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Autore: Stella Di Mezzanotte    16/11/2011    12 recensioni
Edward è un bellissimo pianista che suona sull'Olympic, un uomo misterioso e ricco di fascino. Rosalie è una donna ricca e viziata e Isabella una ragazza semplice e innamorata. Sullo sfondo di una bellissima nave si consumano forti emozioni. Cosa nasconde il fascino di Edward?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Emmett Cullen, Jacob Black, Rosalie Hale | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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                   Il Pianista sull’ Oceano


       Aveva negli occhi la forza del suo cuore.
     [Charles Baudelaire]

 

 

 

L’odore salmastro dell’Oceano le penetrò nelle narici e la brezza fresca d’autunno le solleticò il viso. Il sole schiacciava l’occhio dall’orizzonte e uno stormo di gabbiani volava a ridosso dell’ Olympic. Respirò a pieni polmoni e strinse l’elegante scialle bianco ricamato sulle spalle. Si preannunciava una serata piuttosto fredda ma piacevole. Lentamente si voltò e procedette lungo il ponte, per tornare nel salone dove la madre l’ attendeva. A quel pensiero non riuscì a trattenersi e roteò gli occhi verso il cielo plumbeo. Non sapeva neppure lei come i suoi genitori erano riusciti a convincerla a farla salire sull’Olympic. Aveva sempre avuto paura delle navi, a maggior ragione dopo il tragico disastro del Titanic. La White Star Line aveva fallito nel suo progetto, aveva riposto tutta la sua fiducia in quel transatlantico che poi era affondato. Brividi freddi le percorsero la schiena e s’ impose di non pensarci. Erano passati ventitre anni ormai e lei non era neppure nata quando avvenne la catastrofe, eppure tutto quello l’aveva influenzata e sapere che l’Olympic era la sorella gemella del Titanic non l’aiutava affatto. Sospirò un paio di volte ed entrò nel lussuoso salone, allestito con eleganti tendaggi, alti e imponenti lampadari e grandi scalinate. C’era ogni tipo di eccesso e ricchezza e tutti i passeggeri venivano serviti continuamente da eleganti camerieri. All’interno la temperatura era più calda, così si tolse lo scialle  e se lo mise sottobraccio, mentre cercava di individuare sua madre. Notò il tavolo dove suo padre fumava la pipa, in compagnia di altri uomini, giocatori d’azzardo come lui. Anche Jacob era seduto lì e quando incrociò il suo sguardo le sorrise, mettendo in mostra una fila di denti bianchi e perfetti. Ricambiò il sorriso e arrossì leggermente al ricordo del loro primo incontro. Era un amico di suo padre e aveva trent’anni. Aveva da subito capito che era interessato a lei e la madre la incitava spesso a fargli compagnia, dopo la cena in sala. Era un uomo dai modi gentili e maliziosi, molto ricco e sua madre lo adorava per questo. Voltò lo sguardo dall’altra parte del salone e vide sua madre, seduta su un divanetto di pelle bianca, con Rosalie e Alice. Ridevano tutte e tre di gusto a causa di qualche battuta di sua madre, ne era certa. Reneè aveva un innato talento nel farsi notare. Non appena la vide le fece cenno di raggiungerle, ma lei indugiò. La presenza di Rosalie la metteva a disagio. Anche Alice la notò e le sorrise con tenerezza, allungando una mano verso di lei, in un chiaro invito a raggiungerla. Fu quel gesto a convincerla e con un sorriso si avvicinò al loro divanetto.

<< Mia cara, ti aspettavamo. >> Sua madre le sorrise benevola e le accarezzò il viso, quando lei si sedette tra lei e Alice.

Quest’ultima le schiacciò l’occhio e tenne stretta la sua mano. Rosalie, seduta accanto ad Alice le rivolse un sorriso glaciale, come i suoi occhi, per tornare poi a rivolgere il suo sguardo alla sala, sicuramente in cerca di lui.

<< Cos’hai fatto di interessante, questo pomeriggio, Isabella? >>

<< Solo una passeggiata sul ponte, Alice. >>

Si sorrisero complici. Nonostante fosse una donna sposata di ventinove anni, si trovavano molto bene insieme. Sembrava molto più piccola della sua età, così come suo marito Jasper.

<< Hai fatto incontri interessanti? >> volle sapere, invece, sua madre.

<< Jacob è seduto al tavolo con papà da oggi pomeriggio. >>

Alice ridacchiò e la donna la guardò perplessa. Isabella sorrise tra sé, sapeva che sua madre voleva sapere se aveva incontrato Jacob, con le parole “ incontri interessanti “ così l’aveva preceduta sul tempo.

<< Capisco tesoro. Vedrai che stasera ti farà buona compagnia. Dovrebbero finire presto >>

Isabella storse il naso. Difficilmente finivano di giocare ad orari decenti.

<< Ne dubito signora Swan. >>

Ancora una volta lei e Alice si capivano alla perfezione. In tutto questo Rosalie continuava a tenersi distante dalla loro discussione e quando la bellissima donna bionda la sorprese a guardarla, le sorrise appena.

<< Sei molto carina, Isabella. >> disse con la sua voce di velluto.

<< Vi ringrazio Miss McCarthy. Voi al contrario siete bellissima. >>

Lei si portò una mano al viso, civettuola.

