Il Pianista sull’
Oceano
[Charles Baudelaire]
L’odore
salmastro
dell’Oceano le penetrò nelle narici e la brezza
fresca d’autunno le solleticò
il viso. Il sole schiacciava l’occhio
dall’orizzonte e uno stormo di gabbiani
volava a ridosso dell’ Olympic. Respirò a pieni
polmoni e strinse l’elegante
scialle bianco ricamato sulle spalle. Si preannunciava una serata
piuttosto
fredda ma piacevole. Lentamente si voltò e procedette lungo
il ponte, per
tornare nel salone dove la madre l’ attendeva. A quel
pensiero non riuscì a
trattenersi e roteò gli occhi verso il cielo plumbeo. Non
sapeva neppure lei
come i suoi genitori erano riusciti a convincerla a farla salire
sull’Olympic.
Aveva sempre avuto paura delle navi, a maggior ragione dopo il tragico
disastro
del Titanic. La White Star Line aveva fallito nel suo progetto, aveva
riposto
tutta la sua fiducia in quel transatlantico che poi era affondato.
Brividi
freddi le percorsero la schiena e s’ impose di non pensarci.
Erano passati
ventitre anni ormai e lei non era neppure nata quando avvenne la
catastrofe,
eppure tutto quello l’aveva influenzata e sapere che
l’Olympic era la sorella
gemella del Titanic non l’aiutava affatto. Sospirò
un paio di volte ed entrò
nel lussuoso salone, allestito con eleganti tendaggi, alti e imponenti
lampadari e grandi scalinate. C’era ogni tipo di eccesso e
ricchezza e tutti i
passeggeri venivano serviti continuamente da eleganti camerieri.
All’interno la
temperatura era più calda, così si tolse lo
scialle e se lo
mise sottobraccio, mentre cercava di
individuare sua madre. Notò il tavolo dove suo padre fumava
la pipa, in
compagnia di altri uomini, giocatori d’azzardo come lui.
Anche Jacob era seduto
lì e quando incrociò il suo sguardo le sorrise,
mettendo in mostra una fila di
denti bianchi e perfetti. Ricambiò il sorriso e
arrossì leggermente al ricordo
del loro primo incontro. Era un amico di suo padre e aveva
trent’anni. Aveva da
subito capito che era interessato a lei e la madre la incitava spesso a
fargli
compagnia, dopo la cena in sala. Era un uomo dai modi gentili e
maliziosi,
molto ricco e sua madre lo adorava per questo. Voltò lo
sguardo dall’altra
parte del salone e vide sua madre, seduta su un divanetto di pelle
bianca, con
Rosalie e Alice. Ridevano tutte e tre di gusto a causa di qualche
battuta di
sua madre, ne era certa. Reneè aveva un innato talento nel
farsi notare. Non
appena la vide le fece cenno di raggiungerle, ma lei
indugiò. La presenza di
Rosalie la metteva a disagio. Anche Alice la notò e le
sorrise con tenerezza,
allungando una mano verso di lei, in un chiaro invito a raggiungerla.
Fu quel
gesto a convincerla e con un sorriso si avvicinò al loro
divanetto.
<<
Mia cara,
ti aspettavamo. >> Sua madre le sorrise benevola e le
accarezzò il viso,
quando lei si sedette tra lei e Alice.
Quest’ultima
le
schiacciò l’occhio e tenne stretta la sua mano.
Rosalie, seduta accanto ad
Alice le rivolse un sorriso glaciale, come i suoi occhi, per tornare
poi a
rivolgere il suo sguardo alla sala, sicuramente in cerca di lui.
<<
Cos’hai
fatto di interessante, questo pomeriggio, Isabella? >>
<<
Solo una
passeggiata sul ponte, Alice. >>
Si
sorrisero
complici. Nonostante fosse una donna sposata di ventinove anni, si
trovavano
molto bene insieme. Sembrava molto più piccola della sua
età, così come suo
marito Jasper.
<<
Hai fatto
incontri interessanti? >> volle sapere, invece, sua madre.
<<
Jacob è
seduto al tavolo con papà da oggi pomeriggio.
>>
Alice
ridacchiò e
la donna la guardò perplessa. Isabella sorrise tra
sé, sapeva che sua madre
voleva sapere se aveva incontrato Jacob, con le parole “
incontri interessanti
“ così l’aveva preceduta sul tempo.
<<
Capisco
tesoro. Vedrai che stasera ti farà buona compagnia.
Dovrebbero finire presto
>>
Isabella
storse il
naso. Difficilmente finivano di giocare ad orari decenti.
<<
Ne dubito
signora Swan. >>
Ancora
una volta
lei e Alice si capivano alla perfezione. In tutto questo Rosalie
continuava a
tenersi distante dalla loro discussione e quando la bellissima donna
bionda la
sorprese a guardarla, le sorrise appena.
<<
Sei molto
carina, Isabella. >> disse con la sua voce di velluto.
<<
Vi
ringrazio Miss McCarthy. Voi al contrario siete bellissima.
>>
Lei
si portò una
mano al viso, civettuola.
<<
Com’è
gentile vostra figlia, Reneè. >>
<<
Non avete
nulla da invidiare a mia moglie, Isabella. >>
Alzò
lo sguardo e
trovò un paio di occhi azzurri, quasi blu a guardarla
sorridenti.
<<
Emmett, è
un piacere incontrarla. >>
<<
Anche per
me. >> mi schiacciò l’occhio per poi
prendere la mano della moglie e
tirarla in piedi.
