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Autore: MedusaNoir    15/11/2011    4 recensioni
Aurora è da poco entrata nei Moonlight Sonada per inseguire il batterista di cui si è presa una cotta, ma Ettore non è certo l’unico componente della band. Aurora ha avuto modo di conoscere Manuel e Simona, mentre non ha ancora avuto modo di legare con Marco. Chissà cosa nasconderà questo ragazzo?
Se vuoi che Marco chieda ad Aurora di uscire, torna a leggere “Sulle note di Cat Stevens”.
Se invece ritieni che possa essere una richiesta troppo precipitosa, continua pure…
[Nella storia ci sono quattro citazioni famose... ma non vi dico quali!]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Storie a bivi - Aurora e Marco'
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Aurora è da poco diventata la cantante di un gruppo, i Moonlight Sonada, per inseguire il batterista dei suoi sogni, Ettore. Ha fatto così la conoscenza di Manuel, bassista, e Simona, seconda chitarrista, ma colui che suona in modo tanto sensuale la sua Fender nera sembra stia facendo il possibile per entrare nelle grazie di Aurora...

I nostri soliti incontri da amici speciali


Aurora si chiuse nella camera di Ettore, pur di sfuggire al gruppo di amici nel salotto; quando era entrata nella casa del ragazzo per la cena che lui aveva organizzato, non si aspettava certo di trovarlo con quella.

Si asciugò le lacrime con la manica del giacchetto, approfittandone anche per togliere l’odiato trucco. Si sentiva una sciocca vestita e truccata in quel modo: come aveva potuto solo sperare di avere anche una minima possibilità con Ettore?

Lasciandosi cadere sul letto, Aurora chiuse gli occhi, cercando di far riposare un po’ la sua mente in subbuglio. Saltò a sedere quando sentì la porta della stanza aprirsi.

Marco entrò, accorgendosi di lei solo dopo avere richiuso la porta dietro di sé.

- Ehi! – esclamò, colto di sorpresa. – Cos’è quella faccia? – aggiunse, notando il pallore sul suo viso. - Sei pallida. Hai finito il rossetto o hai sofferto per la mia assenza?

Aurora si lasciò sfuggire un sorriso. – Non ti facevo tipo da “Via col vento”.

- Oh, l’hai visto. E io che volevo fare la figura del figo! -. Marco si sedette sul letto accanto a lei, armeggiando con la custodia della sua chitarra che aveva riposto nella stanza quando erano arrivati, al termine delle prove. – Ti sei fatta un’idea sbagliata su di me, allora: è il mio film preferito!

- Non ci credo! Mi sembravi più…

- “Rocky”? “Rambo”? “Terminator”?

Aurora lo guardò attentamente, arricciando il labbro. – No, in effetti sei proprio il tipo da “Via col vento”!

- Mi stai prendendo in giro, donna? – si finse offeso Marco. Estrasse la sua Fender nera dalla custodia. – Ora ti faccio sentire che uomo sono!

Cominciò a suonare la colonna sonora del film, facendo ridere Aurora; dopo un po’ cambiò canzone, lo sguardo concentrato sulle corde come se stesse suonando quelle note per la prima volta. Aurora sentì gli occhi riempirsi di lacrime al pensiero di Ettore nell’altra stanza con la sua nuova fiamma e Marco dovette accorgersene, perché continuò a suonare, non tornò dagli amici, aspettando che lei stesse meglio.

 

 

Quando Aurora entrò nella camera di Manuel per prendere il cappotto e trovò Marco sul letto con la sua amata chitarra, non riuscì a trattenere un sorriso.

- Eremita come al solito – lo canzonò.

Marco alzò gli occhi dalla Fender e le rivolse anche lui un sorriso. – Come mai sei qui? Non scendi con gli altri?

- Ero venuta a prendere il cappotto… Ma in effetti non ho molta voglia di uscire. Ti spiace se rimango a farti compagnia?

- E mi aiuti a svaligiare il frigo di Manuel? Nessun problema, sei dei nostri!

- Ormai anche la Fender è diventata un’entità? – rise Aurora.

Marco le sorrise di nuovo, quel sorriso che per loro era diventato speciale, o almeno lo era per lei: ogni volta che si ritrovavano da soli, in casa di qualcuno o in sala prove, lui alzava le estremità delle labbra leggermente, in un movimento simile ad uno sbuffo, e socchiudeva per un momento gli occhi. Ed era così bello… Ma probabilmente, si disse Aurora, lo pensava solo perché teneva una chitarra tra le mani.

Dopo aver suonato qualche canzone, Marco le propose di cominciare la rapina al frigo di Manuel: presero l’occorrente per fare la carbonara e trovarono, nascosto dietro confezioni di sugo ammuffito, un barattolo di gelato. Si guardarono, poi Marco sospirò e la tirò fuori.

- Loro sono usciti… e il gelato ora è fuori dal frigo, finirà per sciogliersi: toccherà mangiarlo!

