Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Melanto    17/11/2011    8 recensioni
Aria. Acqua. Terra. Fuoco. Alla disperata ricerca del Principe scomparso, mentre nel cielo rosseggia un'alba che odora di guerra. Una lotta contro il tempo per ritrovare la Chiave Elementale, prima che finisca nelle mani del Nero, e salvare il pianeta.
Siete pronti a partire?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Elementia Esalogy'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

ELEMENTIA
- The War -





CAPITOLO 9: Ritrovare la fede (parte III)

Sendai, Dogato di Rhalesta – Regno degli Ozora, Terre del Sud

La Luna campeggiava tranquilla in quella notte di serenità ritrovata.
Serenità per Sendai e i suoi abitanti; per tutti gli altri villaggi che mai avrebbero saggiato la perfidia del folle Naturalista. Uno spiraglio di serenità anche per coloro che avevano toccato con mano la sua malvagità e ora sapevano che l’incubo era finito; avrebbero fatto ritorno alle macerie di ciò che restava delle loro case, fatto un bilancio, seppellito i morti, ricominciato.
Serenità per tutti, nel bene e nel male, ma non per gli Elementi.
Teppei restava seduto lungo il bordo della fontana nel centro di Sendai, mantenendo lo sguardo rivolto a una delle finestre dalle cui tende tirate filtrava debolmente la luce di una candela.
Aveva le gambe incrociate e il viso affondato nella mano il cui gomito poggiava su di un ginocchio. L'attesa era accompagnata dal sommesso gorgogliare dell’acqua zampillante alle sue spalle che lanciava deboli schizzi sulla schiena e sulle braccia, ma lui sembrò non curarsene minimamente, mantenendosi immobile nella sua posizione.
Solo quando vide la figura di Hajime che usciva dal palazzo di Koji sembrò animarsi, assumendo una postura più composta.
“Allora?!” domandò con impazienza appena gli fu accanto, ma il pesante sospiro che ottenne spense parte del suo entusiasmo.
Il Tritone prese posto vicino a lui, incrociando le braccia al petto. “Yuzo non ha ancora ripreso conoscenza, ma sembra sia solo questione di momenti. Non ha riportato ferite rilevanti, solo qualche graffio.”
“E Mamoru?”
“Mamoru si ostina a non volere la nostra presenza quando gli parlerà: dice che è una sua precisa responsabilità, come capo di questa missione, e ci ordina di starne fuori.”
Teppei sbuffò pesantemente. “Accidenti, se è un dannato testardo!”
“E’ un Elemento di Fuoco, mi sarei stupito del contrario.”
“Sì, ma è un peso troppo grande quello di cui si sta caricando; dovremmo affrontarlo tutti insieme.”
Hajime fece spallucce. “Lo sai com’è fatto; non ha cambiato idea fino ad ora, non lo farà all’ultimo momento. Rassegniamoci, non ci resta che aspettare.” Ed emise un profondo sospiro.

Mamoru restava seduto sul bordo del letto a vegliare il riposo del volante.
Da quando erano tornati da Rossak non lo aveva lasciato da solo nemmeno un momento, per quanto fosse arrivato a Sendai che le suture alle spalle erano saltate in alcuni punti e presentasse ferite fresche che necessitavano di cure immediate. Ma lui era stato irremovibile, quasi ostinato, e alla fine l’aveva spuntata, facendosi medicare nella stanza di Yuzo per poter continuare a vegliare su di lui.
E ora, nonostante la stanchezza e il dolore persistente che i farmaci del Naturalista di Sendai avevano solo parzialmente sedato, continuava a restargli accanto, osservando l’espressione distesa del suo viso sopito.
Intorno alla fronte, dove fino a poco prima c’era stato il manufatto di Hans, erano rimasti dei piccoli segni rossi che sarebbero scomparsi in pochi giorni e nulla sarebbe rimasto di quei terribili momenti.
Nulla fuori, almeno. Ma dentro, gli eventi che si erano succeduti lo avrebbero massacrato e Mamoru, di questo, non ne aveva il minimo dubbio, purtroppo.
Non gli restava che trovare le parole più adatte per dirgli ciò che aveva fatto, ma l’impresa si stava rivelando oltre la sua portata. Aveva cominciato a pensarci da quando erano ripartiti da Rossak, ma non era giunto ad alcuna conclusione. Ogni volta che provava a formulare un qualsiasi discorso mentale, gli sembrava di essere eccessivamente brutale. In qualsiasi modo la ponesse, sentiva di non avere il tatto sufficiente per arrecargli il minor shock possibile, come se non esistessero delle 'parole adatte'. Forse avrebbe dovuto chiedere aiuto ad Hajime, che sicuramente aveva una sensibilità maggiore della sua, ma non poteva usufruire della scusa della sua incapacità per venire meno alle proprie responsabilità: il Re in persona lo aveva messo a capo di quel gruppo, e il comando comportava anche simili momenti.
Si lasciò sfuggire un pesante sospiro, massaggiandosi gli occhi stanchi.
Un paio di candele mantenevano un ambiente di rilassante penombra, che disegnava complessi chiaroscuri su tutti gli oggetti presenti, comprese le loro figure.
“Ma… mo… ru…”
Il richiamo fu debolissimo, ma si attirò subito la sua attenzione. La Fiamma volse lo sguardo per incrociare quello volante. Lo vide socchiudere gli occhi, scorgendo le iridi scure dalla luce benevola, e tutto ciò che fu in grado di fare, in quel momento, fu sorridere.
“Mi hai riconosciuto” disse piano, “è un buon segno.”
Yuzo ricambiò debolmente il suo sorriso, ruotando il capo per osservare l’ambiente circostante. “Dove… sono? Mi sento… un po’ confuso…”
“E’ normale, non preoccuparti. Sei nella tua stanza al palazzo di Koji. Sei a Sendai.” Gli poggiò una mano sulla spalla. “Sei al sicuro.”
“Sì… la riconosco, ora…” Poi incrociò lo sguardo del suo compagno nelle cui iridi si rifletteva il tremolio luminoso della fiamma della candela, conferendo loro l’illusione che stessero ardendo.
Il giovane di Fyar parlò di nuovo, ingoiando a vuoto. La gola era così secca. “Ricordi cosa è successo?”
Lui ci pensò per qualche momento, cercando di fare mente locale e contrastando il violento mal di testa che martellava come un picchio.
“Yoshiko… è morta…” cominciò, incurvando le labbra in un’espressione ferita. “Non sarei dovuto andare via così, senza dire una parola, ma avevo bisogno di metabolizzare la situazione… non avevo mai affrontato una perdita, prima d’ora…”
“Lo capisco. E anche Hajime e Teppei. È normale volersene restare un po’ da soli a riflettere.”
“Hai perso anche tu qualcuno a cui volevi bene?”
La pece ribollente che tingeva le iridi di Mamoru sembrò gelarsi per un istante, giusto l’attimo necessario a pronunciare quel: “Sì”, e poi tornare a liquefarsi. “Quindi puoi credermi quando ti dico che comprendo simili dolori.”
Yuzo annuì, mentre la Fiamma lo incitava a proseguire con i ricordi.
“Stavo volando” riprese. “Non avevo una meta precisa e non ho avuto nemmeno il tempo di deciderne una: mi hanno abbattuto con una freccia.”
“Chi?”
“Non li avevo mai visti, forse erano due bracconieri”, scosse il capo lentamente, “che però stavano cercando proprio me.”
“Continua.” Lo incitò, calmo.
“Mi hanno portato da un uomo che diceva di essere un Naturalista che… mi ha curato…” D'istinto si tastò il punto della spalla in cui doveva essere presente la ferita ma che invece era perfettamente sano. “…con delle pozioni di stregoneria. Cose bandite! E poi ha cominciato a vaneggiare sull’avvento di Gamo, la conquista di Elementia… ed era convinto che avrebbe preso il posto del Nero alla guida dell’AlfaOmega!”. Riuscì a ridere, debolmente, ricordando i suoi folli propositi. “Soppiantare il Nero. Ma ci pensi? Quello era completamente matto! E diceva che io lo avrei aiutato cosa che, probabilmente, era ancora più assurda della sua megalomania. Ma io lo sapevo che sareste arrivati, ne ero sicuro.” Il volante assunse un’espressione mortificata. “Vi ho arrecato ancora un sacco di fastidi. Mi dispiace, davvero…”
Ma di sicuro mai quanto a Mamoru. “Non ricordi nient’altro?”
Yuzo scosse il capo. “Devo essere svenuto quando mi hanno messo quello strano oggetto attorno alla fronte…”
Come aveva ipotizzato Hajime, il manufatto aveva agito sul suo inconscio, facendogli perdere il controllo di tutte le facoltà e venendo potenziato dall’interazione con l’onice maledetta che aveva nel collo.
L’Elemento di Fuoco emise un profondo respiro prima di cominciare a parlare nuovamente, raccogliendo tutto il coraggio di cui disponeva.
Assunse un’espressione seriosa per quanto cercasse di stemperarla il più possibile perché non divenisse troppo grave.
“Ascolta, Yuzo, quello che sto per dirti è molto importante, quindi, seguimi con attenzione, va bene?” cominciò con un tono carezzevole di cui si stupì egli stesso.
Il volante annuì, tentando di mascherare la propria perplessità, ma senza interromperlo.
“Sono trascorsi quattro giorni dal tuo ultimo ricordo.”
“Come? Quattro giorni? Così tanti?” fece eco, incredulo.
“Sì. Giorni nei quali sei rimasto nella mani del Naturalista…”
“Ma… com’è possibile? Io non ricordo nulla…”
“Lo so” disse Mamoru, annuendo, per prepararsi a metterlo al corrente della parte peggiore degli eventi. “Hai parlato di un oggetto che lo Stregone ti avrebbe messo intorno alla fronte, no?”
“Sì…”
“Quel monile era un manufatto magico con il preciso compito di assoggettare la tua volontà ai suoi voleri. Il Naturalista ti ha manovrato come una marionetta.”
A quelle parole, il giovane di Fuoco lo vide trasalire. Gli occhi scuri dell’uccellino si allargarono, venendo attraversati da un lampo di smarrimento, paura, preoccupazione; le labbra socchiuse in un tentativo abbandonato di proferire parola. Yuzo fece forza sui gomiti, mettendosi lentamente a sedere e contrastando le proteste di Mamoru che, invece, continuava a ripetergli di stare sdraiato. Per la prima volta, tra i due la spuntò l’Elemento d’Aria; si aggrappò all’avambraccio del compagno, senza perdere di vista i suoi occhi.
“Non ti devi sforzare, accidenti!” protestò la Fiamma con poca incisività, ma Yuzo lo interruppe incurante di tutto il resto e ponendogli un preciso quesito.
“Che cosa ho fatto, Mamoru?”
L’interpellato sostenne il suo sguardo terrorizzato, cercando di non soccombere a quel senso di colpa, per non averlo difeso abbastanza, che gli contorceva le viscere come la coda di una serpe.
“Non è stata colpa tua e anche se questo non ti sarà di nessun aiuto, voglio che tu lo tenga a mente.”
“Per l’amor del cielo, dimmelo!”
Era inutile, Mamoru lo capì: per quanto avesse girato attorno alle parole le conseguenze non sarebbero cambiate. La pece dei suoi occhi si fermò all'improvviso. “Il Naturalista ha attaccato tre villaggi, ordinandoti di raderli al suolo.”
“E io… io…”
Un impercettibile cenno del capo.
Yuzo serrò la mascella. Distolse lo sguardo, lasciando che si arenasse in un punto indefinito della stanza. Il petto si alzava e abbassava in respiri brevi e pesanti, mentre le dita, strette attorno al braccio dell’Elemento di Fuoco, presero a tremare vistosamente.
La stanza in cui si trovava non c'era più. Yuzo non vedeva né soffitto né pareti, non vedeva gli oggetti. Non vedeva niente. Un niente che feriva gli occhi e li faceva sanguinare. E nel sangue scorrevano numeri. “Quanti?” mormorò a mezza voce, il tono illusoriamente fermo.
“Il bilancio è irrilevante-”
“Dimmelo!”
Mamoru trasalì a quella richiesta gridata con rabbia. Lungo tutto il loro viaggio, c'erano delle cose che aveva capito del volante: Yuzo non urlava, Yuzo non si arrabbiava né perdeva la calma, Yuzo si indispettiva, sì, ma il suo tono restava quieto e pacifico anche nella sofferenza. Yuzo non si disperava nemmeno quando sembrava essere a un passo dalla morte. Ma se ora era disperazione che avvertiva provenire da lui in maniera netta, significava che nemmeno l'Autocontrollo di Alastra era in grado di nascondere tutto. Non questa volta.
La sensazione che provò non gli piacque affatto. Il palato assunse un sapore amaro.
“Tu devi dirmelo… ti prego…” Il volante lo supplicò, alzando nuovamente lo sguardo su di lui. “Quanti ne ho uccisi?”
Mamoru si accorse di come stesse cercando di schermarsi, schermarsi il più possibile, ma la ferita era troppo dolorosa.
Abbassò lo sguardo sul braccio: le dita tremanti dell'uccellino accentuarono la stretta. Tornò a guardarlo.
“Svariate decine, la conta non è definitiva. Un numero imprecisato i feriti, centinaia i profughi.” Elencò quel bollettino di guerra in tono neutro, lottando per non affogare nelle lacrime che restavano aggrappate agli occhi di Yuzo, trattenute fino allo stremo, mentre ascoltava, in silenzio, i numeri della strage.
Lo vide respirare profondamente un paio di volte, per poi lasciare la presa e volgere lo sguardo alla finestra dai vetri aperti e le tende tirate, attraverso le quali si insinuavano deboli lingue di vento tiepido.
“Vorrei restare da solo” gli disse senza nemmeno guardarlo negli occhi.
“Yuzo, ascoltami, non…”
“Per favore” rincarò con decisione apparente e Mamoru si sentì chiuso fuori, isolato, consapevole di non poterlo raggiungere. Si tratteneva solo perché lui era lì presente, ma era arrivato al limite e a lui non rimase che farsi da parte. Si alzò adagio, osservando il profilo seminascosto dalle ombre della luce soffusa.
“Per qualsiasi cosa tu abbia bisogno, chiamaci.”
Yuzo non rispose né accennò un solo movimento.
L’Elemento di Fuoco gli volse le spalle, raggiungendo la porta in pochi passi. Rigirò il pomello e uscì nel corridoio, socchiudendo il legno lavorato dietro di sé e lì stette, per qualche attimo ancora, con la schiena poggiata all’uscio, incamerando quanta più aria possibile con un respiro. Chiuse gli occhi, quando lo sentì piangere, continuandosi a ripetere che lui non doveva cedere, perché gli era stato affidato il comando e doveva essere forte per tutti i suoi compagni. Doveva. Nonostante desiderasse ardentemente distruggere qualsiasi cosa si fosse trovato davanti.
Si domandò se fosse normale sentirsi così inutile. Lui non era bravo a confortare gli altri, ma agiva sempre per prevenire quel genere di situazioni. Stavolta aveva sbagliato e non gli rimasero che domande senza risposta assieme a quello strano senso di malessere che gli pungolava il petto con insistenza, mentre ascoltava il pianto disperato del volante.
Noi siamo la Fiamma, di sempiterna potenza. Non proviamo dolore, ma solo ardore. Non proviamo dolore… non proviamo dolore…” sibilò tra i denti il motto della scuola, come fosse un mantra, ma non seppe trovare conforto in quelle poche parole che erano il primo insegnamento di Fyar, appreso molto tempo prima di imbarcarsi alla volta dell’arcipelago delle Fyarandas. Non sortirono l’effetto sperato, non gli diedero la forza.
Strinse gli occhi come a cercare una maggiore concentrazione, ma alle sue orecchie riecheggiava solo il frantumarsi del cuore di Yuzo. Lo stesso crepitio acuto di un cristallo che veniva sbattuto al suolo con violenza, distrutto in mille piccolissimi pezzi. E lui l’aveva lasciato cadere.
Serrò i pugni fino a che le nocche non divennero livide e le unghie non intaccarono le carni dei palmi. Una smorfia cupa adombrò i tratti del viso, mentre la pece degli occhi ribolliva furente. Si allontanò, con passo sostenuto, fermamente deciso a scaricare in qualche modo la sua rabbia.

