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Autore: Keiko    18/11/2011    8 recensioni
Poteva avere tutta la musica del mondo in testa, ma Olivia era stata abituata al fatto che i sogni erano il carburante della vita, e pochi erano quelli che – nell’arco di una sola esistenza – riuscivi davvero a realizzare senza il talento, la passione, le basi necessarie ad affrontare i problemi e una discreta dose di buona sorte.
Magari ti illudevi di farlo, ma poi ti accorgevi che non erano davvero sogni, ma sfizi che – una volta raggiunti – non ti davano nessun tipo di appagamento.
Holly aveva intuito che qualcosa – nella retorica dei sogni – entrava in netto contrasto con la loro consistenza quando aveva appeso al chiodo la chitarra.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Matthew Shadows, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Destini di Vetro'
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Finalmente si torna a parlare dei Lostprophets. I vostri fans sono in fermento, quando uscirà il prossimo album?
Se rispondessi subito a questa domanda non continuerebbero a leggere questo articolo, no? Insomma, magari ti dirò la risposta alla fine, quando avremmo toccato altri temi importanti. Non credi?
 
Wow, hai perfettamente ragione, devo tornare a rileggermi le nozioni di Giornalismo 101. Anche se qualcosa mi dice che non sarà facile scucire le informazioni a te… Dacci un piccolo anticipo sull’uscita!
Come ben sapete, l’album è praticamente finito, stiamo ancora però sistemando alcuni tocchi finali e remixando alcune parti delle canzoni. Ci sarà anche un traccia totalmente strumentale, e remixata da me e Mister X.
 
I vostri fan sono ormai abituati ad aspettare, vi siete presi del tempo per voi: alcuni si sono sposati, altri hanno avuto dei bellissimi bambini, non è tempo di tornare a fare musica?
Non abbiamo mai smesso di fare musica. MAI. Abbiamo avuto delle difficoltà con il nostro produttore, ci abbiamo messo dei mesi prima di poter tornare in piedi e pensare di iniziare l’album dall’inizio. Abbiamo mantenuto solo una traccia del precedente; quindi ci stiamo impegnando. Il supporto dei fan è fondamentale, abbiamo una fanbase che non ci ha deluso mai. Spero che non li deluderemo mai nemmeno noi. Ci manca suonare live, infatti, altra grande anticipazione – forse – più importante della data di uscita dell’album, è proprio questa: prima di Natale faremo dei piccoli concerti in Inghilterra.
 
Questa si che è una meravigliosa notizia, concerti Live natalizi. Un regalo ai vostri fan…
Vogliamo solo fargli ricordare per cosa stanno aspettando, che noi non ci siamo dimenticati di loro, ma questo album sarà realmente il nostro album migliore. Racchiude la nostra vera essenza, avendolo prodotto noi stessi. Stu, per la precisione, con un amico di vecchia data. Questo album è quello che siamo diventati dopo otto anni di carriera. Personalmente ho scritto tutti i testi, farà parlare molto di noi.
 
In verità è impossibile non parlare di voi, anzi di te Ian, per la precisione. Sei sui rotocalchi con la tua fidanzata più di quanto ci sia mai stato prima. In accoppiata con Nick Valensi e la sua dolce metà. Ci stiamo tutti chiedendo chi sia la donna che ti ha finalmente fatto perdere la testa. Ma soprattutto molti fan, e ammetto anche io, vogliamo saperne di più.
Si chiama Roxanne Baker, e se ve lo state chiedendo, si, è la sorella di un chitarrista di una Band Californiana. (Nds: ha specificatamente evitato di fare nomi, problemi con il futuro cognato?).
È una ragazza eccezionale, ormai stiamo insieme da qualche anno, che sia quella giusta ce lo dirà solo il tempo, no?
Ci siamo conosciuti per caso, ma da quel giorno non ci siamo più separati; e nemmeno con Nick e la sua amica. Siamo un bel gruppetto, e le fotocamere ci adorano. Potrebbe essere altrimenti? Avete visto che due belle ragazze?
 
Vorremo occuparci della tua, sai, Nick sarà intervistato la settimana prossima, non sapevamo che potevamo chiamarvi insieme e fare impazzire le fan!
Volete parlare di Roxy? E io che pensavo l’intervista fosse diretta a me, chiamatela, il numero però ve lo trovate da soli, di certo non vi facilito il compito.
 
Solo qualche piccola curiosità. Dopo torneremo a te, e alla data di uscita del CD non preoccuparti. Tre cose che ami di lei e tre che non sopporti.
Amo la sua memoria! Ha una memoria Eidetica*, è eccezionale la rende speciale! È una delle caratteristiche che più mi hanno colpito in lei. Soprattutto per uno sbadato e con la testa sempre altrove come me, lei è il mio porto sicuro. La seconda cosa che amo di lei è la sua passione per la moda, usciamo tantissimo insieme a fare compere, ha veramente gusto, e passiamo le ore in giro per i negozi. La terza cosa che amo di lei è il sorriso, è una ragazza solare e dolce, la classica persona con cui vorresti sempre avere a che fare.
Non ha grandi difetti, se paragonati ai miei. Ce ne è uno forse che spicca più degli altri: l’ordine. È dannatamente ordinata, quasi maniacale, io sono un confusionario, e lei riordina tutto, quando decide di sistemare e pulire fa vergognare anche Mary Poppins, e quando mi sposta la roba io non ritrovo più niente, è lì che discutiamo.
 
Un amore destinato a un matrimonio? Mancate solo tu e Luke al circolo delle fedi al dito.
Io credo che sia giunta l’ora di comunicarvi la data di uscita del CD, no? Non voglio di certo parlare di matrimonio in una rivista musicale ancora prima di averne parlato con la mia ragazza. Quando ne parlerò con lei, ti chiamerò e ti farò sapere i dettagli . Quindi, sono felice di informarvi che il CD uscirà il 18 Gennaio 2010. Felici?
 
(*) “Con memoria eidetica si intende un particolare tipo di memoria, nello specifico una variante della memoria fotografica o visiva, da cui si distingue per la comparsa immediata di un'immagine mentale successiva all'esposizione visiva a un oggetto (ad esempio un dipinto), che diviene però meno nitida col passare dei secondi.
La memoria eidetica è tipica dell'infanzia e della preadolescenza, scompare nell'età adulta e in alcuni casi ricompare in età avanzata. Sembra essere associata alla sindrome di Asperger e non è rara in soggetti affetti da ritardo mentale.”
 
[Kerrang! Issue n. 1178 April 2008]
 
Huntington Beach, 2008.
 
Dakota se ne stava sprofondata sulla sua poltrona preferita, nel salotto di Johnny. Delle sue abitudini adolescenziali, aveva perso davvero poco negli anni, se non nulla. L’unica eccezione era stata nel suo stile, indubbiamente influenzato da giornate di shopping in compagnia di Michelle, Valary e Gena. Quando ci aveva provato con Holly, l’ultima volta che si erano viste, qualche problema l’avevano avuto, sotto quel punto di vista. L’amica vestiva ancora come una teenager, la copia in miniatura di Zacky, e solo con Roxy sembrava sottostare al volere di qualche dio superiore, conscia del fatto che – ogni tanto - doveva pure ricordarsi di essere donna. Olivia, però, si era trasformata in una di quelle tizie che vestivano per sei giorni la settima in jeans e t-shirt, per poi sorprenderti il sabato sera con un vestito vintage o qualcosa di terribilmente Anni Ottanta, spalle lasciate scoperte da maxi maglie sotto cui indossava comodi leggings. Per lei, invece, era sempre sabato, con vestiti che – con il suo passato di skater – avevano ormai ben poco a che spartire, per la gioia di Johnny. Crescendo, Dakota aveva avuto attorno a sé individui dalla femminilità dirompente: della ragazzina dal corpo acerbo che indossava pantaloni larghi dalle decine di fibbie penzolanti, non restava che un ricordo indelebile inciso sul cuore del ragazzo. Aveva dovuto fare una scelta, più naturale che non obbligata: se inizi a frequentare persone che sono diversissime da te, o impazzisci se non le sopporti, o finisci con l’amalgamarti un po’ a loro. Dakota si era affezionata a Val, era stato naturale fosse così. C’erano da sempre, e benché non fossero mai diventate migliori amiche – e quella, era stata tutta colpa della possessività di Dakota, convinta che il suo rapporto biunivoco con Holly dovesse restare tale per sempre, per non poter crollare mai sotto il peso della vita che scorre. Poi era arrivata Roxy, e qualche dubbio, di non essere più l’unica, Dakota l’aveva avuto – Val era un’ottima consigliera e una compagnia piacevole.
Johnny non le aveva mai imposto nulla, ma era chiaro che per quei cinque, la donna doveva essere donna sempre, non un loro surrogato e lei, non voleva far sfigurare il suo ragazzo. A quel pensiero, Dakota si era stretta nelle spalle, sentendosi tremendamente in colpa. Per lei Holly era bella, ma la vedeva con gli occhi adoranti della migliore amica. D’altra parte l’aveva vista appena sveglia, con i capelli arruffati e l’aria stanca; totalmente sbronza e pallida come un cencio dopo aver vomitato l’anima; con il trucco sfatto dopo un pianto liberatorio, ma evidentemente aveva sbagliato il binario su cui diventare adulta, se era rimasta ancorata a ciò che era da ragazzina, in un certo senso. Puoi giudicare una persona da come si veste? Lo fanno tutti, e Holly la conosci da sempre. Ma lei aveva scelto Cardiff, Nick e Roxy a discapito di Huntington Beach e no, non gliel’avrebbe mai perdonato, quell’abbandono.
“Che è quella faccia? Sei pallida da far schifo.”
“Niente, sono solo un po’ stanca.”
“Gena ancora ti sta supplicando di metterti in affari con lei?”
“Piuttosto finisco a fare la cassiera al supermercato, Johnny. Posso sopportarla per il quieto vivere, ma non chiedermi di passare con lei ogni singolo giorno della mia vita, o dovrai venirmi a trovare in carcere, a meno che tu non conosca un ottimo avvocato.”
“Gli incidenti sul lavoro capitano,” le aveva risposto lui, posandole un bacio tra i capelli e sedendosi sul bracciolo della poltrona, dando un’occhiata distratta al numero di Kerrang! che Dakota stava leggendo.
“Ah, c’è il gallese… Novità?”
“Nulla che possa interessarci e anzi, qualcosa che potrebbe crearci un sacco di problemi.”
Dakota non sapeva mentire, men che meno a Johnny, per cui aveva sospirato posando il capo allo schienale della poltrona, la rivista adagiata malamente sul proprio volto.
“È per questo che hai quella faccia?”
“Non dirlo agli altri.”
“Devo preoccuparmi?” le aveva chiesto, sfilandole il giornale di dosso, dando una rapida occhiata all’articolo, morsicandosi nervosamente il labbro inferiore.
“Come faccio a non dirlo a Zacky?”
“Succederà un casino, lo sai. Perché non possiamo lasciarle stare?”
“È una questione di famiglia.”
“Anche Holly è sempre stata una questione di famiglia, se per questo,” era stata la risposta cupa di Dakota.
“Non c’entrano i legami di sangue, siamo tutti sulla stessa barca anche se stiamo in due continenti diversi. Cosa ti preoccupa?”
“Quello che non riesco a prevedere. Hai letto l’articolo, no? Zacky ammazza Watkins alla prima occasione utile, lo sai?”
“Il gallese è stato un pezzo di merda, oggettivamente.”
“E se prima sentiamo cosa dice Holly?”
“Lo difenderà come il solito.”
“È oggettiva, lo sai. Anche se stravede per una persona, quando sbaglia non si risparmia di certo. Insomma, ci va giù dura.”
“Zacky e Matt non fanno testo. Quando litigate voi due, finisce sempre che non ti dice mai tutto quello che pensa, secondo me.”
“Io sono una donna. Se mi urlasse in faccia come fa con Zacky sarebbe finita da tempo. È diversa l’amicizia tra donne, Johnny. Voi uomini dimenticate nell’arco di una notte, noi rimuginiamo per anni.”
“Oh, quindi la signorina Bridges ha sempre utilizzato due pesi e due misure?” l’aveva canzonata lui posandole un bacio sulla guancia.
“No, si è semplicemente comportata come un uomo con altri uomini per sopravvivere. Dovresti saperlo, ormai.”
“Okay. Questo lo porto a Zacky.”
“Ti prego, Johnny…” l’aveva supplicato lei con aria colpevole e seriamente preoccupata.
“Non accadrà nulla di irreparabile.”
“Me lo prometti?”
“Giuro.”
“Grazie.”
Se fosse successo qualcosa di irrecuperabile, qualcosa per cui in un certo senso avrebbe perso per sempre Holly, non se lo sarebbe mai perdonata. Era già una traditrice, perché di tutto quello che avveniva durante i tour o le feste private, né lei né Val ne avevano fatto parola alcuna. Della droga, non avevano mai parlato ad anima viva. Era uno di quei segreti che coinvolgevano l’elite ristretta di chi – ad Huntington Beach – c’era sempre, era quel segreto che doveva restare tale sino alla morte. Né Holly né Roxanne dovevano saperlo, su quel punto erano stati tutti d’accordo. I motivi erano differenti, ma il denominatore comune era il perderle entrambe con estrema facilità. Olivia non avrebbe mai accettato né compreso una cosa simile; Roxanne l’avrebbe condannata. E loro che sapevano e non avevano mai detto nulla? Loro, erano altrettanto colpevoli? Essere in tour, ammazzarsi di lavoro, non avere un attimo di tregua o uno straccio di vita privata che fosse davvero tale, annientare tutto per un sogno grande che aveva rubato loro tutto quanto: anche la vita reale. I primi a provare erano stati Jimmy e Brian, in una di quelle sere in cui gli altri erano troppo stanchi e presi da altro per seguirli nelle loro scie di follia. E da lì, era partito tutto quanto. A trovare la roba, erano stati i Barry. Dakota e Val sapevano e dovevano tacere. Provare – forse Val l’aveva fatto, Dakota non aveva mai indagato e aveva preferito chiudere gli occhi e mettersi distesa nella cuccetta di Johnny a piangere, ogni volta con il solo desiderio di sentire la voce di Holly dall’altro capo del telefono a rassicurarla che tutto sarebbe andato per il verso giusto – e stare a guardare, soltanto.
Quello era un segreto che la stava tormentando da anni, che la faceva sentire sporca. Come dovevano sentirsi, Zacky o Matt? Se lo chiedeva spesso, quando tutti e cinque fingevano che non ci fosse di mezzo la droga, quando si ripulivano per mostrare a Holly e Roxy una facciata che era ciò che loro ricordavano, il residuo dei ragazzini con i quali erano cresciute. Puliti, quando invece il mondo li aveva sufficientemente imbrattati di merda. Non erano dipendenti, ma farsi era un piacere per dimenticare i casini e scaricare lo stress. Poteva accusarli? Conosceva i ritmi che imponeva un tour mondiale e no, non aveva il coraggio di condannarli. Aveva paura, però, perché bastava davvero poco per perderli. E se fosse capitato, con che coraggio avrebbe guardato negli occhi Holly per darle una notizia del genere, consapevole del fatto che – pur sapendo – non aveva fatto nulla per fermarli?
 
