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Autore: _Shantel    18/11/2011    10 recensioni
Liceo scientifico L.
Prendete Alice, liceale di diciotto anni che vive in un mondo fantastico; aggiungete Davide, il bello-e-dannato della scuola che è il suo sogno proibito: sommate anche Federico, il migliore amico di Alice, di cui lei si invaghisce; infine moltiplicate per Edoardo, il fidanzato immaginario della ragazza che assume le fattezze dell'affascinante "Blaine", uno gigolò. Risultato?! Un gran pasticcio per la povera Alice da lei stessa creato, senza immaginarsi quello che poteva succedere. Ma in questo caos riuscirà anche a scoprire l'amore per la prima volta. Già perchè, come dice lei stessa...
Mi chiamo Alice Livraghi e non ho mai baciato un ragazzo
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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C a p i t o l o 25

Photographs
betato da nes_sie

Cominciavo a preoccuparmi. E anche seriamente. Quella mattina avevo provato a chiamare Cristina almeno dieci volte, e non avevo ottenuto risposta. Ogni volta subentrava la segreteria e così mettevo giù la comunicazione. Lo stesso era accaduto sia con Federico che con Claudia e cominciavo ad agitarmi, a preoccuparmi che un mostro si aggirasse per le vie del mio paese e uccidesse tutti i giovani ragazzi durante il sonno. Mi fece rabbrividire solo pensare che non avrei più potuto rivedere i miei migliori amici, e una morsa mi strinse lo stomaco.
Entrai nella doccia di casa Vitrano e mi feci travolgere da un'ondata di acqua tiepida. Dio come ero tragica! A volte mi stupivo del mio spiccato pessimismo e della mia fervida fantasia, alimentata dai troppi film visti. Figurarsi se poteva esistere davvero un mostro informe morto in un incendio che tormentava i giovani ragazzi del mio paese! E poi l'avremmo sentita al telegiornale, una notizia così sconvolgente.
Mi versai del bagnoschiuma ai frutti di bosco e cominciai a spalmarlo su tutto il corpo. Mentre mi strofinavo un braccio, iniziai a credere che i miei migliori amici mi avessero voltato le spalle. Nessuno di loro mi rispondeva e la cosa sembrava essere stata fatta apposta, come se si fossero messi d'accordo ad ignorarmi completamente. Forse perché ero andata a Roma con il mio ragazzo abbandonandoli al caldo afoso della provincia milanese. Ma quando avevo detto loro della mia vacanza erano stati felici, tranne Abbate ovviamente che ancora non riusciva a digerire Dario. Mi fermai con le mani tra i capelli, smettendo di insaponarli, quando venni investita da un'ipotesi sconvolgente: era stato Federico ad allontanare Claudia e Cristina da me perché non aveva ancora mandato giù il fatto che avessi preferito Dario a lui e che fossi addirittura andata con lui a Roma. La cosa non doveva stupirmi più di tanto, però. Abbate era sempre stato un tipo permaloso, e non erano state rare le volte in cui non mi aveva rivolto la parola anche per settimane, come era successo quando aveva scoperto di Edoardo.
Chiusi l'acqua ed acchiappai i due asciugamani che avevo già preparato. Mi asciugai rapidamente il corpo ed i capelli, rivestendomi con la stessa velocità. Avrei provato a chiamarli ancora una volta. Già era stato orribile perdere Benedetta, e non volevo di certo rinunciare anche alle uniche tre persone alle quali ero veramente affezionata. Ancora con le punte dei capelli un po' gocciolanti me ne tornai in camera da letto per prendere il cellulare e chiamare quei tre ma appena entrai nella camera di Dario, lo trovai impegnato a staccare dai muri i poster e con loro anche le foto di Sole.
«Non mi ricordavo nemmeno di averle,» disse non appena mi vide entrare con una faccia inebetita.
«Che-che stai facendo?» Domandai frastornata lì per lì di vedere le foto di Sole che si accatastavano ad una ad una sulla sua scrivania.
«La caccia al tesoro,» bofonchiò contrariato. «È ovvio, no? Tolgo queste foto.»
«Ma non c'è bisogno!» Esclamai e mi avvicinai a grandi falcate a lui. «Immagino quanto tu tenga a queste foto e non voglio che ci rinunci solo per me.»
Da quando avevo visto quelle immagini appese ai muri ero stata invasa dalla gelosia verso quella Sole e verso il loro amore, dovevo ammetterlo. Ma dopo tutto quello che era successo negli spogliatoi il giorno prima, il modo in cui mi aveva guardata, in cui mi aveva sorriso, in cui aveva urlato a tutti i suoi sentimenti e soprattutto quella nostra passione dirompente che ci aveva sorpresi in quella doccia mi avevano fatto capire quanto mi amasse, quanto per lui fossi importante. E anche se Sole fosse rimasta a fissarci dai muri non mi sarebbe importato, anzi. Sarebbe stata lei quella volta ad essere gelosa nel vedere quanto sentimento c'era tra di noi, quanto il nostro amore fosse intenso, magari anche più del loro.
«Non le strappo mica,» ridacchiò. «Le conserverò come ricordo del passato. Ora dovrebbero esserci le tue foto appese alle pareti.»
«Ma non ne abbiamo mai fatte,» risposi con un velo di tristezza. Ci conoscevamo da molto tempo ormai, e ancora non avevamo delle foto dell'altro, delle foto insieme, nulla che immortalasse anche per un solo istante il nostro amore.
«Provvederemo,» disse sorridendo e mi schioccò un bacio sulla guancia. Mi sarebbe piaciuto avere qualche foto di lui e con lui. Non che fossi così fissata con le fotografie, ma lui era il mio primo amore, era il primo ragazzo con cui avevo fatto sesso ed era l'unico che avrei sempre voluto accanto e mi sarebbe piaciuto avere qualcosa che racchiudesse in sé i nostri primi mesi insieme, quegli attimi vissuti intensamente completamente rapiti l'uno dall'altra.
Dario voltò la fotografia di Sole e ne lesse il retro, inorridendo per quello che aveva scritto.
«Mio Dio. Quanto ero sdolcinato.»
«Guarda che lo sei anche adesso,» ridacchiai e mi allungai verso di lui per baciarlo sulla guancia. Dario sorrise, ma mi sembrò perso nei suoi ricordi, in quel mondo in cui non c'ero io ma quella sgualdrina di Sole. Guardava quella fotografia come se volesse essere lì con lei per toccarla e accarezzarla almeno una volta.
«Peccato che queste cose non sia mai riuscito a dirgliele di persona,» mormorò stiracchiando le labbra in un sorriso e appoggiando la foto sulla scrivania.
«Se avessi avuto il coraggio, a quest'ora ci sarebbe stata lei al tuo fianco.» Dissi amareggiata, ma non diedi a vedere il mio rammarico. Quando credevo di aver battuto quella Sole, tutte le mie convinzioni si ritorcevano contro di me e mi piombavano sulla schiena come pesanti macigni solo per farmi rendere conto di quanto stessi sbagliando. Incrociai le braccia al petto ed attesi una sua risposta, semmai fosse arrivata.
«Già,» soffiò annuendo. «Ma non avrei incontrato te.» Aggiunse con un sorriso sincero che mi spiazzò.
Slacciai le braccia e le feci ricadere lungo i fianchi mentre lui si avvicinava a me lentamente per stringermi tra le sue braccia e accarezzarmi la nuca dolcemente.
«Se prima mi sarei maledetto di averla fatta scappare, adesso sono felice di essermi tenuto tutto dentro,» sussurrò sui miei capelli, baciandomi la fronte di tanto in tanto. Ricambiai la sua stretta ed alzai il viso per guardarlo negli occhi. Brillavano come sempre ma con un'intensità maggiore e credetti che quel luccichio era nato grazie a me, perché in quel momento mi stava guardando negli occhi. «Lei non era la ragazza giusta per me. Sì, era dolce, comprensiva e mi conosceva più di qualunque altro. Ma non eri tu.»
«Credi che quella giusta sia io?» Domandai scettica, con un sopracciglio abbassato.
«Sì, credo di sì.» Rispose con un sorriso e mi sembrò di sfiorare il cielo con un dito. «Lo spero, almeno. Perché la mia vita insieme a te è quasi perfetta.»
Le gambe, in quel momento, divennero più molli del burro sciolto e credetti di cadere da un momento all'altro. A questo si aggiungeva il cuore che scalpitava nel petto e che sembrava pronto a schizzare fuori dal torace. Mai avrei immaginato che Dario potesse innamorarsi di una come me. Insomma non ero niente di speciale, ero una ragazza comune e banale, a volte anche noiosa e piagnucolona e in confronto a lui ero il nulla più totale. La luce della sua stramba personalità era così luminosa che mi abbagliava ogni volta e mi eclissava. Per cui lui era il tutto ed io il niente e non capivo come lui potesse amarmi. Poteva avere qualsiasi ragazza avesse voluto, addirittura una come Scarlett Johanson, perfetto com'era, e si era accontentato di una Alice Livraghi qualsiasi.
«Vedi che lo sei sempre, sdolcinato?» Dissi con voce tremolante per alleggerire soprattutto la tensione che si era creata in me.
«Già, mi faccio venire il diabete da solo.» Ridacchiò divertito.
«A me piaci così tenero,» ammisi guardandolo dritto negli occhi e li vidi sorridere. «E adoro quando dici che mi ami.»