<< Com’è gentile vostra figlia, Reneè. >>

<< Non avete nulla da invidiare a mia moglie, Isabella. >>

Alzò lo sguardo e trovò un paio di occhi azzurri, quasi blu a guardarla sorridenti.

<< Emmett, è un piacere incontrarla. >>

<< Anche per me. >> mi schiacciò l’occhio per poi prendere la mano della moglie e tirarla in piedi.

Emmett, il marito di Rosalie, era un uomo molto bello ed affascinante. Era un importante avvocato di trentadue anni, poco affine al gioco d’azzardo, proprio come Jasper, il marito di Alice. Alle volte non capiva se Rosalie aveva compreso quale magnifico uomo aveva sposato.

Quando i coniugi McCarthy si allontanarono, Alice le poggiò una mano sulla spalla.

<< Ora devo andare cara. Devo svegliare quel pigrone di mio marito. Aveva detto che si sarebbe riposato solo un paio d’ore dopo pranzo, ma siamo giunti all’orario della cena e di lui neanche l’ombra! >>

Rise brevemente. Alice e Jasper le piacevano ed erano molto carini insieme. Lui taciturno e silenzioso, lei prorompente e vivace.

<< Andiamo anche noi Isabella. Sarebbe il caso che ti cambiassi d’abito per la cena. >>

Sospirò e seguì la madre fuori dal salone. Si avvicinarono alle scale, che si aprivano in due grandi rampe, divise dalla scultura di un angelo, che portavano al piano superiore ovvero agli alloggi di prima classe.

<< Senti Isabella, dovresti essere più partecipe con Rosalie. >>

<< Perché, già non lo sono? >>

<< Non abbastanza, tesoro. Ogni volta che vi vedete sembra che non andiate d’accordo. >>

Infatti è così, pensò. Non si erano mai piaciute e i loro rapporti erano quelli classici di cortesia, ma che sotto sotto nascondevano mal sopportazione. Infondo cosa mai avevano in comune? Quella era una donna di trent’anni, bella e bionda che faceva impazzire gli uomini. Mentre lei era solo una ragazza semplice, di dieci anni in meno di lei, con gli occhi e i capelli scuri.

Però una cosa in comune in realtà l’avevano…

Mise a tacere i propri pensieri ed entrò nella sua cabina. Per fortuna l’aveva separata da quella dei suoi genitori. Questa era stata una delle cose che il padre le aveva promesso per invogliarla a partire.

<<  Ci vediamo in sala, Isabella. Mi raccomando metti quel vestito. >>

Sorrise a sua madre e poi chiuse la porta. Ci si appoggiò contro e chiuse gli occhi. Perché aveva accettato di affrontare questo viaggio? Per fortuna erano diretti a New York, da amici di famiglia. Suo padre desiderava visitare la città perché aveva l’intenzione di trasferirsi e lei era entusiasta di questo. Abitavano in una piccola cittadina nel sud America e fare un simile cambiamento non poteva che farle piacere. Forse per questo aveva accettato di salire sull’ Olympic.

La camera era molto elegante, formata da un letto di una piazza e mezzo in ferro battuto, un comodino, un armadio e una cassettiera in legno. Un piccolo divanetto rosso in pelle, un tavolino con un lume e un piccolo vasetto in cristallo con delle rose bianche, infine una grande porta finestra  decorata con pesanti tende rosse ricamate, che si affacciava sul  ponte della nave.

Spostò un lato della tenda e aprì una parte della porta finestra per far entrare l’aria salmastra dell’Oceano. Si tolse il fermaglio dai capelli e lo poggiò sul tavolino, da cui prese il suo libro preferito. Mancava quasi un ora alla cena, e sua madre perdeva molto più tempo di lei per vestirsi e truccarsi, così si distese sul letto aprendo il libro a una delle tante pagine da lei preferite. Si rilassò  per pochi minuti, fin quando non decise di prepararsi. Indossò il vestito preferito di sua madre, giusto per non sentirla lamentarsi durante la cena. Era lungo fino ai piedi, rosso scuro con ricami neri lungo il fianco e perline sulla scollatura generosa. Al collo tenne la collana che suo padre le aveva regalato da bambina, ovvero un cuore che si apriva rivelando una fotografia che raffigurava Milù, la sua bellissima gatta persiana bianca, che durante quel viaggio teneva sua zia. Probabilmente qualcun altro avrebbe messo un altro tipo di foto, ma suo padre quando gliel’aveva regalata, le aveva detto di tenere la cosa che più sentiva vicino e dentro il suo cuore. Milù in quel momento era l’unica, a parte ovviamente i suoi genitori.

Decise di non indossare gli orecchini di perle, che le aveva regalato sua madre. Infondo stava già indossando il suo vestito preferito, no? Non gliel’avrebbe data vinta sugli orecchini, che aveva indossato una sola volta, quando glieli aveva regalati il giorno del suo compleanno. I capelli preferì lasciarli sciolti sulle spalle. Erano piuttosto lunghi e le scendevano in ciocche morbide e mosse lungo la schiena.

Uscì dalla cabina e si avviò lungo il corridoio, diretta alle scale.

<< Quale stupenda visione >>

Una voce calda e familiare la fece voltare. Sorrise quando riconobbe Jacob, nel suo elegante completo nero.