Emmett,
il marito
di Rosalie, era un uomo molto bello ed affascinante. Era un importante
avvocato
di trentadue anni, poco affine al gioco d’azzardo, proprio
come Jasper, il
marito di Alice. Alle volte non capiva se Rosalie aveva compreso quale
magnifico uomo aveva sposato.
Quando
i coniugi
McCarthy si allontanarono, Alice le poggiò una mano sulla
spalla.
<<
Ora devo
andare cara. Devo svegliare quel pigrone di mio marito. Aveva detto che
si
sarebbe riposato solo un paio d’ore dopo pranzo, ma siamo
giunti all’orario
della cena e di lui neanche l’ombra! >>
Rise
brevemente.
Alice e Jasper le piacevano ed erano molto carini insieme. Lui
taciturno e
silenzioso, lei prorompente e vivace.
<<
Andiamo
anche noi Isabella. Sarebbe il caso che ti cambiassi d’abito
per la cena.
>>
Sospirò
e seguì la
madre fuori dal salone. Si avvicinarono alle scale, che si aprivano in
due
grandi rampe, divise dalla scultura di un angelo, che portavano al
piano
superiore ovvero agli alloggi di prima classe.
<<
Senti
Isabella, dovresti essere più partecipe con Rosalie.
>>
<<
Perché,
già non lo sono? >>
<<
Non
abbastanza, tesoro. Ogni volta che vi vedete sembra che non andiate
d’accordo.
>>
Infatti
è così,
pensò. Non si erano mai piaciute e i loro rapporti erano
quelli classici di
cortesia, ma che sotto sotto nascondevano mal sopportazione. Infondo
cosa mai
avevano in comune? Quella era una donna di trent’anni, bella
e bionda che faceva
impazzire gli uomini. Mentre lei era solo una ragazza semplice, di
dieci anni
in meno di lei, con gli occhi e i capelli scuri.
Però
una cosa in comune in realtà l’avevano…
Mise
a tacere i
propri pensieri ed entrò nella sua cabina. Per fortuna
l’aveva separata da
quella dei suoi genitori. Questa era stata una delle cose che il padre
le aveva
promesso per invogliarla a partire.
<< Ci vediamo in sala,
Isabella. Mi raccomando
metti quel vestito. >>
Sorrise
a sua
madre e poi chiuse la porta. Ci si appoggiò contro e chiuse
gli occhi. Perché
aveva accettato di affrontare questo viaggio? Per fortuna erano diretti
a New
York, da amici di famiglia. Suo padre desiderava visitare la
città perché aveva
l’intenzione di trasferirsi e lei era entusiasta di questo.
Abitavano in una
piccola cittadina nel sud America e fare un simile cambiamento non
poteva che
farle piacere. Forse per questo aveva accettato di salire
sull’ Olympic.
La
camera era
molto elegante, formata da un letto di una piazza e mezzo in ferro
battuto, un
comodino, un armadio e una cassettiera in legno. Un piccolo divanetto
rosso in
pelle, un tavolino con un lume e un piccolo vasetto in cristallo con
delle rose
bianche, infine una grande porta finestra decorata
con pesanti tende rosse ricamate, che
si affacciava sul ponte
della nave.
Spostò
un lato
della tenda e aprì una parte della porta finestra per far
entrare l’aria
salmastra dell’Oceano. Si tolse il fermaglio dai capelli e lo
poggiò sul
tavolino, da cui prese il suo libro preferito. Mancava quasi un ora
alla cena,
e sua madre perdeva molto più tempo di lei per vestirsi e
truccarsi, così si
distese sul letto aprendo il libro a una delle tante pagine da lei
preferite.
Si rilassò per
pochi minuti, fin quando
non decise di prepararsi. Indossò il vestito preferito di
sua madre, giusto per
non sentirla lamentarsi durante la cena. Era lungo fino ai piedi, rosso
scuro
con ricami neri lungo il fianco e perline sulla scollatura generosa. Al
collo
tenne la collana che suo padre le aveva regalato da bambina, ovvero un
cuore
che si apriva rivelando una fotografia che raffigurava Milù,
la sua bellissima
gatta persiana bianca, che durante quel viaggio teneva sua zia.
Probabilmente
qualcun altro avrebbe messo un altro tipo di foto, ma suo padre quando
gliel’aveva regalata, le aveva detto di tenere la cosa che
più sentiva vicino e
dentro il suo cuore. Milù in quel momento era
l’unica, a parte ovviamente i
suoi genitori.
Decise
di non
indossare gli orecchini di perle, che le aveva regalato sua madre.
Infondo
stava già indossando il suo vestito preferito, no? Non
gliel’avrebbe data vinta
sugli orecchini, che aveva indossato una sola volta, quando glieli
aveva
regalati il giorno del suo compleanno. I capelli preferì
lasciarli sciolti
sulle spalle. Erano piuttosto lunghi e le scendevano in ciocche morbide
e mosse
lungo la schiena.
Uscì
dalla cabina
e si avviò lungo il corridoio, diretta alle scale.
<<
Quale
stupenda visione >>
Una
voce calda e
familiare la fece voltare. Sorrise quando riconobbe Jacob, nel suo
elegante
completo nero.
<<
Permette
>> disse porgendole il braccio.
<<
Grazie.
>> disse solamente, con una punta d’imbarazzo.
<<
Siete
bellissima, Isabella. >>
Non
rispose e
insieme scesero le scale. Il salone era più affollato da
quando l’aveva
lasciato, meno di un ora prima. Molte persone erano già
sedute ai loro tavoli,
l’orchestra aveva cominciato a suonare, mentre alcuni uomini
discutevano
animatamente tra loro, chi con sigari alla bocca, chi con piccoli
bicchieri ricolmi
di liquore tra le mani.