 
“Che cazzo di storia è? Io spacco la faccia al gallese.”
Non era stata per niente una buona idea, quella di portare la copia di Kerrang! ai ragazzi. Brian aveva sferrato un pugno contro la parete in cartongesso della sala prove, sfondandola, mentre Zacky camminava nervosamente sulla lunghezza della stanza con il cellulare in una mano e nell’altra la rivista ridotta a un ammasso informe di carta per pulirsi il culo. Jimmy e Matt sedevano sul divano, l’uno accanto all’altro, increduli su ciò che avevano letto.
“Avranno montato tutto come il solito, sai come sono fatti i giornalisti, Zacky.”
“Non fare il diplomatico, Jimmy, perché stavolta quel gallese di merda non ha un cazzo di attenuanti, okay?”
“Perché non chiami Roxy per vedere come sta, piuttosto? Se lei è tranquilla tu che motivo dovresti avere di preoccuparti?”
“Io sono suo fratello, lei è così ottusa e innamorata che a quella testa di cazzo perdonerebbe qualsiasi cosa! Per non parlare di Holly, che ci riderà su come se niente fosse, perché a Ian – e aveva imitato in farsetto il tono di voce dell’amica – perdonerebbe qualsiasi cosa, la cretina! Io ho vissuto ventotto anni con mia sorella, io so cosa significa avere una memoria del cazzo come la sua, io so cosa significa per lei una cosa simile, e io me la vado a riprendere.”
“Vengo con te.”
La voce di Brian, perentoria e secca, era stata l’unica cosa che aveva spostato l’attenzione della scena da Zacky al primo chitarrista.
“E voi cosa fate?”
La domanda del ragazzo sembrava quasi scontata, ma i tre bandmate si erano scambiati un’occhiata complice, cercando un qualsivoglia diversivo per temporeggiare e calmare gli altri due, già carichi come molle e pronti a spaccare la terra.
“Matt, non ci starai seriamente pensando, vero? Non ci lascio nemmeno Holly nelle mani di due pezzi di merda del genere. Pensi che lei tornerà qui, se non c’è Roxy? Valensi troverà il modo per non farle più mettere piede in California e noi la perderemo per sempre. Se andiamo là, dobbiamo portarle via entrambe.”
“Secondo me stai esagerando, Zacky…”
“Da che cazzo di parte stai, Johnny? Se non era per te nemmeno l’avremmo mai saputa, questa cosa. Bell’amica del cazzo, Dakota!”
“Ehi, lasciala fuori da questa storia, per favore.”
“Okay, vengo.”
“Sei impazzito anche tu?” aveva chiesto il batterista al cantante, mentre questi si era alzato digitando il tasto di chiamata rapida sulla tastiera del cellulare.
“Avviso Val.”
“Cristo Santo, ma voi siete tutti scemi.”
“Resti qui?”
“Ovvio che no, razza di coglione. Chi vi riporta a casa, dopo?”
“Okay, chiamo Dakota” era stata la risposta sconfitta di Johnny. E no, non era andata affatto come aveva previsto. Con che coraggio le avrebbe detto che quel pazzo di Zacky aveva deciso si andarsi a riprendere con la forza sua sorella e, di conseguenza, anche Holly, per riportarle a casa?
“È sequestro di persona.”
“Sequestro un cazzo, Jimmy. Sono state lontane anche troppo, adesso risolviamo le cose alla Vengeance una volta per tutte.”
Era quello, il problema.
 
 
“Ti comporti come un padre che deve dare in moglie la propria figlia. La ragazzina di cui ti sei preso tanta cura – la ragazzina invisibile e anomala, di un rosso acceso come i tramonti di Hungtinton Beach – all’improvviso ti viene strappata da un altro uomo. Un uomo che non sai se si prenderà cura di lei come hai fatto tu, un uomo che non sai se saprà davvero amarla e renderla felice. Non ti piace guardare Holly e Nick insieme. È ridicolo che tu sia geloso pur avendo deciso in piena autonomia di non avanzare pretese su di lei. Sei stato lì a guardare mentre ti veniva portata via, e sai qual è la cosa davvero pericolosa, Zacky? Che hai deciso di proteggere una donna per cui non provi il minimo interesse sessuale. È come se l’avessi già sposata, Holly, in un certo senso, ed è come se provassi a giocare alla famiglia felice con lei, con risultati pessimi. Non sei suo padre, lasciala libera. Il vostro rapporto è innaturale, Zacky: Holly non è Roxy, non è tua sorella. Non puoi credere di imporle scenate di gelosia e litigi continui, o di imporle una tacita scelta tra te e l’uomo che ama, tra il migliore amico e il fidanzato. Forse avete sbagliato tutto dall’inizio, ma sareste in grado di cancellare tutto e ripartire da zero?  Forse è il caso di aprire gli occhi prima che qualcuno si faccia male, lo sai?”
Zacky era rimasto in silenzio ad ascoltare le parole di Jimmy, mentre il ragazzo si rigirava distrattamente le bacchette della batteria tra le mani.
“Hai detto un sacco di cazzate Jimmy, sul serio. Come fai a credere che io mi senta il padre di Holly? E soprattutto, non è lei il problema. È mia sorella in questo momento.”
“Non hai recepito davvero solo quella parte, vero Zacky?”
Il chitarrista si era zittito, sospirando rassegnato.
“Sono geloso, lo sono sempre stato. Sai che novità eh.”
“Non di Matt, per esempio.”
“Matt non si sarebbe mai messo con Holly, te lo immagini lui con lei?”
“Ti stai rispondendo da solo, che bisogno ho di stare a parlarti ancora? Hai rischiato di rovinare il compleanno a tua sorella e Holly solo per la tua fottuta gelosia. Rassegnati: prima o poi Roxy si sposerà, che a te piaccia o meno. La stessa cosa la farà Holly. Mettiti il cuore in pace. Non puoi pensare davvero che restino entrambe zitelle per fare un favore a te, che non hai ancora capito quanto la tua gelosia possa renderti insopportabile e odioso. Non ho ancora capito con che coraggio tua sorella non ti abbia mandato a quel paese, lo sai?”
“Mi sopporta da una vita.”
“Sei meschino.”
“Io cosa?”
“Se punti sull’affetto che provano per te sei meschino. E anche stronzo.”
“Sei tu che non ti fai i cazzi tuoi. Com’è che siamo arrivati a parlare della festa di Natale a distanza di quattro mesi quasi?”
“Perché tu ora vuoi partire per Cardiff e andarti a riprendere tua sorella e, di riflesso, Holly. E sinceramente, se c’è una cosa che mi sta altamente sul cazzo, sono le prese per il culo. E tu sei così bravo, Zacky, da fotterti da solo senza nemmeno rendertene conto.”
 
 
Cardiff, 2008.
 
 
Holly sedeva al tavolino di Starbucks, un cappuccino caldo tra le mani e un brownie mangiato solo per metà, mentre leggeva distrattamente l'ultima intervista che Ian aveva rilasciato a Kerrang!
“Quello scemo... Non imparerà mai a tapparsi la bocca? Il suo manager non gli ha insegnato a tenersi i cazzi suoi per sé?” aveva borbottato a mezza voce, incurante di alcuni ragazzi che si erano voltati per osservarla parlare da sola, come se fosse pazza.
“Davvero lo stai facendo?” le aveva chiesto Nick posandole un bacio sulla fronte, prima di sedersi di fronte a lei mangiandole una buona porzione del brownie abbandonato nel piatto.
“Cosa?”
“Parlare da sola?”
“Ian ha raccontato i fatti suoi e di Roxy a Kerrang! Tu non farai la stessa cosa la prossima settimana, vero?”
“Come no? Non posso dichiarare al mondo quanto meravigliosa sia la mia donna?”
Donna è un parolone, eh”, le aveva risposto lei serafica, alzandosi in piedi.
“Prova a dare un'occhiata alla genialità del tuo amico, vado a prenderti il caffè.”
“Grazie.” Gli aveva risposto lui rigirandosi tra le mani la rivista mentre Holly si allontanava alla ricerca del suo caffè lungo americano. Ian non aveva detto nulla di strano, nulla che non fosse poi troppo lontano dalla realtà o da ciò che pensava. Il problema di Ian era proprio quello: finiva con il raccontare sempre troppo. Forse la colpa era anche di Roxy, in quel caso: non l'aveva mai fermato, assecondandolo su tutta la linea, sempre felice di essere al suo fianco davanti ai fotografi. Holly era sempre stata chiara su quel punto, amava tenere lontana la sua vita privata dai riflettori  e si era sempre tenuta alla larga dai pettegolezzi. Di fatto, l'unica cosa che l'aveva fatta incazzare, era stato quando su Kerrang! era comparsa la sua foto per mano con Zacky a un vecchissimo concerto degli Avenged Sevenfold, paragonata con una foto che la ritraeva insieme a lui, in un sottinteso che strizzava l’occhio ad un ipotetico DNA da groupie. Aveva pensato di sporgere denuncia alla redazione, poi aveva lasciato perdere: era un trafiletto così misero, che la cosa sarebbe scemata da sé, in un certo senso. Le persone, però, avevano imparato che c'era anche lei, nell'ombra dei cinque californiani, e il fatto che Ian avesse specificato che Roxy era la sorella di Zacky – chi non avrebbe dedotto la nota sarcastica del cantante e dell'intervistatore, doveva essere proprio cieco – avrebbe buttato nuova luce su entrambe. Per non parlare della questione dell'incisione del self-name; Holly aveva supplicato Matt di non metterla nei ringraziamenti del cd, cosa che – invece – i ragazzi avevano sempre fatto, di ricordare sia lei che Roxy. Da nessuno di loro potevi aspettarti che si sarebbero staccati, era come un cordone ombelicale che non avevano mai reciso e che, con gli anni, si era calcificato impedendo a tutti loro di liberarsene.
“Tu non lo farai, vero?” gli aveva chiesto nuovamente Holly, tenendo tra le mani la tazza calda di caffè.
“Cosa?”
“Di sparare tutte le cazzate che ha sparato Ian?”
“Sei arrabbiata con lui?”
“No, la sarei se l'avesse fatto con cattive intenzioni, ma purtroppo è fatto così. Ho provato a cihiamare Roxy ma ha il telefono staccato, temo non si sia ancora svegliata oggi.”
“Comunque posso almeno dire che sei la persona che tutti vorrebbero avere?”
“Così mi dipingi perfetta, scemo. Poi se qualcuno cerca di portarmi via? Meglio se racconti che sono una rompipalle. È più pertinente alla realtà e ti eviti potenziali concorrenti, no?”
“Guarda che sono disposto a combattere con ogni mezzo legittimo e illegittimo per tenerti stretta, eh.”
“Sei il mio degno Romeo, lo sai?” gli aveva cinto le spalle con un abbraccio, posandogli un bacio sulla guancia.
“Dove pensi possa arrivare una come me senza Nick Valensi al proprio fianco?”
Molto lontano: in California, per esempio.
“Ti sottovaluti sempre, scema. Secondo me lo fai apposta per farti fare un sacco di complimenti.”
“No, solo per essere rassicurata che tu non mi lascerai sola.”
“Sei proprio assurda. Ancora non ti sei convinta?”
“In effetti hai avuto mille occasioni per scaricarmi. Allora dobbiamo festeggiare!”
Holly aveva alzato le braccia al cielo, i pugni serrati e un sorriso felice stampato in volto. Nick desiderava farla felice ogni giorno allo stesso modo, senza perderla mai. Fossero stati solo loro due, non ci sarebbero mai stati problemi, ma doveva fare i conti con Huntington Beach e un passato così ingombrante da non riuscire a smuoverlo di un solo passo verso il perimetro esterno della loro esistenza. Se ne stava lì, perennemente al centro del tutto: magari non ne parlavano, magari non era lì fisicamente, ma era come un’ombra che li seguiva sempre. Era davvero determinato a combattere con le unghie e con i denti per tenersela stretta, ma come avrebbe potuto farlo contro i titani che erano il pilastro della vita della sua ragazza?
 
 
Memoria Eidetica.
Ritardo mentale.
Baker, sorella di quel californiano.
Matrimonio.
Belle ragazze.
Ian sedeva al tavolo della cucina di Roxy, lo sguardo posato sul tè nero che la ragazza gli aveva preparato per colazione.
“Mi dispiace averti svegliata con questa notizia e...””
“Ian, ti prego, sto riflettendo. Voglio dire... Tu hai raccontato al mondo del mio problema!”
“Non è un problema, Roxy. È un dono della natura, sei prodigiosa.”
“Sono un mostro. E tu hai avuto la sensibilità di un comodino a parlare di questa cosa ad una rivista come Kerrang! che, per inciso, fa soldi non parlando di musica ma del gossip sulle rock star. Potevi chiedermi il permesso, magari. Sai che per me è una cosa più intima della verginità, una cosa di cui non vado fiera e che per me è solo un peso.” Aveva esalato lei in una raffica di parole tra le quali non aveva interposto pause.
E lo faceva sempre, quando era nervosa.
“Dovevo telefonarti nel bel mezzo dell'intervista?” le aveva chiesto lui, risentito.
 “Per me è normale parlare delle cose che mi appartengono. Sono una rock star, Roxy, non un barista. La gente vuole conoscermi.”
“Vuole conoscere te, non me!”
“Tu sei una parte di me, Roxy, è normale che la gente voglia conoscerti.”
“Non deve sapere i cazzi miei. E poi cos'era quella frecciatina a mio fratello?”
“Quale? Non ricordo di aver fatto nulla del genere, sai? Sono solo stato onesto.”
“Si così onesto da sputtanarmi davanti a tutto il mondo. Grazie Ian, sei davvero fantastico.”
“Hai già parlato con Holly per caso?”
“Chi? Io? E perché? No, sono venuto da te per portarti le ciambelle per la colazione.”
“Sapevi che mi sarei incazzata, vero?”
Il ragazzo si era passato una mano tra i capelli, poi aveva sospirato alzando le mani verso il cielo in segno di resa.
“Okay, quando ho letto l'articolo ho pensato che te la saresti presa per la didascalia a fondo pagina, ho fatto chiamare quelli della redazione di Kerrang! dal nostro manager minacciando querele se non faranno le loro scuse ufficiali sul prossimo numero. Il tuo non è un ritardo mentale, Roxy, il tuo è davvero un dono. Hai visto cosa sai fare, no? L'estate scorsa...”
Roxanne gli aveva fatto cenno con la mano di tacere, prendendo nuovamente la parola. Non le era piaciuto il comportamento del ragazzo, non riusciva a mandare giù tutte quelle frasi sbagliate e inappropriate così… vere? Per lei, il valore dell’inchiostro sulla carta, era come un marchio a fuoco sulla pelle: indelebile.
“Quello era un gioco, Ian. Solo un gioco per ammazzare l'estate e il tempo. Puoi lasciarmi da sola? Vorrei riflettere un po' e farmi passare l'arrabbiatura. Potrei dirti cose di cui mi pentirei, con la differenza che me le ricorderei a vita e tu le dimenticheresti tra due giorni. Ci sentiamo per questa sera?”
“Okay. Ma niente colpi di testa, ti prego.”
“Sei un idiota.”
“Ti amo troppo per poterti perdere per una cazzata come un'intervista.”
“Sei stato uno scemo, ed ora su, vai a fare un giro. Ci sentiamo più tardi.”
 