<< Permette >> disse porgendole il braccio.

<< Grazie. >> disse solamente, con una punta d’imbarazzo.

<< Siete bellissima, Isabella. >>

Non rispose e insieme scesero le scale. Il salone era più affollato da quando l’aveva lasciato, meno di un ora prima. Molte persone erano già sedute ai loro tavoli, l’orchestra aveva cominciato a suonare, mentre alcuni uomini discutevano animatamente tra loro, chi con sigari alla bocca, chi con piccoli bicchieri ricolmi di liquore tra le mani.

<< Non vi stancate mai di stare seduto a quel tavolo con mio padre, signor Black? >>

<< Chiamatemi Jacob, vi prego. Quante volte devo ripetervelo? >> disse con un sorriso splendente.

<< Avete ragione, Jacob. >>

<< Ora va meglio. >>

Le schiacciò l’occhio e si avvicinò per darle un bacio sulla fronte.

<< Tutti gli uomini saranno gelosi di me, questa sera. >> le sussurrò ad un orecchio.

<< Non sono così presuntuosa da credere alle sue parole, Jacob. >>

<< Non si tratta di essere presuntuosi Isabella. Dico solo la verità. >>

Sorrise sinceramente. Quel ragazzo le piaceva, ma c’era qualcosa in lui che non la convinceva. Sua madre sembrava non essere preoccupata dalla grande differenza d’età tra di loro. Era convinta che Jacob fosse l’uomo giusto per lei.

<< Tesoro, non ti ho vista per tutto il giorno. >>

Suo padre ruppe il contatto tra i loro sguardi. Strinse un braccio sulle sue spalle e lei poggiò una mano sul suo petto.

<< Jacob, hai visto che bella ragazza è mia figlia? >>

<< Certo Charlie, glielo stavo giusto dicendo. >>

Jacob aveva nel frattempo preso un bicchiere di vino rosso, dal vassoio tenuto in sospeso su un braccio di un cameriere.

<< Non starete mica disturbando la mia bambina con i vostri stupidi discorsi, vero? >>

<< Reneè, i discorsi di tuo marito non sono mai stupidi! >>

<< In ogni caso, spero che non annoierete me ed Isabella durante la cena. A proposito, caro, ci accomodiamo? >>

Non era sorpresa del fatto che Jacob avrebbe cenato con loro. Era partito, da solo, per affari e con questa scusa i suoi genitori lo invitavano sempre a mangiare con loro. Si accomodarono attorno al tavolo apparecchiato e subito Jacob e suo padre cominciarono una fitta discussione di politica.

<< Come non detto. >>  sussurrò sua madre, facendola ridere.

La cena si protrasse piuttosto tranquillamente, fin quando Emmett McCarthy si alzò in piedi dal suo tavolo, che condivideva con la moglie. Catturò l’attenzione dei presenti e alzò in alto il suo bicchiere ricolmo di vino.

<< Volevo solo fare un brindisi da dedicare a questa splendida nave e a tutti i suoi passeggeri. >>

Quasi tutti i presenti in sala accolsero con entusiasmo il suo intervento. Emmett era un uomo particolarmente influente che ormai in molti conoscevano.

<< All’ Olympic ed alla sua ultima traversata! >>

Tutti alzarono i loro calici per unirsi al brindisi e lei fece lo stesso. Questo viaggio sarebbe stato l’ultimo per l’Olympic.

Alice e Rosalie le raggiunsero dopo la cena, nello stesso divanetto del pomeriggio, dove lei e la madre erano sedute.

<< Tuo marito sa come attirare l’attenzione, Rosalie. >>

<< E’ vero. >>  rispose la bionda con un mezzo sorriso.

Alice si sedette accanto a loro, mentre lei rimase in piedi. Sapeva bene il motivo. Strinse i pugni, senza farsi notare, mentre uno strisciante senso di disagio, che non sapeva giustificare, le strinse lo stomaco.

<< Chiedo scusa. >>

Osservò Rosalie allontanarsi e seguendola con lo sguardo finalmente vide lui, bellissimo nel suo completo nero elegante. Stava appoggiato al pianoforte, con una mano in tasca e una tra i capelli bronzei. Notò il suo sorriso lascivo posarsi sulla donna bionda che sensualmente si avvicinava a lui.

Rosalie posò la mano sul suo braccio e lui le prese la mano, baciandone il dorso, senza staccare gli occhi da lei. Era terribilmente sensuale in quel suo atteggiamento da predatore. Peccato che quelle attenzioni non erano rivolte a lei. Gli unici momenti in cui si erano incontrati erano stati durante le cene dove lui alla fine suonava uno dei suoi meravigliosi pezzi, che lasciavano un sospiro estasiato sulle labbra delle signore e delle occhiate a volte invidiose a volte ammirate degli uomini.

Decise di non guardare più la coppia, quando vide l’uomo posare una mano sul fianco della bionda. Per lei sarebbe stato troppo, continuare a osservarli.

<< Non lasciarti ingannare dalle apparenze, Bella. >>

Sorrise del suo diminuitivo. Aveva cominciato a chiamarla in quel modo la prima volta che l’ aveva vista, dicendo che era più adatto a lei e decisamente più facile da ricordare rispetto ad Isabella.

<< Non capisco cosa intendete dire Alice. >> mentì come meglio potè.