<<
Non vi
stancate mai di stare seduto a quel tavolo con mio padre, signor Black?
>>
<<
Chiamatemi Jacob, vi prego. Quante volte devo ripetervelo?
>> disse con
un sorriso splendente.
<<
Avete
ragione, Jacob. >>
<<
Ora va
meglio. >>
Le
schiacciò
l’occhio e si avvicinò per darle un bacio sulla
fronte.
<<
Tutti gli
uomini saranno gelosi di me, questa sera. >> le
sussurrò ad un orecchio.
<<
Non sono
così presuntuosa da credere alle sue parole, Jacob.
>>
<<
Non si
tratta di essere presuntuosi Isabella. Dico solo la verità.
>>
Sorrise
sinceramente. Quel ragazzo le piaceva, ma c’era qualcosa in
lui che non la
convinceva. Sua madre sembrava non essere preoccupata dalla grande
differenza
d’età tra di loro. Era convinta che Jacob fosse
l’uomo giusto per lei.
<<
Tesoro,
non ti ho vista per tutto il giorno. >>
Suo
padre ruppe il
contatto tra i loro sguardi. Strinse un braccio sulle sue spalle e lei
poggiò
una mano sul suo petto.
<<
Jacob,
hai visto che bella ragazza è mia figlia? >>
<<
Certo
Charlie, glielo stavo giusto dicendo. >>
Jacob
aveva nel
frattempo preso un bicchiere di vino rosso, dal vassoio tenuto in
sospeso su un
braccio di un cameriere.
<<
Non
starete mica disturbando la mia bambina con i vostri stupidi discorsi,
vero?
>>
<<
Reneè, i
discorsi di tuo marito non sono mai stupidi! >>
<<
In ogni
caso, spero che non annoierete me ed Isabella durante la cena. A
proposito,
caro, ci accomodiamo? >>
Non
era sorpresa
del fatto che Jacob avrebbe cenato con loro. Era partito, da solo, per
affari e
con questa scusa i suoi genitori lo invitavano sempre a mangiare con
loro. Si
accomodarono attorno al tavolo apparecchiato e subito Jacob e suo padre
cominciarono una fitta discussione di politica.
<<
Come non
detto. >> sussurrò
sua madre,
facendola ridere.
La
cena si
protrasse piuttosto tranquillamente, fin quando Emmett McCarthy si
alzò in
piedi dal suo tavolo, che condivideva con la moglie. Catturò
l’attenzione dei
presenti e alzò in alto il suo bicchiere ricolmo di vino.
<<
Volevo
solo fare un brindisi da dedicare a questa splendida nave e a tutti i
suoi
passeggeri. >>
Quasi
tutti i
presenti in sala accolsero con entusiasmo il suo intervento. Emmett era
un uomo
particolarmente influente che ormai in molti conoscevano.
<<
All’
Olympic ed alla sua ultima traversata! >>
Tutti
alzarono i
loro calici per unirsi al brindisi e lei fece lo stesso. Questo viaggio
sarebbe
stato l’ultimo per l’Olympic.
Alice
e Rosalie le
raggiunsero dopo la cena, nello stesso divanetto del pomeriggio, dove
lei e la
madre erano sedute.
<<
Tuo
marito sa come attirare l’attenzione, Rosalie.
>>
<<
E’ vero.
>> rispose
la bionda con un mezzo
sorriso.
Alice
si sedette
accanto a loro, mentre lei rimase in piedi. Sapeva bene il motivo.
Strinse i
pugni, senza farsi notare, mentre uno strisciante senso di disagio, che
non
sapeva giustificare, le strinse lo stomaco.
<<
Chiedo
scusa. >>
Osservò
Rosalie
allontanarsi e seguendola con lo sguardo finalmente vide lui,
bellissimo nel
suo completo nero elegante. Stava appoggiato al pianoforte, con una
mano in
tasca e una tra i capelli bronzei. Notò il suo sorriso
lascivo posarsi sulla
donna bionda che sensualmente si avvicinava a lui.
Rosalie
posò la
mano sul suo braccio e lui le prese la mano, baciandone il dorso, senza
staccare gli occhi da lei. Era terribilmente sensuale in quel suo
atteggiamento
da predatore. Peccato che quelle attenzioni non erano rivolte a lei.
Gli unici
momenti in cui si erano incontrati erano stati durante le cene dove lui
alla
fine suonava uno dei suoi meravigliosi pezzi, che lasciavano un sospiro
estasiato sulle labbra delle signore e delle occhiate a volte invidiose
a volte
ammirate degli uomini.
Decise
di non
guardare più la coppia, quando vide l’uomo posare
una mano sul fianco della
bionda. Per lei sarebbe stato troppo, continuare a osservarli.
<<
Non
lasciarti ingannare dalle apparenze, Bella. >>
Sorrise
del suo
diminuitivo. Aveva cominciato a chiamarla in quel modo la prima volta
che l’
aveva vista, dicendo che era più adatto a lei e decisamente
più facile da
ricordare rispetto ad Isabella.
<<
Non
capisco cosa intendete dire Alice. >> mentì
come meglio potè.
<<
E’ un
uomo che accetta le attenzioni di una bella donna. Nulla di
più. >>
commentò serafica, per poi lasciarla con un sorriso e
raggiungere il marito.