 
“Non l'ha fatto apposta, Roxy.”
Nick era seduto al pub con l'amica, la rossa dietro al bancone intenta a sistemare in vetrina gli ultimi cupcakes preparati.
“L'ha detto anche Holly. Ma è come se avesse raccontato in giro... Ecco, è come se tu avessi raccontato ad un giornalista ficcanaso i dettagli della tua prima volta con lei.”
Il ragazzo aveva sorriso imbarazzato, chinando il capo distogliendo lo sguardo da quello di Roxanne.
“Okay, ho capito il concetto. Hai intenzione di tenere il muso a Ian a vita? O di lasciarlo perché non sa tacere? Andiamo Roxy, sii sincera con te stessa. Ian non sa raccontare  bugie a te, non lo fa nemmeno con il resto del mondo. È un suo grandissimo pregio e un suo grandissimo difetto. Ti ha ferita, ma sa di aver sbagliato. Quel trafiletto offensivo è stato preso da Wikipedia, ha controllato Holly quest'oggi. È facile cadere negli stereotipi, i media ci vanno a nozze.”
“È per questo che lei ci sta lontana” aveva esalato la mora con aria sconfitta come se, per una volta, la condotta di quella pazza furiosa fosse invece la più giusta da seguire.
“E' sempre stata categorica in questo, a te non è mai fregato nulla di farti vedere con Ian o tenere privati i vostri appuntamenti. Lei all'inizio si nascondeva e rifiutava di farsi vedere. Con il tempo ha dovuto allentare la presa, ma le costa una fatica pazzesca. So che le da fastidio apparire in pubblico o che parli di lei come persona. Non le interessa farsi conoscere dai nostri fans. Quando eravamo in tour un sacco di gente le ha chiesto di poter fare foto insieme, era allibita. Aveva quest'espressione stranita che sembrava le fosse caduto il mondo addosso. Io lo so, che ad Holly il mio mondo non piace, ma lo accetta perché accetta me. Tu a Ian quante volte hai fatto capire che la tua vita privata doveva rimanere tale? Ti sei sempre esposta con lui, senza problemi.”
“Si ma questa era una cosa personale. E Zacky...”
“L'allusione al tuo cognome?”
Roxy aveva annuito, sospirando nuovamente. Era così avvilita che Nick non ricordava di averla mai vista così sconfitta da qualcosa.
“Ehi, perché non prendi questa cosa come un modo per superare questa tua fissa?”
“Mi hanno dato della ritardata...”
“La sei?”
“Non lo so...”
“Roxy?”
“No... Penso di no.”
Non ne era affatto sicura, però da qualche parte doveva pur iniziare per reagire al colpo basso che Ian le aveva inferto. Certo, era stato del tutto involontario, ma le aveva ricordato che era un mostro.
E che lui voleva sposare un mostro, prima o poi.
Chi dei due era più svitato?
A quel pensiero la ragazza aveva sorriso, e Nick le aveva stretto la mano posandole un bacio sulle dita.
“Ascolta: tu sei Roxanne Baker e le persone ti vogliono bene per ciò che sei, pregi e difetti inclusi. Lascia che la stampa dica ciò che vuole, ci saremo sempre noi a difenderti e ricordarti che sei speciale.”
“Grazie Nick.”
“E per concludere l'arringa del nostro eroe, un cupcake speciale per la mia amica speciale.”
Holly aveva invaso il tavolo portando due birre e un cupcake dalla crema di un assurdo arancione.
“È il tuo colore preferito...”
“Certo, e l'ho fatto per ricordarti che resti la mia preferita tra tutte le donne che esistono al mondo. Se Ian ti lasciasse scappare sarebbe davvero un idiota, lo sai? Dato che è intelligente e non è Brian... Non lo farà.”
Le aveva sorriso posandole un bacio tra i capelli, alzando una bottiglia di birra al cielo.
“A noi. Perché qualsiasi cosa accada, non ci divideremo mai. Saremo sempre insieme, Roxy. E finché resteremo insieme, potremo distruggere il mondo. Beh, Ian sarebbe capace di farlo anche da solo, ma sono dettagli.”
La mora aveva riso, sollevando il proprio boccale di birra in aria, facendolo tentennare contro la bottiglia dell'amica.
Era facile farsi sollevare il morale, bastava mettere a tacere il cervello e ricordarsi che in fondo, c'era chi aveva imparato ad apprezzarla per ciò che era, e non perché era la sorella di Zackary Baker o perché era stata acquisita per cause di forza maggiore. Le persone le volevano bene indipendentemente dalla sua memoria del cazzo, da suo fratello e da Ian Watkins. Ogni tanto, avrebbe dovuto ricordarselo.
 
 
Los Angeles, 2008.
 
 
“Zacky io credo sia una pessima idea. Holly si incazzerà a morte e...”
“Non rompere il cazzo anche tu Dakota, okay? Roxy è mia sorella, non la migliore amica della tua migliore amica, è mio diritto riportarla a casa ora che il gallese si è rivelato per quello che è: un grandissimo pezzo di merda.”
“Ora non te la prendere anche con lei, Zacky. Cerca di evitare di essere stronzo con qualsiasi persona ti capiti a tiro.”
La bionda era pallida come un cencio, seduta accanto a Valary mentre si dirigevano a tutta velocità verso Los Angeles, un volo prenotato per Cardiff che li avrebbe fatti atterrare a Londra l'indomani, business class per tutta la comitiva, pagata direttamente dal secondo chitarrista.
La perdiamo, questa volta è finita.
Le due amiche sapevano come reagivano i ragazzi quando sballavano, e la paura di entrambe era che arrivassero fatti e incazzati a Cardiff, pronti ad ammazzare di botte Ian e Nick.
Matt aveva lasciato a Valary piena libertà di decisione, ma tutto si stava svolgendo così in fretta che non avevano avuto molte scelte tra le quali destreggiarsi. Dakota aveva deciso di tentare la carta del bluff, fingendo un malessere in aeroporto per ritardare o – nella migliore delle ipotesi – bloccare la decisione dei ragazzi, ma era certa che l'avrebbero abbandonata a Los Angeles con Val e sarebbero partiti ugualmente, dunque era stata costretta a seguirli e basta, sperando di limitare i danni.
Dakota non era stupida e, soprattutto, conosceva alla perfezione le dinamiche che muovevano quei cinque idioti e no, non era nulla di nobile. Soprattutto, non era nulla di ciò di cui parlava Zacky, e il problema era che lo sapevano tutti e tutti lo stavano assecondando. Per motivi differenti, ma ognuno di loro stava andando a riprendersi qualcosa che credeva gli appartenesse di diritto.
Puoi avanzare pretese per un legame di sangue? Per un'amicizia che vive da sempre? Per un amore che non hai mai voluto ammettere a te stesso e che inconsciamente ti fa muovere ogni passo in questo cazzo di mondo?
Dakota aveva le lacrime agli occhi, e la cosa non prometteva nulla di buono: lei, la biondina compagna della traditrice, stava andando a riprendersi la sua migliore amica, come tutti gli altri, con lo stesso spirito egoistico.
Certo, era stata la paura di qualche cazzata di quelle abissali a far muovere le ragazze, ma c'era stata anche la voglia di riabbracciare Holly e tenersela stretta quando tutto sarebbe andato a puttane. Perché lei voleva solo chiederle scusa e dirle che ci aveva provato a fermare quella grandissima testa di cazzo di Zacky. Ci avevano provato anche Jimmy e Johnny e Val, ma quando Zackary Baker decideva di risolvere le cose alla Vengeance, potevi solo sperare che la sua controparte fosse abbastanza forte da reggere il colpo, o non sarebbe rimasto altro che un cumulo di cuori rotti.
 
 
“Perché lo fai?”
“Per Holly. È capitato a Roxy, capiterà anche a lei. E sai com'è fatta, no? Odia che la sua vita venga data in pasto al mondo e...”
“Non ti prendere per il culo, e non farlo con me soprattutto. Ti stai facendo fregare da Zacky, e sai che quando è in questo genere di situazioni fa un mucchio di stronzate. Dovresti farlo ragionare, non assecondarlo.”
“Perché tu sei venuta?”
“Perché ho paura che facciate un sacco di cazzate troppo grandi. Matt, rifletti per un secondo: Holly come la prenderà se ci precipitiamo tutti a Cardiff per costringerla a tornare a casa?”
“Lei è felice solo ad Huntington Beach” gli aveva risposto lui secco, con la determinazione con la quale dava per scontato tutto ciò che riguardava la sua migliore amica. Si era ritagliata quel posto nella sua vita negli anni, da quando erano solo due mocciosi con i denti da latte ed era certo di sapere ogni cosa di lei, persino quelle di cui Holly non si rendeva conto. Olivia era sempre stata una certezza, per quel motivo le sue parole erano intrise di una verità che affondava le sue radici in una memoria storica e fisica fatta di comportamenti e reazioni che erano diventate il loro marchio di fabbrica, il meccanismo segreto per cui la loro amicizia non si era sfaldata negli anni.
“Ci credi davvero?” gli aveva chiesto Valary scettica, le braccia strette al petto e lo sguardo ridotto a due fessure, dietro gli occhiali da vista.
“Si. L'hai vista anche tu cantare l'estate scorsa. Ti ricordi come sorrideva?”
Tu hai guardato troppi dettagli, Matt. O forse è normale che sia così, quando ti sembra di perdere una parte di te ogni volta che riparte e si allontana dalla città dove è nata e ha preso forma, a tua immagine e somiglianza.
“Non ti perdonerà mai. Sei disposto davvero a perderla per sempre solo per assecondare Zacky?”
“Capirà.”
Ma non ti perdonerà, puoi starne certo. Ancora non avete compreso che la caparbietà che ha dimostrato in tutti questi anni, è cresciuta con lei. E la cosa ridicola, Matt, è che tu continui a vedere Holly sotto la luce distorta che l'ha sempre illuminata, come se fosse solo una ragazzina da proteggere. Ha ventiquattro anni ormai, è libera di fare le proprie scelte e se a te non andranno a genio potrai solo stare a guardare e offrirle una spalla su cui piangere quando tutto andrà a puttane. Non puoi nasconderla sotto una campana di vetro e tenerla lì, lontano dalla vita dalle sue docce fredde. Mi dispiace, ma questa volta sarò costretta a dare ragione a lei.
 
 
Memoria Eidetica.
Ritardo mentale.
Baker, sorella di quel californiano.
Matrimonio.
Belle ragazze.
Poco importava il contesto in cui quelle parole erano localizzate all’interno dell’articolo: Zacky, le aveva fatte proprie, ripetendole mentalmente come un pericoloso mantra nocivo per l’anima. Chi avesse detto cosa, era del tutto irrilevante: stavano parlando di sua sorella, tutto quindi era riconducibile a lei, e Watkins era il colpevole. Il suo cervello aveva già condannato a morte il cantante almeno due anni prima, ora lo stava conducendo al patibolo in quella che doveva essere la degna conclusione della vita di un individuo del genere. Con la lentezza esasperante con cui riesci ad assaporare gli ultimi istanti di vita, ripercorrendo in un turbinio di flashback del tutto casuali il percorso di un’intera esistenza, il chitarrista stava ripercorrendo mentalmente ogni scontro, ogni frase detta a metà o morta in gola, ogni sguardo che dichiarava guerra aperta e il coraggio di prendere in mano la situazione che avevano avuto solo qualche mese prima, la notte di Halloween. E già a Natale e capodanno, il clima non era di certo stato dei più miti: il gelo se l’erano portato dietro dall’Inghilterra, quell’anno.
“Hai capito, Brian? Quello stronzo ha dato della ritardata a mia sorella! E ha parlato di matrimonio. Non scherziamo, piuttosto di sporcare il mio sangue con quello di un fottuto gallese chiederò a mio padre di disconoscere Roxanne. E poi cazzo, ti rendi conto, Matt? Ha fatto apprezzamenti anche su Holly... Solo un depravato potrebbe farlo!”
“In effetti si, nessuno farebbe mai una cosa del genere. Nessuno che non sia un tizio con chiare mire, mi pare ovvio.”
“Brian evita di dire stronzate, ci manca solo che quel maniaco finisca a letto con mia sorella e Holly. Evitiamo scene raccapriccianti, per favore. In ogni caso, che cazzo di illazione è band californiana? Ci ha palesemente presi per il culo tutti quanti, lui e quella sua musica da checche.”
“Fanno rock, Zacky. Semplice e puro rock” aveva puntualizzato il batterista, seduto alle loro spalle.
“Da checche, Jimmy. E smettila di fraternizzare con il nemico! Qui si tratta del nostro onore e di andarci a riprendere ciò che è nostro.”
“Se ti sentissero tua sorella e Holly si incazzerebbero. Le stai trattando come due cretine qualunque che non sanno vivere. Due sceme che si fanno prendere per il culo dai primi che passano.”
“È così infatti.”
“Holly e Nick stanno insieme da tre anni, e più o meno è lo stesso per Ian e tua sorella. Perché non accetti la cosa e lasci perdere le crociate contro mostri inesistenti?”
“Jimmy mi hai rotto il cazzo. Non ho voglia di sentirti ulteriormente sparare stronzate in merito a cosa sia accaduto negli ultimi anni. Abbiamo permesso a quelle due troppe cose.”
L’altro aveva sollevato gli occhi al cielo, inforcando gli occhiali da sole. Cercare di far ragionare Zacky era una causa persa, e con lui Brian e Matt. Aveva sperato, in un certo senso, che almeno Matt potesse evitare di farsi trascinare nel baratro di follia di Zacky, ma aveva dovuto fare i conti con la rassegnazione di Val e la sua determinazione, deciso a riprendersi una parte della sua vita consistente e ingombrante, quella che gli ricordava sempre che erano partiti da zero e che tutto quello che avevano se l'erano sudato. Ci avevano investito vita, ricordi e sentimenti, imbastendo una doppia vita fatta di mezze verità per timore di perdere tutto.
La parte vera, pulita e sincera della loro vita, erano due ragazzine che se n'erano andate per dimostrate a tutti loro che si poteva essere felici anche senza voler essere delle rock star, vivendo lontano dall'ombra di legami ingombranti e indissolubili. Holly li avrebbe odiati, almeno un po'? Sicuramente si, ma erano tutto ciò che amava e aveva sempre perdonato ogni cosa ad entrambi. Perché? Perché quando ami incondizionatamente diventi troppo permissivo. Se si fosse incazzata davvero, almeno una volta, forse Zacky avrebbe aspettato prima di partire per Cardiff, invece era certo che Holly gli avrebbe perdonato tutto per l'ennesima volta e che l’avrebbe seguito senza protestare. Roxanne era sua sorella, se la sarebbe portata via anche a forza. Messa con le spalle al muro, nella scelta crudele tra l’amore e suo fratello, avrebbe di certo scelto il secondo, a occhi chiusi.
Era certo di farcela e anche Jimmy, nonostante la paura, sperava che Zacky avesse ragione, almeno per quella volta. Osare immaginare un possibile rifiuto, significava accettare una sconfitta e una perdita che non avrebbe mai accettato.
 