Dario sorrise sornione e mi guardò con i suoi occhi furbi. La stretta attorno alla mia vita si fece più intensa e il calore del suo corpo mi circondò, facendomi avvampare, facendomi bruciare dal desiderio. Il tempo passava, il nostro rapporto si evolveva ma le sensazioni che mi faceva provare Dario erano sempre le stesse, se non amplificate. Ogni volta, quando lo avevo così vicino, le membra del mio corpo ardevano come se un incendio fosse scoppiato all'altezza del petto e si fosse espanso al resto del corpo. Sentivo il cuore pompare sangue freneticamente e avevo sempre paura che esplodesse da un momento all'altro. Per di più mi era impossibile pensare lucidamente. L'unica cosa che avevo in mente era sempre e solo Dario, i suoi occhi, il suo odore e tutti i momenti passati insieme a lui. Erano stampati nella mia mente come tatuaggi indelebili che non mi avrebbero mai abbandonato. E tutti gli istanti passati con lui erano i migliori in assoluto e la mia vita, da insulsa qual era, era diventata migliore di quanto potessi immaginarmi.
«Ti amo,» disse sogghignando e baciandomi l'angolo della bocca. «Ti amo, ti amo, ti amo.» Continuò a ripetermi, solleticandomi con la sua barba ispida e ben curata, facendomi ridere. «Ti amo,» soffiò sulle mie labbra e intanto cominciò a spingermi verso il suo letto.
«Ok basta! Ho capito,» sghignazzai e le sue mani calde mi fecero rabbrividire quando oltrepassarono la stoffa della mia maglietta.
«Mi hai detto tu che mi adori quando ti dico che ti amo.» Si giustificò, e in quel momento le mie ginocchia si scontrarono contro il bordo del letto e cedettero, facendomi cadere sul materasso. Gridai tra una risata e l'altra e Dario mi cascò addosso. Fortunatamente non aveva la stazza di Smell altrimenti mi avrebbe resa una sottiletta. Immediatamente si sollevò di nuovo, puntellando un ginocchio nel materasso e si tolse la maglietta, slacciandosi perfino il bottone dei jeans ed abbassando la zip. Mi sorprese la sua irruenza e quel desiderio che aveva di me così intenso. Quella maledetta litigata, la più terribile forse da quando ci eravamo conosciuti, sembrava essere stata cancellata dalla nostra memoria ed era stata rimpiazzata da un amore ancora più forte di prima, da un legame indissolubile, una catena invisibile che mai si sarebbe spezzata. O almeno lo speravo.
Si avventò sulle mie labbra e le sigillò con le sue, con un bacio che sapeva di passione e che bruciava come carboni ardenti, come i suoi occhi che continuavano a fissarmi anche mentre mi assaporava. La sua lingua non perse alcun tempo ed entrò subito nella mia bocca vogliosa di sentire il mio gusto, desiderosa di stuzzicare la mia bramosia, anche se non ce n'era bisogno visto che era già oltre qualsiasi limite. Nemmeno le sue mani attesero più del dovuto e afferrarono il lembo della mia maglietta sollevandola quel tanto che bastava per scoprirmi il ventre e il seno.
«Ti amo,» disse di nuovo, mordendomi delicatamente il labbro inferiore. «E ti voglio, ti desidero in questo momento.» Aggiunse con malizia, abbandonando la mia bocca per dedicarsi al mio collo. Avrei dovuto dire qualcosa, rispondere a quello che mi diceva o addirittura fermarlo dato che erano solo le due del pomeriggio e i suoi genitori, oppure Mauro o anche Consuelo avrebbero potuto irrompere nella nostra stanza in un qualsiasi momento. Ma non mi importava nulla. Io volevo Dario in quel momento, solo lui, e nessuno avrebbe interrotto quel nostro attimo di passione. Sollevò le piccole coppe del reggiseno e si leccò sensualmente un labbro. I suoi occhi mi stavano completamente divorando e le sue guance rosse e accaldate mi fecero perdere ogni lucidità. Le sue labbra si appoggiarono lentamente e dolcemente su un mio seno per assaporarlo ed esplorarlo con la sua lingua esperta in ogni angolo, anche se ormai conosceva a memoria ogni singola parte del mio corpo. Il mio respiro si bloccò qualche secondo non appena sentii la sua meravigliosa lingua solleticarmi il capezzolo e subito dopo ne uscì un debole gemito. Ma a Dario non bastava così poco e quel semplice contatto non servì a placare la sete di piacere che aveva quella mattina. Per cui la sua mano scivolò rapida sul mio ventre regalandomi degli intensi, seppur brevi, brividi e sorpassò l'elastico dei pantaloni neri alla pescatora che indossavo, fermandosi esattamente in mezzo alle mie cosce. Bastò solo il suo calore per farmi eccitare maggiormente e per farmi ardere, farmi incendiare. Poi, quando il suo dito cominciò a muoversi circolarmente sulla mia intimità, persi qualsiasi autocontrollo, la mia mente si svuotò da ogni pensiero e il mio fiato cominciò ad uscire irregolare dalla mia bocca insieme a qualche ansimo di puro godimento. Strinsi il lenzuolo e mi morsi un labbro quasi a sangue mentre la sua mano si muoveva in modo da farmi sfiorare l'estasi e la sua lingua mi faceva arrivare a limiti di godimento che non pensavo esistessero.
«Da... Dario.» Ansimai, anzi quasi urlai il suo nome e le sue labbra si staccarono dal mio seno. Sollevò il viso per guardarmi mentre mi contorcevo per le sue dita capaci e sorrise dolcemente.
«Sei bellissima Alice.» Mi sussurrò, avvicinandosi al mio orecchio.
In quel momento non è che mi interessassero molto i suoi complimenti. Fosse stata un'altra situazione, ne sarei stata lusingata ma con le sue dita che si muovevano su e giù sulla mia intimità, indugiando nella parte più sensibile di me, non ero affatto lucida per comprendere quell'apprezzamento. Gli presi il viso tra le mani e lo avvicinai al mio. Avevo bisogno di sentire le sue labbra, avevo bisogno dei suoi baci per rendere quegli attimi ancora più perfetti. Le intrappolai subito nelle mie, succhiandole avidamente e gemendo nella sua bocca quando il suo tocco si fece più profondo e quando il suo bacino sfregò contro la mia coscia. Era estremamente eccitato e mancava davvero poco al ripetere ciò che era accaduto in quella doccia. A ripensarci, non mi imbarazzavo nemmeno per quello che avevo fatto. Era pur sempre un atto di amore, e mi era anche piaciuto contro ogni mia aspettativa.
Le mie mani percorsero la sua schiena nuda, i suoi muscoli dorsali contratti dal piacere che stava dilagando anche in lui, fino a toccargli le natiche sode e tonde. Avrei fatto tappa fissa su quei glutei scultorei. Ma c'era un'altra parte del suo corpo che necessitava di più attenzioni e che mi stava facendo completamente impazzire. Mi spostai da lì seguendo l'elastico dei suoi boxer e appena sentii le ossa delle sue anche capii che ero arrivata a destinazione. Lo sfiorai dapprima da sopra la stoffa e le sue labbra si allontanarono dalle mie per emettere un gemito strozzato. Non si aspettava quel mio tocco ed era rimasto sorpreso dalle mie dita e dal piacere. Poi sollevai un po' l'elastico dei boxer ed vi intrufolai la mano sentendo subito il suo desiderio rigido contro le mie dita. Lo avvolsi completamente e cominciai a muovermi lenta su di lui. Micidiale. E la sua mano, quella che mi aveva torturata fino a quel momento, fuoriuscì dai miei slip e si appoggiò con forza sul materasso per reggere il corpo di Dario scosso da intensi fremiti.
«Dio mio, piccola.» Mugugnò contro le mie labbra. «Stai diventando una bomba del sesso.»
Quella specie di complimento, invece, arrivò diretto alle mie orecchie e mi fece imbarazzare più del dovuto. Arrossii, non così vistosamente visto che ero già bollente per l'eccitazione, ma non mi fermai. Anzi continuai con dei movimenti del polso che, via via, si intensificavano sempre di più insieme ai gemiti di Dario che riempivano il silenzio di quella stanza.
Udii uno strano cigolio, ma non diedi molta importanza a quel rumore. Poteva benissimo essere il letto o una porta che si apriva. E le mie deduzioni non erano poi del tutto sbagliate.
«Oh mio Dio,» sentii mormorare e indirizzai il mio sguardo verso la porta della stanza.
Era stata aperta e il faccione di Federico aveva fatto capolino nella camera di Dario. Il suo viso era sconvolto come se avesse visto un fantasma o uno strano mostro. Non realizzai subito, era ancora frastornata dal piacere e tutto mi appariva ancora confuso. Solo quando Dario si voltò a seguire il mio sguardo ed incontrò quello nocciola di Abbate capii che era arrivato il momento di smettere di far porcherie e di annegare nell'imbarazzo.
«Ma porca puttana,» ringhiò Dario, sollevandosi da me e coprendosi il basso ventre oltremodo rigonfio con un cuscino. Dal canto mio mi sbrigai ad abbassare il reggiseno e coprirmi, sperando che Federico non mi avesse vista quasi nuda, anche se lo credevo impossibile.
«Si può sapere che cazzo ci fai a casa mia, troll?» Ringhiò il mio ragazzo alterato.