- Hai proprio ragione – concordò Aurora, sedendosi al tavolo.

Mentre immergevano i cucchiaini nel cioccolato, la ragazza rifletteva su quanto spesso ormai capitasse loro di trovarsi in simili situazioni: restavano a casa da soli, si sedevano a gambe incrociate sul letto o sul divano con la chitarra tra di loro, mangiavano quello che trovavano, accompagnati sempre da quell’atmosfera familiare che la faceva sorridere istintivamente.

- Ormai abbiamo le nostre abitudini – esclamò Marco, come se le avesse letto nella testa. – I nostri soliti incontri da amici speciali, i gesti sincronizzati dei nostri rituali…

- Ehi, hai fatto la rima!

- Ma ho ragione, no? Siamo davvero sincronizzati: quando siamo entrati in cucina, io mi sono messo a cercare nel frigorifero, mentre tu mettevi su l’acqua; poi, ogni volta che prendo la chitarra, sai qual è la canzone con cui inizio… Mi conosci alla perfezione!

Aurora scosse la testa. – No, conosco alla perfezione quegli attimi che passiamo insieme.

Marco guardò il gelato quasi finito nel barattolo, giocherellando sovrappensiero con il cucchiaino.

- Forse siamo davvero amici speciali…

- Che intendi dire? – gli chiese Aurora, sentendo batterle il cuore più forte nel petto per chissà quale motivo.

- Niente, lascia perdere. Ah, l’acqua sta bollendo, dovremmo…

- Faccio io!

Si alzarono contemporaneamente, finendo per scontrarsi; Aurora rischiò di cadere a terra, ma Marco la afferrò prima che toccasse il pavimento. Quando alzò la testa, la ragazza si trovò davanti il volto di Marco; lo vide osservarla a occhi aperti, riflettendo su qualcosa, poi lui l’aiutò a rimettersi in piedi e si avvicinò ai fornelli, lasciando cadere il discorso.

 

 

- Ho un’idea! – esclamò improvvisamente Marco, facendo sussultare Aurora. Era l’ennesima volta, ormai, che restavano a casa da soli. – Invece di passare la solita serata a suonare la chitarra, perché non usciamo? C’è un posto in cui vorrei andare da tanto.

- Preferisci qualcos’altro alla chitarra? – finse di stupirsi Aurora, sgranando gli occhi. – Cosa sarà mai questo posto?

Marco fece una smorfia divertita. – Vedrai, non voglio rivelarti niente.

La fece salire in macchina e guidò per qualche chilometro, finché non furono lontani dal traffico di Roma del sabato sera. Accostò in una zona appartata, ma quando Aurora si fu guardata bene intorno notò che c’erano anche altre macchine.

- Sesso di gruppo? – scherzò.

- Uhm, si potrebbe anche fare. In realtà volevo farti vedere questo -. Marco controllò l’orologio prima di indicarle un enorme schermo bianco davanti a loro che lei, stranamente, non aveva ancora visto. – Sta per cominciare.

- Non ci credo! – esclamò Aurora, sentendo le prime note dei titoli di testa. – Questo è un drive in… e tu mi hai portata a vedere “Via col vento”!

Il ragazzo sorrise. – Sapevo che avresti apprezzato.

Rimasero in silenzio per metà film, facendo di tanto in tanto qualche battuta in tema, poi Aurora si voltò verso Marco, approfittando dell’interruzione. Era sovrappensiero, continuava a pensare ad Ettore tra le braccia della sua nuova ragazza.

- Secondo te cos’è l’amore?

Marco sbuffò, questa volta scocciato: doveva avere capito che Aurora non gli avrebbe mai rivolto una simile domanda se fosse stata riferita a lui.

- Tu forse confondi l’amore con la lussuria – rispose. – Che è una cosa ben diversa: la prima cosa che pensi quando ti innamori è come vorresti stare sempre con lui, mentre quando c’è solo attrazione fisica pensi semplicemente di volertelo portare a letto -. Si voltò verso di lei. – Trova da te la risposta.

- A cosa ti stai riferendo? – gli chiese Aurora, aggrottando la fronte confusa.

- Ad Ettore – rivelò Marco, improvvisamente ostile. – Quindi smettila, di pensare a lui quando sei con me, mi faresti un gran favore.

- Non volevo farti arrabbiare – tentò di giustificarsi Aurora, rabbuiandosi.

Marco sfoggiò di nuovo il sorriso che riservava solo ai loro momenti speciali e le passo una mano sulla testa, arruffandole i capelli.

- Sta’ tranquilla, torniamo a goderci il film.

Poco dopo l’inizio del secondo tempo, Aurora avvertì una mano posarsi sulla sua coscia e un brivido le percorse la schiena. Non aveva il coraggio di girarsi per controllare cosa stesse facendo Marco, ma alla fine lo trovò; si voltò leggermente e lo vide concentrato sulla pellicola, mentre la mano saliva lungo la gamba di lei. Quando si accorse che lo stava guardando, si voltò anche lui e, senza dire una parola, le afferrò i capelli e la strinse a sé per baciarla. Le abbassò la maglietta, baciandole i seni con avidità, poi si allontanò, respirando affannosamente come se quel gesto gli fosse costato molto.