In
realtà avrebbe
voluto dirle che non era un fatto da poco. Aveva capito anche lei che
erano
amanti, non ci voleva molto a capirlo. Sua madre le aveva raccontato
che
Edward, un uomo di trentacinque anni, viveva a Chicago, lavorava in
diversi
locali di lusso dove suonava e in uno di questi aveva conosciuto la
famiglia
McCarthy. Si diceva che era stata proprio Rosalie a fargli trovare
quest’altro
lavoro all’ Olympic. Forse per tenerlo con sé
anche durante le sue vacanze con
il marito?
La
cosa la
lasciava piuttosto disgustata. Capiva il suo interesse per
quell’uomo
straordinario e statuario, ma il marito non era da meno e sembrava
all’oscuro
della relazione tra i due. Sua madre però non era dello
stesso avviso. Quando
aveva accennato a questo discorso lei aveva risposto “ Sei
ancora troppo
giovane, mia cara. Non sai nulla della vera vita di un matrimonio.
Anche lui
non è da meno. “
In
effetti si
chiedeva spesso come fosse possibile che un uomo furbo come Emmett non
si fosse
accorto della relazione extra-coniugale della moglie. Era chiaro come
il sole.
<<
Oh
Edward, ma come devo fare con te. >> sentì
dire dalla voce da gatta di
Rosalie.
Si
voltò di nuovo
verso di loro e notò Edward con entrambe le mani sui suoi
fianchi, sorriderle
in modo quasi indecente mentre lei teneva un alto calice di Champagne
in mano e
l’altra mano gli accarezzava il petto.
Si
sentì di colpo
una nullità. Era solo una bambina per lui e non l’
avrebbe mai notata, non
quando aveva Rosalie. Allora perché non riusciva a smettere
di pensare a quegli
intensi occhi verdi che ormai erano arrivati a disturbare persino il
suo sonno?
Attirata
da una
sconosciuta sensazione mista tra invidia e gelosia, si alzò
e li raggiunse. Non
si credeva capace di una cosa del genere, ma si avvicinò ad
Edward che quando
la vide, lasciò andare solo una mano dalla vita di Rosalie e
lasciò l’altra sul
suo fianco, mentre la fronteggiava.
<<
Signorina
Swan. >> la salutò con un sorriso gentile,
molto diverso da quello che
prima rivolgeva alla signora McCarthy.
<<
Isabella,
desideravi qualcosa? >>
Era
evidente il
fastidio che la sua presenza procurava a Rosalie, ma si decise a non
farsi sottomettere
dai suoi atteggiamenti. Sapeva che effetto avevano su di lei.
<<
In realtà
volevo solo salutare il signor Masen. >>
<<
Oh
Isabella mi chiami pure Edward. >>
Le
schiacciò
l’occhio con quel suo sorriso storto che le fece mancare
qualche battito. Forse
non era stata una buona idea quella di avvicinarsi a loro.
<<
D’accordo
Edward, mi chiedevo cosa avreste suonato stasera per noi.
>>
Lui
lasciò del
tutto Rosalie, con suo grande disappunto e mise entrambe le mani nelle
tasche
dei suoi pantaloni neri, eleganti.
<<
Vuole che
le suoni qualcosa in particolare, Isabella? >>
Adesso
perché
aveva usato un tono roco e basso? La stava mandando in confusione.
Sentiva le
guance riscaldarsi e fu colta dal terrore di arrossire davanti a lui.
Non
poteva fare una così brutta figura.
Stava
per
rispondere quando un forte braccio le cinse la vita.
<<
Ti ho
trovata, finalmente. >>
Jacob
le sorrideva
e non teneva in minima considerazione Edward davanti a lei.
<<
Non
sapevo più dove cercarti. >>
<<
Buonasera
Signor Black. >>
La
voce di Edward
le tolse l’incombenza di rispondere a Jacob.
<<
Buonasera
Masen. Non mi ero accorto della sua presenza. >>
<<
Nemmeno
della mia, Jacob? >>
Jacob
sorrise a
Rosalie e si avvicinò per baciarle elegantemente la mano.
<<
Le mie
scuse Rosalie, ma Isabella ha catturato completamente la mia
attenzione.
>>
Rosalie
rise
brevemente.
<<
Certo, lo
posso immaginare. >>
<<
A
proposito Isabella, non ho ancora avuto l’occasione per farvi
i miei
complimenti. Siete bellissima con questo vestito. >>
Le
parole di
Edward le fecero salire il cuore in gola. Il complimento di Jacob non
aveva
avuto lo stesso effetto del suo.
<<
Grazie,
Edward. >>
Lui
sorrise ancora
e proprio in quel momento la voce del capo sala invitò
Edward a cominciare a
suonare. Si allontanò con Jacob, mentre Rosalie si
appoggiava al piano, con
ancora il calice in mano. Edward posò una lieve carezza sul
viso della donna
per poi cominciare a suonare.
Non
riuscì a
staccare gli occhi dalle sue dita, che sinuose si muovevano sui tasti.
Per un
attimo le immaginò su di lei e dovette fare un paio di
respiri profondi per
riconcentrarsi sulla musica. Ciò che risvegliava dentro di
lei era qualcosa di
indefinibile ma profondo. Era come se quella melodia parlasse al suo
cuore e
alla sua anima.
Gli
occhi verdi di
Edward, concentrati sui tasti si spostarono per qualche secondo su di
lei,
seduta poco lontana dal pianoforte. Quell’occhiata valse
più di mille parole.
Fu investita all’improvviso dai sentimenti che quegli occhi
nascondevano, come
un onda violenta che s’ infrangeva sugli scogli. Allo stesso
modo qualcosa si
accese dentro di lei.
