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Autore: Claire Knight    14/11/2011    8 recensioni
Reina non ha mai accettato i sentimenti, né sa spiegarseli finché tiene gli occhi chiusi sulla realtà e sul suo cuore. Ma, in fondo, la ragione non sempre può celare le ombre di un sentimento più grande.
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Scusatemi per la trama patetica.
Reina P.O.V
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti. Non voglio intrattenervi troppo. Solo, spero che vi piaccia questa one shot sulla coppia Reina*Hiroto, che sostengo, tanendo comunque conto che adoro lo yaoi Hiroto*Midorikawa.
Ho una premessa: l'ho scritta di getto e non l'ho riletta, perché non voglio smorzare in me la sensazione che sia venuta decente. 
 Detto questo, Buona Lettura!!
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Fever.

Non ho ancora capito cos’è.
O, forse, molto più semplicemente, non ho né abbastanza coraggio né abbastanza voglia dir confessarlo a me stessa.
Devo dire che mi è capitato di pensare a te più frequentemente negli ultimi tempi, mio malgrado. L’unico risultato è che mi fai peggiorare la media se attiri troppo spesso i miei pensieri e la mia mente.
Ma cos’hai? Non sei perfetto, figuriamoci, per me la perfezione non esiste: è una cosa conosciuta soltanto ai superbi pieni di sé.
Sei pieno di difetti, mi spiace dirtelo, ma è così. Per prima cosa, sei sempre così sicuro di te da farmi venire i nervi, credi di avere sempre ragione, non ti si può dir niente. Mamma mia. Sei intrattabile, esasperante.
Spesso ferisci gli altri con il tuo egocentrismo senza nemmeno accorgertene: solo perché Midorikawa è troppo buono e paziente per fartelo notare.
Eppure, sei sempre, costantemente, irremovibilmente al centro dei miei pensieri. Ogni cosa mi ricorda te. Il profumo di una mia maglietta assomiglia tantissimo al tuo, ed è la mia preferita. Solo, non so se lo è anche per questo motivo.
Sai cosa mi ha detto Midorikawa quando gliene ho parlato? Che è amore! Cavolo, quel ragazzo sta davvero fuori di testa. Io innamorata di te? Forse in un’altra vita.
Dice anche che sono troppo poco avvezza ai sentimenti che non riesco a riconoscerlo. Secondo me non lo riconosco perché non c’è, è anche troppo palese, no credi anche tu?
Midorikawa ed il suo romanticismo del 1800 possono dire quel che vogliono: non credo di esser tanto stupida da non poter riconoscere i miei sentimenti per te. Io non ti amo. E tu non ami me. Questo è sicuro.
Ma, allora, perché mi sento così adesso? Mentre ti spio con la coda dell’occhio che leggi sul libro di grammatica? Ho paura, poco fa, ho avuto un istinto del quale mi vergogno. Perché, guardandoti le labbra, ho provato il desiderio di sentirle sulle mie. Così. Come se fosse la cosa più logica e semplice da pensare durante un ora di lingua inglese.
Devi capire che per me tu sei sempre stato come un fratello. Come potrei anche solo pensare a te come fidanzato? Mi vergogno ed arrossisco in silenzio, mentre a poco a poco sento le parole di Ryuji risuonare ovattate nella mia testa, quasi a suggerirmi la soluzione ai miei problemi.
Davvero ti amo, Hiroto-kun?
Eppure, cos’è che mi piace di te ancora non l’ho capito. Forse il semplice fatto che ci sei sempre stato, nei momenti belli e anche in quelli brutti. Il tuo carattere, seppur egocentrico, tende sempre ad aiutare gli altri, a renderti utile per il piacere di farlo. Sei stato l’unico che sia mai riuscito a farmi parlare dei miei genitori, della loro morte. L’unico che mi fa sentire me stessa.
Ma davvero questo è amore? Non potrebbe essere così anche con un amico? Io, sinceramente, non capisco più nulla da quando ho pensato per la prima volta che sei un bel ragazzo. E, ora, che ho provato il desiderio di baciarti durante un’ora di inglese, davanti a tutti, sono più confusa che mai.
