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Autore: Idra_31    16/11/2011    3 recensioni
"Mi è successo qualcosa che non era nei miei piani, che non avevo calcolato, qualcosa che sfugge a ogni logica..."
Quando la scienza non aiuta.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sherl 2
I'm diving off the deep end
You become my best friend
I wanna love you
But I don't know if I can
(X&Y-Coldplay)

Sherlock affrettò il passo. Una foglia di uno dei secolari alberi di Kensington si posò sul suo cappotto. L'uomo scorse John seduto sulla panchina concordata per l'appuntamento. Strinse più forte la presa sulle tazze di cartone che teneva in mano. Se non avesse indossato i guanti si sarebbe scottato.

"É un autunno piuttosto rigido", commentò prima di sedersi affianco dell'uomo che lo stava aspettando.

"Ciao, Sherlock."

Sherlock si aspettava di vederlo cambiato, nell'aspetto, nell'abbigliamento, nei modi. Invece si trovò davanti il solito John. Nell'ultimo mese solo un filo di barba e la distanza tra loro erano cresciute.

"Vuoi berli tutti e due, quei caffé?", domandò John, facendosi più vicino sulla panchina.

Sherlock allungò all'altro una delle due tazze del Criterion Bar*, dove era passato pochi minuti prima.

"Premuroso da parte tua", commentò il medico, ringraziando Sherlock con un sorriso.

Una folata di vento scosse gli alberi intorno e fece turbinare le foglie per terra.

Sherlock bevve un sorso di caffè.

"Come sta Sarah?"

John sbuffò, attirandosi uno sguardo interrogativo da parte dell'altro.

"Non devi chiedermelo solo per cortesia!", gli fece notare.

"Ah, grazie a Dio! Non potrebbe importarmene di meno", ribattè cupo Sherlock, continuando a sorseggiare il suo caffè, gli occhi fissi davanti a se.

John fu irritato da questa risposta, ma non lo diede a vedere, avvezzo ai modi bruschi e diretti dell'altro.  

"Non chiedi come va a me?", chiese, invece, al profilo di Sherlock.

"Mi sembra che tu stia abbastanza bene. Non sembri raffreddato nè depresso", ribattè l'altro uomo, voltandosi a fronteggiare l'amico, "forse un po' stressato dal lavoro", si passò una mano sulla guancia e John ne dedusse che si stesse riferendo al suo accenno di barba incolta.

"Che bisogno ha il grande Sherlock di fare domande se può dedurre tutto solo guardandoti!"

"É un mio pregio", rispose l'altro, scrollando le spalle.

"O forse un difetto", replicò John, in segno di sfida.

"É un grande vantaggio possedere questa abilità. Come sai, i cadaveri non parlano. E nenche i criminali sono molto propensi al dialogo."

"Ma gli amici sì."

Sherlock sgranò gli occhi, colpito dall'affermazione dell'altro. Alla sua mente, alla quale non sfuggiva nulla, forse era sfuggito qualcosa. Qualcosa forse di troppo evidente, per essere notata.

"Ti ho trascurato, John?"

Il medico non rispose.

"Immagino che Sarah non ti trascuri."

"Affatto."

Se ne stettero un po' in silenzio, Sherlock a osservare i passanti e John a mordicchiare il bordo della tazza.

"Potresti ricordare a tuo fratello che il sequestro di persona è un reato?"

"Quando ci vedremo, più o meno a Natale, vedrò di dirglielo."

Un uomo anziano passò e diede il buongiorno a John. Il medico in un primo momento non se ne accorse, poi, riscossosi dai suoi pensieri, ricambiò il saluto, quando ormai il vecchio aveva proseguito per la sua strada.

"Come va il lavoro?", domandò Sherlock.

John lo fissò per alcun secondi, come a volergli leggere nel pensiero.

"Te lo sto chiedendo perchè mi interessa", lo rassicurò l'altro.

John si rilassò.

"A gonfie vele, la clientela è aumentata. Non è il mestiere più eccitante del mondo ma non mi dispiace occuparmi dei malanni altrui."

"E riesci a sopportarlo?"

John sbuffò.

"Intendi se riesco a sopportare il fatto di non dover avere a che fare con cadaveri, assassini psicopatici che vogliono farmi saltare in aria e via dicendo?", ribattè John , con più di una punta di sarcasmo.

Sherlock scosse la testa.

"Intendo se riesci a sopportare la noia."

John parve oltraggiato, ma a Sherlock sembrò che stesse esagerando. In fondo la domanda, pensò il detective, era del tutto legittima.

"La mia vita non è per niente noiosa."

Sherlock sollevò il bavero del cappotto e si appoggiò meglio allo schienale della panchina. Accavallò le gambe una, due volte e prese un respiro profondo.

"C'è qualcosa che vorresti dirmi?", intervenne John. Non l'avrebbe mai detto, ma Sherlock sembrava teso.

"Ti manco mai?"

Quella domanda era facile intuire fosse costata una certa fatica a Sherlock.  

John si grattò il mento.

"Se ti dicessi di sì avresti la dimostrazione che la mia vita è terribilmente noiosa?"

"Rispondi e basta"

"Io ti manco mai, Sherlock?"

"Ogni singolo istante."

Fu allora che la prima goccia di pioggia si abbattè sul viso di Sherlock, facendolo rabbrividire. John lo fissava, immobile.

"Perchè mi stai dicendo questo?", domandò, serio.

Sherlock si passò una mano tra i capelli.

"Secondo te?"

"Cosa vuoi che ne sappia, Sherlock? Non sei quello che si può definire un libro aperto!"

Sherlock si morse il labbro inferiore.

"Hai idea di quanto mi sia costato dirti quello che ti ho appena detto?"