Lentamente
le dita
di Edward si fermarono sul pianoforte, la musica cessò e
seguirono alcuni
attimi di silenzio. Non l’aveva mai fatto e
cominciò piano a battere le mani. I
loro sguardi si incrociarono e rimasero legati quando anche il resto
della sala
seguì il suo stesso gesto.
<<
Sei stato
incredibile, tesoro. >>
Nonostante
lo
scrosciare degli applausi, riuscì a sentire bene le parole
smielate della
signora McCarthy. Vide gli occhi di smeraldo di Edward allontanarsi dei
suoi,
per incontrarne degli altri, azzurri e magnetici.
<<
Avevi
dubbi, piccola? >>
Quel
nomignolo le
mandò il cuore in gola nonostante non fosse chiaramente
indirizzato a lei. Con
un sospiro si alzò e raggiunse nuovamente Edward, che ora
stringeva con un
sorriso la mano di qualche uomo d’affari, giunto a
congratularsi con lui.
<<
Un
eccellente dimostrazione della vostra bravura. >>
Edward
le lanciò
una veloce occhiata, che a lei parve per un attimo ricca di presunzione.
<<
Naturalmente. >>
<<
Vi piace
mettervi in mostra? >> disse prima di riuscire a fermarsi.
L’uomo
d’affari
lasciò lentamente la mano di Edward, ridendo sommessamente e
Rosalie sgranò
impercettibilmente gli occhi, quanto a Edward… la sua
espressione era
indecifrabile.
<<
Più di
quanto immaginate. >>
Fu
il turno di
Rosalie di ridere, mentre lei inarcò un sopracciglio e con
una forza di cui non
si credeva capace si avvicinò a quell’uomo
così bello da toglierle il fiato.
<<
Ci riuscite
molto bene, ma vi credevo diverso. Superiore forse a queste cose.
>>
Edward
assottigliò
lo sguardo, ma non si fece intimidire.
<<
Mi
sbagliavo. >> concluse allontanandosi.
Si
recò fuori
dalla sala e una volta fuori, respirò a pieni polmoni
l’aria fredda della sera.
Cosa le era preso? Non era riuscita a trattenersi. Vederlo con quella
donna a
suo avviso subdola e stupida, seppur bellissima, l’aver
notato nei suoi occhi
la presunzione di ritenersi il migliore l’aveva fatta
scattare. Non era da lei,
eppure aveva sempre provato una profonda ammirazione verso quello che
si alla
fine si era rivelato soltanto… un uomo, che lei non avrebbe
mai avuto.
Rise
tra se. Una
risata amara e senza gioia. Cosa mai si aspettava? Non sapeva darsi una
risposta. Stava per rientrare quando sentì delle risate e
dei passi avvicinarsi
al punto in cui si trovava. Si nascose dietro una colonna e vide Edward
e
Rosalie camminare abbracciati per poi fermarsi poco lontano da lei.
<<
Ti rendi
conto, Eddy? >>
<<
Dai Rose
è solo una ragazzina. >>
Isabella
strinse
gli occhi. Era sicura che stessero parlando di lei e di ciò
che aveva detto a
Edward pochi minuti prima.
<<
Questo è
certo, ma fare dell’ironia su un uomo come te.
>>
<<
Si è solo
resa ridicola, piccola. >>
<<
Piccola…
lo dici spesso. >>
<<
Non ti
piace, Rose. >>
<<
Tutto ciò
che dici o… che fai mi
piace.
>>
Cercò
di ignorare
il modo in cui la bionda sottolineò la parola fare. Se prima
era in qualche
modo sicura che i due fossero amanti, adesso non c’erano
più dubbi. Infondo
cosa si aspettava? Ciò che le faceva più male,
però, era sapere che lui la
riteneva solo una ragazzina. Non si era pentita di ciò che
gli aveva detto in
sala. Per un attimo aveva visto un uomo troppo sicuro di sé.
Forse con la sua
bravura e bellezza si credeva di essere il migliore? Forse lo era e la
sua
gelosia verso quell’uomo irraggiungibile le stavano giocando
brutti scherzi. Intanto
i due si erano spostati e lei ne approfittò per rientrare in
sala. Prima però
non riuscì ad evitare la dolora visione della coppia
impegnata in un bacio
appassionato. Le mani di Rosalie sul suo viso, che ogni notte lei
sognava di
sfiorare e le mani di Edward sulla sua vita.
<<
Isabella!
>>
La
voce di Alice
la fece trasalire. Cercò di risultare rilassata ma era
ancora tesa per via di ciò
che aveva sentito dire dal meraviglioso pianista.
<<
Va tutto
bene? >>
<<
Sì, sono
solo molto stanca. Penso che andrò a dormire.
>>
Le
sembrò di
vedere tenerezza nel suo sguardo, ma fece finta di nulla e
ricambiò il suo
sorriso.
<<
Allora
buona notte tesoro. >>
<<
Vai di
già? >>
Sua
madre le
raggiunse. Ancora meglio, non avrebbe perso tempo a cercarla.
<<
Sì,
mamma. Sono esausta. >>
<<
Va bene.
>>
Le
diede un bacio
sulla fronte e la lasciò libera di tornare nella sua stanza.
Una volta lì, si
sedette sul letto e si portò una mano sul petto. Il suo
cuore era in tumulto.
Il ricordo della sua voce dire quelle cose non riusciva ad abbandonare
la sua
mente. Si alzò con rabbia e camminò nervosamente
per la cabina. Come le era
venuto in mente di dire quelle cose? Adesso lui la riteneva solo una
stupida.
Decise di non pensarci più e di mettersi davvero a letto.
