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C a p i t o l o 25
Photographs
betato da nes_sie
Cominciavo
a preoccuparmi. E
anche
seriamente. Quella mattina avevo provato a chiamare Cristina almeno
dieci volte, e non avevo ottenuto risposta. Ogni volta subentrava la
segreteria e così mettevo giù la comunicazione.
Lo stesso era
accaduto sia con Federico che con Claudia e cominciavo ad agitarmi, a
preoccuparmi che un mostro si aggirasse per le vie del mio paese e
uccidesse tutti i giovani ragazzi durante il sonno. Mi fece
rabbrividire solo pensare che non avrei più potuto rivedere
i miei
migliori amici, e una morsa mi strinse lo stomaco.
Entrai nella doccia di casa Vitrano e mi
feci travolgere da un'ondata di acqua tiepida. Dio come ero tragica!
A volte mi stupivo del mio spiccato pessimismo e della mia fervida
fantasia, alimentata dai troppi film visti. Figurarsi se poteva
esistere davvero un mostro informe morto in un incendio che
tormentava i giovani ragazzi del mio paese! E poi l'avremmo sentita
al telegiornale, una notizia così sconvolgente.
Mi versai del bagnoschiuma ai frutti di
bosco e cominciai a spalmarlo su tutto il corpo. Mentre mi strofinavo
un braccio, iniziai a credere che i miei migliori amici mi avessero
voltato le spalle. Nessuno di loro mi rispondeva e la cosa sembrava
essere stata fatta apposta, come se si fossero messi d'accordo ad
ignorarmi completamente. Forse perché ero andata a Roma con
il mio
ragazzo abbandonandoli al caldo afoso della provincia milanese. Ma
quando avevo detto loro della mia vacanza erano stati felici, tranne
Abbate ovviamente che ancora non riusciva a digerire Dario. Mi fermai
con le mani tra i capelli, smettendo di insaponarli, quando venni
investita da un'ipotesi sconvolgente: era stato Federico ad
allontanare Claudia e Cristina da me perché non aveva ancora
mandato
giù il fatto che avessi preferito Dario a lui e che fossi
addirittura andata con lui a Roma. La cosa non doveva stupirmi
più
di tanto, però. Abbate era sempre stato un tipo permaloso, e
non
erano state rare le volte in cui non mi aveva rivolto la parola anche
per settimane, come era successo quando aveva scoperto di Edoardo.
Chiusi l'acqua ed acchiappai i due
asciugamani che avevo già preparato. Mi asciugai rapidamente
il
corpo ed i capelli, rivestendomi con la stessa velocità.
Avrei
provato a chiamarli ancora una volta. Già era stato orribile
perdere
Benedetta, e non volevo di certo rinunciare anche alle uniche tre
persone alle quali ero veramente affezionata. Ancora con le punte dei
capelli un po' gocciolanti me ne tornai in camera da letto per
prendere il cellulare e chiamare quei tre ma appena entrai nella
camera di Dario, lo trovai impegnato a staccare dai muri i poster e
con loro anche le foto di Sole.
«Non mi ricordavo nemmeno di averle,»
disse non appena mi vide entrare con una faccia inebetita.
«Che-che stai facendo?» Domandai
frastornata lì per lì di vedere le foto di Sole
che si
accatastavano ad una ad una sulla sua scrivania.
«La caccia al tesoro,» bofonchiò
contrariato. «È ovvio, no? Tolgo queste
foto.»
«Ma non c'è bisogno!» Esclamai e mi
avvicinai a grandi falcate a lui. «Immagino quanto tu tenga a
queste
foto e non voglio che ci rinunci solo per me.»
Da quando avevo visto quelle immagini
appese ai muri ero stata invasa dalla gelosia verso quella Sole e
verso il loro amore, dovevo ammetterlo. Ma dopo tutto quello che era
successo negli spogliatoi il giorno prima, il modo in cui mi aveva
guardata, in cui mi aveva sorriso, in cui aveva urlato a tutti i suoi
sentimenti e soprattutto quella nostra passione dirompente che ci
aveva sorpresi in quella doccia mi avevano fatto capire quanto mi
amasse, quanto per lui fossi importante. E anche se Sole fosse
rimasta a fissarci dai muri non mi sarebbe importato, anzi. Sarebbe
stata lei quella volta ad essere gelosa nel vedere quanto sentimento
c'era tra di noi, quanto il nostro amore fosse intenso, magari anche
più del loro.
«Non le strappo mica,» ridacchiò.
«Le
conserverò come ricordo del passato. Ora dovrebbero esserci
le tue
foto appese alle pareti.»
«Ma non ne abbiamo mai fatte,» risposi
con un velo di tristezza. Ci conoscevamo da molto tempo ormai, e
ancora non avevamo delle foto dell'altro, delle foto insieme, nulla
che immortalasse anche per un solo istante il nostro amore.
«Provvederemo,» disse sorridendo e mi
schioccò un bacio sulla guancia. Mi sarebbe piaciuto avere
qualche
foto di lui e con lui. Non che fossi così fissata con le
fotografie,
ma lui era il mio primo amore, era il primo ragazzo con cui avevo
fatto sesso ed era l'unico che avrei sempre voluto accanto e mi
sarebbe piaciuto avere qualcosa che racchiudesse in sé i
nostri
primi mesi insieme, quegli attimi vissuti intensamente completamente
rapiti l'uno dall'altra.
Dario voltò la fotografia di Sole e ne
lesse il retro, inorridendo per quello che aveva scritto.
«Mio Dio. Quanto ero sdolcinato.»
«Guarda che lo sei anche adesso,»
ridacchiai e mi allungai verso di lui per baciarlo sulla guancia.
Dario sorrise, ma mi sembrò perso nei suoi ricordi, in quel
mondo in
cui non c'ero io ma quella sgualdrina di Sole. Guardava quella
fotografia come se volesse essere lì con lei per toccarla e
accarezzarla almeno una volta.
«Peccato che queste cose non sia mai
riuscito a dirgliele di persona,» mormorò
stiracchiando le labbra
in un sorriso e appoggiando la foto sulla scrivania.
«Se avessi avuto il coraggio, a
quest'ora ci sarebbe stata lei al tuo fianco.» Dissi
amareggiata, ma
non diedi a vedere il mio rammarico. Quando credevo di aver battuto
quella Sole, tutte le mie convinzioni si ritorcevano contro di me e
mi piombavano sulla schiena come pesanti macigni solo per farmi
rendere conto di quanto stessi sbagliando. Incrociai le braccia al
petto ed attesi una sua risposta, semmai fosse arrivata.
«Già,» soffiò annuendo.
«Ma non
avrei incontrato te.» Aggiunse con un sorriso sincero che mi
spiazzò.
Slacciai le braccia e le feci ricadere
lungo i fianchi mentre lui si avvicinava a me lentamente per
stringermi tra le sue braccia e accarezzarmi la nuca dolcemente.
«Se prima mi sarei maledetto di averla
fatta scappare, adesso sono felice di essermi tenuto tutto
dentro,»
sussurrò sui miei capelli, baciandomi la fronte di tanto in
tanto.
Ricambiai la sua stretta ed alzai il viso per guardarlo negli occhi.
Brillavano come sempre ma con un'intensità maggiore e
credetti che
quel luccichio era nato grazie a me, perché in quel momento
mi stava
guardando negli occhi. «Lei non era la ragazza giusta per me.
Sì,
era dolce, comprensiva e mi conosceva più di qualunque
altro. Ma non
eri tu.»
«Credi che quella giusta sia io?»
Domandai scettica, con un sopracciglio abbassato.
«Sì, credo di sì.» Rispose
con un
sorriso e mi sembrò di sfiorare il cielo con un dito.
«Lo spero,
almeno. Perché la mia vita insieme a te è quasi
perfetta.»
Le gambe, in quel momento, divennero più
molli del burro sciolto e credetti di cadere da un momento all'altro.
A questo si aggiungeva il cuore che scalpitava nel petto e che
sembrava pronto a schizzare fuori dal torace. Mai avrei immaginato
che Dario potesse innamorarsi di una come me. Insomma non ero niente
di speciale, ero una ragazza comune e banale, a volte anche noiosa e
piagnucolona e in confronto a lui ero il nulla più totale.
La luce
della sua stramba personalità era così luminosa
che mi abbagliava
ogni volta e mi eclissava. Per cui lui era il tutto ed io il niente e
non capivo come lui potesse amarmi. Poteva avere qualsiasi ragazza
avesse voluto, addirittura una come Scarlett Johanson, perfetto
com'era, e si era accontentato di una Alice
Livraghi
qualsiasi.
«Vedi che lo sei sempre, sdolcinato?»
Dissi con voce tremolante per alleggerire soprattutto la tensione che
si era creata in me.
«Già, mi faccio venire il diabete da
solo.» Ridacchiò divertito.
«A me piaci così tenero,» ammisi
guardandolo dritto negli occhi e li vidi sorridere. «E adoro
quando
dici che mi ami.»
Dario sorrise sornione e mi guardò con i
suoi occhi furbi. La stretta attorno alla mia vita si fece
più
intensa e il calore del suo corpo mi circondò, facendomi
avvampare,
facendomi bruciare dal desiderio. Il tempo passava, il nostro
rapporto si evolveva ma le sensazioni che mi faceva provare Dario
erano sempre le stesse, se non amplificate. Ogni volta, quando lo
avevo così vicino, le membra del mio corpo ardevano come se
un
incendio fosse scoppiato all'altezza del petto e si fosse espanso al
resto del corpo. Sentivo il cuore pompare sangue freneticamente e
avevo sempre paura che esplodesse da un momento all'altro. Per di
più
mi era impossibile pensare lucidamente. L'unica cosa che avevo in
mente era sempre e solo Dario, i suoi occhi, il suo odore e tutti i
momenti passati insieme a lui. Erano stampati nella mia mente come
tatuaggi indelebili che non mi avrebbero mai abbandonato. E tutti gli
istanti passati con lui erano i migliori in assoluto e la mia vita,
da insulsa qual era, era diventata migliore di quanto potessi
immaginarmi.