Aspettava di risvegliarsi perché quello non poteva essere altro che un incubo.
Impossibile che fosse la realtà. Semplicemente impossibile.
E allora perché stava piangendo? Perché non riusciva a fermarsi, a smettere di tremare? Perché il dolore che stava provando era così forte, così reale?
Le parole di Mamoru erano tutte lì, una ad una, si rincorrevano senza sosta nella sua mente, nelle sue orecchie. Si incidevano sulla pelle come fossero dotate di artigli. Graffiavano, lasciavano segni.
L'incubo non era che quella verità troppo scomoda e tagliente.
Come poteva accettare di aver fatto una cosa simile?
Le sue mani, i suoi poteri avevano sterminato villaggi, distrutto case, ucciso persone
“Non è vero...” singhiozzò disperato “…non l'ho fatto... non è vero...”

… “L’Aria è un elemento estremamente mutevole, Yuzo, e questo non lo dovrai mai dimenticare. Per tale motivo devi esercitarti nella meditazione più che in ogni altra disciplina: perché l’Aria senza controllo è estremamente pericolosa.”
“Ma il Vento è fonte di vita, lo dice anche il motto della scuola!”
L’uomo gli sorrise, poggiandogli una mano sulla testa con benevolenza.
“Questo è vero, ma nelle mani sbagliate può scatenare l’Inferno. Ogni elemento lasciato libero di agire può generare il caos e l’Aria richiede un livello di concentrazione estremo per contenerne la potenza, per questo ad Alastra osserviamo rigidamente le discipline mentali. Senza controllo, il Vento può causare la Morte. Ripensa a queste mie parole la prossima volta che tenterai di dormire a lezione!” Gli scompose affettuosamente i capelli corti “E ora fila a studiare, Asylum Higher!”
Il piccolo rise, balzando in piedi, e si profuse in un inchino. “Sì, padre!” Gli volse le spalle, correndo lungo uno dei ponti sospesi che univano i candidi torrioni della struttura scolastica…

“Ho perso il controllo dei miei poteri, padre… ho perso il controllo…” Si guardò le mani come se avessero potuto stillare sangue da un momento all’altro. Lentamente se le portò alla testa, stringendola in esse. “…e ho ucciso. Io ho ucciso!