<< E’ un uomo che accetta le attenzioni di una bella donna. Nulla di più. >> commentò serafica, per poi lasciarla con un sorriso e raggiungere il marito.

In realtà avrebbe voluto dirle che non era un fatto da poco. Aveva capito anche lei che erano amanti, non ci voleva molto a capirlo. Sua madre le aveva raccontato che Edward, un uomo di trentacinque anni, viveva a Chicago, lavorava in diversi locali di lusso dove suonava e in uno di questi aveva conosciuto la famiglia McCarthy. Si diceva che era stata proprio Rosalie a fargli trovare quest’altro lavoro all’ Olympic. Forse per tenerlo con sé anche durante le sue vacanze con il marito?

La cosa la lasciava piuttosto disgustata. Capiva il suo interesse per quell’uomo straordinario e statuario, ma il marito non era da meno e sembrava all’oscuro della relazione tra i due. Sua madre però non era dello stesso avviso. Quando aveva accennato a questo discorso lei aveva risposto “ Sei ancora troppo giovane, mia cara. Non sai nulla della vera vita di un matrimonio. Anche lui non è da meno. “

In effetti si chiedeva spesso come fosse possibile che un uomo furbo come Emmett non si fosse accorto della relazione extra-coniugale della moglie. Era chiaro come il sole.

<< Oh Edward, ma come devo fare con te. >> sentì dire dalla voce da gatta di Rosalie.

Si voltò di nuovo verso di loro e notò Edward con entrambe le mani sui suoi fianchi, sorriderle in modo quasi indecente mentre lei teneva un alto calice di Champagne in mano e l’altra mano gli accarezzava il petto.

Si sentì di colpo una nullità. Era solo una bambina per lui e non l’ avrebbe mai notata, non quando aveva Rosalie. Allora perché non riusciva a smettere di pensare a quegli intensi occhi verdi che ormai erano arrivati a disturbare persino il suo sonno?

Attirata da una sconosciuta sensazione mista tra invidia e gelosia, si alzò e li raggiunse. Non si credeva capace di una cosa del genere, ma si avvicinò ad Edward che quando la vide, lasciò andare solo una mano dalla vita di Rosalie e lasciò l’altra sul suo fianco, mentre la fronteggiava.

<< Signorina Swan. >> la salutò con un sorriso gentile, molto diverso da quello che prima rivolgeva alla signora McCarthy.

<< Isabella, desideravi qualcosa? >>

Era evidente il fastidio che la sua presenza procurava a Rosalie, ma si decise a non farsi sottomettere dai suoi atteggiamenti. Sapeva che effetto avevano su di lei.

<< In realtà volevo solo salutare il signor Masen. >>

<< Oh Isabella mi chiami pure Edward. >>

Le schiacciò l’occhio con quel suo sorriso storto che le fece mancare qualche battito. Forse non era stata una buona idea quella di avvicinarsi a loro.

<< D’accordo Edward, mi chiedevo cosa avreste suonato stasera per noi. >>

Lui lasciò del tutto Rosalie, con suo grande disappunto e mise entrambe le mani nelle tasche dei suoi pantaloni neri, eleganti.

<< Vuole che le suoni qualcosa in particolare, Isabella? >>

Adesso perché aveva usato un tono roco e basso? La stava mandando in confusione. Sentiva le guance riscaldarsi e fu colta dal terrore di arrossire davanti a lui. Non poteva fare una così brutta figura.

Stava per rispondere quando un forte braccio le cinse la vita.

<< Ti ho trovata, finalmente. >>

Jacob le sorrideva e non teneva in minima considerazione Edward davanti a lei.

<< Non sapevo più dove cercarti. >>

<< Buonasera Signor Black. >>

La voce di Edward le tolse l’incombenza di rispondere a Jacob.

<< Buonasera Masen. Non mi ero accorto della sua presenza. >>

<< Nemmeno della mia, Jacob? >>

Jacob sorrise a Rosalie e si avvicinò per baciarle elegantemente la mano.

<< Le mie scuse Rosalie, ma Isabella ha catturato completamente la mia attenzione. >>

Rosalie rise brevemente.

<< Certo, lo posso immaginare. >>

<< A proposito Isabella, non ho ancora avuto l’occasione per farvi i miei complimenti. Siete bellissima con questo vestito. >>

Le parole di Edward le fecero salire il cuore in gola. Il complimento di Jacob non aveva avuto lo stesso effetto del suo.

<< Grazie, Edward. >>

Lui sorrise ancora e proprio in quel momento la voce del capo sala invitò Edward a cominciare a suonare. Si allontanò con Jacob, mentre Rosalie si appoggiava al piano, con ancora il calice in mano. Edward posò una lieve carezza sul viso della donna per poi cominciare a suonare.

Non riuscì a staccare gli occhi dalle sue dita, che sinuose si muovevano sui tasti. Per un attimo le immaginò su di lei e dovette fare un paio di respiri profondi per riconcentrarsi sulla musica. Ciò che risvegliava dentro di lei era qualcosa di indefinibile ma profondo. Era come se quella melodia parlasse al suo cuore e alla sua anima.

