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Autore: FunnyBunny    17/11/2011    4 recensioni
«Senti, abbiamo iniziato con il piede sbagliato! Perché-»
«Il piede era giustissimo, invece!»

Erin non ha mai voluto amare nessuno. Un antipatico ragazzo riuscirà a farle cambiare idea o rimarrà tutto come prima?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Onew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autore: FunnyBunny
Pairing: Onew/OC
Capitoli: 8/?
Desclaimer: Gli SHINee non mi appartengono ma Key sì

 

This is so much like us,
We fight like we’ll never see each other again
And then become mixed in the soap called love,
Suddenly, all the animosity disappear.
We fight a hundred times,
And our hearts break a hundred times,
But like tangled pieces of string
Our love can’t be pulled apart.

Love’s Way – SHINee

 

-

 

 

«Tuo padre mi ha contattato. Vuole che tu torni in America e che studi per diventare avvocato. Io sono d’accordo»

 

Questo non era quello che mi aspettavo.

 

La guardai, spalancando gli occhi. Si era sentita con mio padre? Da quando? E perché?

«Sei venuta qui solo per… costringermi?» chiesi sbalordita.

«Non saresti mai venuta se avessi cercato di convincerti solo a parole» disse semplicemente.

«Da quanto?»

«Cosa?»

«Da quanto tu e quello vi divertite a giocare con me? Da quanto avete deciso di ingannarmi in questo modo, eh?» sibilai stringendo il bicchiere d’acqua che avevo in mano.

«Tutta questa storia della Corea, del trasferimento... non capisci che ti stai rovinando la vita? Non andrai mai da nessuna parte se rimani qui! Tu tornerai in America e diventerai una manager come tuo padre, siamo chiari?!»

«Cos- Ma chi cazzo sei tu per giudicare quello che faccio! Io resterò in Corea! Tu… tu sei venuta qui solo per… hai fatto tutta la carina solo per convincermi!»

«Giusto, chi sono?! Di certo non tua madre! Sono contenta di essermi liberata di te! Io non ti ho mai voluto, sia chiaro! Hai sempre cercato di rovinarmi la vita!»

 

Era contenta di essersi liberata di me.

Era contenta di non avermi per figlia.

Non mi voleva.

La sua voce rimbombava nella mia mente, mentre abbassavo gli occhi. Quindi tutto quello che aveva fatto in quelle due settimane era... falso. Lei non mi voleva bene, non me ne aveva mai voluto.

Mi odia.

 

«Scommetto che tu ti sia divertita a giocare alla mamma premurosa e gentile, eh?» sbottai buttando a terra il bicchiere. I pezzi di vetro si sparsero per tutta la stanza, mentre io e mia madre, in piedi l’una di fianco all’altra, ci guardavano furenti.

«Si, è stato abbastanza divertente, in effetti. Ma ora il gioco è finito»

«E io che ci era pure cascata, ti avevo creduto... Dio, che stupida! Avrei dovuto capirlo!» urlai avviandomi verso la porta. Mia madre mi afferrò il polso, stringendo. «Lasciami!»

«No!» la sentii urlare prima che la sua mano schiaffeggiò forte la mia guancia. Rimasi immobile, cercando di capire cosa fosse successo.

«Vai a fanculo» sibilai liberandomi dalla sua stretta e scappando via.

 

Correvo da almeno dieci minuti tra quelle strade. Sentivo le lacrime scendere velocemente dagli occhi, ma non ci facevo caso: volevo solo scappare via.

Mi aveva tradita. Io mi ero fidata di lei, avevo addirittura pensato di poter riallacciare i rapporti e vivere come una normale famiglia e invece era tutta una farsa.

Mia madre in verità mi odiava e mi aveva ricontattato solamente per riportarmi in America.

Ed io, come una stupida, ci ero cascata. Avrei dovuto pensarci due volte prima riparlare con quella donna, prima di... fidarmi e affezionarmi a lei. Ero davvero un’idiota, un’incapace.

Mi fermai di scatto davanti ad una torre che conoscevo bene. Seoul Tower. C’ero stata due giorni prima con lei. Senza pensare a nulla entrai, precipitandomi nell’ascensore.