 
Brian odiava il gallese, odiava Cardiff e odiava anche Holly, in quel momento. Se lei non fosse partita, scatenando una reazione a catena di fughe, Roxy non se ne sarebbe mai andata da Huntington Beach. La colpa poteva essere anche di Matt, in un certo senso. Se si fosse messo con Holly di certo lei non si sarebbe montata la testa con la storia dell'archeologia, di New York e tutte quelle cazzate intellettuali su cui aveva basato ogni singola scelta della sua vita. E Roxy, che dopo tre mesi soltanto si era messa con Watkins? L'aveva rimpiazzato senza troppi problemi alla fine. Di cosa poteva accusarlo, dunque? A quel pensiero, la sua coerenza aveva vacillato: perché andarsi a riprendere una donna che l'aveva lasciato in balia di Synyster Gates ignorando la sua vita e ciò che gli accadeva, vivendo all'altro capo del mondo con un altro?
Il problema era che Roxy era un'ossessione, anche se non voleva ammetterlo nemmeno a sé stesso e – men che meno – ad alta voce con gli altri. Non capiva bene da dove arrivasse tutto quel desiderio di sapere ciò che faceva e di come era la sua vita lontana da loro, ma era arrivato alla conclusione che il motivo fosse legato al fatto che Roxanne non aveva mai dato segno di cedimento davanti a lui e, anzi, se n'era persino fregata. Okay, avevano avuto momenti di imbarazzo e vuoti cosmici di silenzio che non avevano saputo colmare con le parole giuste, ma erano due frane nei sentimenti e nei rapporti interpersonali, era abbastanza ovvio si comportassero come due adolescenti disadattati. La cosa, comunque, era stata sopperita dalla presenza sempre più assidua del gallese, che aveva ridotto ai minimi termini gli incontri tra lui e Roxy e la lunghezza di abiti e gonne di quest'ultima.
“Secondo me non si aspettano che andiamo là.”
Zacky aveva interrotto i pensieri dell’amico, perso dietro le proprie elucubrazioni mentali che andavano a fomentare una già fervida immaginazione, che aveva previsto persino matrimoni segreti e cospirazioni ai danni degli Avenged Sevenfold.
“Che faccia farà tua sorella? Dovresti pensare a come difenderti per evitare che ti strappi via gli occhi, Zacky.” L'aveva rimbeccato Jimmy, seduto accanto a Val, Dakota e Johnny a chiudere la fila mentre i tre coglioni stavano a fomentarsi a vicenda davanti a loro.
“Matt, secondo me Watkins vuole fotterci. Per me vuole far cantare Holly e fregarci la piazza. Si insomma, noi abbiamo avuto l'esclusiva ma secondo me lei accetterebbe. E allora addio unicità del nostro self-title. Dobbiamo riportarla a casa prima che il gallese ce la fotta.”
“E perché non Nick, Zacky?” Gli aveva chiesto Jimmy in un momento in cui non sapeva se ridere o piangere delle stronzate partorite dal chitarrista. Il problema principale era un altro: il chitarrista era il primo a crederci e nemmeno faceva fatica a convincersi che le proprie seghe mentali fossero tangibili dati di fatto. Era un fottuto paranoico se entravano in gioco Holly o Roxanne: prese insieme, dunque, non facevano che rendere la spedizione a Cardiff una specie di Guerra Santa.
 
 
Cardiff e due perfetti sconosciuti si erano portati via le donne della sua vita. Due stronzi qualsiasi avevano messo le mani su sua sorella e su una ragazzina che poteva essere attraente quanto un peluche vinto al luna park. L'oceano si era portato via troppe volte sua sorella e Holly, lasciandolo solo ad Huntington Beach ad ingoiare ricordi e sentimenti e rabbia sorda e cieca per due abbandoni a cui era stato costretto a sottostare senza potersi ribellare.
Non ne hai il diritto, gli aveva detto Brian quando Holly aveva deciso di tradirlo e fregarsene delle sue promesse.
Non ne hai il diritto, gli aveva detto Jimmy quando era stato il turno di Roxy, di abbandonarlo.
Il diritto su sua sorella derivava dal fatto di avere il medesimo DNA, dunque non gliene fregava assolutamente un cazzo di ciò che poteva desiderare. Lei, cos'era giusto, non lo sapeva, dunque Zacky l'avrebbe riportata sulla retta via. Holly l'aveva tradito, gli aveva raccontato un sacco di bugie lasciandolo solo ad Huntington Beach a gestire un successo che non si aspettava, senza chiedergli di aspettarla o che. Aveva deciso di vivere la sua vita, a modo proprio, senza nemmeno tenerlo in considerazione. Non gliel'avrebbe mai perdonato, ma sarebbe stato così magnanimo da riportarla a casa prima che si pentisse di tutto ciò che stava facendo.
Avrebbe salvato entrambe dal fondo, le avrebbe afferrate un secondo prima dello schianto a terra. E gli sarebbero state riconoscenti a vita.
 
 
Cardiff, 2008.
 
 
Ian, Nick, Bori e Roxanne sedevano al tavolino del pub di Dave. Il solito, quello in fondo al locale alle cui spalle stava la finestra che dava sul cortile interno, lo stesso su cui la ragazza aveva pianto per Brian e sul quale Holly aveva rovesciato un intero boccale di birra sulla testa di Ian. Roxanne era ancora in tensione per l'articolo apparso su Kerrang!, ma il cantante stava realmente facendo il possibile per farsi perdonare e le parole di Nick e Holly le erano servite per raddrizzare il tiro di un colpo che stava prendendo la china paranoica tipica dei Baker.
“Holly mi porti uno di quei tuoi meravigliosi cupcake?”
La rossa li aveva raggiunti, posando con poca grazia il piatto sul tavolo, davanti a Bori.
“Non mi fido di te, russo. Roxanne non la porti in mezzo alle lande siberiane per farla posare per la Made In Hell, capito?”
“Stava solo parlando della nuova collezione, pensa che Ian aveva pensato a un set a Tokyo e...”
Holly aveva sgranato gli occhi gettandosi addosso al cantante poi, aveva spostato lo sguardo da cerbiatto ferito su Bori – quello da ruffiana che sfoggiava con una disinvoltura inquietante, ormai - , cercando il modo di ritrattare ogni singola parola nel tentativo di farsi portare nella capitale giapponese.
“Ritiro tutto, russo. Ti giuro che se mi portate a Tokyo sarò brava e non romperò le palle. Giuro.”
“E c'è da crederle sulla parola, eh.” Aveva scoccato Nick, indicandola con il boccale di birra ancora mezzo pieno in mano.
“Sai che è una vita che voglio andarci!”
“Solo perché hai l'animo della nerd.”
“Non è colpa mia se sono stata cresciuta a fumetti e cartoni animati, eh.”
Aveva fatto una pernacchia a Nick, prima di tornare sui propri passi per riprendere il proprio posto dietro al bancone, nel tentativo di smaltire le ordinazioni della serata. All’ora di cena, al pub, c’era sempre un sacco di gente e lei anziché mangiare come tutti gli altri, si divertiva a lavorare, non soddisfatta delle ore passate immersa nel silenzio degli scavi archeologici. C’erano due Holly che desideravano parlare e vivere. La sua vita era persa dietro qualche storia ancora da scoprire, sepolta da strati di terra e polvere accumulata nei secoli, ma dall’altro lato scalpitava ancora quella ragazzina che si ubriacava alle feste dei suoi amici più grandi, quella che per un tuffo dal molo il venticinque dicembre si sarebbe presa una polmonite. Potevano coesistere, quelle due? Si, aveva scoperto che poteva essere felice dando ascolto a entrambe, dunque perché negare una parte di sé in favore dell’altra? Perché gli altri si aspettavano che mettesse la testa posto? Perché era assurdo che un’archeologa come lei continuasse a lavorare in un pub – seppur dividendo ora i turni con un’altra ragazza – solo per non dimenticare mai le sue origini?
No, non era mai scesa a compromessi con nessuno, nemmeno con i suoi sentimenti: non l’avrebbe di certo fatto con le imposizioni dettate dal buonsenso comune del mondo degli adulti che lei, vedeva ancora lontano anni luce da sé.
“Ehi Roxy! Tu hai delle chiamate strane sul telefono?”
La ragazza aveva estratto il cellulare dalla borsa, il display immacolato. Cosa significava poi, “chiamate strane”?
“No, perché?”
“Ho quindici chiamate di Dakota ad orari assurdi, appena finisco il turno la chiamo e...”
L'ingresso di un gruppo nutrito di individui le aveva istintivamente fatto alzare lo sguardo dal cellulare che le era scivolato di mano, schiantandosi con un rumore sordo sul pianale del bar.
Zacky, Brian e Matt aprivano la fila, Jimmy e Johnny a seguire.
“Cosa...”
I ragazzi seduti al tavolo erano stati costretti a puntare la propria attenzione sui nuovi arrivati, e le parole di Holly suonavano come una grandissima presa per il culo.
“Zacky?”
La voce di Roxanne era stata poco più di un sussurro spentosi in gola davanti all’indifferenza di suo fratello. Lui nemmeno l’aveva guardata, puntando dritto verso Ian, perché l’istinto di Zackary Baker era quello di uccidere: in alternativa, di fare molto, ma molto male. Aveva stretto tra le dita tatuate i lembi della camicia immacolata del cantante, sollevandolo dal proprio posto e spingendolo lontano dal tavolo e, soprattutto, dalla ragazza.
“Cosa diavolo stai facendo?”
“Questo è da parte di tutti e cinque, per aver sputtanato mia sorella, stronzo” gli aveva sputato addosso il chitarrista continuando a guardarlo, seduto a terra a qualche metro di distanza, come se fosse un sacco di immondizia abbandonato sul marciapiede di Notting Hill, sporcando una vista altrimenti perfetta.
“Che cazzo stai facendo? Sei impazzito?”
“Non ti intromettere Holly, sono cose da uomini.”
“Zacky smettila!”
“Tu sei completamente fuori di testa!”
Le voci delle due ragazze si sovrapponevano l’una all’altra, in una serie concitata di divieti che a Zacky stavano solo facendo salire la voglia di menare gente. E il bello doveva ancora venire.
“Ti ho detto ti spostarti, Holly, o prendo a sberle anche te.”
“Giuro che se la tocchi ti spacco la faccia, Baker.”
“Levati dal cazzo, sfigato. Sono problemi nostri, okay? Tu sei fuori.”
Matt aveva puntato Nick, ben deciso a dare manforte a Zacky. Da quanti anni non si erano ritrovati in una situazione simile? Brian era rimasto fermo, in attesa che arrivasse anche il suo turno, piazzato abbastanza vicino a Roxanne per fermarla nel caso avesse deciso di difendere il gallese.
Roxy, aiutata da Bori, aveva cercato di svicolare dal proprio posto puntando il fratello, ma Brian si era prontamente messo sulla sua strada, a braccia conserte.
“Levati di qui, Brian.”
“Assolutamente no. È una cosa tra uomini, tu non devi metterti in mezzo.”
Roxy aveva cercato di lanciare un’occhiata oltre le spalle di Brian, scorgendo solo la schiena di suo fratello, costringendosi quindi a fare i conti con lui.
E Brian era tutto, era il suo passato e tutto ciò che aveva amato.
“Si può sapere che diavolo vuoi?”
“Andiamo Roxy, non mi dirai che vuoi restare qui a Cardiff con quello stronzo, no?”
“Scusa?”
“Non crederai davvero che sia innamorato di te…Gli piace solo l’idea di scoparti come più gli piace.”
“Con che diritto parli tu? Con quale cazzo di autorità conferita da quale cazzo di divinità pagana vieni qui e pretendi di fare a me la paternale? No dico, Brian, ti stai rendendo conto di essere ridicolo, quanto meno?”
Brian non teneva più le braccia serrate sul petto, ma si era avvicinato a Roxy sovrastandola con la propria altezza e lei, poco più in basso, era costretta a fare i conti con la sua inferiorità fisica, puntandogli il dito contro il petto con aria di sfida, senza abbassare lo sguardo.
Da quando era diventata così determinata? Da quando, soprattutto, Roxanne aveva qualcosa da difendere che non erano lui e Zacky?
E tutti i suoi “cazzo”, lo fa ancora. Ogni volta che è incazzata sul serio lo ripete all’infinito, proprio come me.
“Andiamo Roxy, ti stai facendo fregare da quel puttaniere…”
L’istinto di sopravvivenza, è tutto. Anche il senso di appartenenza, a volte, si lacera per fare posto al senso di giustizia e correttezza.
Chi l’aveva salvata non era stato Brian, ma Ian, e tutta la sua riconoscenza per essere una donna, una di quelle per le quali ti potevi girare per strada a guardarla e invidiare chi le stava accanto, lo doveva a Ian e al modo in cui l’aveva fatta fiorire. Con delicatezza, con costanza e determinazione, si era guadagnato tutta la sua fiducia e il suo amore. Brian cos’aveva fatto, invece? L’aveva mollata solo perché aveva paura dei suoi sentimenti, di ciò che erano insieme, di ciò che lei rappresentava.
Sei tu l’idiota, Brian.
“Non devi nemmeno fiatare, tu che mi hai mollata perché sei un codardo del cazzo e nemmeno ti rendi conto dei tuoi sentimenti! Stai qui a fare il bullo quando invece sei un insicuro del cazzo, e ti fai fregare dalle seghe mentali di mio fratello! Tu non hai il diritto di parlare, Brian. Anzi, tu non hai nemmeno un diritto su di me, okay? Ti meriti Michelle, non ti meriti un cazzo di più dalla vita.”
Brian l’aveva fissata, ferito, ma Roxy nemmeno ci aveva fatto caso, l’aveva scansato in malo modo e si era fatta strada, diretta oltre, verso il suo prossimo obiettivo: quell’immane testa di cazzo di suo fratello.
 