«Ti amo,» disse sogghignando e
baciandomi l'angolo della bocca. «Ti amo, ti amo, ti
amo.» Continuò
a ripetermi, solleticandomi con la sua barba ispida e ben curata,
facendomi ridere. «Ti amo,» soffiò sulle
mie labbra e intanto
cominciò a spingermi verso il suo letto.
«Ok basta! Ho capito,» sghignazzai e le
sue mani calde mi fecero rabbrividire quando oltrepassarono la stoffa
della mia maglietta.
«Mi hai detto tu che mi adori quando ti
dico che ti amo.» Si giustificò, e in quel momento
le mie ginocchia
si scontrarono contro il bordo del letto e cedettero, facendomi
cadere sul materasso. Gridai tra una risata e l'altra e Dario mi
cascò addosso. Fortunatamente non aveva la stazza di Smell
altrimenti mi avrebbe resa una sottiletta. Immediatamente si
sollevò
di nuovo, puntellando un ginocchio nel materasso e si tolse la
maglietta, slacciandosi perfino il bottone dei jeans ed abbassando la
zip. Mi sorprese la sua irruenza e quel desiderio che aveva di me
così intenso. Quella maledetta litigata, la più
terribile forse da
quando ci eravamo conosciuti, sembrava essere stata cancellata dalla
nostra memoria ed era stata rimpiazzata da un amore ancora
più forte
di prima, da un legame indissolubile, una catena invisibile che mai
si sarebbe spezzata. O almeno lo speravo.
Si avventò sulle mie labbra e le sigillò
con le sue, con un bacio che sapeva di passione e che bruciava come
carboni ardenti, come i suoi occhi che continuavano a fissarmi anche
mentre mi assaporava. La sua lingua non perse alcun tempo ed
entrò
subito nella mia bocca vogliosa di sentire il mio gusto, desiderosa
di stuzzicare la mia bramosia, anche se non ce n'era bisogno visto
che era già oltre qualsiasi limite. Nemmeno le sue mani
attesero più
del dovuto e afferrarono il lembo della mia maglietta sollevandola
quel tanto che bastava per scoprirmi il ventre e il seno.
«Ti amo,» disse di nuovo, mordendomi
delicatamente il labbro inferiore. «E ti voglio, ti desidero
in
questo momento.» Aggiunse con malizia, abbandonando la mia
bocca per
dedicarsi al mio collo. Avrei dovuto dire qualcosa, rispondere a
quello che mi diceva o addirittura fermarlo dato che erano solo le
due del pomeriggio e i suoi genitori, oppure Mauro o anche Consuelo
avrebbero potuto irrompere nella nostra stanza in un qualsiasi
momento. Ma non mi importava nulla. Io volevo Dario in quel momento,
solo lui, e nessuno avrebbe interrotto quel nostro attimo di
passione. Sollevò le piccole coppe del reggiseno e si
leccò
sensualmente un labbro. I suoi occhi mi stavano completamente
divorando e le sue guance rosse e accaldate mi fecero perdere ogni
lucidità. Le sue labbra si appoggiarono lentamente e
dolcemente su
un mio seno per assaporarlo ed esplorarlo con la sua lingua esperta
in ogni angolo, anche se ormai conosceva a memoria ogni singola parte
del mio corpo. Il mio respiro si bloccò qualche secondo non
appena
sentii la sua meravigliosa lingua solleticarmi il capezzolo e subito
dopo ne uscì un debole gemito. Ma a Dario non bastava
così poco e
quel semplice contatto non servì a placare la sete di
piacere che
aveva quella mattina. Per cui la sua mano scivolò rapida sul
mio
ventre regalandomi degli intensi, seppur brevi, brividi e
sorpassò
l'elastico dei pantaloni neri alla pescatora che indossavo,
fermandosi esattamente in mezzo alle mie cosce. Bastò solo
il suo
calore per farmi eccitare maggiormente e per farmi ardere, farmi
incendiare. Poi, quando il suo dito cominciò a muoversi
circolarmente sulla mia intimità, persi qualsiasi
autocontrollo, la
mia mente si svuotò da ogni pensiero e il mio fiato
cominciò ad
uscire irregolare dalla mia bocca insieme a qualche ansimo di puro
godimento. Strinsi il lenzuolo e mi morsi un labbro quasi a sangue
mentre la sua mano si muoveva in modo da farmi sfiorare l'estasi e la
sua lingua mi faceva arrivare a limiti di godimento che non pensavo
esistessero.
«Da... Dario.» Ansimai, anzi quasi
urlai il suo nome e le sue labbra si staccarono dal mio seno.
Sollevò
il viso per guardarmi mentre mi contorcevo per le sue dita capaci e
sorrise dolcemente.
«Sei bellissima Alice.» Mi sussurrò,
avvicinandosi al mio orecchio.
In quel momento non è che mi
interessassero molto i suoi complimenti. Fosse stata un'altra
situazione, ne sarei stata lusingata ma con le sue dita che si
muovevano su e giù sulla mia intimità, indugiando
nella parte più
sensibile di me, non ero affatto lucida per comprendere
quell'apprezzamento. Gli presi il viso tra le mani e lo avvicinai al
mio. Avevo bisogno di sentire le sue labbra, avevo bisogno dei suoi
baci per rendere quegli attimi ancora più perfetti. Le
intrappolai
subito nelle mie, succhiandole avidamente e gemendo nella sua bocca
quando il suo tocco si fece più profondo e quando il suo
bacino
sfregò contro la mia coscia. Era estremamente eccitato e
mancava
davvero poco al ripetere ciò che era accaduto in quella
doccia. A
ripensarci, non mi imbarazzavo nemmeno per quello che avevo fatto.
Era pur sempre un atto di amore, e mi era anche piaciuto contro ogni
mia aspettativa.
Le mie mani percorsero la sua schiena
nuda, i suoi muscoli dorsali contratti dal piacere che stava
dilagando anche in lui, fino a toccargli le natiche sode e tonde.
Avrei fatto tappa fissa su quei glutei scultorei. Ma c'era un'altra
parte del suo corpo che necessitava di più attenzioni e che
mi stava
facendo completamente impazzire. Mi spostai da lì seguendo
l'elastico dei suoi boxer e appena sentii le ossa delle sue anche
capii che ero arrivata a destinazione. Lo sfiorai dapprima da sopra
la stoffa e le sue labbra si allontanarono dalle mie per emettere un
gemito strozzato. Non si aspettava quel mio tocco ed era rimasto
sorpreso dalle mie dita e dal piacere. Poi sollevai un po' l'elastico
dei boxer ed vi intrufolai la mano sentendo subito il suo desiderio
rigido contro le mie dita. Lo avvolsi completamente e cominciai a
muovermi lenta su di lui. Micidiale. E la sua mano, quella che mi
aveva torturata fino a quel momento, fuoriuscì dai miei slip
e si
appoggiò con forza sul materasso per reggere il corpo di
Dario
scosso da intensi fremiti.
«Dio mio, piccola.» Mugugnò contro le
mie labbra. «Stai diventando una bomba del sesso.»
Quella specie di complimento, invece,
arrivò diretto alle mie orecchie e mi fece imbarazzare
più del
dovuto. Arrossii, non così vistosamente visto che ero
già bollente
per l'eccitazione, ma non mi fermai. Anzi continuai con dei movimenti
del polso che, via via, si intensificavano sempre di più
insieme ai
gemiti di Dario che riempivano il silenzio di quella stanza.
Udii uno strano cigolio, ma non diedi
molta importanza a quel rumore. Poteva benissimo essere il letto o
una porta che si apriva. E le mie deduzioni non erano poi del tutto
sbagliate.
«Oh mio Dio,» sentii mormorare e
indirizzai il mio sguardo verso la porta della stanza.
Era stata aperta e il faccione di
Federico aveva fatto capolino nella camera di Dario. Il suo viso era
sconvolto come se avesse visto un fantasma o uno strano mostro. Non
realizzai subito, era ancora frastornata dal piacere e tutto mi
appariva ancora confuso. Solo quando Dario si voltò a
seguire il mio
sguardo ed incontrò quello nocciola di Abbate capii che era
arrivato
il momento di smettere di far porcherie e di annegare nell'imbarazzo.
«Ma porca puttana,» ringhiò Dario,
sollevandosi da me e coprendosi il basso ventre oltremodo rigonfio
con un cuscino. Dal canto mio mi sbrigai ad abbassare il reggiseno e
coprirmi, sperando che Federico non mi avesse vista quasi nuda, anche
se lo credevo impossibile.
«Si può sapere che cazzo ci fai a casa
mia, troll?» Ringhiò il mio ragazzo alterato.
Federico farfugliò qualcosa di
insensato, rosso come un pomodoro e con gli occhi spalancati, chiusi
ad intermittenza dalle palpebre. Quella era una faccia da ebete da
dieci e lode e gli avrei fatto una foto per poi prenderlo in giro a
vita se non fosse che ero sommersa dall'imbarazzo. Se avessi potuto,
mi sarei avvolta nel lenzuolo come un involtino e non ne sarei mai
più uscita.
«Sorpresa!» Urlano in coro Cristina e
Claudia scansando con poca delicatezza un Federico ancora incredulo
dalla porta. Dietro di loro scorsi anche Smell con le braccia
incrociate e ringraziai il cielo che fosse stato Federico ad
irrompere nella camera e non mio fratello perché, in quel
caso,
Dario si sarebbe ritrovato privo di un apparato essenziale per la
procreazione.