Gli occhi verdi di Edward, concentrati sui tasti si spostarono per qualche secondo su di lei, seduta poco lontana dal pianoforte. Quell’occhiata valse più di mille parole. Fu investita all’improvviso dai sentimenti che quegli occhi nascondevano, come un onda violenta che s’ infrangeva sugli scogli. Allo stesso modo qualcosa si accese dentro di lei.

Lentamente le dita di Edward si fermarono sul pianoforte, la musica cessò e seguirono alcuni attimi di silenzio. Non l’aveva mai fatto e cominciò piano a battere le mani. I loro sguardi si incrociarono e rimasero legati quando anche il resto della sala seguì il suo stesso gesto.

<< Sei stato incredibile, tesoro. >>

Nonostante lo scrosciare degli applausi, riuscì a sentire bene le parole smielate della signora McCarthy. Vide gli occhi di smeraldo di Edward allontanarsi dei suoi, per incontrarne degli altri, azzurri e magnetici.

<< Avevi dubbi, piccola? >>

Quel nomignolo le mandò il cuore in gola nonostante non fosse chiaramente indirizzato a lei. Con un sospiro si alzò e raggiunse nuovamente Edward, che ora stringeva con un sorriso la mano di qualche uomo d’affari, giunto a congratularsi con lui.

<< Un eccellente dimostrazione della vostra bravura. >>

Edward le lanciò una veloce occhiata, che a lei parve per un attimo ricca di presunzione.

<< Naturalmente. >>

<< Vi piace mettervi in mostra? >> disse prima di riuscire a fermarsi.

L’uomo d’affari lasciò lentamente la mano di Edward, ridendo sommessamente e Rosalie sgranò impercettibilmente gli occhi, quanto a Edward… la sua espressione era indecifrabile.

<< Più di quanto immaginate. >>

Fu il turno di Rosalie di ridere, mentre lei inarcò un sopracciglio e con una forza di cui non si credeva capace si avvicinò a quell’uomo così bello da toglierle il fiato.

<< Ci riuscite molto bene, ma vi credevo diverso. Superiore forse a queste cose. >>

Edward assottigliò lo sguardo, ma non si fece intimidire.

<< Mi sbagliavo. >> concluse allontanandosi.

Si recò fuori dalla sala e una volta fuori, respirò a pieni polmoni l’aria fredda della sera. Cosa le era preso? Non era riuscita a trattenersi. Vederlo con quella donna a suo avviso subdola e stupida, seppur bellissima, l’aver notato nei suoi occhi la presunzione di ritenersi il migliore l’aveva fatta scattare. Non era da lei, eppure aveva sempre provato una profonda ammirazione verso quello che si alla fine si era rivelato soltanto… un uomo, che lei non avrebbe mai avuto.

Rise tra se. Una risata amara e senza gioia. Cosa mai si aspettava? Non sapeva darsi una risposta. Stava per rientrare quando sentì delle risate e dei passi avvicinarsi al punto in cui si trovava. Si nascose dietro una colonna e vide Edward e Rosalie camminare abbracciati per poi fermarsi poco lontano da lei.

<< Ti rendi conto, Eddy? >>

<< Dai Rose è solo una ragazzina. >>

Isabella strinse gli occhi. Era sicura che stessero parlando di lei e di ciò che aveva detto a Edward pochi minuti prima.

<< Questo è certo, ma fare dell’ironia su un uomo come te. >>

<< Si è solo resa ridicola, piccola. >>

<< Piccola… lo dici spesso. >>

<< Non ti piace, Rose. >>

<< Tutto ciò che dici o… che fai mi piace. >>

Cercò di ignorare il modo in cui la bionda sottolineò la parola fare. Se prima era in qualche modo sicura che i due fossero amanti, adesso non c’erano più dubbi. Infondo cosa si aspettava? Ciò che le faceva più male, però, era sapere che lui la riteneva solo una ragazzina. Non si era pentita di ciò che gli aveva detto in sala. Per un attimo aveva visto un uomo troppo sicuro di sé. Forse con la sua bravura e bellezza si credeva di essere il migliore? Forse lo era e la sua gelosia verso quell’uomo irraggiungibile le stavano giocando brutti scherzi. Intanto i due si erano spostati e lei ne approfittò per rientrare in sala. Prima però non riuscì ad evitare la dolora visione della coppia impegnata in un bacio appassionato. Le mani di Rosalie sul suo viso, che ogni notte lei sognava di sfiorare e le mani di Edward sulla sua vita.

<< Isabella! >>

La voce di Alice la fece trasalire. Cercò di risultare rilassata ma era ancora tesa per via di ciò che aveva sentito dire dal meraviglioso pianista.

<< Va tutto bene? >>

<< Sì, sono solo molto stanca. Penso che andrò a dormire. >>

Le sembrò di vedere tenerezza nel suo sguardo, ma fece finta di nulla e ricambiò il suo sorriso.

<< Allora buona notte tesoro. >>

<< Vai di già? >>

Sua madre le raggiunse. Ancora meglio, non avrebbe perso tempo a cercarla.