Dovrei essere più razionale, ma come faccio? Non riesco più a distinguere un minuto dall’altro se ci sei tu. O il caldo dal freddo. E’ sempre così anche quando di penso.
Approfittando del fatto che una nostra compagna abbia cominciato a parlare, interrogata dalla professoressa, mi volto verso di te. E’ impossibile incrociare il tuo sguardo: sei voltato anche tu.
Guardami, Hiroto, te ne prego. Ho bisogno di capire se ciò che sento per te va oltre l’amicizia, se i tuoi occhi potrebbero mai guardarmi in modo diverso da come hanno sempre fatto.
Con una mano sfioro il tuo braccio e tu, finalmente, mi presti un po’ di attenzione. Per qualche istante, i nostri sguardi si incrociano, disarmandomi, rapendomi dalla mente tutti i pensieri che la affollavano.
Ma quando mi chiedi cosa volevo, dalle mie labbra non esce che un respiro strozzato. Non ho più forze, di fronte a quel che succede dentro di me. Vedendo che non rispondo, porti la mano destra alla mia fronte e la sinistra alla tua. Chissà che aspetto tremendo devo avere per averti fatto pensare che io abbia la febbre.
Ti alzi immediatamente in piedi, afferrandomi per una mano.
< Professoressa > ti sento dire, < Reina-chan non si sente bene. Credo che abbia la febbre >.
Così, anche la professoressa viene a controllare. Ma cosa volete? Io sto bene, sto bene! Non sono innamorata di lui, non voglio il suo amore, né quello di nessun altro. Lasciatemi in pace, forse è davvero solo febbre.
La vedo che annuisce, dicendoti di portarmi in camera mia. Così, subito, fissando i tuoi occhi nei miei, mi inviti ad alzarmi. Ed io ti seguo, ma ho quasi l’impressione che il mio corpo agisca da solo. Appena siamo fuori dalla classe, mi rendo conto di quanta aria viziata ci fosse dentro: probabilmente anche quella aveva contribuito a farmi uscire di testa, a farmi pensare di esser innamorata di te. Ma mi basta uno dei tuoi sguardi preoccupati a farmi capire che ciò che penso è solo un pretesto per sfuggire alla realtà.
Così, mi fermo. E tu con me. Mi fai sedere ad una sedia, una delle tante nei tanti corridoi del college. E’ così banale il luogo in cui ci troviamo, così semplice, palcoscenico di felicità e tristezza, di una risata e di un pianto. Ma perché penso a queste cose adesso? Cosa mi prende, sono impazzita ancora di più?
< Come stai? > mi domandi, abbassandoti alla mia altezza, poggiando il peso sulle ginocchia.
Mi vien da ridere: per un istante ho pensato di risponderti che sono innamorata. E poi aggiungere che lo ero di te. Come nei film romantici. Dio mio, sono davvero uscita di testa per poter pensare cose del genere. E’ colpa tua, idiota, se sto così. Te lo vorrei quasi dire, sai? Dirti che mi stai rovinando la vita senza nemmeno accorgertene. E, poi, perché ti preoccupi tanto? Sei uscito ad accompagnarmi solo per saltare la lezione, no?
< Reina >.
La tua voce mi riscuote di nuovo dai miei pensieri.
< Non bene, credo > riesco a dire. E poi mi sorridi. Cosa c’è da sorridere?
< Dai, ti accompagno fino in camera, poi ti metto a letto come farebbero in infermeria e, accertatomi che tu ti sia addormentata, tornerò in classe >.
Scoppio a ridere, ma al tempo stesso piango qualche lacrima.
< Grazie, papà > ti dico. E ridi anche tu.
Poi mi fai rialzare e mi prendi in braccio, come se io non pesassi nulla. Mi porti fino sulla soglia della mia camera, poi mi chiedi la chiave, per poter aprire. Una volta entrati, richiudi la porta con un piede, perché mi tieni ancora in braccio, e mi stendi dolcemente sul letto. Ti siedi accanto a me e cominci a rovistare nel cassetto: forse cerchi il termometro per misurarmi la temperatura. Vorrei dirti che non ce l’ho un termometro, ma sei così bello mentre ti preoccupi per me, mentre vuoi aiutarmi, che non ho il coraggio di dirtelo.