«Mi ci hanno trascinato qui,» bofonchiò
Raffaele contrariato.
«Oh... c'è tutta la Banda Bassotti al
completo.» Borbottò Dario passandosi una mano sul
viso. «Annamo
bene...»
«Abbiamo interrotto qualcosa?» Domandò
Cristina arricciando le labbra notando il mio colorito simile a
quello di un peperone e il cuscino sulle parti intime del mio
ragazzo. La risposta era ovviamente Sì,
ma non potevo di
certo ammettere che stavo per fare l'amore con il mio ragazzo di
fronte a mio fratello che aveva già aguzzato l'udito e si
era
perfino avvicinato alla porta per vedere la situazione in cui
eravamo.
«No, no!» Esclamai subito, scattando in
piedi come una molla e ridacchiando nervosamente. «Ci stavamo
solo
riposando.»
«Già. E la prossima volta siete pregati
di bussare invece di irrompere nella mia camera nemmeno foste
l'FBI,»
brontolò Dario. «Quando riposo,
voglio farlo bene.»
Smell puntò i suoi occhi marrone spento
sul torace nudo del mio ragazzo e sul cuscino che lo copriva e lo
fulminò con lo sguardo, riservando anche a me un'occhiata
assassina.
Abbozzai un sorriso e mi avvicinai a loro spingendoli ad uno ad uno
fuori dalla camera di Dario.
«Su, su!» Esclamai. «Andiamo in
giardino, a bordo piscina così mi raccontate
perché siete qui.»
Le mie due amiche mi guardarono confuse,
magari prendendomi anche per pazza, Federico era un'ameba, ancora
pietrificato nemmeno avesse visto Platinette in lingerie, mentre mio
fratello si arpionò allo stipite della porta impedendomi di
cacciarlo fuori dalla camera.
«Tu non vieni?» Domandò sospettoso a
Dario che si irrigidì all'istante. Non poteva di certo
scendere con
quel rigonfiamento nei pantaloni, anche perché avrebbe
rischiato
l'evirazione.
«Vorrei venire,» e nella sua
voce trovai un tono fin troppo malizioso che mi imbarazzò
ancora di
più. «Ma devo mettere a posto la camera, quindi vi
raggiungo dopo.»
E rivolse a loro un sorriso falso come le monete da tre euro.
Smell gli lanciò l'ennesima occhiata
fulminante, e non sembrava aver intenzione di andarsene da
lì. Ma
Federico venne in mio aiuto spingendolo con i suoi muscoli fuori
dalla stanza e giù per le scale. Lanciai uno sguardo al mio
ragazzo
costretto a sbollire da solo il suo desiderio, e mimai un Mi
dispiace prima di raggiungere gli altri al piano di sotto e
di
accompagnarli fuori in giardino.
«Ma questa villa è favolosa!»
Cinguettò Cristina guardando adorante la piscina davanti a
sé.
«Ne ha di quattrini il tuo ragazzo,»
commentò scocciato mio fratello.
«Ed io che credevo che fosse un
pezzente,» si aggiunse anche Federico che mi
guardò in un misto tra
l'imbarazzato, per quello che aveva visto entrando senza bussare, e
il dubbioso. Lui sapeva che era un gigolò e di certo uno che
si
prostituiva non poteva permettersi una casa del genere. Anzi lo
sapevano tutti lì tranne mio fratello.
«Bello, ricco, ben dotato. Ti sei
trovata il ragazzo perfetto!» Esclamò Cristina
entusiasta.
Annuii poco convinta con un sorriso
stiracchiato disegnato sulle labbra. Ero quantomai imbarazzata e non
osavo nemmeno guardare negl occhi Federico.
«Cosa ci fate qua?» Domandai dubbiosa,
sedendomi su una sdraio e poco dopo Claudia si accomodò di
fianco a
me.
«Stiamo andando in Calabria dai miei
nonni,» rispose la rossa con un sorriso. «Facciamo
una specie di
vacanza di coppia.»
«E abbiamo fatto una piccola deviazione
per venirti a trovare,» s'intromise Cristina, seduta di
fronte a me
vicino al suo fidanzato. «E per vedere il tuo fidanzato figo.
Sai io
e Claudia ci siamo accontentate di due racchi.» Ridacchiammo
tutte e
tre, tranne i due ragazzi che non erano per nulla autoironici.
«E come avete fatto a trovare
l'indirizzo di Dario?» Chiesi sempre più curiosa
di sapere che ci
facessero lì.
«La famiglia Vitrano è molto conosciuta
in città!» Rispose Claudia. «Abbiamo
chiesto non appena entrati a
Roma e ci hanno dato subito indicazioni.»
Beh, la cosa non mi stupiva più di
tanto. I Vitrano, da quanto avevo capito, erano una delle famiglie
più facoltose in quella città, forse per la
professione che
svolgevano.
«Ma non staremo qua molto. Giusto
qualche oretta,» ci tenne a precisare Cristina che,
sicuramente, già
si immaginava stesa al mare sotto al sole. Anche io avrei tanto
voluto andare in spiaggia, ma era improbabile che per quei giorni
vedessi il mare. «Il tempo necessario che tu ci racconti le
ultime
news!» Trillò eccitata afferrandomi le mani.
Mi guardai intorno circospetta, sentendo
gli occhi di tutti puntati addosso. Quelli che più mi
spaventavano
erano ovviamente quelli di Smell, che attendeva solo un mio passo
falso per sfoderare le forbici e rendere donna il mio ragazzo.
«Non c'è poi molto da dire,»
bofonchiai cercando così di archiviare subito il discorso
Alice e
Dario. «Semmai Claudia mi dovrebbe dare qualche news. Come
sta il
mio nipotino?»
«Bene... credo,» rispose stringendosi
nelle spalle. «E spero!» Aggiunse sfiorandosi il
ventre ancora
piatto. Smell, che se ne stava in piedi dietro la sua ragazza, si
abbassò verso di lei e la strinse forte a sé,
lasciandole un tenero
bacio tra i capelli. Non lo avevo mai visto così dolce e mi
sembrava
che quello davanti a me non fosse realmente mio fratello. Lui non era
mai stato un tipo molto espansivo, anzi: odiava anche le smancerie in
pubblico. Quella era la prima volta che si lasciava andare ad una
tenerezza tale con la sua fidanzata davanti a tutti e credetti
davvero che quel bambino – o bambina – lo stesse
per davvero
cambiando, rendendolo più tenero e meno borbottone. Sorrisi
nel
vedere quella scena, e mi si riempì il cuore di gioia nel
vedere la
mia migliore amica e mio fratello così felici nonostante
quello che
stavano passando. Non che avere un bambino fosse una catastrofe, ma
in una coppia che aveva alle spalle solo pochi mesi di fidanzamento e
la giovane età di entrambi rendeva tutto sicuramente
più difficile.
«Oh sì, è tutto ok! Mangia come un
maiale,» intervenne la Cariati, quasi disgustata.
«Non mi
stupirebbe se dopo la gravidanza dovessi mettere su venti
chili.»
«Cristina!» La riprese Federico,
scuotendo la testa con disapprovazione. «Sempre a guardare le
calorie.»
La bionda scrollò le spalle con
noncuranza e guardò il suo ragazzo con sufficienza. Ancora
non
riuscivo a capire che cosa avessero in comune quei due. Federico era
dolce, comprensivo, paziente e non superficiale, mentre Cristina non
possedeva nessuna di quelle qualità. Le vie dell'amore erano
davvero
infinite.
«Comunque ho fatto la prima ecografia,»
disse Claudia con un pizzico di emozione.
«E com'è stato?» Domandai eccitata,
stringendole una mano.
«Bellissimo,» rispose Raffaele al posto
della mia amica e lo vidi davvero commosso in quel momento. Se
qualche alieno aveva preso mio fratello, era pregato di
riconsegnarmelo. Ormai mi ero abituata allo Smell scontroso ed
antipatico e cominciava anche a piacermi.
«Sono davvero molto contenta per voi,»
dissi sincera vedendo tutto quell'amore scaturire dagli occhi di quei
due.
«E con Dario?» Chiese maliziosa
Claudia, dando manforte a Cristina che non attendeva altro se non
sentire news piccanti sul mio rapporto con Dario. Di cose da
raccontare ce n'erano; bastava pensare a quello che stava accadendo
in camera sua e cosa avevamo fatto nella doccia degli spogliatoi. Ma
non ero tanto sicura di voler mettere in piazza i miei racconti
erotici, non con Abbate e Smell nei dintorni. Sorrisi nervosamente e
scrollai le spalle più volte. Ero visibilmente a disagio e
non avevo
la più pallida idea di cosa dire. Stranamente Federico
sembrò
cogliere la mia soggezione ed ero sicura che avesse anche intuito che
lui e mio fratello erano di troppo. Abbozzò un sorriso, poi
strinse
poderosamente una spalla di Smell e cominciò a trascinarlo
via.
«Sai, ho sentito un rumore sospetto
provenire dalla tua macchina,» disse mentre si dirigevano
all'esterno. «Secondo me era il motore.»
Piano piano le parole di Federico e Smell
si affievolirono fino a perdersi nel silenzio più totale.
Non
c'erano rumori se non quel leggero venticello che, di tanto in tanto,
scuoteva le fronde degli alberi.
«Bene. Adesso che quei due se ne sono
andati sei libera di parlare,» non perse tempo Cristina,
scivolando
lungo il bordo della sdraio per avvicinarsi ancora di più a
me.
«Avrai un sacco di cose da raccontarci.