<< Sì, mamma. Sono esausta. >>

<< Va bene. >>

Le diede un bacio sulla fronte e la lasciò libera di tornare nella sua stanza. Una volta lì, si sedette sul letto e si portò una mano sul petto. Il suo cuore era in tumulto. Il ricordo della sua voce dire quelle cose non riusciva ad abbandonare la sua mente. Si alzò con rabbia e camminò nervosamente per la cabina. Come le era venuto in mente di dire quelle cose? Adesso lui la riteneva solo una stupida. Decise di non pensarci più e di mettersi davvero a letto. Guardò la foto di Milù nel suo ciondolo e desiderò averla lì per stringerla tra le braccia. Ricordava ancora quando suo padre gliel’aveva portata da uno dei suoi tanti viaggi. Sua madre aveva storto il naso all’inizio, ma poi anche lei si era innamorata di quella piccola palla di pelo bianco, morbido e soffice.

Con questi pensieri si addormentò, dopo aver indossato una calda camicia da notte bianca di pizzo. Le sembrarono passati pochi minuti, però, quando si svegliò nel cuore della notte. Si alzò e guardò fuori dalla finestra. Il cielo era scuro e coperto di stelle e la nave procedeva tranquilla nelle acque profonde dell’Oceano. All’improvviso le parve di sentire una lieve musica. Proveniva senza dubbio dal piano di sotto, dove c’era il salone. Chi suonava a quell’ora della notte? Presa da una strana curiosità uscì dalla camera per recarsi proprio lì. Incrociò un paio di camerieri, dato che il bar era sempre aperto e solo in quel momento di rese conto di non aver indossato neppure una vestaglia per scendere. Arrossì leggermente ma sarebbe stato peggio scappare e tornare indietro. La musica da lì si sentiva molto più forte e infatti vide un ragazzo seduto al pianoforte. Il cuore le salì in gola quando lo riconobbe. Aveva la camicia bianca leggermente sbottonata con le maniche arrotolate fino ai gomiti. L’aria triste e lo sguardo puntato sui tasti. Una mano sul piano e l’altra appoggiata alla sua gamba, fasciata dai pantaloni eleganti che indossava durante la cena.

Non sapeva se andarsene o rimanere. La prima opzione le sembrava più plausibile considerando il fatto che era vestita con una semplice camicia da notte, senza contare che Edward Masen di sicuro l’avrebbe derisa, questa volta di persona.

In quel momento l’uomo stava suonando una lenta melodia, molto dolce e triste al tempo stesso. Una composizione molto diversa da quelle con cui era solito esibirsi. Sembrava quasi che stesse improvvisando, seguendo i suoi sentimenti. Ad un certo punto i suoi occhi di smeraldo si alzarono su di lei, ma non smise di suonare. Isabella non avrebbe mai dimenticato quello sguardo. Le sembrò di essere stata fissata per ore, piuttosto che pochi secondi.

<< Una così brava signorina cosa ci fa sveglia a quest’ora? >>

<< Colpa della vostra musica. >>

A quelle parole Edward rilassò le dita della mano con cui stava suonando e le poggiò sui tasti, mettendo fine a quella lenta e dolce tortura per le sue orecchie.

<< Sono mortificato, Isabella. >>

Si alzò in piedi e si portò una mano tra i capelli, già abbastanza spettinati. Isabella represse in un angolo della sua mente il pensiero che con molta probabilità erano state le mani di Rosalie ad averli scombinati e si concentrò sul bellissimo uomo che ora le stava di fronte. Avrebbe voluto dire che in realtà era contenta di essere stata svegliata dalla sua musica. A dire il vero non era del tutto sicura che si era davvero destata per questo, dal suo sonno, ma era stata comunque attirata da quelle note.

<< Non si preoccupi. E’ sempre un piacere per me. >>

Lui le regalò un sorriso che le parve sincero, libero dalla malizia che riservava invece alla Signora McCarty. Ne seguì qualche attimo di imbarazzante silenzio, almeno per lei. Edward invece le sorrideva semplicemente.

<< Le posso offrire qualcosa? >>

<< Oh, io non bevo. >>

Lui rise brevemente e la portò a sedere su un divanetto. In tutto questo lei era rimasta con la sua camicia da notte ma lui non sembrava farci caso. Naturale, disse a se stessa, è abituato a ben altro.

<< Solo qualcosa di leggero. >>

<< Come? >> chiese senza capire.

<< Potreste bere qualcosa di leggero, giusto per farmi compagnia. >>

Detto questo, fece cenno ad un cameriere che stava sistemando delle cose su un carrello e quando questo si avvicinò diede la sua ordinazione. Pochi minuti dopo prese titubante un bicchiere a coppa contenente del liquido bianco con delle bollicine.

<< Direi che un po’ di Champagne non ha mai fatto del male a nessuno. >>

Le strizzò l’occhio mentre lui beveva a piccoli sorsi qualche tipo di liquore a lei sconosciuto. Lo imitò ma bevve un sorso di troppo e rischiò di affogarsi. Sentì una mano calda di lui sulla schiena e le si mozzò il respiro in gola ma non per l’effetto dello champagne.

<< Isabella state bene? >>

<< S -sì ma vorrei uscire a prendere un po’ d’aria. >>

Si alzò, subito seguita da lui e uscì dal salone, fino ad arrivare al ponte. Arrivò fino alla ringhiera e respirò a pieni polmoni per calmare il battito del cuore che stava galoppando nel suo petto. Insomma cosa le succedeva? Un così piccolo contatto con quell’uomo le faceva perdere così il controllo? Non ebbe tempo di rispondere a se stessa che avvertì qualcosa coprirle le spalle. Scoprì che si trattava di una giacca nera, elegante.