L’ennesimo albero cadde sotto colpi violenti, mentre l’alba schiariva la sua notte insonne, tinteggiando di un tenue azzurro il nuovo giorno.
Mamoru respirò con affanno, mantenendo una posizione di attesa e scegliendo con la coda dell’occhio il nuovo bersaglio.
Alcuni calci in rapida sequenza alla base del tronco lo spezzarono, lasciandolo oscillare pericolosamente prima di collassare lungo un fianco, ma la Fiamma non gli diede il tempo di toccare il suolo poiché lo avvolse in una stretta corda di fuoco e lo lanciò in aria. Una sfera incendiaria lo carbonizzò. I brandelli abbrustoliti del legno caddero intorno a lui, per far compagnia a quelli che li avevano preceduti.
“Non ti sembra di esagerare, ora?” domandò una voce all’improvviso. “Hai distrutto mezza foresta, potresti incorrere nelle ire degli Erboristi.”
Mamoru lanciò una rapida occhiata al suo interlocutore, recuperando fiato. “Si facessero avanti, ne ho anche per loro” rispose con asprezza, sistemando i capelli che erano sfuggiti alla mezza coda. Aveva il viso imperlato di sudore e dei sottili rivoli di sangue che scivolavano dalle bende delle spalle, segno che le suture erano nuovamente saltate.
Teppei scosse il capo, contrariato. “Adesso smettila, il tuo comportamento è assurdo. Non è riducendoti uno straccio che aiuterai Yuzo.”
L’Elemento di Fuoco lo guardò in tralice con espressione iraconda. “Non dirmi quello che devo o non devo fare!”
“Non dovrei? Ma hai visto lo stato in cui sei ridotto? Da quanto tempo non fai una dormita decente? Hai bisogno di riposarti, non sei invincibile. E se continui a sforzarti quelle dannate ferite non guariranno mai.”
Mamoru avrebbe voluto controbattere qualcosa, ma sapeva di essere nel torto. Stava sprecando inutilmente energie, ma voleva sentirsi stravolto, completamente svuotato così non avrebbe potuto pensare più a nulla e sprofondare nell’incoscienza del sonno sarebbe stato di gran lunga più semplice. Alla fine si limitò a guardarlo furente ancora per qualche momento, prima di voltargli le spalle e cessare le ostilità. Prendersela con Teppei non aveva alcun senso né rientrava nelle sue intenzioni. Forse sì, era il caso di andare a dormire, si era stancato abbastanza.
“Hai fatto questo per tutta la notte?” Si sentì domandare.
“Avevo della rabbia da sfogare.”
“E adesso sei soddisfatto? Ti senti meglio?"
“No” rispose con sincerità.
Non era soddisfatto di nulla né si sentiva meglio. Nemmeno la morte di Hans gli aveva arrecato sollievo.
“Immagino che l’abbia presa molto male, vero?” Teppei si era alzato in piedi per portarsi al suo fianco. “Sei andato via senza dire mezza parola a nessuno, ma non ci è voluto un indovino affinché capissimo che Yuzo è a pezzi.”
Mamoru annuì. “Già… Credo sia meglio che gli parli Hajime. E anche tu, tenetegli compagnia… ha bisogno di facce allegre…” Gli rivolse un sorriso sbilenco che l’altro ricambiò, poggiandogli una mano sulla spalla.
“Ci penseremo noi, non preoccuparti. Tu devi riposarti, ora. Torniamo al villaggio.” E si immersero nella foresta alle loro spalle, mentre il sole si levava rapidamente dietro le montagne distanti.
Quando si presentarono dal Naturalista di Sendai, questi scosse il capo facendo uno sbadiglio e invitando Mamoru a entrare. Teppei, invece, decise di raggiungere Hajime per la colazione.
Il medico inarcò un sopracciglio, sciogliendo le bende; accanto a sé aveva un vassoio sul quale aveva preparato ago e filo.
“Benedetto figliolo, sei proprio irrequieto!” esordì, scuotendo il capo. “E anche irresponsabile! Ti strapazzi e ti dimentichi di aver perso molto sangue in questi ultimi giorni!”
“Sì, sì… lo so.”
“Ah, sì? E allora perché, se lo sai, sei di nuovo qui?!” A quell’ennesimo rimprovero, Mamoru rise poco rispettosamente. “Voi Elementi non siete più disciplinati come una volta” rimbeccò il medico. “E voi di Fuoco siete addirittura peggiorati!”
Per fortuna i punti saltati erano meno del previsto e il Naturalista fu rapido. Completò l’opera con un nuovo bendaggio, dandogli un affettuoso scappellotto dietro la nuca, appena ebbe terminato l’opera.
…lllà! Il signore è servito, ancora una volta. Ma ora fila subito a dormire, intesi?” Lo minacciò, puntandogli l’indice sotto il naso. “E non fare il furbetto! Tra dieci minuti verrò a controllare e se non ti troverò ronfante ti ci legherò al letto, parola mia!”
“Signorsì!” rispose il giovane di Fyar, lasciando la stanza e avviandosi per i corridoi del palazzo di Koji.
Questa volta aveva chiesto troppo a sé stesso e gli effetti cominciavano a farsi sentire. Non aveva più un briciolo di energia e le immagini oscillarono pericolosamente davanti ai suoi occhi per un paio di volte, ma decise stoicamente di non sorreggersi alla parete. Se era testardo, doveva esserlo fino in fondo.
Eppure, nonostante tutto, avrebbe voluto dirigersi dal volante, giusto un attimo per controllare se avesse avuto bisogno di qualcosa. Con questo pensiero i suoi passi lo fermarono proprio all’imbocco del corridoio che conduceva alla camera di Yuzo. Rimase a guardarlo per qualche secondo, con indecisione, poi immaginò le facce di Teppei e del Naturalista che lo guardavano furenti e gli sfuggì un sorriso.
- Meglio non farli arrabbiare di nuovo. - si disse e, lanciata un’ultima occhiata al fondo dell’andito, proseguì per la sua strada fino alla porta della propria camera.
Aprì l’uscio, scivolando all’interno. Aveva bisogno di rinfrescarsi dopo l’allenamento notturno, ma in quel momento non ne aveva materialmente la forza e si lasciò cadere sul letto morbido, sprofondando il viso nel cuscino, mentre i capelli serpeggiarono disordinatamente attorno al viso.
Accompagnato dal suono del suo stesso respiro, il sonno lo colse quasi subito e sperò, con tutto il cuore, che al suo risveglio ci fossero buone nuove.

Quella giornata stava passando fin troppo in fretta e non nel modo sperato.
Hajime sospirò, affranto, di fronte alla tazza di tè. La schiena era poggiata alla spalliera della sedia sulla quale era seduto.
Dalla finestra lì accanto filtrava l’inizio del tramonto e un’arietta tiepida.
Tre colpi decisi alla porta della stanza lo distolsero dai suoi pensieri.
“Avanti.”
Teppei fece capolino. “Sei stato più fortunato?” domandò, richiudendo l’entrata alla sue spalle, lentamente.
Il Tritone scosse il capo. “Yuzo si ostina a non voler parlare con nessuno. Non mangia, a stento manda giù un bicchiere d’acqua e resta tutto il tempo rannicchiato sul davanzale della finestra a sbirciare l’esterno tra gli spiragli della tenda.” Era così che lo aveva trovato, fin da quella mattina. Il viso girato non riusciva a nascondere totalmente il rossore degli occhi. Per tutto il tempo che era rimasto con lui, non aveva spiccicato una sola parola. Non aveva risposto alle domande che gli aveva posto né aveva avanzato una sola richiesta. Lui e Teppei si erano alternati per andare da lui, ma la situazione non era cambiata lungo tutto l'arco della giornata.
Teppei sospirò pesante, portandosi nei pressi del tavolino su cui era adagiata la tazza con il tè e vi si poggiò contro. “Maledizione, questo non va affatto bene” disse incrociando le braccia al petto. “Tanto più che non possiamo restare ancora a Sendai. Presto arriverà la delegazione da Rhalesta e noi dovremmo già essere in viaggio quando ciò avverrà o altrimenti la missione finirà col subire ennesimi ritardi. E non possiamo permettercene altri.”
“Questo lo so bene, ma cosa possiamo fare? Non scordarti che Mamoru è ancora ferito; non dovremmo aspettare che si rimetta in forze?”
“Dovremmo parlarne con lui…”
Hajime afferrò la tazza, portandola lentamente alla bocca. “Non credo che prenderà bene la situazione”