È la prima vacanza con il tuo boyfriend,
chissà quante
zozzerie avete fatto.» Si aggiunse anche
Claudia, che si
strinse ancora di più a me.
Mi sentivo come chiusa in una gabbia,
impossibilitata a scappare e trafitta da un paio di occhi verdi e uno
sguardo grigiastro che non sembravano volermi dare nessuna
possibilità di fuga. Avrei potuto anche tacere e fare finta
di
nulla, inventarmi una banale scusa e dir loro che ci eravamo dati
alla castità fino al matrimonio, ma non sarebbe stato
affatto
credibile visto il lavoro che aveva fatto Dario. Per cui mi decisi a
parlare, anche se avrei preferito buttarmi nella piscina e sedare i
bollenti spiriti che mi avevano fatto andare a fuoco le guance.
«Beh, insomma... diciamo che lo...
abbiamo... ehm... fatto.» Dissi balbettante e cercando
accuratamente
di non guardare negli occhi le mie amiche.
«Questo lo sapevamo. Già ce lo avevi
detto,» rispose scocciata Cristina sbuffando.
«Non quello,» ribattei con lo sguardo
basso e le mani congiunte nemmeno stessi pregando. In realtà
non
sarebbe stato male rivolgersi a Dio o chi per lui in quel momento,
magari facendo perdere la memoria a quelle due curiosone e ficcanaso
di prima categoria. Sia Claudia che Cristina mi guardarono dubbiose,
una con la fronte aggrottata e l'altra con le labbra arricciate.
Perché dovevo per forza dirlo? Non potevano capirlo da sole
senza
mettermi così tanto in difficoltà?
«Sesso,» e fuori una. Lo dissi con
timore e arrossii vistosamente, fino alle punte dei capelli. Gli
sguardi di quelle di quelle due mi incitarono a proseguire, ma la
seconda parola mi si strozzò in gola e non sembrava voler
uscire
dalle mie labbra.
«Sadomaso?» Propose Claudia ed io
scossi la testa.
«Orale?» Susseguì subito dopo
Cristina, e a quella parola mi fece annegare nella mia stessa
vergogna. Sollevai il lembo superiore della maglietta e mi coprii il
viso fin sotto il naso talmente tanto era l'imbarazzo. Le mie due
amiche mi guardarono prima incredule poi entrambe cominciarono a
strillare come delle galline mentre deponevano le uova e per poco non
rimasi senza timpani.
«Com'è stato?» Mi chiese Cristina
eccitata.
«Ti è piaciuto?» Ed ecco l'altra.
Quelle due dovevano per forza farsi eco in continuazione e la cosa mi
dava sui nervi.
«Sì, insomma... è stato...
strano,»
dissi stringendomi nelle spalle. «Ma bello. All'inizio ero un
po'
imbarazzata ma è stato... bello.»
Già, eccome se lo era stato. E non per
l'atto in sé, ma perché con Dario ogni cosa era
così tremendamente
naturale che quasi mi faceva paura, era tutto così perfetto
che
temevo che tutta l'intensità del nostro rapporto, tutto
quell'amore
che ci legava si sarebbe ritorto contro di noi con conseguenze
disastrose.
«E poi?» Curiosò di nuovo Cristina che
non era mai sazia ma voleva qualsiasi particolare, anche il
più
intimo. Oramai mi ero abituata alla curiosità delle mie
amiche, per
cui superai quella vergogna in cui ero piombata da quando Federico
era irrotto nella camera di Dario e raccontai loro quello che era
successo nella doccia dello spogliatoio senza tralasciare il minimo
particolare. Nemmeno quella strana sensazione che avevo provato poco
prima che il nostro rapporto finisse e che mi aveva sconvolto l'animo
e il corpo. Avevo un sospetto su cosa potesse essere stato, ma non ne
ero del tutto sicura. Finché non lo sentii pronunciare da
una
Cristina incredula e anche un po' invidiosa.
«Si chiama orgasmo, Alice,» disse. «E
tu hai una fortuna sfacciata.»
«O solo un fidanzato esperto,»
ridacchiò Claudia facendomi un occhiolino.
«Io non l'ho mai provato,» mi confidò
Cristina sospirando. «Fingo e basta.»
«Idem con patate,» mormorò la rossa
appoggiando il mento al palmo della mano.
Sorrisi più che altro nel vedere le
espressioni affrante delle mie amiche. Era bello averle lì
anche
perché mi erano mancate molto in quei giorni, soprattutto
quando
avevo litigato furiosamente con Dario. Quella che mi era sempre
sembrata una vita squallida ed insulsa, si era trasformata in
un'esistenza meravigliosa. Avevo accanto degli amici straordinari,
tra cui anche la Cariati con la quale non avevo mai nemmeno pensato
potesse nascere qualcosa e avevo un il fidanzato, migliore che avessi
potuto sperare. A volte era un immaturo e il più delle volte
mi
faceva arrabbiare ma lo amavo così com'era anche con quei
suoi
enormi difetti che mi ferivano perlopiù.
Poco dopo ci raggiunsero anche Federico e
Smell, quest'ultimo borbottando perché la sua auto non aveva
nessun
problema e Abbate lo aveva fatto allontanare per nulla. Praticamente
mancava solo Dario e cominciai a pensare che si fosse perso nei
meandri di quella villa.
«Vado un attimo a cercare Dario,» dissi
con un sorriso e mi congedai per qualche attimo da loro.
Rientrai in casa e mi guardai attorno. Il
salotto era vuoto e nessun rumore proveniva dalle altre stanze. Il
signor Vitrano era di turno quel giorno, mentre Nicoletta e Mauro,
probabilmente, stavano facendo la pennichella pomeridiana. Di
Consuelo nessuna traccia e pensai che fosse andata in giro per negozi
come era solita fare. Diedi una rapida occhiata a qualsiasi angolo di
quella stanza poi mi spostai nell'enorme cucina ma lui non era
nemmeno lì. Scrollai le spalle anche perché non
poteva essere stato
sbalzando in un altro mondo o in un altro tempo. Per cui ne
approfittai per prendermi un goccio di succo di frutta. Presi un
bicchiere e lo riempii con il liquido arancione e, mentre ero pronta
per scolarmi il succo all'albicocca, qualcuno mi afferrò i
fianchi e
mi trascinò verso il bancone della cucina.
«Abbiamo qualcosa in sospeso noi due,»
mormorò Dario afferrando il bicchiere, appoggiandolo sul
ripiano e
sollevandomi per farmi sedere sullo stesso. Mi allargò le
gambe con
una mano e si insinuò tra di esse, stringendomi in un
abbraccio e
allungandosi verso le mie labbra. La sete era sparita tutto d'un
tratto colmata dal sapore dolciastro di Dario, prosciugata dalla sua
presenza. Non mi sarebbe affatto dispiaciuto concludere quello che
avevamo cominciato in camera sua ma i miei amici erano lì a
pochi
passi e non sarebbe stato difficile che ci sorprendessero in
atteggiamenti ambigui e troppo intimi.
«Non possiamo Dario,» bisbigliai
allontanandolo da me con una spinta, ma lui mi afferrò
entrambe le
mani e appoggiò sul dorso di una di esse le sue labbra,
baciandolo
sensualmente. Anche con un gesto innocuo come quello riusciva a farmi
eccitare, e stavo seriamente pensando di mandare all'aria tutti buoni
propositi e fare l'amore con lui su quel bancone.
«Chissene frega della Banda Bassotti,»
borbottò lui abbandonando le mie mani e andando a
soffermarsi sulla
pelle del mio collo. «A limite si godranno lo spettacolo. Ci
dovrebbero essere anche i pop corn, da qualche parte.»
La sua barba mi solleticò, così come il
suo magnifico odore e il suo respiro caldo su di me. Affondai le mani
nei suoi capelli e li tirai leggermente per fargli alzare il viso,
per poter naufragare qualche secondo nei suoi occhi e contemplare
quelle labbra perfette che desideravo ardentemente ogni secondo della
mia vita. Le osservai a lungo, sfiorandole con il pollice e
sentendole scorrere vellutate sulla mia pelle. Mi sconvolgeva la
bellezza di quel viso, mi sconvolgeva la perfezione di quel ragazzo e
anche l'intensità di quegli occhi. Non avevo mai visto nulla
del
genere, nulla di così meraviglioso e ogni volta che mi
specchiavo in
quelle iridi nere mi accorgevo sempre di più di quanto
fossero
scure, due pozzi bui di perdizione in cui era stato intrappolato il
mio cuore.
«Sei bellissimo,» mormorai quasi
incredula e Dario arrossì di fronte a quel complimento.
Abbozzò un
sorriso timido e strusciò la punta del naso contro la mia
guancia.
Quelli erano i momenti che preferivo tra di noi. Non che non mi
piacesse fare l'amore con lui e condividere attimi di
intimità con
Dario, ma preferivo di gran lunga quei gesti scaturiti dal cuore, che
sopraggiungevano senza quasi che ce ne accorgessimo e che ci
spiazzavano per l'immensa dolcezza che emanavano. Era un momento
praticamente perfetto, di una tenerezza quasi disarmante e che,
ovviamente, venne interrotto bruscamente.
«Oh, scusate.» Disse Federico entrando
in cucina.
«La smetti o no di interrompere i nostri
momenti romantici?» Bofonchiò contrariato il mio
ragazzo.
«Credevo che Alice fosse sola,» si
giustificò pacatamente Federico. «Volevo
parlarle.»
Dario sbatté violentemente le mani
contro il bancone e trucidò con lo sguardo il mio migliore
amico.
«Avanti, parla.» Sibilò.
«Preferirei che fosse da sola,» disse
timidamente Federico affondando le mani nelle tasche dei bermuda a
quadri.
«Devi per caso sparlare di me?» Lo
provocò il mio ragazzo, già sul piede di guerra.