Ultimo piano.

Quando uscii sulla terrazza, una ventata d’aria sferzò violentemente il mio viso, scompigliandomi i capelli. Ero andata lì con l’intento di prendere una boccata d’aria, ma come fossi ipnotizzata, mi avvicinai al parapetto, guardando giù. Le strade, le persone, le macchine... tutto era così piccolo, così insignificante.

Un salto e avrei potuto farla finita.

 

“Sono contenta di essermi liberata di te! Mi rovinasti la vita quando nascesti!”

 

Mi sedetti sul parapetto tremando. Non avrei dovuto fidarmi di lei.

«Sarai contenta ora...» sussurrai silenziosamente.

«Che cazzo combini?! Erin!» mi girai lentamente verso chi aveva parlato. Onew correva verso di me, con l’espressione più spaventata che avessi mai visto.

«Oh, ciao» mormorai, ormai fuori di me, tornando a guardare il vuoto sotto di me.

«Erin, scendi! Ora!» lo ignorai. «Erin, per favore, guardami! Non fare cazzate!»

«A lei... Farebbe piacere» dissi senza ascoltarlo.

«No! Erin, guardami! Per favore! Io...» mi girai verso di lui quando sentii un singhiozzo mal trattenuto. I suoi occhi erano lucidi, le sue guance bagnate. Mi guardava spaventato, le braccia tese verso di me. «Per favore, non lo fare. Pensa a Jihyun, pensa a me! Proprio non t’interessa? Tutto si può sistemare se scendi. Ci sarò io per te, però per favore, non lo fare, qualunque sia il motivo. Per favore, per favore... Io non... Sei importante per me!»

“Già, Jihyun. a lei proprio non avevo pensato. Probabilmente si arrabbierà, visto che non l’ho ancora accompagnata ad un concerto degli SHINee. E ho lasciato la porta aperta… E Onew... nemmeno a lui avevo pensato. Sta piangendo, sembra spaventato. Fa male vederlo così... forse dovrei consolarlo.”

In un attimo, non so come, mi ritrovai tra le sue braccia, che mi stringevano troppo forte. Non dissi nulla, anche se faceva male. Andava bene così. Lo sentivo piangere sommessamente, mentre io avvolsi le mie braccia attorno alla sua schiena, stringendo a mia volta. Senza rendermene conto iniziai a piangere, singhiozzando senza ritegno.

 

Seduta sul sedile della sua macchina, guardavo passare davanti ai miei occhi le luci della città, in silenzio.

 

Ero stanca.

 

Non ricordavo che piangere fosse così stancante, ed io di lacrime ne avevo versate tante in quei minuti. La mia mente continuava a riportarmi alla mente quei momenti, quasi a farmi capire fino in fondo cosa stavo per fare nemmeno un’ora fa. Al pensiero, un lungo e scomodo brivido oltrepassò la mia schiena, facendomi tremare.

Non so cosa mi era preso.

Non volevo saltare veramente, ora che ci pensavo, ma in quel momento… guardando giù tutto mi era sembrato giusto. Era stato come risvegliarmi da una trance quando Onew mi aveva preso tra le sue braccia.

Improvvisamente riconobbi la strada vicino a casa mia e tremai ancora, più a lungo. Non volevo tornare lì.

«Onew... Dov-»

«Prendiamo i tuoi vestiti e andiamo a casa tua. Finché Jihyun non torna tu stai da me» dichiarò atono fermandosi davanti casa.

«S-Sali tu» dissi «Al posto mio»

«No, ti accompagno» mi precedette, entrando velocemente in ascensore, poi si appoggiò a una delle pareti, chiudendo gli occhi. Sembrava si trattenesse dal picchiare qualcosa o qualcuno. Era arrabbiato con me? Non feci in tempo a pensarci: appena uscimmo dalle porte dell’ascensore, mi ritrovai davanti mia madre, valigie in mano e cappotto addosso.

«Che ci fai qui? Già di ritorno dalla tua corsetta?» aprii la bocca ma nessun suono ne volle sapere di uscire. Lei continuò. «Me ne vado. Dal momento che non vuoi venire, e visto che ho perso tempo stando per due settimana in questo buco, preferisco tornare nella mia villa a LA. Te la vedrai con tuo padre, da sola. E questo chi è? Il tuo fidanzatino? Sei andata a consolarti da lui?»