Guardò la foto di
Milù nel suo ciondolo e desiderò averla
lì per stringerla tra le braccia.
Ricordava ancora quando suo padre gliel’aveva portata da uno
dei suoi tanti
viaggi. Sua madre aveva storto il naso all’inizio, ma poi
anche lei si era
innamorata di quella piccola palla di pelo bianco, morbido e soffice.
Con
questi
pensieri si addormentò, dopo aver indossato una calda
camicia da notte bianca
di pizzo. Le sembrarono passati pochi minuti, però, quando
si svegliò nel cuore
della notte. Si alzò e guardò fuori dalla
finestra. Il cielo era scuro e
coperto di stelle e la nave procedeva tranquilla nelle acque profonde
dell’Oceano. All’improvviso le parve di sentire una
lieve musica. Proveniva
senza dubbio dal piano di sotto, dove c’era il salone. Chi
suonava a quell’ora
della notte? Presa da una strana curiosità uscì
dalla camera per recarsi
proprio lì. Incrociò un paio di camerieri, dato
che il bar era sempre aperto e
solo in quel momento di rese conto di non aver indossato neppure una
vestaglia
per scendere. Arrossì leggermente ma sarebbe stato peggio
scappare e tornare
indietro. La musica da lì si sentiva molto più
forte e infatti vide un ragazzo
seduto al pianoforte. Il cuore le salì in gola quando lo
riconobbe. Aveva la
camicia bianca leggermente sbottonata con le maniche arrotolate fino ai
gomiti.
L’aria triste e lo sguardo puntato sui tasti. Una mano sul
piano e l’altra
appoggiata alla sua gamba, fasciata dai pantaloni eleganti che
indossava
durante la cena.
Non
sapeva se
andarsene o rimanere. La prima opzione le sembrava più
plausibile considerando
il fatto che era vestita con una semplice camicia da notte, senza
contare che
Edward Masen di sicuro l’avrebbe derisa, questa volta di
persona.
In
quel momento
l’uomo stava suonando una lenta melodia, molto dolce e triste
al tempo stesso.
Una composizione molto diversa da quelle con cui era solito esibirsi.
Sembrava
quasi che stesse improvvisando, seguendo i suoi sentimenti. Ad un certo
punto i
suoi occhi di smeraldo si alzarono su di lei, ma non smise di suonare.
Isabella
non avrebbe mai dimenticato quello sguardo. Le sembrò di
essere stata fissata
per ore, piuttosto che pochi secondi.
<<
Una così
brava signorina cosa ci fa sveglia a quest’ora?
>>
<<
Colpa
della vostra musica. >>
A
quelle parole
Edward rilassò le dita della mano con cui stava suonando e
le poggiò sui tasti,
mettendo fine a quella lenta e dolce tortura per le sue orecchie.
<<
Sono
mortificato, Isabella. >>
Si
alzò in piedi e
si portò una mano tra i capelli, già abbastanza
spettinati. Isabella represse
in un angolo della sua mente il pensiero che con molta
probabilità erano state
le mani di Rosalie ad averli scombinati e si concentrò sul
bellissimo uomo che
ora le stava di fronte. Avrebbe voluto dire che in realtà
era contenta di
essere stata svegliata dalla sua musica. A dire il vero non era del
tutto
sicura che si era davvero destata per questo, dal suo sonno, ma era
stata
comunque attirata da quelle note.
<<
Non si
preoccupi. E’ sempre un piacere per me. >>
Lui
le regalò un
sorriso che le parve sincero, libero dalla malizia che riservava invece
alla
Signora McCarty. Ne seguì qualche attimo di imbarazzante
silenzio, almeno per
lei. Edward invece le sorrideva semplicemente.
<<
Le posso
offrire qualcosa? >>
<<
Oh, io
non bevo. >>
Lui
rise
brevemente e la portò a sedere su un divanetto. In tutto
questo lei era rimasta
con la sua camicia da notte ma lui non sembrava farci caso. Naturale,
disse a
se stessa, è abituato a ben altro.
<<
Solo
qualcosa di leggero. >>
<<
Come?
>> chiese senza capire.
<<
Potreste
bere qualcosa di leggero, giusto per farmi compagnia. >>
Detto
questo, fece
cenno ad un cameriere che stava sistemando delle cose su un carrello e
quando
questo si avvicinò diede la sua ordinazione. Pochi minuti
dopo prese titubante
un bicchiere a coppa contenente del liquido bianco con delle bollicine.
<<
Direi che
un po’ di Champagne non ha mai fatto del male a nessuno.
>>
Le
strizzò l’occhio
mentre lui beveva a piccoli sorsi qualche tipo di liquore a lei
sconosciuto. Lo
imitò ma bevve un sorso di troppo e rischiò di
affogarsi. Sentì una mano calda
di lui sulla schiena e le si mozzò il respiro in gola ma non
per l’effetto dello
champagne.
<<
Isabella
state bene? >>
<<
S -sì ma
vorrei uscire a prendere un po’ d’aria.
>>
Si
alzò, subito
seguita da lui e uscì dal salone, fino ad arrivare al ponte.
Arrivò fino alla
ringhiera e respirò a pieni polmoni per calmare il battito
del cuore che stava
galoppando nel suo petto. Insomma cosa le succedeva? Un così
piccolo contatto
con quell’uomo le faceva perdere così il
controllo? Non ebbe tempo di
rispondere a se stessa che avvertì qualcosa coprirle le
spalle. Scoprì che si
trattava di una giacca nera, elegante.
<<
Non
potete rimanere così scoperta a quest’ora.