Federico abbassò lo sguardo e si passò
una mano tra i capelli biondi, rimanendo in silenzio forse
perché
attendeva che Dario se ne andasse. I miei occhi rimbalzavano dal mio
ragazzo stizzito al mio migliore amico pensieroso.
«Cristina me lo ha detto,» si arrese
alla fine. «E ho anche visto con i miei occhi quello che
stavate
facendo.»
Figurarsi se la Cariati sarebbe stata in
grado di mantenere il segreto. Aveva spifferato a Federico che avevo
fatto sesso, e il mio migliore amico non sembrava poi così
felice di
quella notizia. E sapevo anche che il motivo per il quale stava per
farmi una predica era che mi fossi concessa a Dario, ad un bastardo
che, secondo lui, giocava solo con i miei sentimenti.
«E allora?» Bofonchiò il mio ragazzo.
«Tu non lo fai con la tua fidanzata?»
«Certo!» Sbuffò Federico.
«Ma...»
«E allora levati dai coglioni,» disse
poco garbatamente Dario, mandandolo a quel paese anche con un rapido
gesto della mano. «Io non vengo a scassarti le palle mentre
sei
impegnato.»
«Non era mia intenzione fermarmi
un'altra volta. Volevo solo parlare con Alice.»
Abbassò il tono di
voce e mi lanciò uno sguardo contrariato. Intuii subito che
volesse
arrivare alla predica, nella quale mi avrebbe ripetuto sempre le
stesse cose che avevo già sentito e risentito fino alla
nausea.
È un bastardo. Ti sta solo
ingannando. Soffrirai.
Era abbastanza chiaro che Federico
odiasse Dario e che lo riteneva un cattivo ragazzo, ma ero stufa dei
suoi continui giudizi, ero stufa che tutti continuassero a frapporsi
tra me e le mie storie d'amore. Prima Dario con Davide –
anche se
in quel caso il mio attuale ragazzo aveva visto giusto –, e
ora
Federico. Credevano forse che fossi una bambina da proteggere e da
rinchiudere in una campana di vetro? Avevo diciotto anni, porca
zozza, ed ero libera di prendere le mie scelte liberamente,
anche
se magari erano sbagliate. Dovevo crescere e per farlo avevo bisogno
anche di sbagliare e di soffrire. Scansai Dario dal mio corpo e scesi
dal ripiano, avvicinandomi a Federico. Ero indispettita, ma non gli
avrei urlato contro anche perché non avevo la minima voglia
di fare
l'isterica. Gli afferrai una mano e sospirai rumorosamente.
«Lo so, ho capito che Dario non ti piace
e che hai paura che stia solo giocando con me. E che sei sicuramente
contrario al fatto che io,» esitai qualche istante, bloccata
dall'imbarazzo. «Abbia perso la mia verginità con
lui,» dissi
velocemente, come se non volessi fargli capire quello che avessi
detto.
«Già, lo sono.» Rispose lui diretto e
conciso. «La notizia mi ha scioccato letteralmente. Credevo
che con
lui saresti andata con calma e invece scopro che dopo una settimana
che stavate insieme tu ti sei concessa.»
«Più di una settimana,»
puntualizzai stizzita. «Più o meno due
mesi.» Rettificai, e per
poco Abbate non mi scoppiò a ridere in faccia.
«Non vuol dire nulla Più o meno due
mesi,» disse imitando la mia voce. «Che
poi sarebbe uno, da
gennaio a febbraio, ma va be'...»
«Quanto sei pignolo, mamma mia,»
sbottai infastidita, liberandogli le mani e facendo ricadere le
braccia pesantemente lungo i fianchi. «Stavamo insieme da
un
mese, ok?»
«Lui doveva solo fingere di
essere il tuo ragazzo. A Gennaio non lo era ancora e tu sapevi a
malapena il suo nome.»
L'impertinenza di Federico cominciava a
stancarmi e farmi imbestialire. Capivo che la sua era apprensione e
che voleva solo il meglio per me. Ma ancora non aveva capito che il
meglio che potessi sognare, immaginare, desiderare era solo e
semplicemente Dario e che lo amavo più di qualsiasi altra
cosa al
mondo, più di qualsiasi altra persona su quella terra.
«È vero, hai ragione. Quando lo abbiamo
fatto per la prima volta stavamo insieme da una settimana,»
convenni
con lui irritata. «Ma sai una cosa? Non mi pento di quello
che ho
fatto e non lo avrei fatto nemmeno se mi avesse lasciata il giorno
dopo. Perché io mi sentivo pronta, desideravo farlo con lui
e l'ho
fatto con tutto l'amore che potevo.»
In quel momento Dario mi si affiancò ed
intrecciò le sue dita con le mie, accennandomi un sorriso.
Poi
rivolse un'occhiata sorniona a Federico e ridacchiò
soddisfatto.
«Scacco matto, troll.» disse
sprezzante. «Ammettilo ti rode ancora che lei abbia preferito
me a
te.»
«Ti sbagli di grossa specie di tronista
coatto,» rispose per le rime smorzando con il suo insulto il
sorriso
di Dario. Trattenni a stento una risata, soffocandola con qualche
colpo di tosse. «Io sono felice con la mia ragazza e
ciò che provo
per Alice, adesso, è solo un gran bene.»
«Vedi? È questo che non capisci Fede!»
Esclamai sorridendo. «Tu sei il mio più caro amico
e so che vuoi a
tutti i costi che io sia felice. E con Dario lo sono, esattamente
come lo sei tu con Cristina.»
Abbate abbassò lo sguardo e si guardò
la punta delle Nike, sollevando poco dopo il viso e regalandomi un
sorriso.
«Se mi aveste fatto parlare...» Disse
quasi stizzito. «Volevo dirti che secondo me è
stato avventato
quello che hai fatto e che, secondo me, avresti dovuto aspettare
ancora un po' soprattutto dopo quello che il coatto
ti ha
fatto.» E il mio ragazzo lo trucidò con lo
sguardo, stringendo la
mia mano come se al posto delle mie dita ci fosse il collo di Abbate.
«Ma, nonostante tutto, il tronista barbuto e fisicato
è stato in
grado di farti contenta. Ed è questo l'importante per me.
Vederti
sorridente e spensierata di fianco al ragazzo che ami e che ti ama.
Ti ama, no?» Chiese per sicurezza, abbassando un sopracciglio
e
rivolgendosi più a Dario che a me. I muscoli del mio ragazzo
fino a
quel momento tesi si rilassarono e il pericolo rissa era stato
sventato per fortuna.
«Sì, la amo.» Disse semplicemente
Dario con tono brusco.
«Allora spero che questa storia duri,»
commentò il mio migliore amico scrollando le spalle.
«Anche io,» rispose il mio ragazzo
accennando un sorriso.
Quella che all'inizio sembrava dover
essere un'ennesima litigata, con probabili botte, si era risolta nel
migliore dei modi, nell'armonia più assoluta e non potevo
che essere
felice del fatto che Federico avesse accettato la mia relazione con
Dario, anche se con qualche riserva, ne ero certa. Ma l'importante
era che Abbate avesse compreso quanto amassi Dario, perché
le
opinioni e i pensieri del mio migliore amico erano quasi di vitale
importanza. Liberai la mano di Dario e mi avvicinai a Federico,
cingendogli la vita ed alzandomi sulle punte per raggiungere la sua
guancia. Ovviamente nemmeno con un tacco dodici lo avrei raggiunto
per cui si abbassò verso di me ridacchiando e gli scoccai un
lungo
bacio sulla guancia, ricambiato dalle labbra di Federico. Mi strinse
a sé, accarezzandomi la schiena e ondeggiando a destra e a
sinistra.
«Lo sai che ti voglio bene?» Gli
domandai retorica.
«In realtà no,» rispose lui con un
mezzo sorriso. «Non me lo ripeti abbastanza, forse.»
«Un milione di volte non è
sufficiente?» Ribattei divertita, mentre Dario ci osservava
con le
braccia incrociate e gli occhi infuocati dalla gelosia.
«Preferisco un milione e uno.»
Ridacchiai e mi sporsi ancora verso di
lui per dargli un altro bacio. Mi sentivo fortunata ad avere un
migliore amico così e avrei dovuto ringraziare il cielo ogni
singolo
istante per avermelo fatto incontrare di nuovo sull'autobus dopo
tutti quegli anni di lontananza. Mai avrei creduto – e
nemmeno
sperato – di poter ritrovare il mio vecchio migliore amico,
quello
che mi aveva tenuto compagnia per tre lunghi anni e che mi aveva
fatto scoprire cosa fosse realmente l'amicizia. Avevo creduto che
tutto, tra di noi, fosse finito con l'inizio del primo anno di liceo.
Avevamo preso strade diverse, avevamo iniziato a frequentare scuole
diverse e le nostre strade si erano separate in un bivio che sembrava
dovesse divergere sempre di più. Ed invece lungo quella
biforcazione
c'era un altro punto d'incontro, indissolubile e quella strada
l'avremmo ripreso a percorrerla insieme.
«Basta smancerie,» borbottò il mio
ragazzo afferrandomi il polso ed allontanandomi da Federico.
«Avete
amoreggiato anche troppo.»
Ridacchiai divertita e gli regalai un
leggero e delicato bacio sulle labbra, stringendogli una mano e senza
distogliere il mio sguardo dal suo ipnotico. Sentivo sempre il
bisogno morboso di vedere quelle iridi, di specchiarmi in quelle
pozze nere e imprimermi nella memoria e nell'anima anche la
più
piccola sfaccettatura di quegli occhi così tremendamente
perfetti.
«Torniamo di là sennò credono che uno
di noi ha fatto una strage,» ironizzò Federico.