Federico farfugliò qualcosa di insensato, rosso come un pomodoro e con gli occhi spalancati, chiusi ad intermittenza dalle palpebre. Quella era una faccia da ebete da dieci e lode e gli avrei fatto una foto per poi prenderlo in giro a vita se non fosse che ero sommersa dall'imbarazzo. Se avessi potuto, mi sarei avvolta nel lenzuolo come un involtino e non ne sarei mai più uscita.
«Sorpresa!» Urlano in coro Cristina e Claudia scansando con poca delicatezza un Federico ancora incredulo dalla porta. Dietro di loro scorsi anche Smell con le braccia incrociate e ringraziai il cielo che fosse stato Federico ad irrompere nella camera e non mio fratello perché, in quel caso, Dario si sarebbe ritrovato privo di un apparato essenziale per la procreazione.
«Mi ci hanno trascinato qui,» bofonchiò Raffaele contrariato.
«Oh... c'è tutta la Banda Bassotti al completo.» Borbottò Dario passandosi una mano sul viso. «Annamo bene...»
«Abbiamo interrotto qualcosa?» Domandò Cristina arricciando le labbra notando il mio colorito simile a quello di un peperone e il cuscino sulle parti intime del mio ragazzo. La risposta era ovviamente , ma non potevo di certo ammettere che stavo per fare l'amore con il mio ragazzo di fronte a mio fratello che aveva già aguzzato l'udito e si era perfino avvicinato alla porta per vedere la situazione in cui eravamo.
«No, no!» Esclamai subito, scattando in piedi come una molla e ridacchiando nervosamente. «Ci stavamo solo riposando.»
«Già. E la prossima volta siete pregati di bussare invece di irrompere nella mia camera nemmeno foste l'FBI,» brontolò Dario. «Quando riposo, voglio farlo bene.»
Smell puntò i suoi occhi marrone spento sul torace nudo del mio ragazzo e sul cuscino che lo copriva e lo fulminò con lo sguardo, riservando anche a me un'occhiata assassina. Abbozzai un sorriso e mi avvicinai a loro spingendoli ad uno ad uno fuori dalla camera di Dario.
«Su, su!» Esclamai. «Andiamo in giardino, a bordo piscina così mi raccontate perché siete qui.»
Le mie due amiche mi guardarono confuse, magari prendendomi anche per pazza, Federico era un'ameba, ancora pietrificato nemmeno avesse visto Platinette in lingerie, mentre mio fratello si arpionò allo stipite della porta impedendomi di cacciarlo fuori dalla camera.
«Tu non vieni?» Domandò sospettoso a Dario che si irrigidì all'istante. Non poteva di certo scendere con quel rigonfiamento nei pantaloni, anche perché avrebbe rischiato l'evirazione.
«Vorrei venire,» e nella sua voce trovai un tono fin troppo malizioso che mi imbarazzò ancora di più. «Ma devo mettere a posto la camera, quindi vi raggiungo dopo.» E rivolse a loro un sorriso falso come le monete da tre euro.
Smell gli lanciò l'ennesima occhiata fulminante, e non sembrava aver intenzione di andarsene da lì. Ma Federico venne in mio aiuto spingendolo con i suoi muscoli fuori dalla stanza e giù per le scale. Lanciai uno sguardo al mio ragazzo costretto a sbollire da solo il suo desiderio, e mimai un Mi dispiace prima di raggiungere gli altri al piano di sotto e di accompagnarli fuori in giardino.
«Ma questa villa è favolosa!» Cinguettò Cristina guardando adorante la piscina davanti a sé.
«Ne ha di quattrini il tuo ragazzo,» commentò scocciato mio fratello.
«Ed io che credevo che fosse un pezzente,» si aggiunse anche Federico che mi guardò in un misto tra l'imbarazzato, per quello che aveva visto entrando senza bussare, e il dubbioso. Lui sapeva che era un gigolò e di certo uno che si prostituiva non poteva permettersi una casa del genere. Anzi lo sapevano tutti lì tranne mio fratello.
«Bello, ricco, ben dotato. Ti sei trovata il ragazzo perfetto!» Esclamò Cristina entusiasta.
Annuii poco convinta con un sorriso stiracchiato disegnato sulle labbra. Ero quantomai imbarazzata e non osavo nemmeno guardare negl  occhi Federico.
«Cosa ci fate qua?» Domandai dubbiosa, sedendomi su una sdraio e poco dopo Claudia si accomodò di fianco a me.
«Stiamo andando in Calabria dai miei nonni,» rispose la rossa con un sorriso. «Facciamo una specie di vacanza di coppia.»
«E abbiamo fatto una piccola deviazione per venirti a trovare,» s'intromise Cristina, seduta di fronte a me vicino al suo fidanzato. «E per vedere il tuo fidanzato figo. Sai io e Claudia ci siamo accontentate di due racchi.» Ridacchiammo tutte e tre, tranne i due ragazzi che non erano per nulla autoironici.
«E come avete fatto a trovare l'indirizzo di Dario?» Chiesi sempre più curiosa di sapere che ci facessero lì.
«La famiglia Vitrano è molto conosciuta in città!» Rispose Claudia. «Abbiamo chiesto non appena entrati a Roma e ci hanno dato subito indicazioni.»
Beh, la cosa non mi stupiva più di tanto. I Vitrano, da quanto avevo capito, erano una delle famiglie più facoltose in quella città, forse per la professione che svolgevano.
«Ma non staremo qua molto. Giusto qualche oretta,» ci tenne a precisare Cristina che, sicuramente, già si immaginava stesa al mare sotto al sole. Anche io avrei tanto voluto andare in spiaggia, ma era improbabile che per quei giorni vedessi il mare. «Il tempo necessario che tu ci racconti le ultime news!» Trillò eccitata afferrandomi le mani.
Mi guardai intorno circospetta, sentendo gli occhi di tutti puntati addosso. Quelli che più mi spaventavano erano ovviamente quelli di Smell, che attendeva solo un mio passo falso per sfoderare le forbici e rendere donna il mio ragazzo.
«Non c'è poi molto da dire,» bofonchiai cercando così di archiviare subito il discorso Alice e Dario. «Semmai Claudia mi dovrebbe dare qualche news. Come sta il mio nipotino?»
«Bene... credo,» rispose stringendosi nelle spalle. «E spero!» Aggiunse sfiorandosi il ventre ancora piatto. Smell, che se ne stava in piedi dietro la sua ragazza, si abbassò verso di lei e la strinse forte a sé, lasciandole un tenero bacio tra i capelli. Non lo avevo mai visto così dolce e mi sembrava che quello davanti a me non fosse realmente mio fratello. Lui non era mai stato un tipo molto espansivo, anzi: odiava anche le smancerie in pubblico. Quella era la prima volta che si lasciava andare ad una tenerezza tale con la sua fidanzata davanti a tutti e credetti davvero che quel bambino – o bambina – lo stesse per davvero cambiando, rendendolo più tenero e meno borbottone. Sorrisi nel vedere quella scena, e mi si riempì il cuore di gioia nel vedere la mia migliore amica e mio fratello così felici nonostante quello che stavano passando. Non che avere un bambino fosse una catastrofe, ma in una coppia che aveva alle spalle solo pochi mesi di fidanzamento e la giovane età di entrambi rendeva tutto sicuramente più difficile.
«Oh sì, è tutto ok! Mangia come un maiale,» intervenne la Cariati, quasi disgustata. «Non mi stupirebbe se dopo la gravidanza dovessi mettere su venti chili.»
«Cristina!» La riprese Federico, scuotendo la testa con disapprovazione. «Sempre a guardare le calorie.»
La bionda scrollò le spalle con noncuranza e guardò il suo ragazzo con sufficienza. Ancora non riuscivo a capire che cosa avessero in comune quei due. Federico era dolce, comprensivo, paziente e non superficiale, mentre Cristina non possedeva nessuna di quelle qualità. Le vie dell'amore erano davvero infinite.
«Comunque ho fatto la prima ecografia,» disse Claudia con un pizzico di emozione.
«E com'è stato?» Domandai eccitata, stringendole una mano.
«Bellissimo,» rispose Raffaele al posto della mia amica e lo vidi davvero commosso in quel momento. Se qualche alieno aveva preso mio fratello, era pregato di riconsegnarmelo. Ormai mi ero abituata allo Smell scontroso ed antipatico e cominciava anche a piacermi.
«Sono davvero molto contenta per voi,» dissi sincera vedendo tutto quell'amore scaturire dagli occhi di quei due.
«E con Dario?» Chiese maliziosa Claudia, dando manforte a Cristina che non attendeva altro se non sentire news piccanti sul mio rapporto con Dario. Di cose da raccontare ce n'erano; bastava pensare a quello che stava accadendo in camera sua e cosa avevamo fatto nella doccia degli spogliatoi. Ma non ero tanto sicura di voler mettere in piazza i miei racconti erotici, non con Abbate e Smell nei dintorni. Sorrisi nervosamente e scrollai le spalle più volte. Ero visibilmente a disagio e non avevo la più pallida idea di cosa dire. Stranamente Federico sembrò cogliere la mia soggezione ed ero sicura che avesse anche intuito che lui e mio fratello erano di troppo. Abbozzò un sorriso, poi strinse poderosamente una spalla di Smell e cominciò a trascinarlo via.
«Sai, ho sentito un rumore sospetto provenire dalla tua macchina,» disse mentre si dirigevano all'esterno. «Secondo me era il motore.»