Rischiate un raffreddore. >>
Edward
Masen gli
aveva appena messo la sua giacca sulle spalle. Poteva avvertire il
profumo che
gli sentiva addosso quando trovava il coraggio di avvicinarsi a lui.
<<
Siete
molto gentile. >>
Lui
non rispose e
si appoggiò alla ringhiera. Nessuno dei due parlò
per lunghi attimi, fin quando
non fu di nuovo lui a rompere il silenzio.
<<
L’Oceano.
Così terribile e magnifico. >>
<<
Come l’amore.
>> rispose solamente.
Lo
sentì
irrigidirsi al suo fianco e lo osservò. Aveva lo sguardo
corrucciato, gli occhi
fissi nelle acque gelide e profonde dell’Atlantico e i
capelli che si muovevano
leggermente a causa del vento.
<<
Come l’amore.
>> ripetè, per poi voltarsi e guardarla con un
sorriso.
<<
Io tra le
due preferisco l’Oceano. >>
Anche
lei sorrise
ma questo le morì poco dopo quando sentì le sue
dita sistemargli una ciocca di
capelli mossa dal vento. Le tornarono alla mente le parole con cui
l’aveva
definita qualche ora prima e si allontanò. Lui
sospirò e si rimise al suo
posto.
<<
Mi
piacerebbe sapere a cosa pensate Isabella. >>
<<
Non
credo. >>
<<
Perché?
>>
<<
Avrete di
sicuro di meglio da fare che ascoltare i pensieri di una ragazzina.
>>
Lui
non disse
nulla, di sicuro non pensava che lei l’avesse sentito.
<<
Sono qui
con voi e si può dire che non vi conosco. Parlatemi di voi.
>>
<<
Non sono
una persona interessante. >> ribattè.
<<
Lasciate
giudicare me. >>
Il
suo sorriso era
disarmante.
<<
Non c’è
davvero molto da dire. Vengo da un paesino del sud America, mio padre
è un
avvocato, mia madre un assidua frequentatrice di saloni eleganti dove
passare
interi pomeriggio a chiacchierare con le sue amiche e sono figlia
unica. A New
York abbiamo dei parenti e mio padre vorrebbe trasferirsi
lì. >>
<<
Davvero?
Anch’io una volta arrivato, farò residenza a New
York. >>
Il
suo cuore perse
qualche battito. Se suo padre si fosse definitivamente convinto allora
lei e
Edward sarebbero rimasti nella stessa città. Tra
l’altro i coniugi McCarty
vivevano a Chicago, quindi Rosalie non avrebbe più rivisto
Edward. Ma cosa
andava a pensare? Non erano affari suoi! Senza contare che si sarebbero
incontrati in un modo o nell’altro.
<<
Vi
perdete spesso nei vostri pensieri. >>
<<
Scusate.
>> disse imbarazzata.
<<
Non
preoccupatevi. Mi avete detto davvero poco di voi, Isabella.
>>
<<
Ve l’ho
detto, non c’è molto da sapere. Sono un tipo molto
riservato, ho poche amiche e
la mia unica vera confidente è Milù.
>>
Senza
pensare aprì
il ciondolo e si avvicinò un po’ a lui per fargli
vedere la foto. Edward
abbassò leggermente il capo e sentì i suoi
capelli sfiorarle il petto.
<<
Una gatta
molto bella. Anch’io ne avevo uno a Chicago, ma
l’ho regalato a Rosalie
McCarthy, dato che le piaceva molto. Era un gatto siamese.
>>
A
quella risposta
Isabella si allontanò quasi di scatto, richiuse il ciondolo
e abbassò lo
sguardo. Inutile, Rosalie era sempre presente.
<<
Parlatemi
di voi. >> disse per evitare il suo sguardo.
<<
Oh
Isabella, vi annoierete di sicuro. In ogni modo devo ricambiare il
favore. I
miei genitori sono morti quando ero molto piccolo. Mio zio era
insegnate di
pianoforte, così me lo insegnò, in modo da farlo
diventare un lavoro una volta
cresciuto. Qualche anno fa è morto, lasciandomi
completamente da solo. Ho
cominciato a lavorare in diversi locali di Chicago per mantenermi e in
uno di
questi ho incontrato Rosalie. >>
Lo
vide sorridere
e una fitta di gelosia la colse.
<<
La mia
vita era davvero difficile. Ero da solo e venivo letteralmente
sfruttato. Mi
pagavano poco e spesso rinunciavo a mangiare per non spendere troppo.
Rosalie
ebbe fiducia nel mio potenziale. Diventammo subito amici e mi fece
conoscere il
proprietario di uno dei più importanti locali di Chicago. La
mia vita cominciò
a migliorare gradualmente, fin quando sempre grazie a Rosalie ho
trovato lavoro
presso l’Olympic. Ora che è il suo ultimo viaggio
ho deciso di rimanere a New
York, ho abbastanza soldi da parte per cominciare una nuova vita.
>>
Aveva
davvero
vissuto momenti difficili e Rosalie gli era stata sempre vicina. Erano
amici?
No, tutt’altro. La amava?
<<
Siete
molto legati. >>
<<
Io e
Rosalie? >>
La
guardò con un
mezzo sorriso e lei annuì.
<<
Ci
conosciamo da molti anni e… sì, siamo molto
legati. >>
<<
Capisco.
>>
<<
Lei non è
d’accordo sul mio trasferimento. >>
<<
Immagino.
>> si lasciò sfuggire.
Lui
la guardò con
curiosità e lei cercò di rimediare.
<<
Sarete
piuttosto lontani e di sicuro sentirà la sua mancanza.