Uscì dalla cucina usando la porta
finestra e ci trovammo direttamente in giardino, di fronte alla
piscina. E davanti ad una scena che nessuno di noi si sarebbe
aspettato di vedere. Eravamo talmente presi da noi stessi che non ci
eravamo nemmeno accorti che Raffaele si era inginocchiato di fronte
ad una Claudia spiazzata e un altrettanto incredula Cristina.
«Non c'è il lume di candela e nemmeno i
violino. Non ho fiori né un anello. Ho solo il mio amore che
vorrò
donarti per il resto della mia vita. Claudia Faustini vuoi sposare
questo poveraccio, burbero e antipatico Smell?»
Possibile che mi fossi addormenta sul
bancone della cucina e che fossi in un mondo onirico? Probabile visto
che mio fratello stava facendo una proposta di matrimonio anche fin
troppo romantica. Mi diedi da sola un pizzicotto sull'avambraccio e
constatai che quello non era frutto della mia mente, che non era
stato Morfeo a mandarmi quelle immagini ma che ciò che si
stava
consumando davanti ai miei occhi era la realtà.
Claudia aveva gli occhi lucidi e la bocca
dischiusa, con le labbra che le tremavano e il corpo rigido come un
tocco di legno. Eravamo tutti spiazzati in quel momento, ma lei,
ovviamente, era la più incredula e la più
spaesata. Non sapeva se
rimanere a fissare il suo ragazzo oppure cercare i nostri sguardi.
«Io, non...» Boccheggiò deglutendo a
fatica. «...cioè, stiamo insieme da
così poco.»
«Lo so,» convenne con lei Smell. «Ma
tu sei la prima ragazza che amo davvero e non posso immaginare una
vita senza di te. Vorrei davvero che tu diventassi mia
moglie.»
«Me lo stai chiedendo solo perché sono
incinta,» ribatté Claudia con voce tremante.
Smell le afferrò una mano e la baciò
con dolcezza.
«No. Te lo chiedo perché mi sento
pronto per questo passo. Lo avrei fatto con o senza bambino.»
La
rassicurò e sembrava sincero.
Mi risultava difficile immaginare mio
fratello padre, ed era ancora più
difficoltoso immaginarlo
con un pargolo tra le braccia e addirittura sposato.
Claudia boccheggiò e si guardò intorno
spaesata, passandosi le mani tra i capelli. Era chiaro che fosse in
difficoltà, che avesse paura di dire di no e ferire i
sentimenti di
mio fratello. Se mi fossi ritrovata io in quella situazione non avrei
esitato a dire di sì a Dario,
avventandomi anche addosso a
lui per baciarlo, per stringerlo per non farlo mai più
andare via.
Ma io ero ancora immatura e non riflettevo mai prima di prendere le
mie decisioni. Il matrimonio era un passo importante e non facile,
soprattutto per lei che aveva solo diciotto anni e nemmeno un diploma
in mano.
«E se non dovesse funzionare?» Domandò
Claudia, impaurita.
«C'è sempre mia madre per il divorzio.
Potrebbe anche farci uno sconto,» ridacchiò
divertito e la mia
amica, in lacrime, si unì a lui.
«Come ci manteniamo poi? Io non sono
nemmeno uscita dal liceo!»
«Quest'anno mi laureo e non sarà
difficile trovare un osto di lavoro. Mio zio è farmacista e
sarebbe
felice di offrirmi un posto,» rispose mio fratello.
Lei si morse le labbra e ci guardò uno
per uno come se stesse cercando una qualche conferma nei nostri
sguardi. Non sapevo cosa avesse trovato nel mio, forse solo stupore
ed incredulità.
«Sì,» disse piangendo per la
felicità.
«Sì!» Ripeté con
più enfasi per ribadire il concetto.
Smell si alzò da terra e sollevò anche
Claudia, stringendola a sé per baciarla. Cristina
scoppiò a
piangere, applaudendo davanti a quella scena da film d'amore mentre
Federico la stringeva e strusciava il naso contro i capelli biondi
della sua ragazza. Io, dal canto mio, ero quanto mai sorpresa e
felice al tempo stesso per loro, nell'immaginare quel sogno d'amore
coronarsi.
«E chi se l'aspettava,» mormorò Dario,
stringendomi una mano.
«Sono così contenta per loro,»
sospirai sognando che quel momento arrivasse, prima o poi, anche per
me e Dario.
Dopo la proposta di matrimonio
di Smell e
dopo che aveva festeggiato quel momento con un bel bicchiere di
Coca-cola – poiché di spumante in casa non ce
n'era – la Banda
Bassotti, come l'aveva ribattezzata Dario, aveva ripreso il
suo
viaggio verso la Calabria. Io e il mio ragazzo, invece, avevamo
deciso di andarci a mangiare un gelato in piazza per trascorrere un
po' da tempo da soli e cercare di seppellire quella brutta litigata
che ci aveva sorpresi appena qualche giorno prima.
«Per un attimo ho pensato che tuo
fratello si fosse fatto di cocaina,» ridacchiò il
mio ragazzo,
gustandosi il suo gelato al melone.
«Anche io, in effetti.» Convenni con
lui. «Non avevo mai visto mio fratello così
sdolcinato.»
«Certo che il matrimonio è un
bell'impegno,» commentò Dario, scettico.
«Tu non vorresti sposarti?» Domandai
speranzosa.
«Certo! Ma prima di fare un passo del
genere dovrei pensare a lungo. Non è semplice mettere su
famiglia,»
spiegò pacatamente. «Soprattutto in una situazione
come la loro.
Lei non ha nemmeno finito gli studi che già si ritrova con
una
proposta di matrimonio e un bambino in arrivo.» Disse e, a
poco a
poco, la sua espressione si rabbuiò. Ormai dovevo essere
abituata a
questi cambi repentini di umore ma, ahimè, mi stupivano
sempre.
Strinsi ancora di più la presa sulla sua mano e attrai il
suo
sguardo verso di me.
«Che succede?» Domandai con un sospiro
e un sorriso accennato.
«Pensavo,» scrollò le spalle.
«Pensavo
al fatto che anche io avrei potuto ritrovarmi in una situazione del
genere. Solo che non avrei avuto ventitré anni ma
sedici,» disse
amaramente.
Inizialmente non capii di cosa stesse
parlando, ma a poco a poco le confidenze che mi aveva fatto la
mattina del nostro primo addio tornarono alla memoria, traboccarono
dai miei ricordi mostrandomi l'immagine di una ragazza senza volto
che aveva condiviso con Dario la paura di avere un bambino in giovane
età, quando ancora erano dei ragazzini non in grado di
accudire un
figlio.
«Avresti voluto tenerlo?» Chiesi con un
leggero timore di ferirlo richiamando alla sua mente quei ricordi.
«All'inizio ero spaventato e no, non
l'avrei voluto tenere.» Mi confidò con un filo di
voce. «Ma alla
fine Sole mi aveva convinto a prendermi le mie
responsabilità. Ed
ero pronto a farlo se non fosse che poi è stata costretta ad
abortire.»
Ci sedemmo su una panchina con il
silenzio che si impossessò di noi. Non era una storia facile
da
ascoltare, da metabolizzare ma doveva essere stata ancora
più dura
viverla in prima persona con tutti i timori che una gravidanza
portava con sé. Per non parlare poi della questione
dell'aborto. Non
avrei mai voluto trovarmi nei panni di quella ragazza,
perché non
era una procedura semplice, era un qualcosa che segnava l'animo di
una donna fin nel profondo soprattutto quando era una cosa non
voluta.
Finimmo di mangiare il gelato in silenzio
mano nella mano ed io appoggiata con il capo sulla sua spalla. Non
c'era tranquillità tra di noi, non dopo quel discorso che
avevamo
fatto, nonostante magari poteva sembrare sereni.
Una ragazza con due enormi occhi azzurri
che indossava una gonnellina leggera dalle stampe floreali e una
maglietta bianca si voltò a guardarci, socchiudendo gli
occhi come
per metterci a fuoco. Ad un tratto sorrise raggiante e
infilò
velocemente il cellulare con il quale stava messaggiando prima di
vederci nella borsetta di Prada.
«Dario?» Domandò indicando il mio
ragazzo e facendo qualche passo verso di noi. «Dario
Vitrano?»
Il mio fidanzato la squadrò da capo a
piedi un paio di volte prima di sorridere ed alzarsi di scatto dalla
panchina.
«Martina!» Esclamò entusiasta, andando
ad abbracciare quella ragazza. Che oltretutto era una strafiga. A
parte gli enormi occhi color dell'oceano, messi in risalto dai
capelli neri che mossi le ricadevano sulle spalle, aveva un fisico
pressoché perfetto, slanciato e con delle curve che avrei
definito
pericolose. Praticamente di fianco a lei io sparivo, mi
eclissava
completamente con la sua bellezza, e dopo alcuni secondi intuii che
lei fosse la ragazza di cui stavano parlando Dario e Adriano in
pizzeria, il sogno erotico di quei due in sostanza e non avevano
tutti i torti.
«Oh mio Dio! Da quanto tempo!» Trillò
Martina, baciando sulle guance il mio ragazzo. «Sei cresciuto
un
sacco!»
«Anche tu,» rispose timidamente Dario.
«Sei come il vino, tu.» Ridacchiò la
ragazza. «Più invecchi e più ti fai
bono.»
Quei due scoppiarono a ridere e un moto
di gelosia mi chiuse la bocca dello stomaco. Dario e Martina dovevano
essere stati amici, un tempo, e non mi avrebbe stupito se non fosse
stato solo un rapporto di amicizia ma qualcosa di più
intimo.