 
“Io non mi sposto di un solo millimetro, Zacky. Non mi fai paura, lo sai benissimo.”
Holly, a braccia conserte sul petto, fissava il chitarrista con aria torva, gli occhi ridotti a due fessure e la determinazione di chi gli si sarebbe avventato contro senza troppi complimenti, pronta a strappargli a morsi ogni centimetro di carne. Nick, alle spalle di Zacky, stava discutendo con Matt, ma non sembrava che la cosa stesse degenerando, grazie forse a Jimmy che cercava di placare l’amico, in qualche modo. Se Matt avesse dato di matto, avrebbe ucciso Nick con un solo pugno, ne era certa.
“Ti ho detto di levarti dal cazzo, Holly.”
“Senti Zacky, non prendiamoci per il culo. Tu hai solo voglia di rompere i coglioni e hai sbagliato momento, giorno della settimana – perché io stavo lavorando -, città e persino continente per farlo. Hai deciso di peggiorare la situazione?” gli aveva chiesto lei, elencando ad una ad una le cose con le dita, sventolandogli sotto il naso la mano aperta ad indicargli il numero esatto dei motivi per cui lui, di fatto, era un idiota.
“Che situazione, scusa?”
“Ma sei scemo o lo fai? Continui ad avere quella faccia da stronzo ogni volta che ci vedi. Cos’è, ti diamo così fastidio?”
“No, mi da’ fastidio il puzzo di merda di questi due.”
“Adesso Baker hai davvero rotto il cazzo!”
Ian si era sollevato in piedi, buttandosi addosso a Zacky con tutto il peso del proprio corpo, gettandolo con la schiena sul pavimento e cercando di colpirlo in viso, ma Jimmy e Johnny erano andanti a dividere i due nel tentativo di separarli, con il risultato che Zacky era sgusciato via dalla presa del batterista colpendo Johnny dritto in faccia.
“Ma sei proprio un coglione, cazzo,” era stata la risposta del bassista, intento a massaggiarsi la guancia nel punto esatto dove le nocche dell’amico erano affondate nella carne.
“Lo vedi che sei una grandissima testa di cazzo! Ma perché non ragioni prima di parlare, porca puttana! Ce l’hai sempre avuta la fissa di sparare un mucchio di stronzate e pentirti di tutte nell’esatto momento in cui le hai dette! Usa quella tua testa malata per ragionare, santo Dio!”
“Non bestemmiare…”
“Ma vaffanculo!”
Holly aveva spinto Zacky indietro, tra le braccia di Jimmy, senza dargli il tempo di risollevarsi in piedi.
“Basta intromissioni nella sua vita, okay? Basta, Zacky. Svegliati, te l’ho detto anche quattro mesi fa. Roxy è felice, perché devi tormentarla a questo modo? Lasciala in pace.”
“Tu sei una traditrice del cazzo, fottiti Holly.”
Lei aveva sgranato gli occhi, sorpresa, e lui l’aveva allontana da sé, facendola cadere a terra accanto a Johnny, mentre – scartato Jimmy, preoccupato che l’amica non si fosse fatta male – si era nuovamente avventato su Ian, deciso a continuare ciò che avevano iniziato. Era stata Roxy, dopo essersi liberata di Brian, con lo sguardo carico di odio nei confronti di Zacky, a porre fine all’ennesimo corpo a corpo.
“Se vuoi prendere a cazzotti qualcuno prenditela con quel pirla di Brian che mi ha scaricata per scoparsi le fan come fai tu, come fa Matt, come fate tutti, che avete passato un'adolescenza a farvi le seghe perché nessuna vi voleva e ora solo perché quattro idiote vi fanno il filo vi sentite dio!”
Tutti, in quell’istante, si erano arrestati, immobili, ghiacciati sul posto dall’inconfutabile verità che avevano tentato di nascondere per anni, stretta tra le pieghe di lenzuola di cuccette e camere d’hotel che non avevano il profumo di casa, ma di “resto del mondo”.
Il loro mondo.
 
 
“Roxy andiamo a casa.”
Il tono di Zacky era perentorio, non ammetteva nessun rifiuto e la cosa aveva fatto scattare Ian e Roxanne nel medesimo istante, entrambi pronti a difendere la naturale libertà che – a ventisette anni – una persona dovrebbe essersi guadagnato.
Il cantante, di fatto, si era portato accanto alla propria ragazza, ben deciso a non permettere ad alcun individuo di sfiorarla.
“Che diavolo ci fate qui?” la domanda di Roxanne era quanto meno ovvia, ma Zacky le aveva concesso uno di quei suoi sorrisi da stronzo che ti facevano sentire una povera scema, allungando il braccio nel tentativo di portarsela via sul serio. Nick e Ian si erano intromessi, Roxy alle loro spalle che puntava il fratello con la stessa aria di una tigre pronta a difendere i propri cuccioli.
“Vi riportiamo a casa” e a quelle parole Zacky aveva concesso uno sguardo veloce a Holly che, con aria allibita, non era ancora riuscita a realizzare cosa stesse realmente accadendo, una rabbia sorda che le montava dentro mentre assisteva alla più crudele delle ingiustizie.
Perché non potevano mantenere la loro felicità intatta? Perché c’era sempre qualcosa per cui combattere o da difendere dall’altra metà delle loro esistenze, fosse quella di Cardiff o di Huntington Beach?
Olivia non aveva mai amato le intromissioni forzate nella sua vita, anche se erano quelle dei suoi migliori amici, né aveva mai permesso a nessuno di dirle  cosa doveva o non doveva fare. Le cose, per lei, erano sempre risolvibili e perfettamente controllabili. Un insulto, un urlo, qualche parolaccia e parole pesanti – che solo lei, negli anni, si era trascinata dietro come un calderone carico di veleni pronti a ucciderla all'istante, se ne avesse sollevato il pesante coperchio che si era imposta di mettervi sopra – e una bella dormita per riportare tutto alla normalità. La sua ricetta, però, non avrebbe funzionato quella volta, e lo sapeva benissimo.
Si era quindi lanciata su una sedia libera, poco distante dal bancone, puntandovi sopra il piede destro, come a trovare forza nella pressione esercitata dalla propria gamba, portandosi le dita alla bocca ed emettendo un fischio acuto, di quelli che Zacky le aveva insegnato a fare in mesi di prove senza risultati contro il vento che sferzava la spiaggia deserta di Huntington Beach, nel cuore dell’inverno californiano.
“Fuori di qui.”
Zacky e Ian si erano voltati verso la ragazza, imitati più o meno dall'intero pub. Impossibile ignorare tutti loro, comunque, visto che avevano già demolito un paio di sedie dei primi tavoli posti davanti al bancone e considerando la sfuriata di Roxy che aveva destato nei clienti l’insana passione per i cazzi altrui che ogni essere umano, nella peggiore delle tradizioni alla Orwell, possedeva.
“Ho detto fuori dal pub, Baker. Che cazzo ti è saltato in mente? Avete già fatto troppo casino, abbi la decenza di evitare di dare ulteriore spettacolo.”
Senti da che pulpito, eh.
“Andiamo nel parcheggio” aveva proposto Matt osservandola, l'aria incazzata di chi stava per esplodere ma che ancora, riusciva a trattenersi. Solo tre anni prima, sarebbe scattata come una molla a gridare e inveire contro tutti loro invece, riusciva a ancora a tenere a freno la sua lingua lunga e gli insulti. Era cambiata?
No, è solo cresciuta un po’. Solo un po’.
Il gruppo si era quindi spostato all'esterno, in uno di quegli scontri che sembravano un match da tag team della WWE, Cardiff contro Huntington Beach.
In una pericolosa royal rumble, tutti avevano deciso che dovevano prendere la parola e dire la loro. Matt e Holly. Holly e Zacky. Brian e Roxy. Roxy e Zacky. Ian e Brian. Dakota e Holly. Val e Matt.
Il problema è che anni di silenzio e rospi ingoiati e frasi mai dette non portano mai a una vittoria schiacciante, solo a un fiume in piena di rancore ed errori commessi e un finale senso di colpa.
Si sarebbero rinfacciati tutto, in una resa dei conti che non avrebbe concesso pietà a nessuno. Mentre Holly chiudeva la fila, stringendo nella propria mano quella di Nick, si era arrestata un istante per voltarsi verso Dave, che li fissava preoccupato, abbozzando un sorriso.
Questa volta finirà tutto in merda, è una certezza. Perché conosco quello sguardo di Zacky e so perfettamente che nulla potrà fermarlo. Vuole ferire, colpire e affondare: ma ti conosco troppo bene, per permetterti di rovinare la mia vita.
 
 
A vederli dall'esterno, se non fosse stato per il gelido scenario dell’aprile gallese, sarebbero tranquillamente potuti sembrare due schieramenti di fronti opposti, due gruppi di cowboys disposti a giocarsi il tutto e per tutto in un duello all'ultimo sangue. Roxanne se ne stava tra Ian e Bori, mentre Holly, a braccia conserte sul petto e l'aria corrucciata, fissava uno ad uno i sette idioti che si erano precipitati a Cardiff.
La sua migliore amica inclusa, anche se a vederla, Dakota aveva più l’aria di chi era sull’orlo delle lacrime da ore e che, insieme a Val, avevano atteso l’uscita dei ragazzi dal locale con l’aria speranzosa che tutto si fosse già concluso. Certo, avevano udito le grida e il trambusto, ma si erano illuse che le cose fossero andate smorzandosi. Era bastato vederli uscire, i volti tirati e le dita che si muovevano nervose alla ricerca di pacchetti di sigarette o giocherellando con la zip della felpa, per capire che il peggio doveva ancora arrivare.
“Si può sapere cosa sta succedendo?” aveva chiesto Roxy con un tono più calmo rispetto a quello che aveva utilizzato in risposta all'aggressione del fratello all’interno del pub, cercando di mantenere la calma. Zacky, con molta poca grazia e l'aria seriamente scazzata, le aveva gettato ai piedi l'ultimo numero di Kerrang!, in copertina una fotografia di Ian che sorrideva all’obbiettivo con la sua solita aria da padrone del mondo.
“C'è – aveva  risposto lui con le mani affondate nelle tasche della giacca – che quello con cui stai è un grandissimo pezzo di merda.”
Lei aveva  sgranato gli occhi, incredula. Realmente suo fratello aveva mosso un intero esercito per andarsela a riprendere? Sotto un certo punto di vista avrebbe potuto anche farle piacere, se non fosse che il sangue dei Baker scorreva anche nelle sue – di vene – e sapeva bene quanto nascondesse quel gesto.
“Ehi Baker, evitiamo di metterci in mezzo a cose che non ti riguardano, eh.”
Brian – con molta poca grazia – aveva spintonato all'indietro il gallese, difendendo l'amico di sempre.
Un muro compatto, ecco cos'erano quei cinque: e facevano paura.
“Che cazzo fai Brian?”
Holly era avanzata di qualche passo in direzione dei due chitarristi, ma Matt l'aveva fermata, afferrandola per un polso. La ragazza aveva sollevato lo sguardo su di lui, l'espressione dell'animale braccato, e lui le aveva sorriso, di quel sorriso per cui Holly mille volte aveva sospirato.
Sei solo un grandissimo stronzo.
“Io e te dobbiamo parlare.”
“Io e te non dobbiamo dirci proprio un cazzo! Che diavolo vuoi? E lasciami!” 
La presa di Matt era salda, sufficiente a trascinarsela dietro a peso morto senza troppa fatica allontanandola dal resto del gruppo.
“Ti ho detto di lasciarmi andare! No dico, ti sei bevuto il cervello! Che cazzo significa tutto questo casino? State esagerando.”
“Hai letto l’articolo?”
“E allora?”
“Ha offeso te e Roxy, trattandovi come due oggetti. Ha sputtanato Roxanne davanti al mondo, Holly, e tu lo difendi?”
“Lo difendo perché voi siete più idioti di lui, Matt! Ma ti rendi conto che avete preso un fottuto aereo per arrivare qui e fargli il culo?”
“Riportarvi a casa” l’aveva corretta Matt candidamente. Lei, allibita, aveva sgranato gli occhi per lo stupore, e il ragazzo ne aveva approfittato sollevandola di peso da terra e trascinandola definitivamente lontano dagli altri.
“Matt mettimi giù! Lasciami cazzo! È sequestro di persona!”
Holly si dimenava come una pazza, stretta tra le braccia dell’amico, mentre Nick stava cercando di spalleggiare Ian qualche metro più indietro.
“Ti sei fatto fregare da quello psicopatico di Zacky! No dico, ti sei fatto prendere dalle seghe mentali di quel pazzo! Sii coerente, cazzo, Matt! Si può sapere che diavolo vuoi?”
“Te l’ho detto Holly, tornate a casa con noi. Che cazzo di senso ha che resti qui? Noi non ci siamo, sei sola, sei…”
“Io non ci torno a casa con voi. Non vado proprio più da nessuna parte con cinque idioti che non si rendono nemmeno conto di come va la vita! Tu credi di sapere tutto, di avere la verità in mano, che tutto sia fermo a otto anni fa quando me ne sono andata a New York, ma non è così cazzo! Sono cresciuta, mi sono fatta il culo per essere Olivia Bridges, e c’è chi la vera Holly l’ha amata dalla prima volta, senza perdersi in mille dubbi. Che cazzo vuoi ancora dalla mia vita? Che torni a fare Wendy aspettandoti sveglia nel cuore della notte in attesa di udire il rumore di sassi contro la finestra della mia stanza per salire? Vivi con Val, ora, cresci Matt! Le cose sono cambiate per tutti quanti!”
Holly aveva sperato che la presa si allentasse, che lui dicesse qualcosa in risposta, ed era pronta per sgusciare via, ma il ragazzo invece di allentarla l’aveva rinforzata, cingendole la vita con entrambe le braccia nel tentativo di caricarla su un fuoristrada, probabilmente preso a noleggio.
“Che cazzo significa?”
“Ti passerà lo scazzo.”
Nello stringerla, però, ad Holly era quasi sembrato di essere abbracciata, protetta come aveva sperato di esserlo almeno un milione di volte, quand’era un’adolescente e l’amore l’aveva solo idealizzato.
“No, senti, vedi di impiccarti Sanders. Io non sono la tua fidanzata, non sono tua sorella, non sono un cazzo di problema che deve essere preso a cuore come la perdita di pelo di quel sorcio bianco che avete adottato in comunione tutti insieme, okay? Dunque, fottiti e mettimi giù.”
Aveva puntellato entrambi i piedi contro la portiera dell’auto, facendo pressione per tenere lontano Matt dall’abitacolo e riuscire a fare sufficiente forza per divincolarsi.
Se fosse caduta a terra si sarebbe probabilmente rotta qualcosa, ma aveva poi molta importanza? Quel pazzo la stava cercando di caricare  su un’auto contro la sua volontà, Ian e Nick erano in balia di quattro stronzi, e Roxy era sola a gestire tutto quel casino.
E Zacky.
Okay, era suo fratello e di certo lo conosceva meglio di chiunque altro, ma era davvero spietato quando si impegnava, inarrestabile, un carro armato che non lasciava in piedi nulla al proprio passaggio.
Il silenzio improvviso che era calato sul parcheggio aveva allarmato Holly poi, le grida e il rumore di schiaffi sulla pelle nuda, avevano fatto il resto. Matt si era voltato per cercare di vedere cosa stesse accadendo e lei aveva sfruttato l’occasione per assestare al ragazzo un calcio sul ginocchio, costringendolo ad allentare la presa.
“Tu non hai mai capito niente, Matt. Sei sempre arrivato tardi su tutti i fronti. Non sei mio padre, tu non hai il diritto di dirmi cosa devo o non devo fare. Tu non hai alcun diritto sulla mia vita. Quell’occasione l’hai persa da un pezzo.”
E quelle parole, avevano fatto un male pazzesco a entrambi.
 