<< Non potete rimanere così scoperta a quest’ora. Rischiate un raffreddore. >>

Edward Masen gli aveva appena messo la sua giacca sulle spalle. Poteva avvertire il profumo che gli sentiva addosso quando trovava il coraggio di avvicinarsi a lui.

<< Siete molto gentile. >>

Lui non rispose e si appoggiò alla ringhiera. Nessuno dei due parlò per lunghi attimi, fin quando non fu di nuovo lui a rompere il silenzio.

<< L’Oceano. Così terribile e magnifico. >>

<< Come l’amore. >> rispose solamente.

Lo sentì irrigidirsi al suo fianco e lo osservò. Aveva lo sguardo corrucciato, gli occhi fissi nelle acque gelide e profonde dell’Atlantico e i capelli che si muovevano leggermente a causa del vento.

<< Come l’amore. >> ripetè, per poi voltarsi e guardarla con un sorriso.

<< Io tra le due preferisco l’Oceano. >>

Anche lei sorrise ma questo le morì poco dopo quando sentì le sue dita sistemargli una ciocca di capelli mossa dal vento. Le tornarono alla mente le parole con cui l’aveva definita qualche ora prima e si allontanò. Lui sospirò e si rimise al suo posto.

<< Mi piacerebbe sapere a cosa pensate Isabella. >>

<< Non credo. >>

<< Perché? >>

<< Avrete di sicuro di meglio da fare che ascoltare i pensieri di una ragazzina. >>

Lui non disse nulla, di sicuro non pensava che lei l’avesse sentito.

<< Sono qui con voi e si può dire che non vi conosco. Parlatemi di voi. >>

<< Non sono una persona interessante. >> ribattè.

<< Lasciate giudicare me. >>

Il suo sorriso era disarmante.

<< Non c’è davvero molto da dire. Vengo da un paesino del sud America, mio padre è un avvocato, mia madre un assidua frequentatrice di saloni eleganti dove passare interi pomeriggio a chiacchierare con le sue amiche e sono figlia unica. A New York abbiamo dei parenti e mio padre vorrebbe trasferirsi lì. >>

<< Davvero? Anch’io una volta arrivato, farò residenza a New York. >>

Il suo cuore perse qualche battito. Se suo padre si fosse definitivamente convinto allora lei e Edward sarebbero rimasti nella stessa città. Tra l’altro i coniugi McCarty vivevano a Chicago, quindi Rosalie non avrebbe più rivisto Edward. Ma cosa andava a pensare? Non erano affari suoi! Senza contare che si sarebbero incontrati in un modo o nell’altro.

<< Vi perdete spesso nei vostri pensieri. >>

<< Scusate. >> disse imbarazzata.

<< Non preoccupatevi. Mi avete detto davvero poco di voi, Isabella. >>

<< Ve l’ho detto, non c’è molto da sapere. Sono un tipo molto riservato, ho poche amiche e la mia unica vera confidente è Milù. >>

Senza pensare aprì il ciondolo e si avvicinò un po’ a lui per fargli vedere la foto. Edward abbassò leggermente il capo e sentì i suoi capelli sfiorarle il petto.

<< Una gatta molto bella. Anch’io ne avevo uno a Chicago, ma l’ho regalato a Rosalie McCarthy, dato che le piaceva molto. Era un gatto siamese. >>

A quella risposta Isabella si allontanò quasi di scatto, richiuse il ciondolo e abbassò lo sguardo. Inutile, Rosalie era sempre presente.

<< Parlatemi di voi. >> disse per evitare il suo sguardo.

<< Oh Isabella, vi annoierete di sicuro. In ogni modo devo ricambiare il favore. I miei genitori sono morti quando ero molto piccolo. Mio zio era insegnate di pianoforte, così me lo insegnò, in modo da farlo diventare un lavoro una volta cresciuto. Qualche anno fa è morto, lasciandomi completamente da solo. Ho cominciato a lavorare in diversi locali di Chicago per mantenermi e in uno di questi ho incontrato Rosalie. >>

Lo vide sorridere e una fitta di gelosia la colse.

<< La mia vita era davvero difficile. Ero da solo e venivo letteralmente sfruttato. Mi pagavano poco e spesso rinunciavo a mangiare per non spendere troppo. Rosalie ebbe fiducia nel mio potenziale. Diventammo subito amici e mi fece conoscere il proprietario di uno dei più importanti locali di Chicago. La mia vita cominciò a migliorare gradualmente, fin quando sempre grazie a Rosalie ho trovato lavoro presso l’Olympic. Ora che è il suo ultimo viaggio ho deciso di rimanere a New York, ho abbastanza soldi da parte per cominciare una nuova vita. >>

Aveva davvero vissuto momenti difficili e Rosalie gli era stata sempre vicina. Erano amici? No, tutt’altro. La amava?

<< Siete molto legati. >>

<< Io e Rosalie? >>

La guardò con un mezzo sorriso e lei annuì.

<< Ci conosciamo da molti anni e… sì, siamo molto legati. >>

<< Capisco. >>

<< Lei non è d’accordo sul mio trasferimento. >>

<< Immagino. >> si lasciò sfuggire.

Lui la guardò con curiosità e lei cercò di rimediare.