Insomma erano entrambi avvenenti ed era praticamente impossibile che
quei due non avessero mai fatto sesso insieme. E avevo paura che lui
potesse cascarci di nuovo con quella specie di Katy Perry
all'italiana. Era bellissima, seducente e provocante, tutto il
contrario di me, insomma.
«Dove sei stato tutto questo tempo?»
Domandò curiosa.
«Mi sono trasferito a Milano e adesso
vivo lì,» rispose Dario con un sorriso.
«Ed è lì che ho
conosciuto la mia ragazza,» aggiunse rivolgendomi,
finalmente, uno
sguardo. Mi prese una mano e mi costrinse ad alzarmi dalla panchina
trascinandomi verso di loro.
«Alice, piacere.» Mi presentai
garbatamente.
«Martina. E il piacere è tutto mio,»
rispose con un sorriso raggiante stringendomi la mano. «E
quanti
anni hai Alice?» Mi domandò perforandomi con
quello sguardo
intenso. Mi sentivo a disagio in sua presenza e forse il motivo era
che Martina era stupenda, anche più bella della Cariati e in
confronto a lei ero un cesso ambulante, uno scorfano dotato dell'uso
della parola.
«Diciotto,» risposi in soggezione
cercando di non guardarla, ma era quasi impossibile distogliere lo
sguardo da lei e nemmeno Dario sembrava intenzionato ad allontanare i
suoi occhi dal corpo morbido di Martina. Non mi avrebbe stupito se in
quel momento si stesse immaginando in un letto assieme a lei e questo
pensiero mi fece rodere di gelosia e di rabbia.
«Oh, sei ancora piccolina!» Ridacchiò.
«Per cui farai ancora il liceo, immagino.»
«L'ultimo anno dello scientifico,»
replicai con un tono di voce talmente basso che sembrava stessi
partecipando ad una funzione funebre. Martina sorrise mostrandomi i
suoi denti
bianchi e perfetti – pure quelli, aggiungerei dato che
sembrava non
avere difetti quella ragazza – ed annuì.
«Io e Dario abbiamo preferito il
classico. Anche perché, non so lui, io ero negata in
matematica.»
Sogghignò e con lei il mio ragazzo.
«Una capra,» rispose Dario tra le
risate. «Come in latino, greco, storia,
filosofia...» Aggiunse poi
sarcastico.
«Poi dovrai spiegarmi come hai fatto a
diplomarti,» bofonchiò Martina senza perdere il
suo sorriso
raggiante.
Dario scrollò le spalle con noncuranza e
sospirò.
«Enorme, gigantesca botta di culo. Sono
uscito con un misero sessantadue.» Disse poi passandosi una
mano tra
i capelli.
«Beh, l'importante è diplomarsi, no?»
Replicò la moretta regalando un sorriso fin troppo malizioso
al mio
ragazzo.
«Sì, più o meno.» Rispose
Dario non
del tutto convinto. «Immagino che tu abbia preso cento alla
maturità.» «E lode,» aggiunse
gongolandosi Martina
e piano, piano la mia gelosia si stava trasformando in puro odio nei
confronti di quella ragazza. E non perché fosse antipatica,
anzi non
sembrava così insopportabile, ma per come si mangiava con
gli occhi
il mio Dario. Sembrava quasi che volesse prenderlo
in
quell'esatto momento, sbatterlo sulla panchina e fare sesso con lui
per ore. Ed ero anche certa che, se avesse potuto, mi avrebbe
strangolata e buttato il mio cadavere in un fosso solo per poter
avere Dario tutto per sé.
«Che secchiona,» borbottò il mio
ragazzo divertito. «Ora cosa fai?» Chiese poi
curioso.
«Studio medicina, ovviamente.» Scrollò
le spalle e sospirò. «Come mio nonno e come mio
padre.»
«Anche io avrei dovuto fare quella
facoltà. I miei volevano un quarto medico in famiglia. Ma
sono
scappato prima che mi obbligassero ad indossare camice e
stetoscopio,» ridacchiò anche se il suo tono di
voce non era
affatto divertito. Ero sicura che stesse ricordando gli anni orribili
che aveva passato a Milano nella più completa solitudine e
mi venne
voglia di abbracciarlo in quell'istante ma rimasi imbambolata davanti
a Marina, incapace di muovermi e di proferire parola.
«Hai preferito lavorare in radio,» lo
anticipò Martina con un sorriso sornione. «Ti
ascolto tutte le
mattine. Quando mi è possibile ovviamente. All'inizio non
credevo
che potessi essere tu, ma la tua voce è
inconfondibile.»
«Troppo bella per poter essere
scordata,» si pavoneggiò Dario.
«Non solo quella,» disse Martina ma
subito si tappò la bocca con una mano e arrossì
di colpo.
Ok, era chiaro che quella ragazza dallo
sguardo cristallino e Dario si fossero intrattenuti insieme durante
gli anni del liceo. Anche se i conti non mi tornavano. Lui mi aveva
detto che Sole era stata la sua prima ragazza ed erano stati insieme
tre anni prima che lui partisse per Milano a diciannove anni. E
allora Martina cos'era stata per Dario? Non una semplice amica
perché
era ovvio che lei fosse ancora attratta dal mio ragazzo. Un'avventura
o un vero e proprio fidanzamento? Ero stranamente
confusa in
quel momento.
«Io, io devo, devo andare.» Balbettò
Martina affrettandosi ad abbassare lo sguardo. «Mi ha fatto
piacere
rivederti.»
«Anche a me,» mormorò Dario con un
sorriso accennato.
«Vado, allora.»
Disse cominciando a camminare
all'indietro ed andando a sbattere contro un povero signore di una
certa età. Si scusò goffamente con lui e lo
aiutò a raccogliere il
bastone che gli era caduto, lanciando qualche occhiata furtiva a
Dario. Se io non fossi stata lì quei due si sarebbero
appartati da
qualche parte e ci avrebbero dato dentro.
«Ehi Martina!» La richiamò Dario e si
avvicinò a lei. Tesi l'orecchio per ascoltare i loro
discorsi,
curiosa di sapere che cosa avevano ancora da dirsi. «Senti...
io mi
intrattengo qui a Roma per un po'. Potremmo sentirci qualche volta
per uscire insieme con Alice e gli altri.»
«Come ai vecchi tempi,» mormorò lei
imbarazzata al massimo con le guance rosse come un pomodoro.
«Perché
no.»
«Hai un contatto Facebook, Twitter o un
social network qualsiasi?»
«Facebook,» rispose lei con un sorriso
stiracchiato e uno sguardo languido che rendeva liquidi quegli
immensi occhi azzurri. «Mi trovi come Martina Campanella,
ovviamente.»
«Ti aggiungo, allora.» Gli sorrise il
mio ragazzo e lei annuì timidamente.
Dario si sporse verso di lei e le baciò
dolcemente una guancia lasciandola pietrificata in quel punto per
alcuni secondi con un sorriso idiota stampato in faccia. Quando poi
si rese conto di essere rimasta a fissare Dario come uno stoccafisso,
lo salutò rapidamente con una mano e si allontanò
rapida da noi,
scappando quasi.
Improvvisamente ripensai alle ultime
parole che aveva detto quella ragazza. Si chiamava Martina
Campanella come l'uomo di cui avevano parlato i signori
Vitrano
durante la loro litigata. Mi affiancai a Dario, che aveva le mani
affondate nelle tasche dei jeans e appoggiai il capo contro la sua
spalla, stringendo il suo braccio.
«Chi era?» Domandai con un filo di
voce.
«La mia ex ragazza,» rispose
telegrafico. Per cui i miei sospetti erano fondati e i miei dubbi
sulla complicata vita sentimentale ed adolescenziale del mio ragazzo
si intensificarono «Quella di cui stavamo parlando
prima,» aggiunse
con un filo di voce.
«La ragazza che ha abortito?» Domandai
incredula.
Dario si limitò ad annuire flebilmente e
ad abbassare lo sguardo verso l'asfalto. Non dissi nulla rispettando
il silenzio di del mio ragazzo, stringendolo solo di più a
me. Avevo
notato che ci fosse un legame tra di loro non attribuibile ad una
semplice amicizia, ma non avrei mai creduto che lei fosse la ragazza
di cui avevamo parlato fino a poco prima.
«Era da anni che non la rivedevo,»
mormorò. «È stato... strano. E mi ha
fatto piacere vederla così
felice.»
«Sei ancora attratto da lei?» Quelle
parole uscirono velocemente dalla mia bocca. Avevo visto che la
guardava come se la desiderasse, e il pensiero che un'altra ragazza
potesse attirare la sua attenzione mi faceva imbestialire.
Già c'era
stata Sole a sconvolgere per bene i primi giorni di quella vacanza,
ci mancava solo Martina a metterci i bastoni tra le ruote. Le cose
dopo la litigata si erano sistemate e il nostro amore era ancora
più
forte di prima. Non volevo che una ragazza con gli occhi azzurri
qualunque rovinasse tutto quello che stavamo costruendo, tutto quello
che piano piano si stava risanando.
«Beh, hai visto anche tu quanto è
bella. Un pensierino ce lo farei...» Lasciò la
frase in sospeso e
mi guardò di sottecchi con un'espressione divertita. La sua
era una
chiara provocazione alla quale cedetti in un nanosecondo. Mi
allontanai da lui e, accigliata, gli tirai una sberla sul braccio
talmente forte che lo schiocco si sarebbe sentito perfino a
chilometri di distanza.
«Bene, allora. Fatti soddisfare da lei.»
Ribattei stizzita, dandogli le spalle e incrociando le braccia.
«Ma dai, amore, scherzavo!» Esclamò
prontamente lui abbracciandomi da dietro e baciandomi una guancia.
«Ho visto come la guardavi,» dissi con
il broncio. «Sembrava che volessi farci sesso.»