Piano piano le parole di Federico e Smell si affievolirono fino a perdersi nel silenzio più totale. Non c'erano rumori se non quel leggero venticello che, di tanto in tanto, scuoteva le fronde degli alberi.
«Bene. Adesso che quei due se ne sono andati sei libera di parlare,» non perse tempo Cristina, scivolando lungo il bordo della sdraio per avvicinarsi ancora di più a me.
«Avrai un sacco di cose da raccontarci. È la prima vacanza con il tuo boyfriend, chissà quante zozzerie avete fatto.» Si aggiunse anche Claudia, che si strinse ancora di più a me.
Mi sentivo come chiusa in una gabbia, impossibilitata a scappare e trafitta da un paio di occhi verdi e uno sguardo grigiastro che non sembravano volermi dare nessuna possibilità di fuga. Avrei potuto anche tacere e fare finta di nulla, inventarmi una banale scusa e dir loro che ci eravamo dati alla castità fino al matrimonio, ma non sarebbe stato affatto credibile visto il lavoro che aveva fatto Dario. Per cui mi decisi a parlare, anche se avrei preferito buttarmi nella piscina e sedare i bollenti spiriti che mi avevano fatto andare a fuoco le guance.
«Beh, insomma... diciamo che lo... abbiamo... ehm... fatto.» Dissi balbettante e cercando accuratamente di non guardare negli occhi le mie amiche.
«Questo lo sapevamo. Già ce lo avevi detto,» rispose scocciata Cristina sbuffando.
«Non quello,» ribattei con lo sguardo basso e le mani congiunte nemmeno stessi pregando. In realtà non sarebbe stato male rivolgersi a Dio o chi per lui in quel momento, magari facendo perdere la memoria a quelle due curiosone e ficcanaso di prima categoria. Sia Claudia che Cristina mi guardarono dubbiose, una con la fronte aggrottata e l'altra con le labbra arricciate. Perché dovevo per forza dirlo? Non potevano capirlo da sole senza mettermi così tanto in difficoltà?
«Sesso,» e fuori una. Lo dissi con timore e arrossii vistosamente, fino alle punte dei capelli. Gli sguardi di quelle di quelle due mi incitarono a proseguire, ma la seconda parola mi si strozzò in gola e non sembrava voler uscire dalle mie labbra.
«Sadomaso?» Propose Claudia ed io scossi la testa.
«Orale?» Susseguì subito dopo Cristina, e a quella parola mi fece annegare nella mia stessa vergogna. Sollevai il lembo superiore della maglietta e mi coprii il viso fin sotto il naso talmente tanto era l'imbarazzo. Le mie due amiche mi guardarono prima incredule poi entrambe cominciarono a strillare come delle galline mentre deponevano le uova e per poco non rimasi senza timpani.
«Com'è stato?» Mi chiese Cristina eccitata.
«Ti è piaciuto?» Ed ecco l'altra. Quelle due dovevano per forza farsi eco in continuazione e la cosa mi dava sui nervi.
«Sì, insomma... è stato... strano,» dissi stringendomi nelle spalle. «Ma bello. All'inizio ero un po' imbarazzata ma è stato... bello.»
Già, eccome se lo era stato. E non per l'atto in sé, ma perché con Dario ogni cosa era così tremendamente naturale che quasi mi faceva paura, era tutto così perfetto che temevo che tutta l'intensità del nostro rapporto, tutto quell'amore che ci legava si sarebbe ritorto contro di noi con conseguenze disastrose.
«E poi?» Curiosò di nuovo Cristina che non era mai sazia ma voleva qualsiasi particolare, anche il più intimo. Oramai mi ero abituata alla curiosità delle mie amiche, per cui superai quella vergogna in cui ero piombata da quando Federico era irrotto nella camera di Dario e raccontai loro quello che era successo nella doccia dello spogliatoio senza tralasciare il minimo particolare. Nemmeno quella strana sensazione che avevo provato poco prima che il nostro rapporto finisse e che mi aveva sconvolto l'animo e il corpo. Avevo un sospetto su cosa potesse essere stato, ma non ne ero del tutto sicura. Finché non lo sentii pronunciare da una Cristina incredula e anche un po' invidiosa.
«Si chiama orgasmo, Alice,» disse. «E tu hai una fortuna sfacciata.»
«O solo un fidanzato esperto,» ridacchiò Claudia facendomi un occhiolino.
«Io non l'ho mai provato,» mi confidò Cristina sospirando. «Fingo e basta.»
«Idem con patate,» mormorò la rossa appoggiando il mento al palmo della mano.
Sorrisi più che altro nel vedere le espressioni affrante delle mie amiche. Era bello averle lì anche perché mi erano mancate molto in quei giorni, soprattutto quando avevo litigato furiosamente con Dario. Quella che mi era sempre sembrata una vita squallida ed insulsa, si era trasformata in un'esistenza meravigliosa. Avevo accanto degli amici straordinari, tra cui anche la Cariati con la quale non avevo mai nemmeno pensato potesse nascere qualcosa e avevo un il fidanzato, migliore che avessi potuto sperare. A volte era un immaturo e il più delle volte mi faceva arrabbiare ma lo amavo così com'era anche con quei suoi enormi difetti che mi ferivano perlopiù.
Poco dopo ci raggiunsero anche Federico e Smell, quest'ultimo borbottando perché la sua auto non aveva nessun problema e Abbate lo aveva fatto allontanare per nulla. Praticamente mancava solo Dario e cominciai a pensare che si fosse perso nei meandri di quella villa.
«Vado un attimo a cercare Dario,» dissi con un sorriso e mi congedai per qualche attimo da loro.
Rientrai in casa e mi guardai attorno. Il salotto era vuoto e nessun rumore proveniva dalle altre stanze. Il signor Vitrano era di turno quel giorno, mentre Nicoletta e Mauro, probabilmente, stavano facendo la pennichella pomeridiana. Di Consuelo nessuna traccia e pensai che fosse andata in giro per negozi come era solita fare. Diedi una rapida occhiata a qualsiasi angolo di quella stanza poi mi spostai nell'enorme cucina ma lui non era nemmeno lì. Scrollai le spalle anche perché non poteva essere stato sbalzando in un altro mondo o in un altro tempo. Per cui ne approfittai per prendermi un goccio di succo di frutta. Presi un bicchiere e lo riempii con il liquido arancione e, mentre ero pronta per scolarmi il succo all'albicocca, qualcuno mi afferrò i fianchi e mi trascinò verso il bancone della cucina.
«Abbiamo qualcosa in sospeso noi due,» mormorò Dario afferrando il bicchiere, appoggiandolo sul ripiano e sollevandomi per farmi sedere sullo stesso. Mi allargò le gambe con una mano e si insinuò tra di esse, stringendomi in un abbraccio e allungandosi verso le mie labbra. La sete era sparita tutto d'un tratto colmata dal sapore dolciastro di Dario, prosciugata dalla sua presenza. Non mi sarebbe affatto dispiaciuto concludere quello che avevamo cominciato in camera sua ma i miei amici erano lì a pochi passi e non sarebbe stato difficile che ci sorprendessero in atteggiamenti ambigui e troppo intimi.
«Non possiamo Dario,» bisbigliai allontanandolo da me con una spinta, ma lui mi afferrò entrambe le mani e appoggiò sul dorso di una di esse le sue labbra, baciandolo sensualmente. Anche con un gesto innocuo come quello riusciva a farmi eccitare, e stavo seriamente pensando di mandare all'aria tutti buoni propositi e fare l'amore con lui su quel bancone.
«Chissene frega della Banda Bassotti,» borbottò lui abbandonando le mie mani e andando a soffermarsi sulla pelle del mio collo. «A limite si godranno lo spettacolo. Ci dovrebbero essere anche i pop corn, da qualche parte.»
La sua barba mi solleticò, così come il suo magnifico odore e il suo respiro caldo su di me. Affondai le mani nei suoi capelli e li tirai leggermente per fargli alzare il viso, per poter naufragare qualche secondo nei suoi occhi e contemplare quelle labbra perfette che desideravo ardentemente ogni secondo della mia vita. Le osservai a lungo, sfiorandole con il pollice e sentendole scorrere vellutate sulla mia pelle. Mi sconvolgeva la bellezza di quel viso, mi sconvolgeva la perfezione di quel ragazzo e anche l'intensità di quegli occhi. Non avevo mai visto nulla del genere, nulla di così meraviglioso e ogni volta che mi specchiavo in quelle iridi nere mi accorgevo sempre di più di quanto fossero scure, due pozzi bui di perdizione in cui era stato intrappolato il mio cuore.
«Sei bellissimo,» mormorai quasi incredula e Dario arrossì di fronte a quel complimento. Abbozzò un sorriso timido e strusciò la punta del naso contro la mia guancia. Quelli erano i momenti che preferivo tra di noi. Non che non mi piacesse fare l'amore con lui e condividere attimi di intimità con Dario, ma preferivo di gran lunga quei gesti scaturiti dal cuore, che sopraggiungevano senza quasi che ce ne accorgessimo e che ci spiazzavano per l'immensa dolcezza che emanavano. Era un momento praticamente perfetto, di una tenerezza quasi disarmante e che, ovviamente, venne interrotto bruscamente.
«Oh, scusate.» Disse Federico entrando in cucina.
«La smetti o no di interrompere i nostri momenti romantici?» Bofonchiò contrariato il mio ragazzo.
«Credevo che Alice fosse sola,» si giustificò pacatamente Federico. «Volevo parlarle.»