John accartocciò il bicchiere di cartone tra le dita. Alcune gocce  di caffè colarono lungo la sua mano.

"Non mi hai detto proprio un bel niente!", sputò tra i denti,  "Per quanto ne sappia potrei mancarti perchè hai bisogno di qualcuno che alimenti il tuo ego!"

"Non dire sciocchezze", lo liquidò l'altro.

"Non sto dicendo sciocchezze!", ribattè John, aumentando il tono di voce.

Cominciò a piovere più forte, ma nessuno dei due sembrò curarsene.

"Perchè non hai protestato quando ti ho detto che mi sarei trasferito da Sarah?", incalzò il medico.

"Che diritto ne avevo?"

"Che diritto ne avevi?! Se non volevi che me ne andassi dovevi dirmelo, Sherlock, dovevi dirmelo!" John scagliò il bicchiere di cartone al suolo.

Sherlock fece per replicare ma John non gliene diede il tempo.

"Al posto di pretendere che non te ne importasse nulla, al posto di farmi credere che fosse indifferente che io ci fossi o meno, dovevi fermarmi, su quella cazzo di porta, e pregarmi di non andarmene!"

"Pregarti, John? Solo se mi fossi umiliato davanti a te saresti rimasto?!", protestò il detective.

"Umiliato? Da quando dimostrare i propri sentimenti a qualcuno significa umiliarsi?"

"John-"

"So cosa stai per dire! Quali sentimenti?", ormai John era un fiume in piena, così come quello che si stava effettivamente abbattendo su di loro, sotto forma di temporale.

"Non so cosa ti blocchi, Sherlock, se si tratta di orgoglio, di freddezza, se sei affetto da una malattia mentale, non capisco, non riesco a capirti! Ti ho aspettato due fottuti anni, due, e tu niente! Non potevo aspettarti per l'eternità!"

"Cosa ti aspettavi da me?", fece Sherlock con tono dimesso.

"Che mi parlassi, mi dicessi cosa provassi! Che mi toccassi, se proprio le parole non sono il tuo forte in questo campo e invece nulla, neanche quello!"

"Forse non hai notato che sono fatto così."

"Allora perchè non ti rassegni al fatto di avermi perso?"

Sherlock singhiozzò. La pioggia era penetrata fin dentro il suo cappotto, il freddo lo aveva immoblizzato, assieme alle parole di John.

Era stato sconfitto.

"Non potremmo ricominciare daccapo, John?" Sherlock si alzò in piedi.

"Che vuol dire?"

"Torna da me, torna a vivere da me! Io ti-"

Un lampo attraversò gli occhi di John.

"Io ti voglio con me", concluse Sherlock.

"E cosa cambierebbe? Cosa ci sarebbe di diverso?"

Sherlock tirò su col naso. Era fradicio.

"Non ti ho dimostrato abbastanza quanto tenga a te, quella volta con Moriarty?"

"E poi? Hai continuato a ignorarmi, concentrandoti solo sulle ricerche di quel pazzo!"

"HO RISCHIATO LA MIA VITA PER TE!", urlò Sherlock, a pieni polmoni. Il parco era pressocchè deserto, la pioggia aveva messo in fuga tutti.

"Voglio poterti toccare, Sherlock, voglio poterti baciare!"

John mosse alcuni passi verso l'altro, che si ritrasse.

"Visto? Non potremmo mai avere una relazione normale!"

"Cos'è per te una relazione normale? Mandarsi sms tutto il giorno e mangiare focaccine col tè insieme**?"

"No, è poterti dire che ti amo e sentirmi rispondere che mi ami anche tu, è poterti abbracciare quando ne ho voglia, e poter fare l'amore con te dopo aver rischiato per l'ennesima volta la vita! Ma tu non sei normale proprio per niente e io non ce la faccio a vivere così!"

John si accasciò esausto sulla panchina.

"Avrei dovuto portare l'ombrello."

Sherlock si avvicinò all'altro.

"Non so se ci riesco", mormorò.

"Non avevo dubbi."

John tremava da capo a piedi.

"Sarà meglio che torni a casa."

"Da Sarah?"

"Da chi altri?"

" Voi avete una relazione normale?"

"Più di quanto desideri."





*Il "Criterion Bar" è il locale nel quale, in "Uno studio in rosso", Watson incontra il suo amico Stamford, quello che gli presenterà Holmes. Nella serie BBC, Moffat ha voluto inserire un riferimento piuttosto velato a questo locale. Infatti, quando John incontra l'amico al parco, tiene in mano una tazza con la scritta "Criterion". Non me ne sono accorta io (figuriamoci!), lo dice il Moff nei contenuti speciali del DVD.

** Riferimento a una battuta del Dottore (Doctor Who) nell'ultima puntata della sesta serie. Sono consapevole che solo chi guarda il Dottore può capirla! In sintesi, per il Dottore l'appuntamento ideale è fatto di texting and scones, ovvero sms e focaccine (in realtà gli scones sono dei dolcetti che gli inglesi accompagnano al tè. Mai mangiati, ma sembrano così invitanti!). Il Dottore è sentimentalmente imbranato, così come Sherlock, quindi mi piaceva mettere questa frase in bocca la nostro detective!


Ps: la mia beta deve perdonarmi se non l'ho pubblicamente ringraziata nel capitolo precedente...Scusami, Blaise, se  ti ho data per scontata! Grazie del supporto e delle correzioni (ah, se ci sono ancora errori non è colpa tua, è colpa mia che non faccio tesoro dei tuoi insegnamenti!). E grazie anche a Madame Butterfly per la recensione...sono contenta che la storia ti piaccia e che ne apprezzi la colonna sonora!
  
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