Quel sonno senza sogni fu un toccasana per il corpo e la mente. L’essere troppo stanco per formulare una qualsiasi immagine nella testa gli permise di riposare e rilassare ogni singolo muscolo.
Mamoru si rigirò nelle lenzuola, cambiando posizione, e lentamente aprì gli occhi, riemergendo dal nulla del suo sonno profondo. La stanza lo accolse silenziosa e, nonostante le tende tirate, intuì che la sera non doveva essere ancora giunta.
Spostò lentamente delle ciocche di capelli dal visto, continuandone a tenere una parte immersa nel cuscino. Il suo respiro era lento e pesante. Si sentiva decisamente meglio di quando si era coricato e si concesse qualche altro minuto di tepore sotto i tessuti leggeri delle lenzuola.
Poi, con il risveglio, formulò il primo pensiero.
- Devo andare dal volante. –
Sorrise di come stesse diventando fin troppo prevedibile, eppure non avrebbe cambiato programma in virtù di nessun atteggiamento di facciata.
La Fiamma si stiracchiò adagio per non far saltare nuovamente i punti o il Naturalista lo avrebbe strozzato; si tirò a sedere e si alzò piano. La testa non gli girò, non tanto almeno, e la cosa gli parve essere un buon segno: si stava riprendendo.
Il bacile con l’acqua era fermo sopra uno dei mobili presenti nella stanza, quello dotato di specchiera. Lo adocchiò con la coda dell’occhio e lo raggiunse in passi non affrettati, in modo da testare le reazioni del proprio corpo e visto che gli parve reagire piuttosto bene e velocemente, si mosse con maggiore sicurezza.
Decise di rinfrescarsi, prima di andare da Yuzo: se l’uccellino l’avesse visto in quelle condizioni pietose, avrebbe finito col preoccuparsi ancora di più e di tutto aveva bisogno, il volante, tranne che altro dolore.
Mamoru fece in fretta e si cambiò d’abito, ma prima di lasciare la stanza si avvicinò alla tenda e la aprì. Il tramonto era appena agli inizi. Alla fine aveva dormito solo una mezza giornata, ma si sentiva riposato e piuttosto tranquillo. Inspirò a fondo con lo sguardo immobile verso la sfera ancora gialla, ma cerchiata da un alone più aranciato. La luce intensa non gli ferì gli occhi. Poi, volse le spalle a quell’immagine di quiete e abbandonò la camera per dirigersi, a passo spedito, verso quella di Yuzo.
Sicuramente doveva essere in compagnia di Hajime e Teppei; gli avrebbe fatto solo una visita veloce, tsk!, non poteva mica fargli vedere di essere preoccupato! Sia mai! Altrimenti l’uccellino avrebbe finito col credere chissà cosa. Naaaa! E poi come avrebbe fatto a toglierselo dai piedi quello stupido volante?!
La Fiamma abbozzò un sorriso a fior di labbra ben deciso, inoltre, a mettere qualcosa sotto i denti. Da quanto tempo non faceva un pasto degno di questo nome?
Non lo avrebbe mai dato a vedere davanti agli altri, soprattutto innanzi a quella pattumiera con gambe quale fosse Teppei, ma, Dea!, che fame che aveva! In quel momento sarebbe stato capace di mangiare un bue intero con contorno, frutta e dolce!
Con quei pensieri culinari stava per imboccare il corridoio per la camera di Yuzo quando venne fermato da una voce.
“Ragazzo di Fuoco” si sentì chiamare e in quel tono profondo riconobbe Mastro Koji. Scorse la sua figura farglisi contro, provenendo dalla direzione opposta.
“Ragazzo di Fuoco”, ripeté, “sono lieto di vedere che stai meglio.”
“Grazie, Mastro Koji, avevo solo bisogno di dormire un po’. Ora mi sento in piena forma.”
L’uomo annuì. “Ma non essere imprudente e segui i consigli del Naturalista.”
“Sì, sì certo.”
“Andavi da Yuzo? Come sta?”
Lui sospirò, facendo spallucce. “Ieri sera gli ho spiegato quello che è successo. Credo abbia bisogno di tempo per accettare la situazione.”
Koji annuì grave. “Povero ragazzo, deve essere stato un duro colpo per lui…”
“Sì…” Nelle orecchie, il pianto riecheggiava come un'eco che si dissolveva, ma non scompariva.
Mastro Koji si grattò un sopracciglio, apparendo piuttosto titubante. “Non so se sia il caso… ma volevo informarti che tra poche ore celebreremo la cerimonia funebre per Yoshiko; sai, con tutto quello che è successo e la minaccia di Hans, io e mia moglie abbiamo voluto aspettare prima di dare l’ultimo addio alla nostra bambina.”
Mamoru annuì con un sorriso. Il viso dell'uomo aveva l'espressione serena di chi aveva sempre saputo e aveva già imparato a rassegnarsi.
“Vorrei che lo dicessi anche a Yuzo… ma se non se la sente di venire, non deve preoccuparsi.”
“State tranquillo, Mastro Koji, lui non mancherebbe per nulla al mondo: per quanto la conoscesse da poco, si era affezionato a vostra figlia e sono sicuro che verrà, per darle un ultimo saluto.”
“Allora vi aspetto al tempio a metà tramonto per la cerimonia di cremazione.” E, dopo avergli poggiato piano una mano sulla spalla, si allontanò, scomparendo tra i corridoi del palazzo.
Mamoru osservò la sua figura per qualche altro istante prima di inforcare l’andito per la camera del volante. Osservò rapidamente il sole da una delle finestre e pensò che mancavano ancora un paio d’ore al rito.
Si fermò davanti alla stanza di Yuzo rimanendo a osservare la porta per alcuni momenti. Non sapeva cosa avrebbe trovato dall’altra parte, con che espressione il volante l’avrebbe accolto, con quale sguardo. Le iridi sconvolte della sera prima apparvero e scomparvero in un attimo e gli fecero serrare la mascella con forza, ma non voleva presentarsi in quel modo davanti a lui, con l'aria altrettanto ferita. Così, Mamoru chiuse fuori dalla sua sfera mentale tutto ciò che avrebbe potuto turbare la sua sicurezza e inspirò a fondo un paio di volte, prima di bussare.
Non ricevette risposta.
La Fiamma inarcò un sopracciglio. Strano che non rispondesse nessuno, forse l’uccellino stava riposando e poi non sentiva alcun rumore provenire dall’interno.
Non udì nemmeno la voce di Teppei, che era solitamente forte e vivace e si riconosceva all’istante.
Bussò ancora.
“Yuzo, sono Mamoru” disse, ma al nuovo silenzio entrò nella stanza, facendo capolino da dietro l’uscio. “Sei sveglio?” domandò, lo sguardo sbirciò l’interno, ma il mistero si infittì quando si accorse che l’ambiente era vuoto. Spalancò l’entrata e avanzò di qualche passo, guardandosi intorno.
Il letto era stato accuratamente rifatto e la finestra era aperta per permettere alla luce esterna di illuminarla nella sua interezza.
Gli abiti di Yuzo non erano più sulla sedia, sostituiti invece dalla veste da camera, perfettamente piegata.
Il cuore saltò un battito, mentre tutta la tranquillità con cui si era svegliato svanì di colpo, sostituita da un attacco di ansia improvviso.
Come un fulmine, Mamoru tornò sui propri passi e corse a cercare Hajime e Teppei. Forse Yuzo era in loro compagnia, magari erano seduti da qualche parte a bere un tè e lui si stava facendo prendere inutilmente dal panico.
Piombò nella piccola saletta al secondo piano, attirandosi gli sguardi perplessi di alcune servette intente a riordinare. Dei tre Elementi nemmeno l’ombra. Si mosse allora nei corridoi, affacciandosi ogni tanto a osservare i cortili interni, ma nulla. Salì lesto le scale e spalancò la porta della camera di Teppei. Niente nemmeno lì.
“Maledizione!” imprecò tra i denti, dirigendosi infine agli alloggi di Hajime.
Quando aprì di schianto la porta, gli Elementi di Acqua e di Terra si volsero a osservarlo con espressione interrogativa.
Hajime era fermo presso il piccolo scrittoio, Teppei era in piedi accanto a lui e appoggiato al tavolo.
Quando Mamoru si accorse che il volante non era con loro, l’ansia aumentò di colpo.
“Ben sveglia-” cominciò il giovane di Tyran, ma lui lo interruppe con foga.
“Dov’è?!”
“Dov’è chi?” domandò Hajime.
“Non è con voi?!” continuò, senza badare al quesito del Tritone.
“Ma a chi ti riferisci?”
“A Yuzo!” sbottò, malcelando l’ira. “Non è con voi?! La sua camera è vuota!”
Hajime balzò in piedi. “Come sarebbe?!”
“Quello che ho detto, maledizione! Non è nella sua stanza! Per Santa Maki Ardente, vi avevo chiesto di restare con lui!” Era avvampato come un enorme falò di paglia. Era avvenuta la fiammata e adesso si rendeva conto di essersi fatto prendere dalla foga. Stancamente, si massaggiò le tempie, cercando di recuperare una parvenza di autocontrollo. “Scusate…”
Il Tritone posò la tazza sul tavolino. “Non preoccuparti Mamoru, adesso lo cerchiamo” disse con un sorriso rassicurante, per poi inforcare l’uscita della camera seguito dai compagni.

Camminare, tenere ancorati i piedi al suolo, era un qualcosa che ad Alastra non faceva spesso, ma che aveva ripreso a fare da che era in missione. Non gli aveva mai arrecato chissà quale disturbo; in quel momento gli parve un supplizio.
Muovere passi in sequenza, sentire la dura terra sotto le suole avevano il doloroso effetto di una punizione. La peggiore. Come un uccello cui avevano strappato le ali, Yuzo si sentiva mutilato. Ma per tutto quello che aveva fatto era un prezzo equo, ragionevole: non avrebbe mai più volato né utilizzato i suoi poteri.
Era giusto così; come molti altri che avevano perso tutto ciò che avevano, così sarebbe stato anche per lui. Avrebbe perso le cose cui era più legato: il vento, il volo. La sua identità. Quella che suo padre gli aveva dato e che considerava il tesoro più grande. Di certo non avrebbe mai più avuto il coraggio di guardarlo in faccia, di incrociare il suo sguardo e leggervi il disprezzo per le sue colpe e per l’incapacità di gestire gli insegnamenti di Alastra.
E il Master? Che avrebbe pensato l’Airone di Cristallo?
Si lasciò sfuggire un pesante sospiro mentre continuava a immergersi nella fitta boscaglia fino a raggiungere la sua meta: il luogo segreto della piccola Yoshiko.
Individuò la panchina intagliata nella roccia dove si era seduto in compagnia della bambina a raccontarle le meraviglie della città dell’Aria, a soddisfare ogni sua più piccola curiosità e ad ascoltare i suoi sfoghi e frustrazioni.
Le dita scivolarono lente sulle venature rugose della superficie tiepida di pietra termica.
Lentamente si sedette sul blocco grigio scuro puntellato di cristallini così piccoli da essere difficilmente visibili a occhio nudo.
Il volante distese le lunghe gambe, poggiò la schiena alla roccia e lì stette, col capo reclinato all’indietro e lo sguardo rivolto alle intricate fronde verdi. Alcune luccicavano dei bagliori dorati, colpiti dal sole al tramonto, e restò a scrutare tra le loro trame seguendo arzigogolati ghirigori che non tracciavano nessun disegno particolare, ma si perdevano e riemergevano tra le braccia del bambù. A differenza della luce, che arrivava con notevole fatica, il vento scivolava senza il minimo sforzo anche nello spiraglio più piccolo e stretto, oppure aggirava l’ostacolo zig-zagando tra i fusti e arrivava a lui sottoforma di soffio tiepido, a solleticare il viso e smuovere le vesti.
Con le mani adagiate sulle gambe, socchiuse gli occhi, lasciandosi cullare dall'aria che sembrava carezzarlo amorevolmente, come una mano materna. In quel momento immaginò di essere nella voliera, circondato dal bel canto delle phaluat che volteggiavano libere. Immaginò tutte le persone che per lui erano state fondamentali e che lo avevano sempre incoraggiato a dare il meglio di sé. E poi di nuovo la piccola Yoshiko che lo guardava piena di un’ammirazione che sentiva di non meritare e sembrava rivedere in lui la realizzazione di tutti i suoi sogni.
“Eri molto più forte di me…” mormorò, provando infinita vergogna di sé, ma i rimorsi erano schiaccianti.
Quante vite aveva sulla coscienza? Quante famiglie distrutte? Quanto dolore?
Molto di più di quanto potesse sopportare e la sua decisione era stata più lucida di quanto non fosse egli stesso.
Avrebbe dovuto metterne al corrente i suoi compagni di viaggio e già sapeva che questo avrebbe scatenato le ire di Mamoru. Anche le sue invettive sarebbero state giuste e le avrebbe accettate senza controbattere: in fondo, che diritto aveva di difendersi dopo quello che aveva fatto?
Aprì lentamente gli occhi, traendo un profondo sospiro, poi reclinò la testa in avanti, muovendo lo sguardo alle mani. Le osservò attentamente, percependo il movimento dell’energia che confluiva ai palmi e alle dita. Non era un qualcosa di visibile ma un insieme di sensazioni che formicolavano in tutto il corpo come un brivido, lo cavalcavano, per concentrarsi in un solo punto in cui il vento sarebbe divenuto qualcosa di tangibile e consistente, in cui avrebbe potuto controllare i suoi sbuffi irrequieti e la sua natura mutevole.
Avvertì l’imminente manifestarsi dei suoi poteri, ma strinse i palmi in pugni chiudendo gli occhi con forza, per ricacciarli indietro.
“Non posso farlo” mormorò tra i denti. “Non posso.”