 
“Sei una ritardata, devi venire a casa con me ora. È palese tu abbia seri problemi mentali.”
Roxanne aveva smesso di vedere, sentire e parlare. Il mondo, in quel momento, era diventato un buco nero che si era portato via anche il poco di residuo di pazienza, amore fraterno e autostima che le erano rimaste dopo gli ultimi quattro minuti fatti di insulti, ricordi rinfacciati e rabbia vomitata fuori con violenza.
A quel punto, lei, non aveva più nulla da perdere: le sembrava di essere tornata a quando l’aveva lasciata Brian, sola senza alcun appoggio. Anche in quell’occasione, però, aveva deciso di contare solo su sé stessa, e la scelta si era rivelata vincente.
“Cos’è, non sai nemmeno più parlare ora?”
“Fottiti Zacky!”
Roxanne aveva cercato di colpire il fratello con un pugno, ma questi l’aveva fermata, stringendole il polso sino a farle male. Lei, d’istinto, gli aveva graffiato una guancia, lasciandogli tre striature rosse sulla pelle su cui già si avvertiva un accenno di barba.
“Sei una cazzo di stronza!”
“E tu un grandissimo pezzo di merda! A ventisette anni voglio essere libera di fare ciò che voglio, Zacky!”
“Non sai nemmeno stare in piedi da sola, guarda!” e con tutta la forza che aveva in corpo l’aveva spinta all’indietro facendola cadere a terra, ma Roxy non si era scomposta, si era avventata nuovamente su suo fratello decisa a portarsi a casa un trofeo che non fosse solo pelle sotto le unghie, ma anche qualcosa di molto più prezioso.
“Ti odio! Tu hai fatto tutto questo casino solo perché sei geloso, cazzo!”
“Di te?”
Roxy si era arrestata per un istante, perché nel tono di voce di suo fratello c’era solo disprezzo. Dov’era il suo adorato Zacky, la metà perfetta che gli concedeva abbracci e la faceva sentire al sicuro quando tutto il mondo le ricordava che era un mostro? Un fenomeno da baraccone, un freak nel circo della vita, un topolino da laboratorio da vivisezionare per contarne le ossa della cassa toracica. A lei sarebbe rimasto il cuore, alla fine di quella serata?
Ne dubitava.
“Tu non hai mai capito un cazzo e adesso hai perso tutto, te ne rendi conto almeno?”
“Perché due idioti ti danno ragione non significa che tu sia dalla parte giusta!”
“La stessa cosa vale per te, Zacky.”
 “Sai cosa ti dico? Non me ne frega un cazzo di riportati a casa, chi la vuole una sorella come te?”
Roxy gli si era gettata addosso con rabbia, gli occhi colmi di lacrime, i pugni serrati che colpivano alla cieca le parti molli del corpo di suo fratello – lo era ancora, poi? -, fino a quando non era arrivata a risalire al viso, le mani di Zacky che la tenevano lontana e lei che cercava di colpire, sino a quando non c’era solo aria tra loro ma anche carne e, a quel punto, Roxanne aveva allungato la mano sino a sfiorare i capelli di suo fratello, stringendoli tra le dita tirando con forza, in un mormorare che andava in crescendo di “ti odio”.
“Vaffanculo!”
Zacky le aveva assestato uno schiaffo, prima di staccarsela di dosso con rabbia.
Roxanne lo guardava da terra, senza fiatare, Jimmy e Johnny che erano riusciti a fermare Zacky prima che potesse continuare e mettere di nuovo le mani addosso a sua sorella.
“Tu mi hai lasciato da solo per venire qui!”
“Tu hai scelto Brian!”
Olivia aveva superato Nick e Ian, inginocchiandosi accanto a Roxy senza nemmeno guardare in faccia il ragazzo.
“Che cazzo le hai fatto? Questa volta hai davvero rovinato tutto, Zacky.”
Roxanne nemmeno guardava Holly, intenta a puntare lo sguardo su suo fratello. Odio, provava solo odio e rabbia e dolore, tutto insieme in un grumo che stava prendendo forma nel suo stomaco e stava risalendo su, sino alla gola. Holly l’aveva aiutata a rialzarsi e Roxy si era appoggiata a lei, senza dire nulla.
“Andiamo a casa Roxy… È finita.”
“Che cazzo stai dicendo?” le aveva chiesto in tono perentorio il chitarrista.
“Tu per me sei morto.”
Aveva sputato addosso a Zacky sangue e saliva, lanciando un’ultima occhiata alla famiglia che per ventisette anni era stata il fulcro di ogni pensiero, timore e gioia. Poi si era allargata, si erano uniti Holly, Nick e Ian, ed erano quelli che ora le stavano leccando le ferite, accanto a lei una ragazzina che non sapeva nemmeno come si faceva a piangere, troppo abituata a essere ciò che non era in presenza di quegli idioti.
Poteva essere pessima nel trasmettere i propri sentimenti e nel capire quelli degli altri, ma non occorreva avere un quoziente intellettivo superiore alla media per capire che lì, lei era stata solo uno stupido pretesto per fare casino. Zacky l’aveva ferita in modo gratuito e crudele. E quella volta, a suo fratello, non avrebbe perdonato nemmeno una sillaba. Nemmeno tutti i biscotti del pianeta avrebbero potuto mettere la parola “fine” a quella storia. Per lei, Zacky era morto.
Per sempre.
Avevo un fratello, poi è morto.
Avevo il fratello migliore del mondo e la musica me l’ha portato via.
Avevo il fratello più fantastico del pianeta e si è ridotto a essere l’ombra di sé stesso.
Perché mio fratello era un orgoglioso, egocentrico, fottutissimo e stramaledetto geloso, un bastian contrario, uno di quelli che proteggono ciò che amano sino allo sfinimento, prendendo anche le decisioni sbagliate, ma continuando sulla medesima strada.
Mio fratello non ha mai fatto retromarcia, e alla fine è caduto giù, in un burrone senza fine.
Se dovessi scrivere il romanzo della mia vita, inizierei così, lo sai Zacky?
 
 
“Dove credi di andare, Zacky?” gli aveva chiesto Val in tono perentorio, spezzando il silenzio che li aveva accompagnati lungo il tragitto dal pub sino all’hotel.
“A farmi una doccia e dormire, mi pare ovvio.”
“Tu non vai da nessuna parte, amico. E nemmeno tu, Sanders.”
I due si erano voltati verso di lei, già pronti a defilarsi – per Matt, la nottata sarebbe stata lunga, e per sfuggire a Valary avrebbe dovuto possedere un qualche superpotere, come l’invisibilità per esempio – prima che potessero fare i conti con lei e Jimmy. Perché se il tono della ragazza non prometteva nulla di buono, il silenzio nel quale si era rinchiuso il batterista era ancora più preoccupante.
“Che cazzo dobbiamo fare? Una riunione tipo quelle degli alcolisti anonimi? O una di quelle rimpatriate tipo le cene di Natale in famiglia con una serie di parenti di cui non ricordi nemmeno il nome, che stanno lì a rivangare episodi di cui tu hai cancellato ogni traccia?” le aveva chiesto Brian, avvicinandosi agli altri due.
“Potremmo discutere di quello che avete messo in piedi, magari.”
“Non c’è nulla di cui parlare, mi sembra.”
“Adesso hai rotto il cazzo, Zacky. Saliamo, andiamo tutti nella tua cazzo di suite, e parliamo di ciò che è accaduto e di ciò che possiamo salvare.”
“Non c’è un cazzo da salvare. Siamo stati chiari, no? Io sono morto, io ho rovinato tutto, loro sono morte. Semplice ed elementare come concetti. Manca solo di bruciare la casa di Holly e siamo a posto.”
“Sai che sei davvero stronzo quando ti impegni?” gli aveva scoccato Jimmy lapidario, superando l’intero gruppo per condurli alla camera. Quello che provava in quel momento era un misto di rabbia, scazzo e impotenza. In un certo senso sapeva che non sarebbe mai riuscito a trattenerli, forse però, avrebbe potuto metterli davanti alla verità prima che accadesse tutto quel casino. Con Zacky ci aveva provato, il risultato era stato che si era incazzato e aveva deciso di partire per Cardiff. Perché era impossibile usare la ragione, con quei tre?
“Allora, si può sapere che cazzo vi è saltato in mente?”
“Non sono cazzi tuoi, Val. Quello che accade tra me e mia sorella, non sono cazzi tuoi, né di nessun altro.”
“Allora potevi risolvere i vostri problemi chiuso in casa, anziché in mezzo a un parcheggio davanti a tutti, lo sai?” l’aveva rimbeccato lei, le mani posate sui fianchi, mentre i tre colpevoli se ne stavano svaccati rispettivamente su un pouf e due poltrone, con l’aria di chi si sta sorbendo la ramanzina da parte della maestra a causa di un giorno di scuola saltato per passarlo in sala giochi.
“Senti, possiamo evitare questa menata? Domani torniamo a casa, siamo stanchi e nervosi. Ci serve dormire e…”
“E tu credi di poterti salvare così, Matt? Tu hai avuto il coraggio di cercare di portare via Holly a forza. Lo sai che non credevo che potessi essere così stupido? E tu Brian… No dico, tu stai con mia sorella e alzi il culo da Huntington Beach per venirti a riprendere la tua ex ragazza… Vogliamo parlarne, di questo?”
“Val… Come ha detto Zacky: levati dalle palle. Non sono cazzi tuoi, tanto per chiarire il concetto.”
Valary era sufficientemente incazzata per mandarli a quel paese tutti e tre, chiudere il suo ragazzo fuori dalla stanza e lasciarlo a dormire con i suoi amichetti. La rabbia che le saliva dentro non era solo gelosia – l’atto di forza di Matt era stato eccessivo, di certo non premeditato, ed era quello a spaventarla, perché le aveva ricordato quanto Holly fosse ancora importante – ma anche l’indignazione per un comportamento scorretto nei confronti di chi li aveva sempre sostenuti. Roxy non si era mai permessa di interferire nella vita di Brian, aveva sempre riso nella speranza di superare la delusione d’amore più grande che potesse avere. Il risultato era stato che quell’idiota era andato da lei cercando di dettar legge sulle sue scelte di vita. Con quale diritto, poi? Era incazzata proprio per quello: per la cattiveria con cui erano volati a Cardiff a minare una pace precaria, per il solo capriccio di ribaltare una situazione che da anni, si era assestata su quel binario. Perché distruggerla? Valary era certa che l’estate trascorsa ad Huntington Beach da Holly e Roxy avesse minato le convinzioni di tutti quanti. Avere sotto gli occhi – costantemente  - la felicità di chi, prima, era felice con te soltanto, aveva costretto troppe persone a fare i conti con i propri sentimenti, con la gelosia e il senso di appartenenza monco, privato della sua parte probabilmente più bella.
“Matt, tu sei solo idiota e un sentimentale. Voi due – e Val aveva indicato Zacky e Brian – siete invece due grandissime teste di cazzo.”
La bionda si era girata, spostando lo sguardo su Jimmy che – per tutta l’arringa – era stato in silenzio a osservare i tre amici intenti a cercare un qualsiasi diversivo per non farsi toccare dalle parole di Val e, soprattutto, senza farsi sfiorare dal suo sguardo.
Li stava studiando uno ad uno, mentre l’incazzatura gli stava montando dentro come un’onda anomala al centro del mondo.
“Io ho finito” e con quelle parole aveva dato il cinque al batterista, in un cambio tecnico alla guida dell’accusa che aveva fatto impallidire Brian.
“Dato che agli insulti ci ha pensato Val, io ora vi dico come stanno le cose in questo momento. Avete ferito le due persone a cui teniamo di più al mondo – oltre a quelle che sono in questa camera – e l’avete fatto perché siete dei coglioni.”
“Non sono ferite, andiamo. Le hai viste piangere, per caso?”
“Hai mai visto Holly piangere, tu?” l’aveva rimbeccato Dakota, che per la prima volta aveva staccato gli occhi dal foglio su cui stava scrivendo cose di cui nessuno si sarebbe mai preso il disturbo di chiedere notizie.
“Zacky vedi di chiudere quella fogna, o giuro che ti riempio di pugni. A me non me ne frega un cazzo di Gena o di Michelle, a me frega che perderò due amiche perché voi non avete capito un cazzo della vita. Di come funziona, per essere esatti. Perché la verità è che nella vita qualcuno se ne va e non tutti tornano (*). Holly è sempre tornata. Roxanne pure. Ora, dopo quello che avete fatto stasera, loro non torneranno. Perché le avete ammazzate, okay? Le avete semplicemente fatte a pezzi e lasciate lì. Dei sentimentalismi ne facciamo tutti a meno, per cui non vi dirò che probabilmente ora staranno a leccarsi le ferite l’una dell’altra reggendosi in piedi come possono, ma …”
“No, ci saranno anche quei due pezzi di merda, tranquillo” gli aveva risposto Zacky. Brian aveva il buon senso di non fiatare, perché Jimmy – quando era così incazzato – era davvero capace di tutto. E farsi ridurre a brandelli dal suo migliore amico non era la tattica migliore per ripresentarsi a casa da Michelle, considerando che ci aveva già pensato Roxanne a colpire basso. Molto basso.
“Zacky Cristo… Giuro che mi stai facendo incazzare sul serio. Se sei così intelligente, puoi evitare di essere anche così ottuso, per una volta, e vedere quello che hai appena fatto? Hai dato della ritardata a tua sorella, cazzo! Hai dato a Holly della traditrice, porca puttana! Ma sei totalmente fatto, per caso, per non renderti conto di quello che hai appena perso?”
“Non valevano nulla, se decidono di non farsi vedere per una cosa del genere. Vedrai, passerà come tutte le altre volte.”
Zacky stava già ritrattando, in un certo senso. Sarebbe passata a sua sorella e Holly e sarebbero tornate ad Huntington Beach in estate o, alla peggio, a Natale. Era questione di tempo, erano tutti incazzati e stanchi. Non si sentiva in colpa, però, perché si sentiva legittimato da un diritto di proprietà che gli permetteva qualsiasi cosa, anche la più crudele. Che cazzo ne poteva sapere, Jimmy, di come risolvevano i problemi lui e Roxy? Nessuno poteva mettersi tra di loro, nemmeno un gallese del cazzo. Nessuno ci era mai riuscito, a dividerli. Per cui, Roxy sarebbe tornata.
Ne era  certo.
“Tornerà.”
“Cosa?”
“Mia sorella. Tornerà.”
“Allora tu, Roxy, non la conosci.”
“Ehi, dove vai ora Jimmy?”
“Fottiti Matt, vado a fare un giro o rischio di spaccarvi la faccia.”
“Aspetta Jimmy!”
Dakota si era sollevata di scatto, correndogli dietro mentre la porta si richiudeva alle loro spalle.
“Sai benissimo che Holly non tornerà.”
Matt aveva sollevato lo sguardo su Johnny, distogliendolo da quello di Val che lo fissava con l’aria più delusa del mondo. Avrebbero dovuto chiarire, parlare, rassicurarsi ma in quel momento, la verità faceva paura.
“È sempre tornata.”
“Questa volta non lo farà, e lo sai benissimo. Ce la siamo giocata, ed è tutto merito tuo. Bravo genio. E ha ragione Jimmy: io non pago per le vostre cazzate, questo giro.”
 
