse la cosa più naturale del mondo e Roxas, spalancando la bocca, fissò intensamente l’animaletto all’interno del barattolo.
Non voleva che morisse, per i loro stupidi giochi. Insomma… poi che divertimento c’era a tenerla, se poi moriva in un giorno?
«Lasciamola libera» disse e, quando fece per inclinare il contenitore per farla sgusciar via, Axel gli tenne fermo il polso
«Non ci provare, pulce! Sai quanto ci ho messo a prenderla?»
«Oh, dai Ax! Non possiamo lasciarla morire, poverella… pensa che tristezza passare gli ultimi giorni in un barattolo da sola, dai. Tanto ne catturi sicuro un’altra»
«Ma…»
«Dai!» supplicò, cercando di fare gli occhi tristi che, di solito, funzionavano sempre per convincere Axel; quando li aveva fatti l’ultima volta, non solo gli aveva dato l’ultima fetta di torta, ma l’aveva anche fatto giocare con la sua bici, che di solito non faceva mai toccare a nessuno. Era un ottimo metodo per convincerlo e lui, ovviamente, ne usufruiva quando ne aveva più bisogno, come in quel caso.
Ad ogni modo, il dodicenne sospirò, alzando gli occhi al cielo
«E va bene, che lagna che sei» sbottò, prendendogli il barattolo di vetro dalla mano, e l’attimo dopo aveva preso la lucertola tra le dita per lasciarla su un ramo, e quella era scappata via, veloce come un fulmine «Beh, adesso che si fa?»
«Mi aiuti con la fionda?» provò Roxas, dopo averci pensato un po’; lui era piuttosto bravo, visto che l’altro era stato il suo maestro, ma non si sentiva ancora alla sua altezza e – un po’ invidioso, un po’ ammirato – voleva diventare assolutamente bravo come Axel.
Quest’ultimo, tirando fuori dalla tasca il legnetto biforcuto, fece un sorriso affilato, rivolgendogli un occhiolino
«Diventerai un asso, memorizzalo!» esclamò quindi, alzando il pollice
«Ne sei sicuro?»
«Assolutamente! Non per niente, hai un grande maestro», il biondo rise alle sue parole, dandogli uno spintone
«Dai, mettiamoci al lavoro! Mi manca poco per  passare al livello Micio!»
«Tsk, io alla tua età ero già una Civetta, pulce che non sei altro.»
Roxas storse un po’ il naso, stringendosi nelle spalle.
Praticamente, tutti i ragazzi del vicinato facevano spesso gare di abilità con la fionda e ovviamente, più si diventava bravi, si aumentava il livello di abilità. C’era la Talpa, il Sorcio, il Micio, la Civetta ed infine c’era naturalmente il Falco. Axel era ormai a quel livello da un paio di anni, se non di più: uno dei migliori in circolazione praticamente, e lui era fierissimo di essere un suo discepolo.
Il rosso si alzò in piedi, stiracchiandosi le gambe e cercando di aggiustarsi un po’ i capelli, imprecando qualcosa sul fatto che fossero ingestibili ed aggiungendoci una parolaccia: Roxas si coprì le orecchie con le mani, visto che sua madre gli diceva sempre di non ascoltare le cose cattive che dicevano i grandi. Lui comunque, a dire il vero, si copriva le orecchie per non essere tentato dal ripeterle in futuro: una volta gli era scappata una parolaccia che aveva sentito dire a scuola e sua madre gli aveva tirato un ceffone che, al solo ricordarlo, faceva ancora male. Scoperte le orecchie quando Axel finì di usare brutte parole, afferrò la fionda che l’altro aveva lasciato per terra e tirò a sé il secchio blu che era lì con loro nella casetta, pieno di pietruzze o ceci da poter usare come munizioni; prese un sassolino, quindi si alzò per affacciarsi dalla finestra della casa di legno, puntando una mela non molto lontana. Sentì che Axel, alle sue spalle, accennava una risata e, accigliato, si girò per fissarlo male
«Non ridere, stai zitto che mi deconcentri, stupido», l’altro continuò a sghignazzare sotto i baffi, prendendo una pietruzza e lanciandogliela mollemente sulle gambe
«Sei una schiappa, quella mela la colpirei ad occhi chiusi.»
Detto questo si strinse nelle spalle e, sporgendosi col viso fuori dall’entrata della casetta, fissò il giardino dall’alto, dandogli le spalle.
Roxas sospirò, stringendo forte la fionda e, tendendo al massimo la molla, puntò verso la testa di Axel, sperando con tutto il cuore di fargli male, così da fargli rimangiare tutte le sue parole. Lasciò la presa e, veloce come un fulmine, il sassolino schizzò via, sfiorando per un soffio la testa dell’altro che, incredulo, fissò un piccione cadere al suolo, colpito in testa dal proiettile che il ragazzino aveva lanciato.
«Wow!» esclamò sgranando gli occhi, e al più piccolo non restò che rimanere in silenzio, attonito di fronte alla fortuna che aveva avuto «È stato mondiale, pulce, dannazione! Devi subito passare al livello Civetta, altro che Micio! Cazzo, questo non so farlo nemmeno io!»
«Axel!»
«Cosa?»
«Le parolacce, non devi dirle!»
Axel rise, avvicinandosi per spettinargli i capelli ancora una volta; Roxas scosse la testa, cercando di mascherare il sorriso che nasceva sulle sue labbra, contagiato dalla risata dell’altro che, con le solite parole solenni del rito, lo dichiarava ufficialmente una Civetta.


E, come annunciato, ecco il primo dei capitoli di una raccolta di Missing Moments :3
Ho preferito cominciare da quando sono più piccoli, subito dopo quanto accaduto nella scorsa double drabble, ma credo che non seguirò un ordine cronologico, altrimenti prenderebbe più le sembianze di una long fic.
Bene, allora.
Ho trovato finalmente il tempo di finirla e adesso mi aspetta una settimana da suicidio, dove ogni giorno ho un compito in classe diverso.
Pregate per me o auguratemi buona fortuna, se volete °-°
Adesso fuggo, che voglio andare a dormire D:
Un bacione a tutti e grazie mille a tutti quelli che mi seguono *-*
P.S.:Arbe fa schifo.

See ya!

   
 
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