«Lui è-»

«Un suo caro amico. Piacere signora. Ora, con il suo permesso, noi dovremmo passare» mia madre fece un passo in avanti verso di lui, squadrandolo furiosa. Lui era impassibile, non riuscivo a capire da dove prendesse tutta quella sicurezza.

«Senti ragazzino, fai poco l’arrogante con me, ok? Il mio compagno è un avvocato»

«Oh, davvero?» esclamò mettendosi le mani in tasca «Io conosco più o meno una trentina di avvocati e lavoro per una delle agenzie più importanti della Corea. Oh, per non parlare poi del fatto che sono conosciuto in tutta l’Asia. Non penso sia opportuno mettersi contro di me, sappiamo tutti e due che come finirà. Ora, con permesso... Buona serata signora, le auguro un buon rientro a casa sua. E avverta il suo ex marito di non importunare più Erin. Andiamo»

Il suo discorso era stato... wow.

Non avevo mai, e ripeto mai, visto Onew parlare in quel modo. Persino mia madre era rimasta senza fiato. Io lo seguii, sbalordita, aprendo la porta.

«Quello era...»

«Scusami. Quella donna mi irritava... Presto, prendi le tue cose»

«...Il discorso più convincente che abbia mai sentito da te» proseguii voltandomi verso di lui «Onew, hai guadagnato qualche punto» aggiunsi poco dopo. Speravo di sentirlo ridacchiare come aveva sempre fatto, ma ciò non accadde. Rimase seduto sul divano, accennando ad un debole sorriso che sparì dopo qualche attimo. Decisi di passarci sopra e corsi in camera mia. Da dove ne riemersi dieci minuti dopo, con lo stretto necessario pacchettato in un borsone.

«...Sono pronta» sussurrai.

«Bene» si alzò, osservando la mia borsa «Un po’ poco per quello che dovrai starci. Vabbè, torneremo domani» poi mi diede le spalle, avviandosi verso la porta.

«Onew!» lo fermai «Ti... ho fatto arrabbiare?»

«Cos- perché me lo chiedi?»

«Sembri in procinto di picchiare qualcuno e non sorridi da quasi un’ora» mormorai semplicemente. Lui si avvicinò a me, prendendo la mia borsa dalle mie mani.

«No. E’ solo che... continuo a rivederti sul quel parapetto e, credimi, non è una bella immagine. Mi hai fatto preoccupare da morire, Erin»

Lo guardai, in silenzio. Ora sorrideva, ma il suo viso era stanco e preoccupato, ed io non avevo la più pallida idea di cosa fare. Avrei dovuto... abbracciarlo? Magari consolarlo? Era colpa mia se si sentiva così, ma non avevo mai consolato una persona in vita mia.

«Io...»

«Non ti preoccupare, ora andiamo» annuii, seguendolo fuori. E ancora una volta non ero riuscita a farmi perdonare o a calmarlo.

Questa cosa iniziava a darmi i nervi.

 

«Ci saranno anche gli altri, uhm... dentro?» chiesi mentre apriva la porta.

«Sì, ma non ti preoccupare, saranno felici di averti qui. Entra, su» feci come mi aveva detto, ritrovandomi dentro l’appartamento dov’ero stata qualche settimana prima. Tutto era come lo ricordavo e, stranamente, mi sentivo al sicuro. Come a casa.

«Jinki hyung, sei tu?» sentimmo urlare dalla cucina. Altre voci stavano ridacchiando in salotto, con la tv accesa.

«Sì, e abbiamo un’ospite!»

«Così Jinki è il tuo nome...» sussurrai girandomi verso di lui. Stupita, realizzai il fatto che, per tutto quel tempo, non avevo fatto altro che chiamarlo con il suo falso nome.

«Sì, ma preferisco che tu mi chiami Onew. Jinki non mi piace» rispose appoggiando la mia borsa a terra e togliendosi il giubbotto.