Mamoru si muoveva rapidamente tra le strade di Sendai fermando chiunque incontrasse: uomo, donna, bambino o anziano che fosse. Eppure sembrava che nessuno avesse visto il volante. Spesso alzava lo sguardo al cielo e scrutava tra le fronde di qualche albero, ma le sue ricerche si stavano rivelando infruttuose.
Dopo aver frugato l’intero palazzo del capo villaggio senza trovarlo, era uscito in strada insieme ad Hajime e Teppei, separandosi proprio fuori la porta dell’abitazione di Mastro Koji in modo da fare più in fretta. Il loro intento era ritrovarlo prima che facesse buio, ma sia il Tritone che il tyrano sembravano essere più sereni di lui e avevano cercato di acquietare le sue ansie convinti che lo avrebbero trovato presto. Intanto lui sembrava essere a un punto morto e sperò ardentemente che gli altri avessero maggiore fortuna.
Ma dove diavolo poteva essersene andato da solo, quello stupido?
E lui perché se ne preoccupava così tanto?
Lo sapeva perfettamente che non c’erano più pericoli, almeno per il momento; probabilmente cercava solo un modo per poter pensare in tutta tranquillità… un modo che però lui non riusciva affatto a comprendere. Dea, com’erano complicati gli Elementi d’Aria! Così terribilmente cerebrali!
Mamoru si fermò nei pressi della bottega di un fabbro. Un uomo, probabilmente il proprietario, stava lavorando uno scudo con certosina meticolosità; quasi gli dispiacque interrompere la sua concentrazione.
“Scusate, buon uomo” cominciò facendo un altro passo nella sua direzione. L’interpellato mosse lo sguardo su di lui solo per un brevissimo istante per poi ritornare alle sue incombenze.
“Dimmi pure, figliolo” gli rispose con voce burbera.
“Avete visto passare un ragazzo poco più alto di me con corti capelli neri e una casacca lunga bianca e azzurra?”
Anche se non lo osservò mai negli occhi, Mamoru ebbe la sensazione che ci stesse pensando.
“No, non mi pare” rispose a un tratto. “Come puoi ben vedere, ragazzo, sono oberato di lavoro e gli scudi non si preparano solo con le mani, ma anche con gli occhi. Inoltre, ogni arma presente è destinata alle guardie cittadine rimaste al Sud, qualora lo scontro dovesse superare i confini, quindi devono essere perfette e non posso distrarmi. Spiacente di non poterti aiutare.”
L’Elemento di Fuoco si guardò intorno, osservando mucchi di spade e punte di picca ammassati in un angolo. Un garzone li tirava a lucido con uno straccio.
Era vero. La guerra era sempre più vicina ormai e questo gli ricordò come desiderasse ardentemente essere insieme ai suoi compagni di Fuoco per prepararsi allo scontro invece che correre dietro a principi scomparsi e stupidi volanti. Ma si morse il labbro, pentendosi immediatamente di quel pensiero: ritrovare sua Altezza Tsubasa era fondamentale anche per gli esiti della stessa guerra. In quanto a Yuzo, beh, era preoccupato da morire e dire il contrario sarebbe stata la più grossa balla del secolo.
Fece un rapido inchino. “Grazie della vostra cortesia e buon lavoro” disse, tornando sui suoi passi.
“Che le Dee ti guidino, figliolo” gli rispose l’altro, seguitando a smartellare sul metallo che stava forgiando.
Mamoru inforcò nuovamente la strada quando un bambino attirò la sua attenzione.
“Cerchi il ragazzo che vola?” gli domandò candidamente, mangiando un biscotto. “Se cerchi lui, io l’ho visto.”
A quelle parole, il giovane di Fyar gli si inginocchiò accanto. “Davvero, piccolo? E dov’era diretto?”
Il bambino indicò un sentiero poco lontano da loro. “L’ho visto camminare da quella parte, verso il bosco.”
Mamoru inarcò un sopracciglio. “Camminare? Intendi proprio a piedi?”
Il piccolo annuì.
“Non volava?”
Negò.
“Ne sei proprio sicuro?”
"Sicurissimo."
La cosa gli risultò strana: ormai, in quel villaggio, tutti sapevano che loro erano Elementi, per quale motivo Yuzo si spostava a piedi? Lui adorava volare! Sarebbe morto se non avesse potuto più farlo. E ora che non era necessario essere discreti, invece, lo era.
Mamoru si alzò. “Grazie mille!” esclamò, allontanandosi molto più velocemente di come era venuto per inforcare il sentiero che gli era stato indicato.
Scivolò rapidamente tra le canne di bambù mentre sentiva il proprio respiro farsi più pesante per l’affanno che l’ansia sapeva creare. Poi, fu un attimo, intravide la figura del volante tra gli alti fusti e si sentì come rinascere. Si fermò proprio sul limitare di quella piccolissima radura.
Yuzo era seduto su di una specie di panca fatta di roccia, la testa reclinata all’indietro e gli occhi chiusi.
In quel momento, il pesante macigno che si era appollaiato sullo stomaco scomparve, venendo esalato in un profondo sospiro. Il volante stava bene e quella certezza fece star bene anche lui in una specie di reazione a catena che non sapeva comprendere, ma su cui non si interrogò.
Osservandolo attentamente, sembrava quasi che stesse dormendo, poi lo vide muoversi, chinare lo sguardo per osservarsi le mani, ed era così assorto da non essersi accorto della sua presenza.
Mamoru scrutò il suo profilo dall’espressione addolorata, poi gli vide stringere i pugni con forza, portandoseli al petto. Ma per quanto si sentisse sofferente anche lui nel vederlo così, il sentimento di rabbia prevalse: Yuzo non poteva sparire in quel modo senza nemmeno avvisarli, non dopo gli ultimi avvenimenti almeno.
Con piglio incollerito, si mosse per raggiungerlo.
“Ma bene. Eccolo qui, il signorino” cominciò aspro, incrociando le braccia al petto.
Il volante sobbalzò, non avendolo minimamente sentito arrivare. Si alzò in piedi. “Mamoru… ciao…”
“Ciao?!” fece eco la Fiamma, con ironia. “Io, Hajime e Teppei ti stiamo cercando come matti da più di un’ora e tutto quello che mi sai dire è solo ‘ciao’?!” Non era propriamente vero, visto che l’unico a essersi preoccupato era stato solo lui e gli altri avevano tentato di rassicurarlo, ma decise di tralasciare quel piccolo particolare.
Yuzo si mortificò. Adagio, portò una mano dietro la nuca, massaggiando il collo e spostando altrove lo sguardo. “Mi dispiace, io… non era nelle mie intenzioni… davvero…”
“E che diavolo vuoi che me ne faccia delle tue scuse? Gradirei che ci pensassi su prima di fare cose stupide.”
“Hai ragione…”
Oddea! Cos’era quel tono di remissione totale? Mamoru finse di non notarlo e gli volse le spalle. “Che ti serva per la prossima volta. Ora torniamo al villaggio, a breve celebreranno il funerale di Yoshiko. E tu vorrai esserci, spero” concluse, sempre in tono poco accondiscendente. La coda dell'occhio ferma a catturare lo sguardo dell'altro.
“Sì, sì. Certo che ci sarò, non potrei mai mancare.”
Mamoru annuì, decidendo che il rimprovero poteva dirsi concluso. Non voleva calcare troppo la mano. A dire il vero, non sapeva nemmeno cosa stesse davvero pensando il volante. Sembrava rassegnato; come quando arriva la piena e non si può più scappare. Nei suoi occhi non c'era nulla, erano come persi in chissà cosa. Vacui. “Molto bene. Dopo ci organizzeremo per la ripartenza, dobbiamo muoverci prima che la delegazione del Doge di Rhalesta arrivi a Sendai.” Iniziò a incamminarsi, ma Yuzo rimase immobile con lo sguardo fisso al suolo e le dita intrecciate.
Quello era il momento più adatto per dirglielo, così il volante fece un profondo respiro bloccando la Fiamma prima che scomparisse nel canneto.
“A tal proposito, io… volevo comunicarti… la mia decisione di tornare ad Alastra. Torno a casa.”
Mamoru non si volse subito nel sentire quelle parole, ma rimase fermo, come pietrificato, per un lunghissimo istante.
Metabolizzò lettera per lettera l’intera frase, comprendendone appieno il significato. Gli occhi si allargarono sempre di più in un misto di sconcerto, incredulità e rabbia. E crescevano tutti, tutti insieme. Lava che risaliva lungo il condotto magmatico.
Lentamente disincrociò le braccia e si girò a guardarlo con le iridi che ribollivano per l’ira che si stava impossessando di lui nonostante cercasse di contenerla in tutti i modi.
“Tu cosa?” sibilò tra i denti. “Credo di non aver capito.”
Yuzo continuava a tenere lo sguardo basso, fisso sulle mani. “Non… non posso continuare, non me la sento. Sarei solo un peso per voi e, a causa mia, avete già perso troppo tempo; non voglio rallentarvi ancora…”
“Fammi capire bene: mi stai dicendo che abbandoni la missione?”
Il volante annuì ma questo mandò la Fiamma fuori dalla grazia delle Dee.
Voglio sentirtelo dire!” gli urlò contro, facendolo sussultare. “E guardami negli occhi quando parli con me!”
Yuzo obbedì, seppur con una certa riluttanza; le iridi scure si mossero per incrociare le sue e lo sconforto che affogava il colore nocciola era palpabile. Faceva sul serio. L'uccellino faceva sul serio. Lasciare tutto, lasciare loro. Scomparire dalle loro vite così come vi era entrato. Tornare indietro. E arrendersi.
In quel momento, Mamoru decise che doveva spronarlo in qualche modo e lasciò che fosse la rabbia a guidarlo.
“Stai scappando, allora? È questo che ti hanno insegnato ad Alastra? A fuggire le responsabilità? Ma bravo, congratulazioni, hai appreso tutto alla lettera!”
“Non è così, Mamoru-”
“Ah, no? E allora dimmi tu com’è! Dici che vuoi tornare alla scuola, abbandonare la missione, voltare le spalle al Principe! Come lo chiami questo? Io lo chiamo in un solo modo: codardia!”
Yuzo non rispose, ma tornò ad abbassare lo sguardo incapace di sostenere quello del compagno.
La rabbia divenne furia.
Ti ho detto di guardarmi negli occhi, maledizione!
La piccola sfera infuocata gli sfuggì dalle mani in un impeto d'ira. Un colpo facile facile che un Elemento di livello superiore come il volante avrebbe deviato a occhi chiusi e invece Yuzo non si mosse nemmeno di un millimetro mentre la meteora passava radente accanto al suo braccio, annerendo, per il calore intenso, una lingua del tessuto candido della manica. Il suo sguardo si levò con lenta stanchezza fino a incrociare quello perplesso di Mamoru.
“Perché non hai deviato il mio incantesimo?” gli domandò quest’ultimo ma l’uccellino rimase a osservarlo in rigoroso silenzio. In quei pochi secondi, l’Elemento di Fuoco sembrò comprendere le sue reali intenzioni. Era per quello il vuoto che aveva visto nei suoi occhi. Era per quello il senso di rassegnazione. La resa. “Ecco perché non hai volato per arrivare fino qui. Dunque sarebbe questa la tua ‘soluzione’? Non vuoi più utilizzare i tuoi poteri?”
“Sì. E' quello che ho intenzione di fare. Molta gente è morta a causa loro, altri hanno perduto tutto ciò che avevano… è giusto che anche io mi privi di ciò che ho di più caro, per fare ammenda. Purtroppo non posso resuscitare i morti.”
“Ma che diavolo stai dicendo? Non vuoi più essere un Elemento? Non vuoi volare mai più? E che farai senza l’Aria? Non avrai più niente, te ne rendi conto? Non sarai niente!” Mamoru avanzò nella sua direzione con passo deciso. Il tono sottile e più basso, ma non per questo meno tagliente. “Sarà come morire.”
“Lo so. E va bene così.”
Per la Fiamma quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Le labbra si incurvarono disegnando un’espressione di disgusto.
“E allora scappa pure, vigliacco” gli sibilò in tono basso, traboccante sdegno. “Ritorna nel tuo nido dorato. Mi domando come diavolo tu abbia fatto a raggiungere il Sesto Livello.” Il ghigno si caricò di cattiveria. “Allora avevano ragione a odiare quelli come te. Volanti. Non siete altro che dei damerini senza spina dorsale. Mi fai venire il voltastomaco.”
Per quanto quelle parole stessero dando il colpo di grazia al suo spirito, Yuzo non replicò a nessuna delle ingiurie, ma le ascoltò attentamente. D’altra parte, quello stoico mutismo stava facendo impazzire la Fiamma che vedeva andare a vuoto ogni suo tentativo di sprono. All’improvviso lo afferrò saldamente per le spalle, scuotendolo.
“Santa Dea, ma tutto quello che ti sto dicendo non ti fa né caldo né freddo? Perché non ti difendi e non mi dici che ho torto marcio? Arrabbiati, maledizione, prendimi a pugni, odiami se preferisci ma abbi una reazione! Non continuare a restare così impassibile come se ogni invettiva verso di te sia lecita! Il colpevole di ciò che è successo non sei tu!”
“Ma sono io che ho ucciso! A questo non pensi? Era la mia mente che controllava il vento, erano le mie mani a generare tempesta, ero io!” Yuzo fissò le fasciature che spuntavano da sotto gli abiti di Mamoru, sentendosi pungere il petto con insistenza. “E sono sempre io quello che non ha risparmiato nemmeno gli amici…”
“Ma non eri in te in quel momento!” insistette il giovane di Fyar prima di stemperare il tono irato traendo un profondo respiro. “Io non ti sto chiedendo di dimenticare, ma di andare avanti per le prime vittime innocenti di questa dannata guerra. Esiliando te stesso da Alastra, rinunciando ai tuoi poteri… non farai altro che ucciderli una seconda volta. È questo che vuoi?”
Yuzo si divincolò dalla stretta. “No che non lo voglio!” Gli rispose voltandogli le spalle e allontanandosi di alcuni passi. “Ma non posso usarli… non posso…”
“Ma perché?!”
Perché ho paura!” Il volante esplose per la disperazione. Quella consapevolezza di temere la propria natura era il male peggiore da cui si diramava ogni altra cosa. Ma non sapeva contrastarla né vincere i dubbi. Con voce incrinata si volse, guardandolo negli occhi. “Ho paura dei miei poteri… ho paura di non riuscire più a controllarli e far nuovamente del male… Ho paura del mio Elemento.”
Mamoru non rispose perché quell'eventualità, quella che gli eventi potessero arrivare a intaccare addirittura la sua fede che aveva sempre ritenuto la più incrollabile tra le loro, non l'aveva messa in conto. Yuzo aveva paura dell'Aria. Suonava come una bestemmia. Ma quella sembrava essere la realtà dei fatti e davanti a una simile situazione lui non poteva fare niente. Ancora, di nuovo, si sentì inutile.
“Fino a che avrai fede nel tuo Elemento, esso non ti tradirà. La paura nasce solo da una mancanza di fiducia: verso sé stessi e la materia dalla quale traiamo forza.” Gli disse con calma, voltandogli le spalle. Quelle parole, riaffiorate all'improvviso, gli sembrarono l'unica cosa cui aggrapparsi, in quel momento. Ll'ultimo tentativo. “Il coraggio di affrontare le paure l'abbiamo dentro di noi: trovalo e troverai anche il modo di vincere i sensi di colpa. Ma se ti arrendi senza nemmeno tentare, allora non sei degno di essere un Elemento, e io non ti tratterrò oltre se vorrai ancora tornare ad Alastra. Tutto ciò che ti chiedo è di non deludere la memoria della bambina, non vorrei che avesse mal risposto la sua ammirazione.” Concluse il discorso mentre si immergeva nella boscaglia per ritornare al villaggio, e non si voltò più indietro. “Hai tempo fino alla fine della cerimonia funebre, dopodiché noi ripartiremo, con o senza di te.”
Yuzo non poté fare altro che osservare la sua figura che scompariva tra gli alberi.
Rimasto solo, il volante aveva la mente che era un focolaio contrastante di pensieri. Si rincorrevano proprio come l'aria, un ricircolo di venti che spiravano senza sosta.
Mamoru aveva ragione, ma la paura di provocare un’ennesima ecatombe era schiacciante, addirittura impensabile. La sola idea gli ghiacciava il sangue. Però… non voleva nemmeno deludere tutte le persone che avevano avuto fiducia in lui fino a quel momento. Suo padre, i Magister e il Master ad Alastra, il Re a Raskal, Hajime e Teppei, la piccola Yoshiko, ma, soprattutto, non voleva che Mamoru pensasse davvero che fosse un codardo. No, non lo era.
Ma doveva dimostrarglielo. Doveva farlo a qualsiasi costo altrimenti la Fiamma lo avrebbe disprezzato per sempre e il suo sguardo ribollente d’ira lo avrebbe perseguitato per tutto il resto dei suoi giorni, ricordandogli la propria inettitudine.
E doveva farlo per loro. Tutti loro. Loro che ora non avevano più niente, loro che erano stati spazzati via dai suoi poteri senza controllo. Loro che non avevano colpe, ma avevano pagato per una guerra ancora lontana. E lui, quell'immenso 'loro', l'avrebbe portato per sempre con sé.
Il volante strinse i pugni, alzando lo sguardo al cielo.
“Divina Yayoi, l’Elemento a te consacrato è la cosa più importante che ho, ciò che ho sempre desiderato di governare fin da bambino, ma io non voglio essere portatore di morte. Quindi, ti prego, dammi la forza di non avere paura e di credere fino in fondo di essere all’altezza del titolo di Elemento…”
La sua energia prese a formicolare in tutto il corpo, cavalcando ogni nervo o muscolo, dalle sinapsi fino alla circolazione periferica, dai capelli alle ossa, scivolando all’interno dei pugni chiusi. Come una scarica elettrica si trasmise a ogni singola cellula del suo essere, mentre gli occhi continuavano a mantenersi fissi alle fronde che si aggrovigliavano in un complesso mosaico di canne e foglie. Dagli spiragli più sottili, l’aria si insinuava assieme ai colori dell'ultimo tramonto. In quel rosso avrebbe rivisto, ogni giorno, il sangue che aveva versato.
“…dammi la forza di essere degno di essere vivo.”