Dario sbatté violentemente le mani contro il bancone e trucidò con lo sguardo il mio migliore amico.
«Avanti, parla.» Sibilò.
«Preferirei che fosse da sola,» disse timidamente Federico affondando le mani nelle tasche dei bermuda a quadri.
«Devi per caso sparlare di me?» Lo provocò il mio ragazzo, già sul piede di guerra.
Federico abbassò lo sguardo e si passò una mano tra i capelli biondi, rimanendo in silenzio forse perché attendeva che Dario se ne andasse. I miei occhi rimbalzavano dal mio ragazzo stizzito al mio migliore amico pensieroso.
«Cristina me lo ha detto,» si arrese alla fine. «E ho anche visto con i miei occhi quello che stavate facendo.»
Figurarsi se la Cariati sarebbe stata in grado di mantenere il segreto. Aveva spifferato a Federico che avevo fatto sesso, e il mio migliore amico non sembrava poi così felice di quella notizia. E sapevo anche che il motivo per il quale stava per farmi una predica era che mi fossi concessa a Dario, ad un bastardo che, secondo lui, giocava solo con i miei sentimenti.
«E allora?» Bofonchiò il mio ragazzo. «Tu non lo fai con la tua fidanzata?»
«Certo!» Sbuffò Federico. «Ma...»
«E allora levati dai coglioni,» disse poco garbatamente Dario, mandandolo a quel paese anche con un rapido gesto della mano. «Io non vengo a scassarti le palle mentre sei impegnato.»
«Non era mia intenzione fermarmi un'altra volta. Volevo solo parlare con Alice.» Abbassò il tono di voce e mi lanciò uno sguardo contrariato. Intuii subito che volesse arrivare alla predica, nella quale mi avrebbe ripetuto sempre le stesse cose che avevo già sentito e risentito fino alla nausea.
È un bastardo. Ti sta solo ingannando. Soffrirai.
Era abbastanza chiaro che Federico odiasse Dario e che lo riteneva un cattivo ragazzo, ma ero stufa dei suoi continui giudizi, ero stufa che tutti continuassero a frapporsi tra me e le mie storie d'amore. Prima Dario con Davide – anche se in quel caso il mio attuale ragazzo aveva visto giusto –, e ora Federico. Credevano forse che fossi una bambina da proteggere e da rinchiudere in una campana di vetro? Avevo diciotto anni, porca zozza, ed ero libera di prendere le mie scelte liberamente, anche se magari erano sbagliate. Dovevo crescere e per farlo avevo bisogno anche di sbagliare e di soffrire. Scansai Dario dal mio corpo e scesi dal ripiano, avvicinandomi a Federico. Ero indispettita, ma non gli avrei urlato contro anche perché non avevo la minima voglia di fare l'isterica. Gli afferrai una mano e sospirai rumorosamente.
«Lo so, ho capito che Dario non ti piace e che hai paura che stia solo giocando con me. E che sei sicuramente contrario al fatto che io,» esitai qualche istante, bloccata dall'imbarazzo. «Abbia perso la mia verginità con lui,» dissi velocemente, come se non volessi fargli capire quello che avessi detto.
«Già, lo sono.» Rispose lui diretto e conciso. «La notizia mi ha scioccato letteralmente. Credevo che con lui saresti andata con calma e invece scopro che dopo una settimana che stavate insieme tu ti sei concessa.»
«Più di una settimana,» puntualizzai stizzita. «Più o meno due mesi.» Rettificai, e per poco Abbate non mi scoppiò a ridere in faccia.
«Non vuol dire nulla Più o meno due mesi,» disse imitando la mia voce. «Che poi sarebbe uno, da gennaio a febbraio, ma va be'...»
«Quanto sei pignolo, mamma mia,» sbottai infastidita, liberandogli le mani e facendo ricadere le braccia pesantemente lungo i fianchi. «Stavamo insieme da un mese, ok?»
«Lui doveva solo fingere di essere il tuo ragazzo. A Gennaio non lo era ancora e tu sapevi a malapena il suo nome.»
L'impertinenza di Federico cominciava a stancarmi e farmi imbestialire. Capivo che la sua era apprensione e che voleva solo il meglio per me. Ma ancora non aveva capito che il meglio che potessi sognare, immaginare, desiderare era solo e semplicemente Dario e che lo amavo più di qualsiasi altra cosa al mondo, più di qualsiasi altra persona su quella terra.
«È vero, hai ragione. Quando lo abbiamo fatto per la prima volta stavamo insieme da una settimana,» convenni con lui irritata. «Ma sai una cosa? Non mi pento di quello che ho fatto e non lo avrei fatto nemmeno se mi avesse lasciata il giorno dopo. Perché io mi sentivo pronta, desideravo farlo con lui e l'ho fatto con tutto l'amore che potevo.»
In quel momento Dario mi si affiancò ed intrecciò le sue dita con le mie, accennandomi un sorriso. Poi rivolse un'occhiata sorniona a Federico e ridacchiò soddisfatto.
«Scacco matto, troll.» disse sprezzante. «Ammettilo ti rode ancora che lei abbia preferito me a te.»
«Ti sbagli di grossa specie di tronista coatto,» rispose per le rime smorzando con il suo insulto il sorriso di Dario. Trattenni a stento una risata, soffocandola con qualche colpo di tosse. «Io sono felice con la mia ragazza e ciò che provo per Alice, adesso, è solo un gran bene.»
«Vedi? È questo che non capisci Fede!» Esclamai sorridendo. «Tu sei il mio più caro amico e so che vuoi a tutti i costi che io sia felice. E con Dario lo sono, esattamente come lo sei tu con Cristina.»
Abbate abbassò lo sguardo e si guardò la punta delle Nike, sollevando poco dopo il viso e regalandomi un sorriso.
«Se mi aveste fatto parlare...» Disse quasi stizzito. «Volevo dirti che secondo me è stato avventato quello che hai fatto e che, secondo me, avresti dovuto aspettare ancora un po' soprattutto dopo quello che il coatto ti ha fatto.» E il mio ragazzo lo trucidò con lo sguardo, stringendo la mia mano come se al posto delle mie dita ci fosse il collo di Abbate. «Ma, nonostante tutto, il tronista barbuto e fisicato è stato in grado di farti contenta. Ed è questo l'importante per me. Vederti sorridente e spensierata di fianco al ragazzo che ami e che ti ama. Ti ama, no?» Chiese per sicurezza, abbassando un sopracciglio e rivolgendosi più a Dario che a me. I muscoli del mio ragazzo fino a quel momento tesi si rilassarono e il pericolo rissa era stato sventato per fortuna.
«Sì, la amo.» Disse semplicemente Dario con tono brusco.
«Allora spero che questa storia duri,» commentò il mio migliore amico scrollando le spalle.
«Anche io,» rispose il mio ragazzo accennando un sorriso.
Quella che all'inizio sembrava dover essere un'ennesima litigata, con probabili botte, si era risolta nel migliore dei modi, nell'armonia più assoluta e non potevo che essere felice del fatto che Federico avesse accettato la mia relazione con Dario, anche se con qualche riserva, ne ero certa. Ma l'importante era che Abbate avesse compreso quanto amassi Dario, perché le opinioni e i pensieri del mio migliore amico erano quasi di vitale importanza. Liberai la mano di Dario e mi avvicinai a Federico, cingendogli la vita ed alzandomi sulle punte per raggiungere la sua guancia. Ovviamente nemmeno con un tacco dodici lo avrei raggiunto per cui si abbassò verso di me ridacchiando e gli scoccai un lungo bacio sulla guancia, ricambiato dalle labbra di Federico. Mi strinse a sé, accarezzandomi la schiena e ondeggiando a destra e a sinistra.
«Lo sai che ti voglio bene?» Gli domandai retorica.
«In realtà no,» rispose lui con un mezzo sorriso. «Non me lo ripeti abbastanza, forse.»
«Un milione di volte non è sufficiente?» Ribattei divertita, mentre Dario ci osservava con le braccia incrociate e gli occhi infuocati dalla gelosia.
«Preferisco un milione e uno.»
Ridacchiai e mi sporsi ancora verso di lui per dargli un altro bacio. Mi sentivo fortunata ad avere un migliore amico così e avrei dovuto ringraziare il cielo ogni singolo istante per avermelo fatto incontrare di nuovo sull'autobus dopo tutti quegli anni di lontananza. Mai avrei creduto – e nemmeno sperato – di poter ritrovare il mio vecchio migliore amico, quello che mi aveva tenuto compagnia per tre lunghi anni e che mi aveva fatto scoprire cosa fosse realmente l'amicizia. Avevo creduto che tutto, tra di noi, fosse finito con l'inizio del primo anno di liceo. Avevamo preso strade diverse, avevamo iniziato a frequentare scuole diverse e le nostre strade si erano separate in un bivio che sembrava dovesse divergere sempre di più. Ed invece lungo quella biforcazione c'era un altro punto d'incontro, indissolubile e quella strada l'avremmo ripreso a percorrerla insieme.
«Basta smancerie,» borbottò il mio ragazzo afferrandomi il polso ed allontanandomi da Federico. «Avete amoreggiato anche troppo.»
Ridacchiai divertita e gli regalai un leggero e delicato bacio sulle labbra, stringendogli una mano e senza distogliere il mio sguardo dal suo ipnotico. Sentivo sempre il bisogno morboso di vedere quelle iridi, di specchiarmi in quelle pozze nere e imprimermi nella memoria e nell'anima anche la più piccola sfaccettatura di quegli occhi così tremendamente perfetti.