<< Sarete piuttosto lontani e di sicuro sentirà la sua mancanza. >>

Lui non disse nulla e riportò lo sguardo sull’ Oceano.

<< Vedete Isabella, io sono un uomo libero. Non voglio essere legato da sentimenti. >>

A quelle parole la guardò come non l’aveva mai guardata. Si sentì trapassare da quegli occhi così profondi ed espressivi. Sembravano studiarle l’anima.

<< E voi, Isabella? A proposito di sentimenti. Il vostro cuore è occupato? >>

Avrebbe voluto rispondere di sì. Aveva appena scoperto che c’era lui nel suo cuore, ma non poteva dirglielo, così stette in silenzio. Lui si avvicinò e le prese il mento tra due dita.

<< Non mi rispondete? >> sussurrò quasi sulle sue labbra.

<< Non posso. >>

Lui acutizzò lo sguardo e dai suoi occhi passò alle sue labbra. Le guardava nello stesso modo in cui osservava i tasti del pianoforte quando suonava. Isabella cominciò a tremare e non per il freddo.

<< Posso baciarvi? >>

Non poteva credere alle sue orecchie.

<< Lo prendo per un sì, Miss Swan. >>

Dolci e leggere, come le sue mani quando sfioravano il suo strumento musicale, si poggiarono sulle sue. Isabella non era mai stata baciata da un uomo, ma seppe fin da subito che nessuno avrebbe mai potuto più baciarla in quel modo. Fu invasa dal calore della sua pelle e dal suo fiato che leggero si scontrava con il suo.

<< Siete una creatura stupenda e sono caduto nella vostra rete. >>

Nella confusione che regnava sovrana nella sua mente riuscì a pensare che era impossibile che ciò fosse realmente accaduto. Di sicuro erano cose che diceva a tutte le donne. Non poteva dire questo a  quella che lui stesso aveva definito una ragazzina. Si allontanò e indietreggiò di qualche passo.

<< Scusatemi, sono stato troppo precipitoso. >>

Le sorrise e si mise le mani in tasca. Lei aveva il cuore in tumulto e sentì le lacrime salirle agli occhi. Avrebbe voluto non smettere mai di baciarlo, ma per lui era insignificante.

<< Isabella, vi prego di perdonarmi. >>

Si era avvicinato di nuovo e guardava con preoccupazione le lacrime che le solcavano il viso.

<< Non preoccupatevi. >>

<< Voglio farmi perdonare. >>

Le asciugò le lacrime con le dita e poi la prese per mano. La portò di nuovo dentro e la fece sedere nel sediolino di fronte il pianoforte. Nonostante lo spazio stretto si mise accanto a lei  posò entrambe le mani sui tasti. Chiuse gli occhi e lentamente mosse le dita, intonando una melodia familiare, la stessa che aveva suonato quella sera. Isabella lo osservò mentre era impegnato a suonare. Sembrava in un mondo tutto suo, dove non esisteva nessun altro se non lui e la sua musica. Guardò rapita le sue labbra socchiuse e i suoi occhi quasi sognanti. Non si rese neppure conto del tempo che passava e della musica che lentamente si interruppe, fin quando lui non si voltò a guardarla.

<< Per voi Isabella, come l’ultima volta. >>

Sì, aveva già riconosciuto il pezzo.

<< E’ una melodia che ho inventato stasera stessa. Quando ve ne siete andata l’ho scritta e quando siete scesa di nuovo la stavo sistemando. Penso che le darò il vostro nome. >>

<< E’ stupenda. >> disse solamente.

<< Come voi. >> sussurrò lui, avvicinando il viso al suo.

<< Non l’ho mai fatto per nessuna donna. >>

E allora capì. Lui aveva compreso i suoi dubbi, sapeva a cosa stava pensando. Alzò timidamente una mano e con le dita seguì il contorno del suo viso, dai tratti decisi e volitivi, infine arrivò alle sue labbra. Perse qualche secondo nell’incertezza, ma cedette al richiamo del suo cuore e poggiò le labbra sulle sue. Avvertì le mani grandi e calde di lui posarsi lievi sul suo viso, per stringerlo poi in una morsa gentile ma decisa. Approfondì il loro contatto e con la lingua si fece spazio nella sua bocca. Si lasciò andare completamente a lui, che la strinse a sé con forza. Non aveva mai provato delle emozioni così prorompenti. Quando si separarono lui la guardò intensamente, per poi portarsi la sua mano sul petto. Sentì il suo cuore battere all’impazzata, così come il suo. Non seppe quanto tempo rimasero a guardarsi in silenzio, finchè lui non si abbassò sul suo orecchio fino a sfiorarlo con le labbra.

<< Non dimenticatemi, Isabella. >>

Si alzò e con ultimo sguardo si allontanò, lasciandola lì a guardarlo andare via. Sorrise, toccandosi le labbra. No, non avrebbe dimenticato il suo pianista sull’ Oceano.

 

 

 

 

 

 

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Salve a tutti!
Ho scritto questa storia parecchio tempo fa, questa storia potrebbe continuare ma per ora si ferma qui. Ho cominciato a scrivere quelli che potrebbero essere i capitoli successivi, ma non so ancora se ne varrà la pena. Fatemi sapere cosa ne pensate!
Ringrazio come sempre Lights per il bellissimo banner!

Un bacio a tutti…

Stella Del Sud

 


  
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