Mamoru ripercorse a ritroso il tragitto e riemerse sul sentiero con passo deciso e sguardo severo. La sua destinazione era il palazzo di Mastro Koji. Si impose di non arrabbiarsi oltre né di dispiacersi; si era lasciato prendere fin troppo dalle emozioni, rischiando di venir meno a una promessa fatta molto tempo prima. Però aveva avuto ragione: lo aveva perso. Ormai, Yuzo sembrava deciso ad andarsene e nonostante il suo ‘io’ interiore gli urlasse a squarciagola di costringerlo con ogni mezzo a non mollare lui non l’avrebbe trattenuto, non sarebbe stato giusto farlo: il volante doveva scegliere da solo il suo destino e se non aveva la forza necessaria per sostenere una tale responsabilità… allora, forse, era meglio così. Però non poté non domandarsi cosa ne sarebbe stato di lui una volta abbandonata Alastra. Cosa avrebbe fatto senza i suoi poteri? Sarebbe affogato nell'infelicità? Perché non gli aveva detto che avrebbero diviso tutti insieme il dolore? Perché non gli aveva detto che non lo avrebbero lasciato solo? Perché...
Mamoru incupì l’espressione. Il Fuoco gli divorò il cuore. Doveva smettere di fare la chioccia nei suoi confronti.
Di lontano distinse le figure di Hajime e Teppei che si muovevano velocemente nella sua direzione. I loro visi tradivano una preoccupazione maggiore di quanto non fosse stata alcune ore prima.
“Mamoru, non siamo riusciti a trovarlo da nessuna parte!” esordì il Tritone, ma la Fiamma li superò senza nemmeno degnarli di un’occhiata.
“Preparate i bagagli”, disse lapidario, “siamo in partenza.”
Hajime rimase perplesso, mentre Teppei inarcava un sopracciglio. “Ma… così? All’improvviso? E Yuzo-”
“Forse non verrà.”
“Non verrà? Ma che significa?” domandò Hajime.
“Quello che ho detto e non ho intenzione di ripetermi.”
“Ma… ci hai parlato? Che sta succedendo?”
Mamoru si fermò di colpo rivolgendo loro lo sguardo deciso. “Yuzo vuole tornare ad Alastra e non sarò certo io a trattenerlo. Questa missione è fondamentale e non voglio incapaci al seguito, quindi, non c’è più nessun motivo che ci trattiene ancora a Sendai.”
“Smettila di essere così duro con lui! Ti rendi conto di quello che sta-” replicò Teppei altrettanto deciso.
“Lo so benissimo, ma noi non abbiamo più tempo e se non ha la prontezza di riprendersi ora, allora è inutile che continui a fare parte di questa missione.” Poi si volse, riprendendo a camminare. Non doveva mostrare agli altri che sarebbe stato pronto a trascinarlo a viva forza con sé. “Fate in fretta a prepararvi, a breve ci sarà la cerimonia funebre di Yoshiko.”
Gli altri due lo videro allontanarsi di gran carriera senza aggiungere altro.