«Piccola! L'unica che voglio sei
solamente tu,» mormorò al mio orecchio e si
appoggiò con il mento
alla mia spalla. «Martina è ovviamente bellissima
e saremo sempre
legati, in un certo senso. Stava per diventare la madre di mio figlio
o mia figlia, in fondo.»
Rimasi in silenzio con il calore del suo
corpo ad avvolgermi e il suo odore a sconvolgermi. Aveva ragione.
Erano stati sul punto di diventare genitori, avrebbero condiviso la
gioia di avere un bambino e le paure che una gravidanza in
così
giovane età comportava. Eppure non riuscivo a stare
tranquilla e a
far finta di nulla perché avevo visto lo sguardo di Martina
colmo di
un sentimento nei confronti di Dario che non sapevo definire. Nei
suoi occhi c'era qualcosa di malinconico ma anche di romantico e
avevo paura che sarebbe tornata all'attacco per riprendersi il mio
amato. Ed era chiaro come il sole che Dario poi
avrebbe scelto
Martina. Lei era bella come poche, intelligente ed era riuscita a
strappargli più risate lei in cinque minuti di conversazione
che io
in due mesi di conoscenza. Cosa aveva trovato in me? Perché
si era
innamorato della sottoscritta? Forse solo perché ero stata
l'unica a
non contattarlo per avere del sesso in cambio di soldi,
perché ero
stata l'unica ad avvicinarmi a Dario e lui, avendo bisogno di
affetto, si era arpionato a me in cerca di ciò che gli
mancava. E
probabilmente non mi amava davvero, credeva solo che fosse amore ma
magari era solo una forte amicizia che lui aveva scambiato per
qualcosa di più profondo.
«Sei sicuro che quello che provi per me
sia amore?» Domandai con un pizzico di tristezza. Ero una
folle a
fare quella domanda, ma dovevo sapere e dovevo capire che cosa fosse
quello che sentiva per me. E non mi sarei arrabbiata se mi avrebbe
lasciata. Avrei solo passato sei mesi a piangere – forse
anche di
più –, ma non lo avrei odiato. In fondo era
semplice scambiare una
profonda amicizia con l'amore, soprattutto quando si era soli e
feriti come Dario. Lui tacque disorientato dalle mie parole e, in un
attimo, mi cinse i fianchi e mi voltò verso di lui per
cercare il
mio sguardo. Era tremendamente serio in quel momento e i suoi occhi
neri come la notte mi trafissero il corpo, l'animo, il cuore.
«Alice non dubitare mai, mai di quello
che provo per te,» disse sfiorandomi il viso con la mano.
«So per
certo che ti amo. Lo so da molto tempo, ormai.»
«Da quando?» Gli domandai curiosa non
riuscendo a soffocare un sorriso che si disegnò sulle mie
labbra.
«Da quando sono scappato come un codardo
da te,» rispose imbarazzato. «Appena ho realizzato
che non ti avrei
mai più rivista ho sentito la terra cedermi sotto i piedi,
sono
sprofondato in un buco nero e un vuoto proprio qui.» Disse
afferrandomi la mano e appoggiandola sul suo cuore che in quel
momento batteva all'impazzata. Sorrisi per l'emozione e rischiai di
scoppiare a piangere, come al solito.
«Io da molto prima,» ammisi e Dario mi
guardò dubbioso. «È successo quando ti
ho visto entrare in casa
mia. Non ho capito più nulla appena ti ho visto. Mi hai
letteralmente sconvolto l'anima solo con un sorriso.» E forse
risultai una stupida per aver detto quelle cose, magari sarei
sembrata una bambina dalla cotta facile. Ma non mi importava
sinceramente anche perché era la pura e semplice
realtà. Dario
ridacchiò, rosso dall'imbarazzo e unì le nostre
labbra in un breve
ed intenso bacio. Ci guardammo a lungo come se ci fossimo sperduti
nello sguardo dell'altro in una trappola dalla quale non volevamo
sfuggire. Solo che c'era una domanda che premeva nella mia mente e
che scalpitava per uscire non facendomi godere appieno di quel
momento.
«C'è una cosa che non capisco,» dissi
dubbiosa. «Se Sole è stata la tua fidanzata per
tre anni e se vi
siete lasciati quando tu sei partito per Milano dopo la
maturità,
come hai fatto ad essere il fidanzato anche di Martina?»
Lo vidi sbiancare tutto d'un tratto e
annaspare come un pesce fuor d'acqua. Sorrise nervosamente,
grattandosi la nuca svariate volte ed estrasse dalla tasca una
macchina fotografica digitale.
«Dobbiamo colmare il vuoto sulle pareti,
no?» Disse e il suo mi sembrò un tentativo di
sviare il discorso.
«Non hai risposto alla mia domanda.»
Gli feci presente puntellando le mani sui fianchi. E proprio in
quell'istante un flash mi sorprese e la macchina fotografica
immortalò la mia ridicola espressione corrucciata.
«Oh, sei fantastica in questa foto!»
Esclamò Dario ridendo mentre riguardava ciò che
aveva appena
scattato.
Mi avvicinai lesta a lui e sbirciai sul
piccolo schermo della macchina digitale la mia immagine orribile
impressa sulla memory card. Avevo una faccia da cretina e mi aveva
immortalata mentre parlavo per cui avevo anche la bocca
semi-dischiusa. Cercai di acciuffare quell'aggeggio dalle sue mani,
ma lui si scansò prontamente allontanandolo dalle mie
grinfie.
«Cancellala immediatamente!» Esclamai
stizzita, cosa che lo fece sganasciare ancora di più.
«No, mia cara. Questa andrà dritta
dritta a tappezzare le mie pareti.» Disse scappando da me e
dal mio
tentativo di sbarazzarmi di quella immagine orribile.
«Dai ti prego! Cancellala!» Lo
supplicai, facendo gli occhi dolci. «Te ne faccio fare altre
mille,
lo prometto!»
«Non m'incanti, piccola.» Ribatté con
un sorriso sornione e fu un attimo che la macchina fotografica
scattò
di nuovo.
«Piantala di fare foto a tradimento!»
Sbottai indispettita e non volli nemmeno vedere quale obbrobrio ci
fosse impresso sullo schermo.
«Ma sono le migliori e le più
naturali!» Replicò divertito.
Era riuscito in un attimo a farmi
dimenticare quel dubbio atroce che mi aveva tormentata poco prima. In
quel momento c'era solo lui che riempiva la sua memory card con delle
mie foto. Alla fine mi arresi al suo gioco e cominciai a posare come
se fossi una modella per quel servizio fotografico improvvisato alla
quale, di tanto in tanto, si univa anche lui baciandomi sulle labbra
oppure su una guancia. Quelle erano le nostre prime fotografie
insieme e le avrei custodite gelosamente come se fossero il tesoro
più prezioso che potessi possedere. Era il nostro amore, i
nostri
momenti passati insieme, eravamo noi ed ogni volta
che le
avrei viste avrei sorriso, avrei gioito e avrei riprovato quelle
stesse emozioni dell'attimo immortalato in quella fotografia.
Appena arrivammo a casa, Dario stampò
quelle fotografie con la sua ipertecnologica HP e non tardò
a
riempire con esse le pareti della sua stanza. Erano tantissime ed
ognuna di esse racchiudeva un pezzo della nostra vita, un pezzo del
nostro amore. Una su tutte spiccava tra i nostri baci e le mie facce
da ebete. Ero io la protagonista di quella foto e stavo sorridendo
mentre guardavo il mio amato Dario. E sotto con un indelebile
argentato lui aveva scritto:
Alice – La mia vita ♥
- __________________________________________
Più che altro questo è un capitolo di passaggio...il bello arriverà nel prossimo :3 ma non anticipo nulla!
Sentivate la mancanza di Abbacchio (Federico) e compagnia bella? Io, un po', sì! Soprattutto Abbate...sapete quanto io abbia adorato questo personaggio, nonostante tutto! E, ancora una volta, si dimostra forse il più maturo di tutta la storia. Seppur non sopporti Dario, non lo digerisca, ha comunque accettato la sua relazione con Alice. L'importante, per lui, è che la sua migliore amica sia felice. E ha capito che con Dario è così.
Ma vogliamo parlare di Smell? Del brutto, scorbutico e rozzo Smell? Sembra un'altra persona in questo capitolo :) è stato dolcissimo con la sua Claudia.. Finalmente si è deciso a esternare i suoi sentimenti, arrivando addirittura a chiedere alla sua ragazza di sposarlo. Io li trovo bellissimi insieme, questi due ♥.♥
E ritorna fuori il discorso della ex ragazza di Dario che ha davuto abortirtire. Non so se vi ricordate nle capitolo 12 quando lui ha accennato a questo episodio :) comunque, qui spiega più dettagliatamente come si è sentito, quello che ha provato e per di più Alice ha avuto l'"onore" di conoscere la ragazza in questione, Martina Campanella. Per chi ha letto i primi capitoli di Mistake saprà sicuramente chi è! Oltre al fatto di essere gelosa marcia della bellezza di Martina, Alice ha anche un sacco di dubbi, non so se lo avete notato xD ma, alla fine, i nodi non vengono al pettine. I due piccioncini si perdono nel loro amore e scattano delle foto che immortalino il loro sentimento. Un po' di tranquillità per la nostra coppia :)
Mi dispiace ma non sono riuscita a rispondere alle vostre recensioni ^^" proverò a recuperare, ma non prometto nulla.
Comunque ringrazio le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, le persone che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ ricordate e anche chi legge solamente. Siete davvero tantissimi ♥.♥ Vi adoro!
Come in un Sogno - con IoNarrante
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Un bacio e alla prossima!