«Torniamo di là sennò credono che uno di noi ha fatto una strage,» ironizzò Federico.
Uscì dalla cucina usando la porta finestra e ci trovammo direttamente in giardino, di fronte alla piscina. E davanti ad una scena che nessuno di noi si sarebbe aspettato di vedere. Eravamo talmente presi da noi stessi che non ci eravamo nemmeno accorti che Raffaele si era inginocchiato di fronte ad una Claudia spiazzata e un altrettanto incredula Cristina.
«Non c'è il lume di candela e nemmeno i violino. Non ho fiori né un anello. Ho solo il mio amore che vorrò donarti per il resto della mia vita. Claudia Faustini vuoi sposare questo poveraccio, burbero e antipatico Smell?»
Possibile che mi fossi addormenta sul bancone della cucina e che fossi in un mondo onirico? Probabile visto che mio fratello stava facendo una proposta di matrimonio anche fin troppo romantica. Mi diedi da sola un pizzicotto sull'avambraccio e constatai che quello non era frutto della mia mente, che non era stato Morfeo a mandarmi quelle immagini ma che ciò che si stava consumando davanti ai miei occhi era la realtà.
Claudia aveva gli occhi lucidi e la bocca dischiusa, con le labbra che le tremavano e il corpo rigido come un tocco di legno. Eravamo tutti spiazzati in quel momento, ma lei, ovviamente, era la più incredula e la più spaesata. Non sapeva se rimanere a fissare il suo ragazzo oppure cercare i nostri sguardi.
«Io, non...» Boccheggiò deglutendo a fatica. «...cioè, stiamo insieme da così poco.»
«Lo so,» convenne con lei Smell. «Ma tu sei la prima ragazza che amo davvero e non posso immaginare una vita senza di te. Vorrei davvero che tu diventassi mia moglie.»
«Me lo stai chiedendo solo perché sono incinta,» ribatté Claudia con voce tremante.
Smell le afferrò una mano e la baciò con dolcezza.
«No. Te lo chiedo perché mi sento pronto per questo passo. Lo avrei fatto con o senza bambino.» La rassicurò e sembrava sincero.
Mi risultava difficile immaginare mio fratello padre, ed era ancora più difficoltoso immaginarlo con un pargolo tra le braccia e addirittura sposato.
Claudia boccheggiò e si guardò intorno spaesata, passandosi le mani tra i capelli. Era chiaro che fosse in difficoltà, che avesse paura di dire di no e ferire i sentimenti di mio fratello. Se mi fossi ritrovata io in quella situazione non avrei esitato a dire di a Dario, avventandomi anche addosso a lui per baciarlo, per stringerlo per non farlo mai più andare via. Ma io ero ancora immatura e non riflettevo mai prima di prendere le mie decisioni. Il matrimonio era un passo importante e non facile, soprattutto per lei che aveva solo diciotto anni e nemmeno un diploma in mano.
«E se non dovesse funzionare?» Domandò Claudia, impaurita. 
«C'è sempre mia madre per il divorzio. Potrebbe anche farci uno sconto,» ridacchiò divertito e la mia amica, in lacrime, si unì a lui.
«Come ci manteniamo poi? Io non sono nemmeno uscita dal liceo!»
«Quest'anno mi laureo e non sarà difficile trovare un osto di lavoro. Mio zio è farmacista e sarebbe felice di offrirmi un posto,» rispose mio fratello.
Lei si morse le labbra e ci guardò uno per uno come se stesse cercando una qualche conferma nei nostri sguardi. Non sapevo cosa avesse trovato nel mio, forse solo stupore ed incredulità.
«Sì,» disse piangendo per la felicità. «Sì!» Ripeté con più enfasi per ribadire il concetto.
Smell si alzò da terra e sollevò anche Claudia, stringendola a sé per baciarla. Cristina scoppiò a piangere, applaudendo davanti a quella scena da film d'amore mentre Federico la stringeva e strusciava il naso contro i capelli biondi della sua ragazza. Io, dal canto mio, ero quanto mai sorpresa e felice al tempo stesso per loro, nell'immaginare quel sogno d'amore coronarsi.
«E chi se l'aspettava,» mormorò Dario, stringendomi una mano.
«Sono così contenta per loro,» sospirai sognando che quel momento arrivasse, prima o poi, anche per me e Dario.


Dopo la proposta di matrimonio di Smell e dopo che aveva festeggiato quel momento con un bel bicchiere di Coca-cola – poiché di spumante in casa non ce n'era – la Banda Bassotti, come l'aveva ribattezzata Dario, aveva ripreso il suo viaggio verso la Calabria. Io e il mio ragazzo, invece, avevamo deciso di andarci a mangiare un gelato in piazza per trascorrere un po' da tempo da soli e cercare di seppellire quella brutta litigata che ci aveva sorpresi appena qualche giorno prima.
«Per un attimo ho pensato che tuo fratello si fosse fatto di cocaina,» ridacchiò il mio ragazzo, gustandosi il suo gelato al melone.
«Anche io, in effetti.» Convenni con lui. «Non avevo mai visto mio fratello così sdolcinato.»
«Certo che il matrimonio è un bell'impegno,» commentò Dario, scettico.
«Tu non vorresti sposarti?» Domandai speranzosa.
«Certo! Ma prima di fare un passo del genere dovrei pensare a lungo. Non è semplice mettere su famiglia,» spiegò pacatamente. «Soprattutto in una situazione come la loro. Lei non ha nemmeno finito gli studi che già si ritrova con una proposta di matrimonio e un bambino in arrivo.» Disse e, a poco a poco, la sua espressione si rabbuiò. Ormai dovevo essere abituata a questi cambi repentini di umore ma, ahimè, mi stupivano sempre. Strinsi ancora di più la presa sulla sua mano e attrai il suo sguardo verso di me.
«Che succede?» Domandai con un sospiro e un sorriso accennato.
«Pensavo,» scrollò le spalle. «Pensavo al fatto che anche io avrei potuto ritrovarmi in una situazione del genere. Solo che non avrei avuto ventitré anni ma sedici,» disse amaramente.
Inizialmente non capii di cosa stesse parlando, ma a poco a poco le confidenze che mi aveva fatto la mattina del nostro primo addio tornarono alla memoria, traboccarono dai miei ricordi mostrandomi l'immagine di una ragazza senza volto che aveva condiviso con Dario la paura di avere un bambino in giovane età, quando ancora erano dei ragazzini non in grado di accudire un figlio.
«Avresti voluto tenerlo?» Chiesi con un leggero timore di ferirlo richiamando alla sua mente quei ricordi.
«All'inizio ero spaventato e no, non l'avrei voluto tenere.» Mi confidò con un filo di voce. «Ma alla fine Sole mi aveva convinto a prendermi le mie responsabilità. Ed ero pronto a farlo se non fosse che poi è stata costretta ad abortire.»
Ci sedemmo su una panchina con il silenzio che si impossessò di noi. Non era una storia facile da ascoltare, da metabolizzare ma doveva essere stata ancora più dura viverla in prima persona con tutti i timori che una gravidanza portava con sé. Per non parlare poi della questione dell'aborto. Non avrei mai voluto trovarmi nei panni di quella ragazza, perché non era una procedura semplice, era un qualcosa che segnava l'animo di una donna fin nel profondo soprattutto quando era una cosa non voluta.
Finimmo di mangiare il gelato in silenzio mano nella mano ed io appoggiata con il capo sulla sua spalla. Non c'era tranquillità tra di noi, non dopo quel discorso che avevamo fatto, nonostante magari poteva sembrare sereni.
Una ragazza con due enormi occhi azzurri che indossava una gonnellina leggera dalle stampe floreali e una maglietta bianca si voltò a guardarci, socchiudendo gli occhi come per metterci a fuoco. Ad un tratto sorrise raggiante e infilò velocemente il cellulare con il quale stava messaggiando prima di vederci nella borsetta di Prada.
«Dario?» Domandò indicando il mio ragazzo e facendo qualche passo verso di noi. «Dario Vitrano?»
Il mio fidanzato la squadrò da capo a piedi un paio di volte prima di sorridere ed alzarsi di scatto dalla panchina.
«Martina!» Esclamò entusiasta, andando ad abbracciare quella ragazza. Che oltretutto era una strafiga. A parte gli enormi occhi color dell'oceano, messi in risalto dai capelli neri che mossi le ricadevano sulle spalle, aveva un fisico pressoché perfetto, slanciato e con delle curve che avrei definito pericolose. Praticamente di fianco a lei io sparivo, mi eclissava completamente con la sua bellezza, e dopo alcuni secondi intuii che lei fosse la ragazza di cui stavano parlando Dario e Adriano in pizzeria, il sogno erotico di quei due in sostanza e non avevano tutti i torti.
«Oh mio Dio! Da quanto tempo!» Trillò Martina, baciando sulle guance il mio ragazzo. «Sei cresciuto un sacco!»
«Anche tu,» rispose timidamente Dario.
«Sei come il vino, tu.» Ridacchiò la ragazza. «Più invecchi e più ti fai bono.»
Quei due scoppiarono a ridere e un moto di gelosia mi chiuse la bocca dello stomaco. Dario e Martina dovevano essere stati amici, un tempo, e non mi avrebbe stupito se non fosse stato solo un rapporto di amicizia ma qualcosa di più intimo. Insomma erano entrambi avvenenti ed era praticamente impossibile che quei due non avessero mai fatto sesso insieme. E avevo paura che lui potesse cascarci di nuovo con quella specie di Katy Perry all'italiana. Era bellissima, seducente e provocante, tutto il contrario di me, insomma.