>>
Lui
non disse
nulla e riportò lo sguardo sull’ Oceano.
<<
Vedete
Isabella, io sono un uomo libero. Non voglio essere legato da
sentimenti.
>>
A
quelle parole la
guardò come non l’aveva mai guardata. Si
sentì trapassare da quegli occhi così
profondi ed espressivi. Sembravano studiarle l’anima.
<<
E voi,
Isabella? A proposito di sentimenti. Il vostro cuore è
occupato? >>
Avrebbe
voluto
rispondere di sì. Aveva appena scoperto che c’era
lui nel suo cuore, ma non
poteva dirglielo, così stette in silenzio. Lui si
avvicinò e le prese il mento
tra due dita.
<<
Non mi
rispondete? >> sussurrò quasi sulle sue labbra.
<<
Non
posso. >>
Lui
acutizzò lo
sguardo e dai suoi occhi passò alle sue labbra. Le guardava
nello stesso modo
in cui osservava i tasti del pianoforte quando suonava. Isabella
cominciò a
tremare e non per il freddo.
<<
Posso
baciarvi? >>
Non
poteva credere
alle sue orecchie.
<<
Lo prendo
per un sì, Miss Swan. >>
Dolci
e leggere,
come le sue mani quando sfioravano il suo strumento musicale, si
poggiarono
sulle sue. Isabella non era mai stata baciata da un uomo, ma seppe fin
da
subito che nessuno avrebbe mai potuto più baciarla in quel
modo. Fu invasa dal
calore della sua pelle e dal suo fiato che leggero si scontrava con il
suo.
<<
Siete una
creatura stupenda e sono caduto nella vostra rete. >>
Nella
confusione
che regnava sovrana nella sua mente riuscì a pensare che era
impossibile che
ciò fosse realmente accaduto. Di sicuro erano cose che
diceva a tutte le donne.
Non poteva dire questo a quella
che lui
stesso aveva definito una ragazzina. Si allontanò e
indietreggiò di qualche
passo.
<<
Scusatemi, sono stato troppo precipitoso. >>
Le
sorrise e si
mise le mani in tasca. Lei aveva il cuore in tumulto e sentì
le lacrime salirle
agli occhi. Avrebbe voluto non smettere mai di baciarlo, ma per lui era
insignificante.
<<
Isabella,
vi prego di perdonarmi. >>
Si
era avvicinato
di nuovo e guardava con preoccupazione le lacrime che le solcavano il
viso.
<<
Non
preoccupatevi. >>
<<
Voglio
farmi perdonare. >>
Le
asciugò le
lacrime con le dita e poi la prese per mano. La portò di
nuovo dentro e la fece
sedere nel sediolino di fronte il pianoforte. Nonostante lo spazio
stretto si
mise accanto a lei posò
entrambe le mani
sui tasti. Chiuse gli occhi e lentamente mosse le dita, intonando una
melodia
familiare, la stessa che aveva suonato quella sera. Isabella lo
osservò mentre era
impegnato a suonare. Sembrava in un mondo tutto suo, dove non esisteva
nessun
altro se non lui e la sua musica. Guardò rapita le sue
labbra socchiuse e i
suoi occhi quasi sognanti. Non si rese neppure conto del tempo che
passava e
della musica che lentamente si interruppe, fin quando lui non si
voltò a
guardarla.
<<
Per voi
Isabella, come l’ultima volta. >>
Sì,
aveva già riconosciuto
il pezzo.
<<
E’ una
melodia che ho inventato stasera stessa. Quando ve ne siete andata
l’ho scritta
e quando siete scesa di nuovo la stavo sistemando. Penso che le
darò il vostro
nome. >>
<<
E’
stupenda. >> disse solamente.
<<
Come voi.
>> sussurrò lui, avvicinando il viso al suo.
<<
Non l’ho
mai fatto per nessuna donna. >>
E
allora capì. Lui
aveva compreso i suoi dubbi, sapeva a cosa stava pensando.
Alzò timidamente una
mano e con le dita seguì il contorno del suo viso, dai
tratti decisi e
volitivi, infine arrivò alle sue labbra. Perse qualche
secondo nell’incertezza,
ma cedette al richiamo del suo cuore e poggiò le labbra
sulle sue. Avvertì le
mani grandi e calde di lui posarsi lievi sul suo viso, per stringerlo
poi in
una morsa gentile ma decisa. Approfondì il loro contatto e
con la lingua si
fece spazio nella sua bocca. Si lasciò andare completamente
a lui, che la
strinse a sé con forza. Non aveva mai provato delle emozioni
così prorompenti.
Quando si separarono lui la guardò intensamente, per poi
portarsi la sua mano
sul petto. Sentì il suo cuore battere
all’impazzata, così come il suo. Non
seppe quanto tempo rimasero a guardarsi in silenzio, finchè
lui non si abbassò
sul suo orecchio fino a sfiorarlo con le labbra.
<<
Non
dimenticatemi, Isabella. >>
Si
alzò e con
ultimo sguardo si allontanò, lasciandola lì a
guardarlo andare via. Sorrise, toccandosi
le labbra. No, non avrebbe dimenticato il suo pianista sull’
Oceano.
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Salve
a tutti!
Ho scritto questa storia parecchio tempo fa, questa storia potrebbe
continuare
ma per ora si ferma qui. Ho cominciato a scrivere quelli che potrebbero
essere
i capitoli successivi, ma non so ancora se ne varrà la pena.
Fatemi sapere cosa
ne pensate!
Ringrazio come sempre Lights per il bellissimo banner!
Un
bacio a tutti…
Stella
Del Sud