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Autore: ilpunto    16/11/2011    1 recensioni
credo che un'auto prefazione sia una violenza al testo, alla speranza dell'autore. tuttavia quanto ho scritto è frutto di deduzione e dedizione: ho immaginato L molto prima del caso kira, L nella vita privata, i suoi legami, la sua emotività, l'ho fatto muovere a New York alle prese con l'attraente sensibilità di una ragazza.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Watari
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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3 maggio 2001]]
La vita è fatta di coincidenze, una sull'altra, col peso delle conseguenze, si ammassano sull’individuo, fino a formarne il carattere.
Una sola coincidenza ha il potere di sviare il destino, oppure, impudente di lasciarsi nominare come il destino stesso.

 Nella notte, una serpentina luccicante si muoveva sulla ferrovia, i neon nei vagoni illuminavano vite inconsapevoli mentre sbirciavano silenziosamente le proprie coincidenze.
secondo finestrino,  un ragazzo che sulla spalla sosteneva il sonno di una sua simile; poco più che diciottenni. il riflesso del desiderio d’appartenere a nuovi luoghi e nuovi domani.
Dietro di loro, c'era un uomo dai grandi baffi bianchi, dalle sopracciglia folte, intento a sorseggiare cointreau e risolvere un rebus, la sua espressione, la curva delle guance, delle labbra, indicavano che logica e superalcolici possono  avere una bizzarra coesistenza.
La carrozza successiva ospitava una giovane donna coi capelli raccolti in una treccia;. I suoi occhi gironzolavano per i sedili e quanto al di la del finestrino ristagnante. Lo considerava alla stregua di un dipinto notturno, un ritratto fugace, parziale e fragilissimo, di tutta la realtà esistente. I movimenti degli occhi, un po’ troppo piccoli per l’ovale del volto, rivelavano una fonda riflessione, come chi nel buio stesse cercando le proprie radici. Il punto di partenza era la mancanza di costanza, la frenetica ricerca nel reale di oggetti e collegamenti che avessero saputo risvegliarle i sogni.
Mentre le stazioni della tratta Augusta - New York scorrevano, occhieggiando dal finestrino, indovinava la vita dei viaggiatori snodata sui marciapiedi, semi di vita si offrivano alla venerante vista.
Occhi severi ed impertinenti scrutavano quella figura, non chiedendosi cosa fosse a rapirne l'attenzione; bensì immaginando il profumo dalla pelle, creando lo sconforto che solo l'estraneità sa erigere.
Alice, si chiamava così, spaurita si domandava se la scelta dell'orario per il suo viaggio fosse stata ponderata; ma la grande causa che l'aveva spinta a intraprenderlo le infondeva coraggio, forse solo ricordando che ogni fuga concerne una briciola di follia.  Mossa dalla necessità immediata di giustizia; aveva perso qualcosa e con tutta la tenacia possibile, voleva aggrapparsi alla polizia di un altro luogo, per rendere un po’ meno amaro il danno, per non avere un’altra porta sbattuta in faccia.
 Suo padre era stato assassinato in una rapina, strano modo di morire, un crimine banale, uno di quegli episodi che in televisione si sentono tutti i giorni. Una rapina, un uomo sconosciuto.
Le autorità di Augusta, scenario dell'omicidio, avevano fin troppo facilmente archiviato il caso, suscitando in Alice l’imponente sagoma di  Ponzio Pilato.
Nelle perdite, tanto violente quanto veloci, non si ha mai abbastanza obiettività da poter ammaestrare i moti della mente. Tale causa scatenante l’aveva portata alla decisione di rivolgersi alla polizia di New York, dove un suo vecchio compagno di college, Charles Pinkerton era segretario del sovraintendente. Sembrava l’uomo giusto.
 
Mentre ripercorreva il disegno logico che gli avrebbe esposto, l'oscuro scrutatore si diresse verso il corridoio, la sua meta, lo stop della ferrovia.
 il tragitto verso sud era rischiarato dall'alba. Le nuvole qui e la venivano trafitte dei colori purpurei, Venere faceva capolino, quasi esigesse il risveglio delle rondini.   
al cromatismo del cielo, Alice chiese cosa si aspettasse dalla giustizia, bramava vendetta? Che a qualcun altro fosse tolto quello che le era stato tolto? Desiderava consolazione? Rassegnazione verso il futuro? L’elementare consapevolezza di un domani dove la speranza avrebbe convissuto con la perdita? Anelava credere che nell'uomo vi fosse un'ideale superiore all'istinto di violenza? Qual’era il preciso obiettivo del suo pensiero?
Gli occhi si chiusero, quindi lasciò solo spazio alla necessità intensa, di staccarsi dal passato, dal ciclico ripetersi di ricordi: funerale, sospiri della madre, promesse, minacce rabbiose da parte del fratello a quello sconosciuto.
 Il treno si addentrava nella grande mela. da prima la periferia tutta industriale; strade e treni sorpassandosi di volta in volta si dirigevano nel medesimo capolinea. Arrivarono gli edifici residenziali, addobbati di fili e  fiori nei terrazzi, auto parcheggiate al loro fianco, mucchi di persone alle fermate d’ autobus.
 Infine i grattacieli, la cui altezza è simbolo della vanità umana, le cui vetrate luccicanti sono però il riflesso della volontà di vedere oltre, di scoprire, di contatto. Alice  si domandò se a uno di quei vetrati appartamenti potesse corrispondere quello di Justine; migliore amica dai tempi della scuola; che per qualche motivo, poco dopo i diciotto anni si trasferì, forse anche lei volle nuovi luoghi e nuovi domani, l’empirica testimonianza che i legami sanno essere vivi e vivaci nella distanza, vivono sul filo del telefono, sopra le fotografie delle vacanze, dei brevi ma intensi momenti, ove si entra nella vita di altro per poi tornare al proprio posto, sapendo di conoscere la via del ritorno.
 Alice nel desiderio di svagarsi, fra la moltitudine di estranei, cercava il portamento fiero e i capelli biondi; la stazione centrale, uno sciame individui frenetici che correvano verso ogni dove, visi, stoffe, echi di voci, odori, movenze, tutto si muoveva creando talmente tanto caos da sembrarle ordine. Stavolta nessuna collezione di particolarità, piuttosto, lo svincolo d’un itinerario tranquillo. Appena fuori si fermòda Starbucks, espresso, donuts e il ricordo male amalgamato di tutte volte che aveva visto qualcosa di simile sullo schermo.
Dopo aver sbirciato passeggio e vetrine, percepì la dimensione triplicata di tutte le cose, e si domandò come tante tinte contrastanti potessero accostarsi senza infastidire l'occhio, anzi, catturandolo sempre e maggiormente.
Scesa nei pressi dell'austero portone del commissariato pagò l'autista. I primi passi erano stati percorsi, il principio di ogni cosa, la parte più dura, era stata, a suo dire, superata.
Rivolgendosi all’individuo dietro il vetro chiese di Charles, titubante salì gli scalini fino al primo piano, dove a suo dire, avrebbe avuto inizio la ricerca di verità.
 
  
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