«Dove sei stato tutto questo tempo?» Domandò curiosa.
«Mi sono trasferito a Milano e adesso vivo lì,» rispose Dario con un sorriso. «Ed è lì che ho conosciuto la mia ragazza,» aggiunse rivolgendomi, finalmente, uno sguardo. Mi prese una mano e mi costrinse ad alzarmi dalla panchina trascinandomi verso di loro.
«Alice, piacere.» Mi presentai garbatamente.
«Martina. E il piacere è tutto mio,» rispose con un sorriso raggiante stringendomi la mano. «E quanti anni hai Alice?» Mi domandò perforandomi con quello sguardo intenso. Mi sentivo a disagio in sua presenza e forse il motivo era che Martina era stupenda, anche più bella della Cariati e in confronto a lei ero un cesso ambulante, uno scorfano dotato dell'uso della parola.
«Diciotto,» risposi in soggezione cercando di non guardarla, ma era quasi impossibile distogliere lo sguardo da lei e nemmeno Dario sembrava intenzionato ad allontanare i suoi occhi dal corpo morbido di Martina. Non mi avrebbe stupito se in quel momento si stesse immaginando in un letto assieme a lei e questo pensiero mi fece rodere di gelosia e di rabbia.
«Oh, sei ancora piccolina!» Ridacchiò. «Per cui farai ancora il liceo, immagino.»
«L'ultimo anno dello scientifico,» replicai con un tono di voce talmente basso che sembrava stessi partecipando ad una funzione funebre. Martina sorrise mostrandomi i suoi denti bianchi e perfetti – pure quelli, aggiungerei dato che sembrava non avere difetti quella ragazza – ed annuì.
«Io e Dario abbiamo preferito il classico. Anche perché, non so lui, io ero negata in matematica.» Sogghignò e con lei il mio ragazzo.
«Una capra,» rispose Dario tra le risate. «Come in latino, greco, storia, filosofia...» Aggiunse poi sarcastico.
«Poi dovrai spiegarmi come hai fatto a diplomarti,» bofonchiò Martina senza perdere il suo sorriso raggiante.
Dario scrollò le spalle con noncuranza e sospirò.
«Enorme, gigantesca botta di culo. Sono uscito con un misero sessantadue.» Disse poi passandosi una mano tra i capelli.
«Beh, l'importante è diplomarsi, no?» Replicò la moretta regalando un sorriso fin troppo malizioso al mio ragazzo.
«Sì, più o meno.» Rispose Dario non del tutto convinto. «Immagino che tu abbia preso cento alla maturità.» «E lode,» aggiunse gongolandosi Martina e piano, piano la mia gelosia si stava trasformando in puro odio nei confronti di quella ragazza. E non perché fosse antipatica, anzi non sembrava così insopportabile, ma per come si mangiava con gli occhi il mio Dario. Sembrava quasi che volesse prenderlo in quell'esatto momento, sbatterlo sulla panchina e fare sesso con lui per ore. Ed ero anche certa che, se avesse potuto, mi avrebbe strangolata e buttato il mio cadavere in un fosso solo per poter avere Dario tutto per sé.
«Che secchiona,» borbottò il mio ragazzo divertito. «Ora cosa fai?» Chiese poi curioso.
«Studio medicina, ovviamente.» Scrollò le spalle e sospirò. «Come mio nonno e come mio padre.»
«Anche io avrei dovuto fare quella facoltà. I miei volevano un quarto medico in famiglia. Ma sono scappato prima che mi obbligassero ad indossare camice e stetoscopio,» ridacchiò anche se il suo tono di voce non era affatto divertito. Ero sicura che stesse ricordando gli anni orribili che aveva passato a Milano nella più completa solitudine e mi venne voglia di abbracciarlo in quell'istante ma rimasi imbambolata davanti a Marina, incapace di muovermi e di proferire parola.
«Hai preferito lavorare in radio,» lo anticipò Martina con un sorriso sornione. «Ti ascolto tutte le mattine. Quando mi è possibile ovviamente. All'inizio non credevo che potessi essere tu, ma la tua voce è inconfondibile.»
«Troppo bella per poter essere scordata,» si pavoneggiò Dario.
«Non solo quella,» disse Martina ma subito si tappò la bocca con una mano e arrossì di colpo.
Ok, era chiaro che quella ragazza dallo sguardo cristallino e Dario si fossero intrattenuti insieme durante gli anni del liceo. Anche se i conti non mi tornavano. Lui mi aveva detto che Sole era stata la sua prima ragazza ed erano stati insieme tre anni prima che lui partisse per Milano a diciannove anni. E allora Martina cos'era stata per Dario? Non una semplice amica perché era ovvio che lei fosse ancora attratta dal mio ragazzo. Un'avventura o un vero e proprio fidanzamento? Ero stranamente confusa in quel momento.
«Io, io devo, devo andare.» Balbettò Martina affrettandosi ad abbassare lo sguardo. «Mi ha fatto piacere rivederti.»
«Anche a me,» mormorò Dario con un sorriso accennato.
«Vado, allora.»
Disse cominciando a camminare all'indietro ed andando a sbattere contro un povero signore di una certa età. Si scusò goffamente con lui e lo aiutò a raccogliere il bastone che gli era caduto, lanciando qualche occhiata furtiva a Dario. Se io non fossi stata lì quei due si sarebbero appartati da qualche parte e ci avrebbero dato dentro.
«Ehi Martina!» La richiamò Dario e si avvicinò a lei. Tesi l'orecchio per ascoltare i loro discorsi, curiosa di sapere che cosa avevano ancora da dirsi. «Senti... io mi intrattengo qui a Roma per un po'. Potremmo sentirci qualche volta per uscire insieme con Alice e gli altri.»
«Come ai vecchi tempi,» mormorò lei imbarazzata al massimo con le guance rosse come un pomodoro. «Perché no.»
«Hai un contatto Facebook, Twitter o un social network qualsiasi?»
«Facebook,» rispose lei con un sorriso stiracchiato e uno sguardo languido che rendeva liquidi quegli immensi occhi azzurri. «Mi trovi come Martina Campanella, ovviamente.»
«Ti aggiungo, allora.» Gli sorrise il mio ragazzo e lei annuì timidamente.
Dario si sporse verso di lei e le baciò dolcemente una guancia lasciandola pietrificata in quel punto per alcuni secondi con un sorriso idiota stampato in faccia. Quando poi si rese conto di essere rimasta a fissare Dario come uno stoccafisso, lo salutò rapidamente con una mano e si allontanò rapida da noi, scappando quasi.
Improvvisamente ripensai alle ultime parole che aveva detto quella ragazza. Si chiamava Martina Campanella come l'uomo di cui avevano parlato i signori Vitrano durante la loro litigata. Mi affiancai a Dario, che aveva le mani affondate nelle tasche dei jeans e appoggiai il capo contro la sua spalla, stringendo il suo braccio.
«Chi era?» Domandai con un filo di voce.
«La mia ex ragazza,» rispose telegrafico. Per cui i miei sospetti erano fondati e i miei dubbi sulla complicata vita sentimentale ed adolescenziale del mio ragazzo si intensificarono «Quella di cui stavamo parlando prima,» aggiunse con un filo di voce.
«La ragazza che ha abortito?» Domandai incredula.
Dario si limitò ad annuire flebilmente e ad abbassare lo sguardo verso l'asfalto. Non dissi nulla rispettando il silenzio di del mio ragazzo, stringendolo solo di più a me. Avevo notato che ci fosse un legame tra di loro non attribuibile ad una semplice amicizia, ma non avrei mai creduto che lei fosse la ragazza di cui avevamo parlato fino a poco prima.
«Era da anni che non la rivedevo,» mormorò. «È stato... strano. E mi ha fatto piacere vederla così felice.»
«Sei ancora attratto da lei?» Quelle parole uscirono velocemente dalla mia bocca. Avevo visto che la guardava come se la desiderasse, e il pensiero che un'altra ragazza potesse attirare la sua attenzione mi faceva imbestialire. Già c'era stata Sole a sconvolgere per bene i primi giorni di quella vacanza, ci mancava solo Martina a metterci i bastoni tra le ruote. Le cose dopo la litigata si erano sistemate e il nostro amore era ancora più forte di prima. Non volevo che una ragazza con gli occhi azzurri qualunque rovinasse tutto quello che stavamo costruendo, tutto quello che piano piano si stava risanando.
«Beh, hai visto anche tu quanto è bella. Un pensierino ce lo farei...» Lasciò la frase in sospeso e mi guardò di sottecchi con un'espressione divertita. La sua era una chiara provocazione alla quale cedetti in un nanosecondo. Mi allontanai da lui e, accigliata, gli tirai una sberla sul braccio talmente forte che lo schiocco si sarebbe sentito perfino a chilometri di distanza.
«Bene, allora. Fatti soddisfare da lei.» Ribattei stizzita, dandogli le spalle e incrociando le braccia.
«Ma dai, amore, scherzavo!» Esclamò prontamente lui abbracciandomi da dietro e baciandomi una guancia.
«Ho visto come la guardavi,» dissi con il broncio. «Sembrava che volessi farci sesso.»