Non aspettò la fine del film, ma rimise in moto l’auto e tornò verso Roma.

 

 

Dopo quella sera, Marco e Aurora non erano più rimasti in casa da soli: ogni volta che i loro amici proponevano di uscire a fare un giro, Marco si mostrava subito d’accordo, lasciando anche stupiti quelli che lo conoscevano abbastanza e che lo avevano visto, nelle ultime settimane, chiudersi in camera con Aurora e la chitarra. Chiunque avrebbe potuto pensare a un qualcosa accaduto tra i due, ma loro continuavano a comportarsi come sempre.

- Non riesco proprio a capire il suo comportamento – sospirò Silvia, che aveva accompagnato Aurora a uno dei suoi concerti: l’amica le aveva raccontato ciò che era successo nella macchina del ragazzo.

- Non so che dirti, ma sono stufa di mostrarmi carina con lui – rispose Aurora, aprendo la porta del locale con più forza del dovuto. – Vuole mantenere segreta quella serata? Bene, ci sto, ma almeno mi spiegasse perché si è comportato così!

- Perché ti ha baciato le tette? Mi sembra piuttosto evidente.

- Sempre fine tu, eh?

In quel momento Marco le vide e si avvicinò a loro per salutarle, ma Aurora corse subito da Manuel e Heather, evitandolo, e Silvia fece lo stesso. Non si rivolsero parola per tutta la sera, anche se Marco cercò più volte di fare qualche battuta per farla ridere, inutilmente. Manuel si accorse del loro strano comportamento e finalmente ebbe la prova che stessero tenendo qualcosa segreto; una volta concluso il concerto, propose di fare un giro per Roma e, convinta Silvia a fare il suo gioco, lasciarono Aurora e Marco nel locale, mandando poi loro un messaggio per dirgli di raggiungerli.

Aurora sbuffò, urtata, ma infine si voltò verso Marco e, sempre senza dire una parola, salì in macchina con lui. Una pessima idea: stare in quell’auto le faceva venire in mente la serata da cui aveva avuto origine tutto.

- Come va? – le chiese Marco dopo qualche minuto.

- Bene – si limitò a rispondere lei, guardando fuori dal finestrino, le braccia incrociate al petto.

– E come stai?

- Bene.

- E' da quando siano partiti che mi dici solo bene. Non potresti cambiare parola?

- Stronzo.

Marco fece una smorfia, accostando la macchina in un parcheggio. – Andava meglio “bene”.

Aurora scrutò fuori, ma non vide le auto dei loro amici. – Dove sono gli altri?

- Prima mi dici il perché del tuo “stronzo”.

- E allora tu mi dici perché non rimaniamo più nella stessa stanza da soli.

- Volevo uscire con gli altri, mi ero stufato di suonare la chitarra.

Aurora sbuffò. – Potevi cercare una scusa migliore.

- Perché non mi hai rivolto parola stasera?

Si voltò finalmente verso di lui, scrutandolo con aria ostile. – Posso capire che tu voglia tenere segreto agli altri ciò che è accaduto l’altra sera proprio qui dentro, ma almeno io avrò il diritto ad una spiegazione?

- Che tipo di spiegazione? – chiese Marco, indifferente, ma Aurora si accorse che stava fingendo. – Non mi pare che sia successo niente di che…

- Mi hai baciato le tette! – esclamò Aurora, ricordando le parole di Silvia e sentendosi immediatamente una stupida.

- E allora? A te piace Ettore, no? Facciamo finta che non sia successo niente, evitiamo di restare soli e tutto tornerà come prima.

- Evitiamo di stare soli in una stanza e invece lo siamo qui?

Marco inspirò profondamente e il suo sguardo si fece meno sicuro. – E’ solo che io non ci riesco proprio, a rinunciare a te.

La lasciò senza parole, ma prima ancora che lei le trovasse la baciò come alcune sere prima, poggiandole una mano dietro la testa e stringendola a sé. Le tolse la cinta velocemente e si sporse verso di lei, passando le labbra sulle sue come non avesse aspettato altro.

Quando le permise finalmente di respirare, specchiò gli occhi nei suoi, la bocca leggermente aperta.

- Togliti dalla mia testa – le sussurrò, toccandole la fronte con la propria. – Fai un male che non capisci. Noi siamo amici, stiamo bene quando scherziamo, ma… ma se tu continui a pensare a un altro io che posso fare? Sarei un cretino a correrti dietro, però tu neanche scappi, rimani qui tra le mie braccia! Non farmi male.

Aurora sorrise e gli passò una mano sulla guancia; lo sentì rabbrividire e fu talmente colpita da ciò che aveva davanti che il cuore le si riempì di calore. L’immagine di Ettore nella sua testa divenne sfocata.

   
 
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