 
Nick stava disinfettando alcuni tagli che Roxanne si era procurata sulle ginocchia e sui palmi delle mani, seduta sul divano dell’appartamento di Holly. La rossa, per contro, borbottava insulti in direzione di Zacky e Matt, ma il suo raggio d’azione si estendeva anche a Johnny e Jimmy che non li avevano fermati, a Brian che sarebbe sempre rimasto un coglione e Dakota e Val, che li avevano accompagnati con il chiaro intento probabilmente di lanciare grida isteriche senza fare nulla di concreto per evitare che la situazione degenerasse.
“Holly stanno suonando…”
“Si si, ho capito. Ian hai ordinato le pizze per caso?”
Quando aveva aperto la porta e si era trovata davanti Jimmy, aveva sgranato gli occhi sorpresa, per poi ridurli a due fessure.
“Niente azioni diplomatiche, questa volta non funzionano. Abbiamo chiuso con gli ultimi vent’anni della nostra vita. Game over, Jimmy.”
“No Holly aspetta.”
Il batterista aveva fermato la porta con la punta del piede, passando una mano nella fessura per stringere quella dell’amica.
“Sono stati delle teste di cazzo, okay? Ho chiesto il tuo indirizzo al pub, volevo vedere come stavate.”
“Di merda?”
“Mi fai entrare? Giuro che non dirò nulla agli altri. Non lo sanno che sono qui.”
“Non mi stai raccontando una bugia, vero?” gli aveva chiesto lei con aria corrucciata, come se fosse sul punto di piangere. Aveva gli occhi arrossati, ma non aveva l’aria distrutta di chi ha appena perso tutto, era più lo sguardo di chi è appena stato tradito dal mondo intero.
E, in effetti, era così.
“Vieni, stiamo aspettando le pizze. Facciamo metà della mia.”
Quando il ragazzo era entrato, nella stanza era calato il silenzio e Roxy si era girata di scatto per vedere chi fosse l’individuo che aveva tenuto Holly sulla porta per diversi minuti.
“Jimmy?”
“In persona, niente fantasmi. Non ho mai visto due persone fare a botte in modo più spietato, lo sai?” Jimmy era sempre stato diretto e schietto, e si era portato davanti a Roxy, studiandola attentamente.
“Che hai da squadrare?”
“Hai una bruttissima faccia, nemmeno quando eri a letto con la varicella eri ridotta così male.”
“Non è la stessa cosa, Jimmy.”
Nick si era sollevato dal proprio posto, lasciandolo libero per il batterista.
“Porto Ian a fare una visita di controllo al pronto soccorso, così voi due la smettete di preoccuparvi e pensare abbia qualcosa di rotto.”
“Guarda che Zacky ci va giù duro, non scherza. Ian fa lo stoico ma secondo me qualche costola incrinata se l’è portata a casa. Sei stato bravo però, Ian, lo sai?”
“Che consolazione, eh?” le aveva risposto ironico il cantante, che si era spostato dalla propria posizione recuperando la giacca dall’attaccapanni. Era il momento di levare le tende, quello in cui ritornava a esserci solo la California e un muro di gomma contro il quale né lui né Nick avrebbero mai vinto del tutto. Nemmeno tra Roxanne e Holly, che erano amiche da pochi anni, riuscivano a penetrare, quando c’erano in ballo la band, i ragazzi o qualcosa legato ad Huntington Beach. Si chiudevano a riccio, diventavano una fortezza inespugnabile come solo le donne quando parlano di moda o cucina possono essere. Loro, diventavano un mondo alieno quando il passato bussava alla porta. Un passato ingombrante che ora stava diventando una supernova che si sarebbe portata via ogni cosa, se non fossero stati bravi ad arginare in qualche modo il problema di un passato che continua a trasformasi in un doloroso presente.
“Ci vediamo dopo.”
“Le pizze?”
“Mangiatele voi, ci fermiamo a prendere qualcosa lungo la strada. A dopo scema” e Nick aveva posato un bacio sulla nuca ad Holly, prima di lasciarla sola, al centro dell’atrio, indecisa se andare dagli amici o se dirigersi in cucina, optando alla fine per la seconda soluzione.
Jimmy era il migliore amico di Roxy, era giusto ci fosse lui con lei. Per lei era tutto differente, era sempre stata la mocciosa acquisita e probabilmente nessuno l’aveva mai voluta sul serio. Era triste comprenderlo a ventiquattro anni, quando avrebbe potuto lasciarsi alle spalle tutto anni prima, senza crearsi così tanti problemi. Le sembrava di non avere più il cuore, lì, al proprio posto. Quando Zacky le aveva detto che era una traditrice, si era sentita morire. Quando Matt aveva cercato di caricarla sull’auto contro la sua volontà, solo uno stupido oggetto. Una proprietà da esibire, ecco cos’era rimasto di tutti quegli anni trascorsi insieme.
Bella merda la vita.
 
 
“Non lo pensa davvero” le stava dicendo Jimmy, seduto accanto a Roxy cercando di calmarla.
“Io conosco Zacky e so che pensava ogni singola cosa di ciò che ha detto. E sai cosa ha fatto più male, no?”
Sei una ritardata.
Lui, che la conosceva da quando non era altro che un embrione, le aveva sputato addosso il proprio verdetto, quello che probabilmente non le aveva mai rivelato in ventisette anni di vita.
E faceva male, come sale che viene gettato ripetutamente su una ferita aperta: bruciava tanto da fare piangere.
“E Brian?”
“Sai benissimo come sono fatti. Brian è un idiota, non si perdonerà mai di averti lasciata.”
“Doveva pensarci prima di farlo, no?”
“Era un ragazzino...”
“Non giustificarli, Jimmy. Avevamo detto niente avvocati difensori.”
“Stanno messi più o meno come voi due, a leccarsi le ferite. Sai qual è la cosa peggiore?”
“Quale?”
“Che vi abbiamo perse davvero. Siete tutti un branco di orgogliosi del cazzo, uno più testardo dell’altro. Siete sicure che ne varrà la pena?”
Holly aveva fatto capolino dalla cucina con le pizze che – nel frattempo – erano state consegnate a casa, i capelli arruffati e l’aria stanca.
“Ecco qui.”
“Non ho fame, Holly.”
“Devi mangiare. Cos’è, fai lo sciopero della fame per quel coglione di tuo fratello?”
Jimmy le aveva guardate scambiarsi uno sguardo carico di tensione, poi Holly aveva tirato fuori dalla scatola di cartone una fetta di pizza e l’aveva porta all’amica.
“Mangia, almeno ti tiri un po’ su.”
“Volevano venire anche Dakota e Val, ma abbiamo preferito evitare che i ragazzi andassero in escandescenze. Dakota mi ha detto di darti questa,” e aveva tirato fuori dalla tasca un foglio stropicciato, con sopra il logo dell’hotel nel quale alloggiavano – “Val ti chiamerà più tardi, non appena riuscirà a liberarsi di quegli impiastri. Mi dispiace del casino che hanno fatto, non credevamo sarebbero arrivati a tanto. Sono degli idioti e se non vorrete più avere nulla a che fare con loro avete la mia comprensione. Però non lasciate me, Val, Dakota e Johnny. Non ce lo meritiamo. Forse abbiamo sbagliato a non arginarli in modo più forte, ma…”
“… Mio fratello è inarrestabile, Jimmy.”
“Non con due pugni assestati al posto giusto.”
Erano scoppiati a ridere, poi Holly aveva aperto la lettera che Dakota le aveva scritto, le gambe incrociate e i piedi nudi posati sul divano.
 

Volevo venire lì con Jimmy, ma non ha voluto. Forse ha ragione, né io né Val saremmo riuscite a mentire. Siamo tutti stanchi e nervosi, e in questo momento Valary sta facendo il culo ai ragazzi. Sta difendendo anche te, credo sia giusto tu lo sappia.
Voglio chiederti scusa perché sono io che leggo Kerrang! e l’hanno saputo da me, dell’intervista di Ian. Beh, a essere sincere da Johnny, che in questo momento credo si stia logorando sul come chiederti scusa. Probabilmente ti troverai casa invasa da peluche: in quel caso, sappi che sarà opera sua, magari con il mio aiuto. Non credevo che Zacky sarebbe arrivato a tanto, né che Matt cercasse di portarti via a forza. Ho anch’io la mia parte di colpa: se ti avessero riportata ad Huntington Beach avrei avuto indietro la mia migliore amica. Io qui in mezzo, valgo un po’ come uno zero, lo sai. Sono la ragazza di Johnny e non rompo mai le palle con piazzate di gelosia o pianti isterici, dunque quando apro la bocca sulle questioni importanti vengo ignorata o zittita. Figurati, poi, se Zacky ascolta qualcuno quando si mette in testa di fare qualcosa. Ha fatto la cosa sbagliata, e chissà se riuscirà mai a rendersene conto.
Voleva riportarvi indietro e invece vi ha perse.
Di questo ne siamo certi tutti, lo sapete anche voi. Tu non glielo perdonerai mai, né lo farà Roxy. Non so se questa sarà la strada giusta da percorrere, ma probabilmente è uno di quegli strappi così profondi da non poter essere di nuovo rattoppati con lembi di stoffa presi a caso da una vecchia soffitta. Non ti chiedo di perdonarli, di tornare sui tuoi passi, di fare finta che non sia accaduto nulla, ma ti chiedo solo di poterti rivedere prima della nostra partenza. Abbiamo l’aereo domani sera, fammi sapere se ti va.
Cerca di farti coraggio, di non abbatterti. L’hanno fatto perché vi vogliono bene, non sanno gestire i sentimenti però. Sono uomini, Holly, e dannatamente stupidi.
Credo tu abbia bisogno di un abbraccio, e di me.
Per una volta, ho la certezza di essere ancora io la tua migliore amica.
Ti voglio bene.
 
DKT
 
 
SMS: To Dakota From Holly H 01:03 PM
Domani alle 17.30 al pub di Dave. Arrivo direttamente dagli scavi. Grazie b29;
 
 
Holly aveva riletto la lettera almeno una quindicina di volte, incapace di credere realmente che quella stupida della sua migliore amica le stesse chiedendo scusa. Zacky avrebbe comprato Kerrang! – o Brian ci avrebbe mandato uno dei Barry – per il solo fatto che in copertina c’era Ian, e il casino sarebbe successo ugualmente.
“Tu come stai invece?”
“Incazzata. Tipo quando ti accusano di cose assurde, come l’aver fatto scelte che ritenevi giuste per la tua vita.”
“Credi lo siano ancora?”
Holly aveva alzato lo sguardo su Jimmy, riabbassandolo subito dopo sull’anello che portava al dito indice della mano sinistra.
“Si. Se all’inizio non ho avuto scelta alla fine sono cresciuta e sono riuscita a ritrovarmi. Non sarei mai stata né carne né pesce, stando ad Huntington Beach. Non avrei realizzato nulla e sarei stata una cazzara per tutta la vita.”
Jimmy e Roxanne erano scoppiati a ridere, fissando l’aria imbronciata dell’amica che gesticolava convulsamente nel tentativo di rendere meglio l’idea dei propri concetti.
“Okay, si è fatto tardi, sarà meglio che vada. Brian mi ha già chiamato diverse volte, e dato che sono uscito piuttosto incazzato dall’hotel, probabilmente temano mi sia andato a sbronzare da qualche parte in attesa di poter menare qualche idiota.”
“Non lo farai, vero?” gli aveva chiesto Holly preoccupata.
“No tranquilla, vado a sorbirmi Brian per il resto della nottata.”
L’avevano accompagnato alla porta, incerte su cosa sarebbe accaduto da quel momento in poi. L’unica cosa certa, era che ad Huntington Beach non ci sarebbero più tornate.
“L’avete promesso.”
“Cosa?” gli aveva chiesto Holly con l’aria da piccola peste con cui era solita prenderlo in giro.
“Che vi farete sentire.”
“Solo se non lo dirai a mio fratello e a Brian.”
“E a Matt. Sarà il nostro segreto” aveva concluso Holly allungando la mano a Jimmy per sigillare un accordo che aveva la valenza di un patto di sangue, in quel momento. Lui era sereno: non stava tradendo i suoi amici ma salvando le sue amicizie. Per una volta aveva scelto di essere egoista e sbattersene delle dinamiche interne degli Avenged Sevenfold, delle posizioni prese a causa di una solidarietà che – negli anni – aveva fatto fare a tutti loro un mucchio di stronzate. Non aveva intenzione di assecondare Zacky, Matt e Brian, perché Holly e Roxy erano anche parte della sua vita e perderle perché i tre con cui aveva a che fare per trecentosessantacinque giorni all’anno non avevano mai fatto i conti con una buona dose di autocritica, non gli andava bene. Il patto segreto, dunque, li avrebbe salvati tutti e tre. E, soprattutto, avrebbe salvato la loro amicizia ed evitato a Jimmy le sfuriate di Zacky.
Il ragazzo le aveva guardate per un istante, entrambe in piedi dinnanzi a lui incerte su cosa fosse giusto fare per salutarsi, e d’istinto le aveva attirate a sé, cingendole entrambe in un abbraccio caldo e rassicurante. Di quelli che ti fanno sentire meno sola e meno sbagliata di come vuole dipingerti il mondo. Roxanne aveva posato la testa contro il petto di Jimmy posandovi un bacio, Holly – più in basso – aveva sfregato il viso contro la felpa del ragazzo, in un tentativo maldestro di cancellare le lacrime.
Le braccia di Jimmy – attorno alle loro spalle – erano un’ancora di salvataggio, quella frase valeva tutta la felicità del mondo, in quel momento.
“Non vi lascerò mai sole.”
 