«Piccola! L'unica che voglio sei solamente tu,» mormorò al mio orecchio e si appoggiò con il mento alla mia spalla. «Martina è ovviamente bellissima e saremo sempre legati, in un certo senso. Stava per diventare la madre di mio figlio o mia figlia, in fondo.»
Rimasi in silenzio con il calore del suo corpo ad avvolgermi e il suo odore a sconvolgermi. Aveva ragione. Erano stati sul punto di diventare genitori, avrebbero condiviso la gioia di avere un bambino e le paure che una gravidanza in così giovane età comportava. Eppure non riuscivo a stare tranquilla e a far finta di nulla perché avevo visto lo sguardo di Martina colmo di un sentimento nei confronti di Dario che non sapevo definire. Nei suoi occhi c'era qualcosa di malinconico ma anche di romantico e avevo paura che sarebbe tornata all'attacco per riprendersi il mio amato. Ed era chiaro come il sole che Dario poi avrebbe scelto Martina. Lei era bella come poche, intelligente ed era riuscita a strappargli più risate lei in cinque minuti di conversazione che io in due mesi di conoscenza. Cosa aveva trovato in me? Perché si era innamorato della sottoscritta? Forse solo perché ero stata l'unica a non contattarlo per avere del sesso in cambio di soldi, perché ero stata l'unica ad avvicinarmi a Dario e lui, avendo bisogno di affetto, si era arpionato a me in cerca di ciò che gli mancava. E probabilmente non mi amava davvero, credeva solo che fosse amore ma magari era solo una forte amicizia che lui aveva scambiato per qualcosa di più profondo.
«Sei sicuro che quello che provi per me sia amore?» Domandai con un pizzico di tristezza. Ero una folle a fare quella domanda, ma dovevo sapere e dovevo capire che cosa fosse quello che sentiva per me. E non mi sarei arrabbiata se mi avrebbe lasciata. Avrei solo passato sei mesi a piangere – forse anche di più –, ma non lo avrei odiato. In fondo era semplice scambiare una profonda amicizia con l'amore, soprattutto quando si era soli e feriti come Dario. Lui tacque disorientato dalle mie parole e, in un attimo, mi cinse i fianchi e mi voltò verso di lui per cercare il mio sguardo. Era tremendamente serio in quel momento e i suoi occhi neri come la notte mi trafissero il corpo, l'animo, il cuore.
«Alice non dubitare mai, mai di quello che provo per te,» disse sfiorandomi il viso con la mano. «So per certo che ti amo. Lo so da molto tempo, ormai.»
«Da quando?» Gli domandai curiosa non riuscendo a soffocare un sorriso che si disegnò sulle mie labbra.
«Da quando sono scappato come un codardo da te,» rispose imbarazzato. «Appena ho realizzato che non ti avrei mai più rivista ho sentito la terra cedermi sotto i piedi, sono sprofondato in un buco nero e un vuoto proprio qui.» Disse afferrandomi la mano e appoggiandola sul suo cuore che in quel momento batteva all'impazzata. Sorrisi per l'emozione e rischiai di scoppiare a piangere, come al solito.
«Io da molto prima,» ammisi e Dario mi guardò dubbioso. «È successo quando ti ho visto entrare in casa mia. Non ho capito più nulla appena ti ho visto. Mi hai letteralmente sconvolto l'anima solo con un sorriso.» E forse risultai una stupida per aver detto quelle cose, magari sarei sembrata una bambina dalla cotta facile. Ma non mi importava sinceramente anche perché era la pura e semplice realtà. Dario ridacchiò, rosso dall'imbarazzo e unì le nostre labbra in un breve ed intenso bacio. Ci guardammo a lungo come se ci fossimo sperduti nello sguardo dell'altro in una trappola dalla quale non volevamo sfuggire. Solo che c'era una domanda che premeva nella mia mente e che scalpitava per uscire non facendomi godere appieno di quel momento.
«C'è una cosa che non capisco,» dissi dubbiosa. «Se Sole è stata la tua fidanzata per tre anni e se vi siete lasciati quando tu sei partito per Milano dopo la maturità, come hai fatto ad essere il fidanzato anche di Martina?»
Lo vidi sbiancare tutto d'un tratto e annaspare come un pesce fuor d'acqua. Sorrise nervosamente, grattandosi la nuca svariate volte ed estrasse dalla tasca una macchina fotografica digitale.
«Dobbiamo colmare il vuoto sulle pareti, no?» Disse e il suo mi sembrò un tentativo di sviare il discorso.
«Non hai risposto alla mia domanda.» Gli feci presente puntellando le mani sui fianchi. E proprio in quell'istante un flash mi sorprese e la macchina fotografica immortalò la mia ridicola espressione corrucciata.
«Oh, sei fantastica in questa foto!» Esclamò Dario ridendo mentre riguardava ciò che aveva appena scattato.
Mi avvicinai lesta a lui e sbirciai sul piccolo schermo della macchina digitale la mia immagine orribile impressa sulla memory card. Avevo una faccia da cretina e mi aveva immortalata mentre parlavo per cui avevo anche la bocca semi-dischiusa. Cercai di acciuffare quell'aggeggio dalle sue mani, ma lui si scansò prontamente allontanandolo dalle mie grinfie.
«Cancellala immediatamente!» Esclamai stizzita, cosa che lo fece sganasciare ancora di più.
«No, mia cara. Questa andrà dritta dritta a tappezzare le mie pareti.» Disse scappando da me e dal mio tentativo di sbarazzarmi di quella immagine orribile.
«Dai ti prego! Cancellala!» Lo supplicai, facendo gli occhi dolci. «Te ne faccio fare altre mille, lo prometto!»
«Non m'incanti, piccola.» Ribatté con un sorriso sornione e fu un attimo che la macchina fotografica scattò di nuovo.
«Piantala di fare foto a tradimento!» Sbottai indispettita e non volli nemmeno vedere quale obbrobrio ci fosse impresso sullo schermo.
«Ma sono le migliori e le più naturali!» Replicò divertito.
Era riuscito in un attimo a farmi dimenticare quel dubbio atroce che mi aveva tormentata poco prima. In quel momento c'era solo lui che riempiva la sua memory card con delle mie foto. Alla fine mi arresi al suo gioco e cominciai a posare come se fossi una modella per quel servizio fotografico improvvisato alla quale, di tanto in tanto, si univa anche lui baciandomi sulle labbra oppure su una guancia. Quelle erano le nostre prime fotografie insieme e le avrei custodite gelosamente come se fossero il tesoro più prezioso che potessi possedere. Era il nostro amore, i nostri momenti passati insieme, eravamo noi ed ogni volta che le avrei viste avrei sorriso, avrei gioito e avrei riprovato quelle stesse emozioni dell'attimo immortalato in quella fotografia.
Appena arrivammo a casa, Dario stampò quelle fotografie con la sua ipertecnologica HP e non tardò a riempire con esse le pareti della sua stanza. Erano tantissime ed ognuna di esse racchiudeva un pezzo della nostra vita, un pezzo del nostro amore. Una su tutte spiccava tra i nostri baci e le mie facce da ebete. Ero io la protagonista di quella foto e stavo sorridendo mentre guardavo il mio amato Dario. E sotto con un indelebile argentato lui aveva scritto:

Alice – La mia vita ♥




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Scusate il ritardo! Ma sono riprese le lezioni di anatomia e mi distruggono!
Più che altro questo è un capitolo di passaggio...il bello arriverà nel prossimo :3 ma non anticipo nulla!
Sentivate la mancanza di Abbacchio (Federico) e compagnia bella? Io, un po', sì! Soprattutto Abbate...sapete quanto io abbia adorato questo personaggio, nonostante tutto! E, ancora una volta, si dimostra forse il più maturo di tutta la storia. Seppur non sopporti Dario, non lo digerisca, ha comunque accettato la sua relazione con Alice. L'importante, per lui, è che la sua migliore amica sia felice. E ha capito che con Dario è così.
Ma vogliamo parlare di Smell? Del brutto, scorbutico e rozzo Smell? Sembra un'altra persona in questo capitolo :) è stato dolcissimo con la sua Claudia.. Finalmente si è deciso a  esternare i suoi sentimenti, arrivando addirittura a chiedere alla sua ragazza di sposarlo. Io li trovo bellissimi insieme, questi due ♥.♥
E ritorna fuori il discorso della ex ragazza di Dario che ha davuto abortirtire. Non so se vi ricordate nle capitolo 12 quando lui ha accennato a questo episodio :) comunque, qui spiega più dettagliatamente come si è sentito, quello che ha provato e per di più Alice ha avuto l'"onore" di conoscere la ragazza in questione, Martina Campanella. Per chi ha letto i primi capitoli di Mistake saprà sicuramente chi è! Oltre al fatto di essere gelosa marcia della bellezza di Martina, Alice ha anche un sacco di dubbi, non so se lo avete notato xD ma, alla fine, i nodi non vengono al pettine. I due piccioncini si perdono nel loro amore e scattano delle foto che immortalino il loro sentimento. Un po' di tranquillità per la nostra coppia :)
Mi dispiace ma non sono riuscita a rispondere alle vostre recensioni ^^" proverò a recuperare, ma non prometto nulla.
Comunque ringrazio le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, le persone che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ ricordate e anche chi legge solamente. Siete davvero tantissimi ♥.♥ Vi adoro!

Come in un Sogno - con IoNarrante
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Un bacio e alla prossima!






   
 
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