< Dov’è il termometro? Bisogna misurarti la temperatura >.
< Non ce l’ho, mi dispiace >.
< Fa niente. Faccio io >.
Così, piano, ti chini su di me e poggi le tue labbra sulla mia fronte. Mi sento avvampare all’improvviso, ma è un continuo arrossire da quando ho capito che mi piaci.
< Sei bollente, Reina-chan >.
Cazzo, Hiroto, smettila di usare questo modo formale per chiamarmi. Di solo il mio nome. Mi basterebbe per sentirti più vicino, meno impossibile da raggiungere.
Ti allontani un poco e mi guardi negli occhi, stando comunque a poca distanza dal mio volto. Rimaniamo così per qualche secondo, ma, poi, ti vedo arrossire e ti allontani di scatto.
< Scusami, non volevo darti fastidio >.
< Hiroto-kun > ti chiamo, poggiando la mia mano sulla tua, che stringe fra le dita un lembo della coperta. Non so dove ho trovato il coraggio di farlo.
< Io ti amo > sussurro appena, < e… me ne sono accorta solo ora. Sono così stupida che mi sono sentita persino male fisicamente. Non sono mai riuscita a spiegarmi perché ti pensassi così spesso o perché avessi così bisogno di averti accanto… io… >.
Mi volto di lato, imbarazzata, per non incrociare il tuo sguardo. E strizzo gli occhi per paura. Paura di quello che ti ho appena detto, paura che le lacrime riaffiorino nuovamente dai miei occhi.
Sento un fruscio. Una tua mano tra i capelli, le tue labbra sulle mie. Le dischiudi, entrando prepotentemente nella mia bocca, mentre il mio desiderio va incontro al tuo. Tiri un poco i miei capelli, mentre il bacio diventa pian piano più passionale, ed un sospiro sfugge alle mie labbra. Ti sento sorridere, ma non oso aprire gli occhi. Vorrei solo provarla ancora, quella smania di poco prima. Sentire le tue labbra sulle mie, mentre sento sempre più caldo. Per la febbre o per l’emozione.
< Scusami se ti ho fatto venire la febbre > mi sussurri a fior di labbra, < Avrei dovuto dirtelo prima. Perché era tanto, tanto tempo che lo tenevo celato nel cuore, Reina >.
Poi, un poco indeciso per come le tue parole hanno rotto il silenzio, premi di nuovo le tue lebbra sulle mie ed io, sedendomi in ginocchio sul letto, intreccio le dita tra i tuoi capelli morbidi, stringendo appena la presa se mi mordi un labbro. Le tue mani tremano inesperte sui miei fianchi, insinuandosi appena sotto la maglietta, a contatto con la mia pelle. Poi, però, scioglili bacio, quel bacio che si sarebbe potuto trasformare in qualcosa di più grande e pericoloso.
< Devo… > dici dopo un po’, < … devo tornare in classe >. Hai il respiro affannato, gli occhi che sembrano tremare nei miei. Questa vicinanza ci piace e ci fa paura al tempo stesso. Io annuisco e basta, perché mi sarebbe impossibile dire qualcosa di diverso da un “no, resta qui”.
< Ti amo >.
Ma non ho il tempo di rispondere, perché sei giù uscito fuori dalla mia stanza. Mi ributto sul letto senza forze, ma già mi sembra tutto un sogno. Sento ancora l’umido del bacio in bocca, il tuo sapore sulle labbra, le tue mani indugiare sui miei fianchi. Non so cosa pensare e chiudo piano gli occhi.
Ho solo capito che in amore è sempre tutto troppo imprevedibile e, soprattutto, senza una vera ragione, perché per quella in certi casi non c’è proprio spazio. E la perfezione non c’entra. L’amicizia non c’entra, è un’altra cosa.
Ho solo capito che, ormai, se penso all’amore, penso a te.




 
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