La pira funeraria era arsa con un suono crepitante, innalzando intense fiamme al cielo dove il sole stava per scomparire alle spalle delle vette lontane che si estendevano a Ovest.
L’intero villaggio si era radunato dietro al tempio dove era stato allestito il tumulo da ardere. Centinaia di persone avevano arrestato tutto ciò che stavano facendo per dare un ultimo saluto alla piccola e forte figlia di Mastro Koji. Quest’ultimo aveva portato a spalla il feretro avvolto da un sudario candido su cui erano stati amorevolmente ricamati i simboli dei quattro Elementi. Aveva poi adagiato il corpicino sulla sommità della pira e, dopo averle rivolto un’ultima, lunga occhiata, aveva appiccato il fuoco. La fiamma si era insinuata tra le sterpaglie divorando rapidamente i rami rinsecchiti e la paglia, ascendendo poi i livelli più alti fino a intaccare la figura distesa e immobile della bambina.
Non si era levata una sola parola né un lamento da parte di nessuno. Un rigoroso e rispettoso silenzio aveva dominato la scena, interrotto solo dal fuoco crepitante.
- Che la Terra tracci il cammino, che la Fiamma illumini i passi, che l’Acqua disseti l’arsura, che l’Aria allontani i pericoli. Intrapreso è il viaggio del Lungo Riposo. Le Dee siano con te. Amen. - Mamoru aveva recitato mentalmente una preghiera mentre Hajime e Teppei erano rimasti in piedi, accanto a lui.
Di Yuzo nemmeno l’ombra.
L’Elemento di Fyar aveva mosso lo sguardo, scandagliando l’intero spiazzo senza però riuscire a vederlo. C’era molta gente e probabilmente il volante si era mescolato a essa.
Nemmeno ora che il falò si era spento e Koji riempiva l’urna con le ceneri di Yoshiko, Mamoru era stato in grado di individuarlo.
Il giovane sospirò rassegnato.
- Non è venuto - pensò. - Allora è proprio deciso a mollare… Dannazione doveva almeno venire a salutare la bambina! –
Manifestò il suo disappunto stringendo i pugni e disegnando una fugace smorfia sul viso.
“Amici…” Il capo villaggio prese la parola, rivolgendosi alla gente che era accorsa; tra le mani teneva saldamente l'urna. “Vi ringrazio dal più profondo del cuore per l’affetto che avete dimostrato a mia figlia, venendo qui a dirle addio. Ora lei ha cominciato l’ultimo viaggio per le Terre dell’Oltre, dove l’attenderà il Lungo Riposo. Adesso è libera.” Sul viso aveva un sorriso sereno. “Io e mia moglie abbiamo deciso di disperdere le ceneri nel fiume affinché le conduca al mare dove riposeranno in pace.”
“Mastro Koji…”
Una voce maschile si levò all'improvviso.
Le teste dei presenti ruotarono all'unisono e la folla si aprì, lasciando che un giovane avanzasse in direzione della pira.
Anche Mamoru si era girato di scatto, riconoscendo la voce all’istante e vedere che fosse davvero Yuzo gli scatenò una strana tempesta di emozioni: aspettativa, stupore, una punta di rabbia, sollievo.
“Mastro Koji” ripeté il volante, avanzando sotto gli sguardi inquisitori e diffidenti degli abitanti del villaggio che in lui vedevano ancora l’assassino spietato che aveva distrutto Atzar, Rossak e Krrish. Per quanto sapessero che il giovane era rimasto vittima di un incantesimo, e che quindi la colpa per ciò che era accaduto non era da attribuire a lui, non potevano non scrutarlo con timore.
L’Elemento d’Aria passò in mezzo a loro sostenendo il peso della paura, che velava i loro occhi, con uno sforzo quasi sovrumano di cui però solo Mamoru sembrò accorgersi, mentre lo scortava con lo sguardo. Yuzo si fermò davanti al capo villaggio.
“Yoshiko non era fatta per l’Acqua. Era nata per l’Aria. Se voi me lo concedete, vorrei essere io a disperdere le sue ceneri. Le devo più di quanto potrei mai dire.”
Koji scrutò fin nel profondo delle sue iridi scure prima di rivolgere un’occhiata fugace alla moglie, al suo fianco. La vide sorridere e annuire. Sorrise anche lui nel porgergli l’urna cineraria.
“Grazie per quello che hai fatto per lei.”
Il volante rispose al suo sorriso. Tolse delicatamente il coperchio dal vaso e lo lasciò nelle mani della madre di Yoshiko. Richiamò il potere del vento affinché sollevasse le ceneri fino a estrarle dall’involucro. Lentamente si librò in volo, portandole con sé sotto gli sguardi interrogativi dei presenti che continuavano a seguire i suoi movimenti con attenzione.
Yuzo si fermò a numerosi metri dal suolo, dove era ancora possibile vedere il sole al tramonto, mentre dabbasso era già scomparso alle spalle delle vette lontane. Osservò quello spicchio rosso per alcuni momenti, prima di sollevare le ceneri sopra la sua testa.
“Tuo padre mi ha ringraziato, ma sono io a dover ringraziare te, per avermi insegnato a essere una persona più forte. D’ora in avanti cercherò di non avere paura. Ho delle persone che si fidano di me, non posso mica deluderle.” Incrociò le mani sopra la propria testa, mentre le ceneri restavano un po’ più in alto, sospese nel vuoto. “Sii eterna, Yoshiko.”
La raffica di vento concentrica disperse le spoglie in ogni direzione come un’immensa onda d’urto che cavalcò il cielo per tutta la sua estensione fino a dissolversi.
Dabbasso, Hajime si rivolse a Mamoru, con un sorriso. “A quanto pare, saremo ancora in quattro a lasciare Sendai.”
“Già” annuì l’altro altrettanto sorridente. “Si direbbe proprio di sì.”
E nessuno poteva immaginare quanto ne fosse orgoglioso.

"For what I've done /
Per quello che ho fatto
I start again
ricomincio ancora
and whatever pain may come
e qualsiasi dolore ne potrà venire
today this ends
oggi questo finisce.
I'm forgiving what I've done
Sto perdonando quello che ho fatto,
I face myself
affronto me stesso
to cross-out what I've become
per tracciare una croce su ciò che sono diventato,
erase myself
cancellare me stesso
and let go of what I've done
e lasciare andare quello che ho fatto"