«A me sì» ammisi. Nel frattempo sentimmo dei passi affrettati venire verso di noi. Alzai lo sguardo, ritrovandomi davanti Kibum, quello strano, e il più piccolino. Kibum aveva addosso una tuta e aveva in mano una tazza da dove proveniva un profumo invitante, mentre il piccolino –che non aveva più i capelli lunghi come i miei!– era in pigiama. Entrambi mi fissavano, stupiti.

«C’è stato... qualche contrattempo. Per un po’ resterà qui da noi, ok? Solo qualche settimana» esordì Jinki avvicinandosi a me.

«Oh, nessun problema! Può dormire nella stanza del manager, visto che se n’è andato!» Kibum si avvicinò a me, appoggiando la tazza su un tavolino per poi prendermi le mani tra le sue. Un po’ a disagio, rimasi immobile. Ma da dove prendeva tutta l’energia, questo qui? Era l’una di notte! «Erin, giusto?»

«ehm... sì»

«Io sono Kibum!»

«Io sono Taemin! Sei più grande di me, vero? Posso chiamarti noona?»

«Io...»

«Ragazzi, lasciatela in pace! E’ stanca» ridacchiò Onew. «Andiamo, Erin? Ti faccio vedere la stanza» lo seguii su per le scale in silenzio, mentre dietro di noi i due ragazzi stavano bisbigliando tra di loro.

 

«Ok, la mia stanza la ricordi, no? E’ quella di fianco a questa»

«Sì»

«Erin?»

«Sì?»

«Sei sicura che...»

«Cosa?»

«Che tu voglia dormire da sola? Non hai... paura?»

«No. Jinki, non ti preoccupare»

«Ok... io vado»

«Jinki?»

«Sì?»

«...Grazie»

Mi sorrise, poi sparì come un fantasma dietro alla porta. Io mi stesi sul letto. Probabilmente ora era in salotto a spiegare tutto ai ragazzi e domani tutti avrebbero saputo che avevo tentato di... Al solo pensiero tremai, impaurita per quello che avrei potuto fare. Ora stavo bene, ma nelle ore precedenti tutto era accaduto come se quella che si muoveva non fossi io, come se qualcun altro stesse manovrando la mia mente e il mio corpo.

Il fatto che mia mamma avesse architettato tutto insieme a mio padre ora non mi scioccava più di tanto. Mi ero lasciata trasportare dalle emozioni per quelle due settimane, era tutta colpa mia se era successo tutto quello.

«Ora basta, meglio dormire» mi lavai, mi misi il pigiama e mi rifugiai sotto le coperte, cercando di prendere sonno.

 

Correvo, ansimavo. Dove diavolo ero? Continuai ad avanzare, finché non mi ritrovai in un posto familiare. Realizzai poco dopo che quella era la terrazza dove avevo cercato di buttarmi giù. Dovevo allontanarmi, dovev-

Due paia di mani mi tenevano ferma, immobile.

«Perché non finisci quello che hai cominciato, Erin?» sentii Onew sussurrare malignamente.

«Potevi anche andartene, ormai non interessi più a nessuno»

 

“Dovresti buttarti giù, Erin”

“Erin, vattene da casa mia”

“Buttati giù”

“Credi davvero di essere importante?”

“Smorfiosa”

 

-

 

Note dell’autore.

Com’è che era? Aggiorno domani? LOL

So a cosa state probabilmente pensando… Perché l’autrice ha deciso di infilare un tentato suicido dal nulla? La risposta è che… Non lo so! XD Non ho la più pallida idea di quello che stavo pensando in quel momento, ma ho deciso comunque di lasciare così, anche perché non avrei saputo come sviluppare tutta la storia altrimenti…

Spero che vi sia comunque piaciuto!

Chihiro02: Grazie di nuovo! Ho un debole per le povere ragazze con mille disavventure, se non si è notato! XD

Chrome_th: Queste madri devono smettere di rovinare i sogni alle ragazze LOL (??)

Too fast to live: Ti capisco n___n Sì, ha 18 anni!

_Eli Minho_: I suoi genitori li odio pure io che li ho scritti (??). Mi sa che a quanto stronzaggine (ma esiste questa parola, almeno?) ho fatto un buon lavoro! XD

  
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