Introduzione
L’autunno mi entrava nel cuore, ed era il momento di aprirlo a qualcuno, magari ad una stagione,
perché no? Camminando in direzione della metropolitana pestavo involontariamente ogni foglia
che vedevo, facendomi quasi del male. Erano così belle a star lì, che sembravano l’arredamento
perfetto in un salotto, o la luce soffusa di una candela in pieno buio. E poi mi ci ritrovavo
perfettamente. Appartenevano a qualcuno, a qualche albero chissà dove, che le ha abbandonate
per il forte vento, incapace di resistervi. È così che succede con le persone, le stagioni cambiano,
il vento si fa più forte e la capacità di resistere è poca, così si molla. E si molla indipendentamente
dalle ragioni o dai pensieri, che sai che se proverai a considerare ti trascineranno in un tunnel
fatto di qualcosa che non sai cosa sia, ma sai che fa male. Si molla perché si è deboli, troppo
pieni, così tanto da essere quasi vuoti. E così fu, qualche mese fa, per me. Quando incontrai il mio
albero era natale, forse proprio per via del natale me ne innamorai. Pensai di non voler di più ne
di meglio così decisi di innamorarmi, che di innamorarsi lo si decide, e non ci credo alla stronzata
che ti innamori quando meno te lo aspetti, perché sei tu che decidi se dar tutto a una persona. Ero
una foglia forte e pensai di non dover avere paura. Rimasi appigliata al mio albero per due anni,
passarono le stagioni, arrivava l’autunno, portandosi dietro il suo vento, ma non riuscì a
trascinarmi via, poi fu inverno, che arrivò puntuale con la sua neve, che non seppe congelarmi, e
così tornava estate. Poi ai primi venti di quest’anno sono volata via.
Capitolo 1
Staccando la spina dalla presa dei pensieri, scesi le scale del metro. Era incredibile come ogni
volta l’odore lì sotto mi facesse pensare quanto bello può essere vivere a Parigi. La metropolitana
di Parigi ha un’odore suo, solo suo (ma io ogni volta gliene rubo un pò). Avevo intenzione di
andare a fare un po di shopping, così salii sul treno diretto agli champs elysees.
Il cielo era grigio e non avevo nessuna intenzione di prendere la pioggia, per questo il mio passo
era svelto e sembravo vagamente una frettolosa donna in pausa pranzo, intenta ad arrivare
puntuale al lavoro. Imboccai l’entrata di H&M, e scendendo le scale mobili arrivai al reparto
“donna”. Il che mi piace, pensare di essere classificata così. Facendo un giro per il negozio trovai
un cappello carino, così lo indossai in cerca di uno specchio, e dopo pochi secondi lo trovai. Mi
specchiai, guardando non solo il cappello, ma anche me. E mi piacevo. Mi ero sempre piaciuta,
ma non mi ero mai sentita all’altezza delle situazioni. Gli occhi delimitati da una sottile ma
accurata linea di eyeliner spiccavano prima di tutto. Il naso smilzo e proporzionato. I capelli
lunghi, lisci e castani arrivavano sotto al seno. Mia nonna diceva sempre “sei fortunata che sei
alta, magra, e pure bella!”, e anche se non ho mai fatto di questi tre aggettivi il principio a cui
legare la mia vita, ero orgogliosa e felice. “Deciso: il cappello lo prendo!” pensai. Mi diressi
verso la cassa e una fila spaventosa mi fece venir male. “come fa ad esserci così tanta fila già alle
3:30?
Smaltito quel marasma di gente appoggiai il cappello sul bancone mentre con la
testa praticamente dentro la borsa cercavo il portafoglio.
“Sono 2 euro e 45 centesimi”
Una voce soffice, ma non troppo, mi fece alzare lo sguardo dalla borsa.
Notai un paio di occhi azzurri che mi lasciarono senza parole, un sorriso che mi tolse anche le
uniche due che avrei potuto dire, ovvero “grazie, arrivederci”, e un cartellino attaccato alla
maglia con su scritto “louis”.