Linkin Park
- What I've done

“E così avete deciso di ripartire.”
La cerimonia era finita da poco e il tempio si era andato gradualmente spopolando.
“Proprio così, Mastro Koji, vorremmo evitare di trovarci qui all’arrivo della Guardia Cittadina mandata dal Doge di Rhalesta” rispose Mamoru, finendo di sellare il cavallo.
L’uomo annuì. “Capisco, potrebbero rallentarvi dal portare avanti la vostra missione.”
“Esatto.”
“Allora non vi tratterrò oltre. Grazie per averci liberato da quel folle di Hans.”
“Grazie a voi per averci offerto ospitalità per tutto questo tempo. Non lo dimenticheremo.” Con un gesto elegante montò in sella imitato dai compagni.
“Mi raccomando, fate attenzione!” esclamò infine il capo villaggio mentre si allontanavano attraverso la porta Sud di Sendai. “E buona fortuna!”
I quattro Elementi salutarono un’ultima volta prima di spronare gli animali e scomparire alla vista.
“Ragazzi, vi devo delle scuse per i problemi che ho causato…” cominciò Yuzo.
Teppei sorrise. “Non devi, non finiremo mai di dirti che non è stata colpa tua. E poi l’importante è che siamo ancora tutti interi e tutti uniti.”
Tsk! Delle tue scuse me ne faccio poco e niente” intervenne piccato Mamoru. “Vedi piuttosto di non provocare altre disgrazie.” Poi sospirò, rassegnato. “E io che credevo di essermi liberato di te una volta per tutte. Che sfortuna.”
Il volante rise toccandosi l’orecchio in un gesto meccanico, ma non trovò l’orecchino. Si era dimenticato di averlo perso e abbozzò un sorriso un po’ malinconico.
“Non incominciare, Mamoru!” esclamò Hajime. “Tanto ormai non ci crede più nessuno!” Con espressione sghignazzante si rivolse a Yuzo. “Lo dovevi vedere come era preoccupato.”
“Che cosa?!” ruggì la Fiamma, arrossendo leggermente. “Vorrai scherzare! Non lo ero per niente!”
“E’ vero, invece! Non stava fermo un secondo” infierì Teppei, facendogli il verso. “Ci ha pure sgridato: ‘Vi avevo detto che dovevate restare con lui!’
“Ah, sì?” Il volante rideva alla faccia sua, senza nemmeno fingere un minimo di contegno.
“Finitela, accidenti a voi!” tuonò Mamoru, agitando l’aria con il pugno chiuso. “Chiudete quelle boccacce!”
Terra e Acqua spronarono leggermente i cavalli, aumentando la distanza e ridendo come matti.
Tsk! Vedi di non farti strane idee” disse la Fiamma, rivolgendosi a Yuzo. “Non ero affatto preoccupato per te, io! Però sono il responsabile della missione e di voi tre, sarebbero stati cavoli miei se ti fosse successo qualcosa! Chiaro?”
“Sì, sì. Figurati, so bene che non ti preoccuperesti mai per me.”
“Ecco, appunto” sottolineò Mamoru con decisione, poi infilò una mano nella tasca di una delle borse legate alla sella, cavandone una piccola scatola. “Prima che me ne dimentichi… tieni.”
Yuzo osservò il dono con espressione sorpresa. “Un regalo? Ma non è il mio compleanno.”
“Lo so bene che non è il tuo compleanno! Il 12° Màkiza l'abbiamo passato da un pezzo!”
“Oh. Te lo ricordi ancora?”
“Certo che me lo ricordo! Non sono così stupido!”
Il volante rise. “No, non volevo dire questo!”
“E che volevi dire?!" si irritò la Fiamma. "No, non voglio saperlo. Vuoi aprirlo o no?”
“Va bene, va bene. Lo apro.” L’Elemento d’Aria si arrese, prendendo la scatola dalle sue mani, però non la aprì, ma rimase a fissarla mentre la rigirava tra le dita.
“E ora che c’è?” domandò Mamoru, ruotando gli occhi.
“Mi dispiace. Davvero, mi dispiace molto per quello che è successo” disse Yuzo con serietà, tanto che anche la Fiamma perse il suo piglio stizzito in favore di un finto fare distratto "Ho... ho messo in pericolo tutti voi, ho messo in pericolo l'intera missione. Ho... ho...".
“Su questo la penso come Teppei e lo sai.” Lo interruppe Mamoru prima che potesse continuare. Non voleva che lo dicesse apertamente e stare lì a ricordarselo ad alta voce, bastavano i tormenti silenziosi.
“Sì, però… so di non avere grandi qualità, di non essere forte-”
Woh! Aspetta, frena! Il discorso sulla forza lasciamolo da parte, eh?”
Aveva distrutto tre villaggi e diceva di non essere forte?! O era modesto o era fesso. Lui propendeva per la seconda, manco a dirlo.
Yuzo agitò una mano. “No, ma non intendevo in merito ai miei poteri magici!”
Aaaah! Va bene, allora sono d’accordo.”
Il volante sorrise, scuotendo il capo. “Ho molti difetti però… non voglio che tu pensi che io sia un vigliacco. Non lo sono.”
Mamoru lo aveva sempre criticato, questo era vero, cercava ogni minimo appiglio per dargli noia e contro, ma aveva imparato, vedendolo sul campo, che, no, Yuzo non era vigliacco. Era capace di sacrificare anche sé stesso per gli altri, però… non era in grado di affrontare i problemi quando lo toccavano direttamente. Questo era ciò che aveva capito del volante, ma ancora non sapeva spiegarsi il perché. Lui aveva sempre odiato gli Elementi d’Aria perché avevano un qualcosa che non riusciva a raggiungere e cioè l’equilibrio interiore dato dalla completa conoscenza di sé stessi, dei propri limiti e della propria forza. A Yuzo, invece, quello stesso equilibrio sembrava mancare, o meglio, non era completo.
Che cosa nascondeva che lo rendeva imperfetto?
Mamoru era sicuro che la verità si celasse dietro il famoso Autocontrollo di Alastra, perché gli sembrava di notare qualcosa, quando lo guardava negli occhi, ma non ne era sicuro.
“Staremo a vedere.” Un ghignetto ironico gli tese le labbra. Non avrebbe mai ammesso di avergli dato del vigliacco solo per provocarlo e non perché lo pensasse davvero. D’un tratto sembrò ricordarsi di qualcosa e si volse, agitando l’indice in direzione del volante con aria furba. “E comunque, ricordati che noi abbiamo un patto, eh? Tutto quello che voglio! Tutto-tutto-tutto!”
“Ah, allora non te ne sei dimenticato.”
Tsk! Vorrai scherzare?! Ti ho in pugno, caro mio! Non puoi rifiutarti!”
“D’accordo, hai ragione. Ti ho dato la mia parola e così sarà: obbedirò ai tuoi ordini senza protestare. Promesso.”
“Oh, sì. Dimmelo ancora. Questo è il giorno più bello della mia vita.” Mamoru si portò una mano al petto, sospirando d’estasi. Le ciglia che sbattevano velocemente e che facevano ridere di gusto il volante. Non gli dispiacque vederlo così. Gli parve rilassato, anche se era consapevole che il giovane d’Aria non avrebbe mai potuto dimenticare quanto era accaduto in quei pochi giorni che avevano trascorso a Sendai, ma sarebbe cresciuto, come uomo ed Elemento, portando quel peso sempre con sé.
Mamoru camuffò la preoccupazione, assumendo una postura più composta e finendo di fare lo scemo. Col capo indicò la scatola che l’altro seguitava a tenere tra le mani, ancora avvolta nel nastrino.
“Senti ma vuoi che te la apra io? Sai come si scioglie un fiocco, sì?”
“Divertente, molto.” Yuzo stette alla presa in giro e afferrò un lembo del nastro. “Adesso ti stupirò, guarda… oooooh!” Il nodo si disfece in un attimo e l'uccellino sollevò il coperchio. Raggomitolato all’interno della scatola, giaceva l’orecchino. Yuzo sgranò gli occhi per la sorpresa; era stato convinto d’averlo perso per sempre.
“La mia Piuma!” esclamò, preda di una felicità così genuina che anche il compagno di Fuoco sorrise. Velocemente afferrò l’oggetto e lo indossò. “Io credevo-”
“L’ho trovato nella foresta, tra i rami spezzati di un albero. Ti ho fatto riparare la chiusura.”
“Grazie, Mamoru. Questo orecchino è molto, molto importante per me.” Più di quanto la Fiamma potesse pensare.
L’interpellato arrossì per tale gratitudine e volse altrove lo sguardo, con fare sostenuto. “Figurati.”
Rimasero in silenzio con Yuzo che sorrideva del suo imbarazzo. Il volante osservò a lungo il suo profilo e infine aggiune: “Il 20° Làstero.”
Mamoru si volse di scatto.
“Come vedi qualcosa la so anch'io” cinguettò, spronando leggermente il cavallo per raggiungere Hajime e Teppei. L’altro rimase a osservare la sua schiena con la bocca leggermente aperta.
“E questa… dove…” mormorò inebetito prima di riprendere il controllo. “Ehi! Ultimamente stai avendo sempre tu l’ultima parola e questo non va bene, sai?! Torna subito qui!”

Riprende il cammino verso un altro villaggio,
con la fede più forte e un nuovo coraggio;
con antichi segreti a causare dolore
e altri ancora nascosti nel cuore.

 


 

…Il Giardino Elementale…

Màkiza? Làstero? Se questi nomi vi suonano poco familiari... AVETE RAGIONE! XD
Mentre stilavo il capitolo 11 (che è completo e pure dalla mia Bet(t)ina), ho avuto come una sorta di 'lampo': non potevo lasciare i nomi dei mesi così come sono i nostri. Non avrebbe avuto senso. Su Elementia non esiste un Dio Giano né tantomeno un Imperatore Augusto! E come potevo spiegare l'esistenza delle 'settimane'? Allora mi sono armata di santa pazienza e ho creato Il Calendario Elementale (Volume Sesto dell'Enciclopedia Elementale, lo trovate a fondo pagina :*). Uh, sì, e per quanto riguarda le "Terre dell'Oltre", ci sarà un volume dell'Enciclopedia anche per quello XD. Sante Dee! *sospira*
Signore mie, ve lo dico perché lo sto affrontando in prima persona: scrivere una storia fantasy, che coinvolge un mondo interamente nuovo e creato dal nulla, non è facile. Non lo è. Per niente. Se volete che il vostro fantasy venga bene, dovete lavorarci, lavorarci e lavorarci. Rendervi conto di cosa appartiene al 'nostro' mondo e cosa appartiene a 'quel' mondo, son cose diverse e, molto spesso, ce ne si rende conto solo mentre si scrive e i problemi spuntano all'occorrenza.

Ciuò detto, passiamo al capitolo vero e proprio! :3
Angstino ♥
L'angstino è bello ♥
XD potevo lasciarvi senza?
Come dite? E' stato addirittura poco?
Oh, oh, oh! Non preoccupatevi, ce n'è ancora che vi aspetta. Così come non tutti i problemi sono stati affrontati perché non volevo fosse tutto subito. Con calma, c'è tempo.
Finisce così la missione a Sendai, la tappa decisamente più lunga dell'intera storia, ma ci sono ancora molte città da visitare e molte altre avventure aspetteranno i nostri quattro eroi. La Via Crociata è ancora lunga.
(Ora che ci faccio caso... \O/ oddio! Questo capitolo è venuto lungherrimo!!! T^T scusate.)

In tutto ciò, è stata aggiunta anche una fanartina :3 Vecchissima, se notate l'anno in cui è stata fatta XD

Ringrazio di cuore tutti coloro che continuano a seguire questa storia con affetto! :*****


Galleria di Fanart (NOVITA'!)

- What I've done

Enciclopedia Elementale (NOVITA'!):

1) Enciclopedia Elementale – Volume Primo: Le Scuole Elementali e l’AlfaOmega

  • Capitolo 1: La Scuola di Tyran
  • Capitolo 2: La Scuola di Alastra
  • Capitolo 3: La Scuola di Fyar
  • Capitolo 4: La Scuola di Agadir
  • Capitolo 5: Gli Stregoni dell’AlfaOmega


  • 2) Enciclopedia Elementale – Volume Secondo: Elementia: storia e caratteristiche

  • Capitolo 1: La Storia
  • Capitolo 2: La Magia in Elementia
  • Capitolo 3: Le Divinità di Elementia


  • 3) Enciclopedia Elementale - Volume Terzo: Cicli di Studio e Titoli

  • Capitolo 1: Cicli di Studio
  • Capitolo 2: Titoli


  • 4) Enciclopedia Elementale - Volume Quarto: Gli Ozora ed i Gamo

  • Capitolo 1: La faida tra gli Ozora ed i Gamo
  • Capitolo 2: L'Armata Reale della famiglia Ozora
  • Capitolo 3: Le Legioni della famiglia Gamo


  • 5) Enciclopedia Elementale - Volume Quinto: Classi Magiche e Professioni

  • Capitolo 1: Elementi e Sacerdotesse Elementali
  • Capitolo 2: Erboristi e Stregoni
  • Capitolo 3: Naturalisti e Alchimisti


  • 6) Enciclopedia Elementale - Volume Sesto: Il Calendario Elementale

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Mesi
  • Capitolo 3: Festività (pagg 1 e 2)

  •    
     
    Segui la storia  |        |  Torna su
    Cosa pensi della storia?
    Per recensire esegui il login oppure registrati.
    Capitoli:
     <<    >>
    Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Melanto