 
Chiusa in bagno, seduta tra il water e il bidone dei panni sporchi, il viso nascosto tra le braccia, Holly piangeva. Nonostante fosse sola, in casa, il suo corpo aveva seguito un automatismo che l'aveva portata – negli anni – a lasciarsi andare al pianto in rare occasioni, e sempre di nascosto. L'unica che l'aveva vista piangere era stata ovviamente Dakota, per gli altri non c'era stata nessuna soddisfazioni nel vederla soffrire davvero. Se l'avesse vista Zacky, in quel momento, si sarebbe sentito il vincitore indiscusso dello scontro, invece era solo un grandissimo stronzo. Lei si sentiva quasi soffocare, come se i singhiozzi le salissero direttamente dalla pancia. Cercava la risposta razionale al dolore, e non riusciva a trovarla. Roxy doveva essersi sentita esattamente a quel modo, quando Brian l'aveva lasciata: sola, costretta a rinunciare al suo passato per poter vivere il suo presente. Dove stava scritto che doveva scegliere? Dov'era scritto che doveva rimanere sola, senza gli amici nei quali aveva cercato supporto per tutta la vita, solo per uno stupido capriccio? Ad Holly faceva male il petto, come se il cuore le si stesse atrofizzando diventando solo un muscolo, nient'altro che carne che la teneva in vita, senza emozioni, senza sentimenti, senza la voglia di guardare al domani con l'irruenza tipica di Olivia Bridges.
Guardava il display del cellulare, nella speranza di ricevere una chiamata che avrebbe riportato le cose al proprio posto, come al solito. Le parole pesanti potevano essere cancellate forse da un abbraccio, non certo da una telefonata. Per ritornare a respirare sarebbe bastata anche quella, eppure sapeva benissimo che il telefono sarebbe rimasto muto a lungo e che lei non avrebbe dimenticato proprio nulla. Sapeva che nessuno avrebbe mai fatto il primo passo quella volta, perché tutti avevano superato il limite.
Crescendo, si era scoperta insofferente nei confronti degli errori altrui: Holly non sapeva più perdonare o, magari, era solo stanca di dover passare su ogni cosa nella speranza di tenere vivi dei rapporti che non erano più gli stessi da tempo.
Realizzarlo, sbatterci contro la faccia e farsi un male cane, era il minimo del prezzo da pagare per non aver mai voluto guardare in faccia la realtà. L'insofferenza di Zacky, sempre più marcata. Gli scazzi di Brian, sempre più frequenti. I malumori tra Matt e Val, una costante. Michelle e Gena, un tradimento puro. Sembrava che solo Johnny, Dakota e Jimmy continuassero a portare avanti quello che avevano costruito tutti insieme negli anni: loro, non erano cambiati. Holly aveva sbuffato, puntellando le mani sul pavimento gelido del bagno, sollevandosi in piedi con un piccolo salto.
“Vaffanculo. Ve la siete cercata.”
Aveva spento il cellulare, abbandonandolo sul bidone dei panni sporchi prima di mettersi a letto, nel tentativo di recuperare un po' di serenità. Come potevi essere tranquillo, quando eri costretto a fare i conti con la tua coscienza l'indomani pomeriggio?
 
 
“Spiegami perché, Matt.”
Il ragazzo aveva lanciato un'occhiata distratta alla propria fidanzata, tornando a fissare qualche istante più tardi la propria maglia abbandonata sulla poltrona della loro camera.
“Cosa devo spiegarti, Val?”
“Perché ti sei comportato a quel modo, per esempio.”
“Non ti ci mettere anche tu con le tue scenate. Holly non ti è mai piaciuta, lo sanno anche i muri, per cui niente litigi questa sera. Mi dai una tregua?”
“No, visto e  considerato che tu non hai mai fatto nulla per farmela andare a genio, la tua piccola Olivia.”
Matt aveva fissato la ragazza, l’aria scazzata, le mani congiunte tra le ginocchia, a penzoloni nel vuoto. Era incazzato, e litigare in quel momento era pericoloso, ma Val era stanca di portarsi appresso situazioni scomode e frasi lasciate sempre in sospeso.
“Forse avresti dovuto metterti con lei, anziché con me.”
“Cos'è, la cazzata delle due del mattino questa? Sto con te da una vita, ormai, perché non capisci la cosa più elementare di tutte?”
“Sarebbe?”
Dillo che mi ami, come ogni volta, per risolvere i problemi con una parola dolce che mi fa tornare il sorriso. Sei bravo a rassicurare le persone solo a parole, tu.
“Holly è come una sorella. C'è sempre stata Val, da quando ero alto si e no un metro.”
“E secondo quale legge karmica dovrebbe esserci per tutta la vita?”
Matt si era morso il labbro, giocando nervosamente con il piercing.
“Perché l'ho deciso io.”
“Sei uno stronzo quando fai così. Perché non la smetti di essere un egoista del cazzo e prendi una decisione una volta per tutte? Il vostro è un legame malato, Matt.”
“Pensi che qui dentro ci sia un solo legame sano, Val? No perché se vedi equilibrio in Zacky o in Brian e Roxy o in Jimmy, credo tu non abbia proprio capito un cazzo. Anzi, no, tu sei intelligente, Val: hai capito tutto, ma come ogni donna preferisci non capacitarti della verità.”
“Dovevo andarmene parecchio tempo fa, lo sai?”
“Non l'hai fatto perché sai che insieme siamo inarrestabili. E perché io ho bisogno di te e tu di me.”
“Non si direbbe.”
Matt l'aveva attirata a sé, posandole il viso sul ventre, perdendosi nella dolcezza delle mani di lei che gli accarezzavano la nuca.
Alla fine tornavano sempre l'uno dall'altra, loro.
“Perché dobbiamo finire sempre a litigare per le solite cose?”
“Perché tu non ti fidi di me.”
Lei si era irrigidita sul proprio posto, poi gli aveva posato un bacio sulla fronte, prima che una serie di grida irrompessero dalla camera accanto alla loro.
“Vado a vedere cosa succede.”
“Matt... Lascialo sbollire a modo suo.”
“No. Abbiamo già fatto a modo suo e il risultato è stato disastroso. Preferisco evitare di inserire altri fallimenti in queste quarantotto ore. Torno appena abbiamo sistemato le cose.”
 
 
Seduto sulla poltrona della propria suite, un intero frigo bar svaligiato e una voglia assurda di spaccare qualsiasi cosa, Zacky fissava la vetrata che si affacciava su una città fredda, lontana anni luce da quello che era Huntington Beach. Che cazzo di attrattiva poteva mai avere? Odiava Cardiff e, in quel momento, odiava anche sé stesso. Difficile trovare qualcuno con cui Zackary Baker non stesse tenendo un incontro di pugilato immaginario, in quel momento.
Fissava un punto imprecisato della parete opposta, la bottiglia di birra stretta tra indice e medio della mano sinistra, la destra su cui posava distrattamente il mento. Aveva lanciato un'occhiata al display del cellulare, muto. Aveva ridotto gli occhi a due fessure, poi, aveva nascosto il proprio numero e chiamato sua sorella: il cellulare squillava a vuoto.
Con lo stesso procedimento, aveva poi provato a chiamare Holly. Non voleva davvero parlare con loro, era troppo incazzato per poterlo fare, ma voleva solo sentire come stavano. Da come avrebbero risposto, avrebbe capito ogni cosa.
Il cellulare di Holly, però, era staccato.
Da quando era partita per New York, nemmeno una sera aveva spento il telefono, sempre pronta a rispondere a qualsiasi ora, abituata ad assecondarli e mettere il proprio bioritmo a disposizione della metà che stava dall'altra parte dell'oceano.
Cosa significava ora, quel gesto?
Voleva dire tutto, ogni cosa che Holly si era tenuta dentro, un game over scritto a caratteri cubitali sul maxischermo di casa propria.
“E allora vaffanculo! Non me ne frega un cazzo se non rispondete, okay? Fottetevi!”
Da ottimo lanciatore, Zacky aveva scagliato contro la parete il proprio cellulare, mandandolo in frantumi.
“Si fottano, okay? Si fotta il mondo e tutto il resto!”
Era andato ad aprire alla porta quando i colpi, su di essa, si erano fatti troppo insistenti per essere ignorati.
“Che cazzo vuoi nano?” era stato il secco benvenuto che il chitarrista aveva dato al bassista.
“Stai facendo un casino assurdo, Zacky. Vuoi che ci mandino via a calci nel culo dall'hotel?”
“Johnny vai a scopare ed evita di rompermi il cazzo, che oggi non è serata. Pago cinquemila sterlina questa fottuta suite, posso anche permettermi di pisciare sulla moquette se mi girano, okay?”
Matt si era presentato al cospetto di Zacky qualche istante più tardi, l'aria stranita e l'espressione di chi è appena stato graziato da una calamità naturale.
“Che cazzo di faccia hai, Matt?”
“Ti sei visto la tua, Zee? No perché fai davvero schifo.”
Il cantante l'aveva spinto leggermente all'indietro, cogliendolo di sorpresa e riuscendo quindi a richiuderlo in camera.
“Ora ascoltami bene, Zacky. Abbiamo fatto una marea di stronzate nella nostra vita, e le abbiamo coronate sfanculando tua sorella e Holly. Ora, sbronzati e incazzati ma vedi di non fare casino. Ci manca solo che finiamo su qualche rivista e tutta questa merda finisca in pasto al mondo.”
“Me ne fotto okay? Che cazzo di mondo vuoi che sia senza mia sorella? Io non ci so stare senza la mia metà, cazzo! Voi non lo sapete come cazzo ci si sente a non essere unici, ma sempre la metà della stessa mela... Sono solo cazzate quelle di Platone. La metà che ti completa è tua sorella gemella, non una qualche cazzo di fidanzata. Sfigati  voi a non averne una.”
Zacky delirava, e sia Matt che Johnny temevano che quello fosse solo l'inizio di una pericolosa arringa.
“Mi hanno lasciato solo, come se io non valessi un cazzo. Hanno preferito due idioti qualunque, spuntati da chissà dove, convinte che la felicità stia tutta lì, in una cazzo di scopata!”
“Zacky sei sbronzo…”
Johnny si era avvicinato al comodino, sollevando dal suo pianale una bustina contenente polvere bianca. Quella, polvere.
“… e fatto, anche. Questa come cazzo l’hai presa?”
“Me l’ha data Brian, che cazzo vuoi? Con tutti i soldi che abbiamo speso per avere il piano completo delle suite dovevano anche darci gratis le ballerine di lap dance.”
Il bassista aveva lanciato un’occhiata a Matt, e il ragazzo aveva preso per le spalle Zacky, facendolo sedere sulla poltrona con uno spintone.
“Adesso mi ascolti: tu non esci da questa cazzo di stanza sino a domani mattina. Fai quel cazzo che vuoi, distruggila se ti fa sentire meglio ma voglio che domani sia sufficientemente lucido per porre fine a tutta questa cazzata.”
“Io non vengo a chiedere scusa a nessuno, Matt” era stata la risposta del chitarrista ad un’imposizione implicita che non avrebbe mai accettato.
“Perché non ti chiedi come mai Holly non ti abbia seguito? Perché non gliene frega un cazzo di noi, okay? Ha gli amichetti famosi, sta sulle riviste e quindi ora sta bene così. Di quello che siamo stati se ne sbatte ora, la stronza!”
“Ma tu dove cazzo vivi, Zacky? Sulla luna? Cristo santo! Ma stai davvero parlando di Holly?”
“Non gliene frega un cazzo, non gliene è mai fregato un cazzo o sarebbe rimasta, ci avrebbe seguito come hanno fatto Dakota e Val. Sai cosa ti dico? Hai fatto bene a metterti con Val, Holly non vale un suo capello.”
Aveva sollevato in aria la birra, in un brindisi immaginario, ingollandone un lungo sorso.
“Zacky piantala con questa storia. Hai rotto le palle e le mie stanno iniziando a girare. Quindi tappati la bocca o finisce in tragedia.”
“Ma sai che hai una grandissima faccia da culo, Matt? Perché non ti fai un esame di coscienza e ti chiedi perché sei davvero venuto qui? Andiamo, cazzo, l’hai sempre saputo che Holly ti sbavava dietro, potevi evitare a tutti un sacco di problemi e…”
“Zacky perché non fai tu, i conti con la tua coscienza, anziché rompere le palle al sottoscritto?”
“Secondo me voi due avete un sacco di  cose da chiarire, facciamo che io torno da Dakota e ci vediamo domani mattina? Ammesso che resti qualcosa di riconoscibile della poltiglia che dovremo raccogliere con il cucchiaio dalle pareti e dalla moquette…”
“Tu stai qui, o finisce che ci ammazziamo a questo giro.”
Johnny aveva sbuffato, portando la bustina che teneva tra le mani in bagno, con il chiaro intento di disfarsene.
“Ehi, che cazzo fai?”
“Fermo qui, e risolviamo un po’ di problemi” aveva apostrofato il chitarrista il cantante, costringendolo a sedere di nuovo al proprio posto.
“Tu hai dei problemi solo con te stesso, Matt. Ammettilo: non ti va a genio che qualcuno sia più importante di te per Holly.”
“Zacky non ci casco alle tue provocazioni del cazzo. Vogliamo parlare del fatto che sei riuscito a dare della ritardata a tua sorella?”
“La è, cazzo, se non si scolla dal culo del gallese! Sono diventate due… Tr…”
“Johnny? Sono riuscita a far funzionare il bollitore e…”
Il tempismo di Dakota era risultato del tutto fuori luogo, salvifico e azzeccatissimo per Johnny, che continuava a stringere tra le dita i lembi della bustina contenente la polvere della felicità. Quante volte si erano sballati, con quella?
“Credo che…”
“Arrivo, Matt e Zacky se la caveranno benissimo da soli.”
“Io non direi...” aveva risposto lei, indicando Matt che teneva ancora Zacky per il collo della giacca, lo sguardo di disapprovazione che aveva sempre quando i ragazzi decidevano di fare casino alla loro maniera, con un po’ di sano e puro sballo gratuito.
“Holly non merita nessuno di voi, comunque.”
E con quelle parole si era girata su sé stessa ed era tornata in camera propria, in attesa del ritorno di Johnny. Perché non potevano essere persone normali, con legami normali, senza pretese di diritti di proprietà gli uni sugli altri? In quello, però, erano tutti uguali, comprese Roxy e Holly. Nessuno faceva eccezione, era come se tutti quanti potessero vantare un rapporto in esclusiva e renderlo il fulcro di qualsiasi discussione, vittoria o sconfitta. Perché era tutto così soffocante, a volte? Crescendo, Dakota si era illusa che le cose potessero migliorare, che la scelta di Holly di fuggire da Huntington Beach fosse la soluzione a un sacco di problemi, invece si era dovuta ricredere, perché la situazione era degenerata e la partenza di Holly prima – e quella di Roxy poi – avevano creato solo problemi.
Se avesse dovuto scegliere un capro espiatorio, qualcuno da accusare per tutto il male che li stava investendo, Dakota non avrebbe saputo chi immolare sull’altare perché, di fatto, erano tutti colpevoli.
 
 
“Sei sbronzo, fatto e seduto nella hall di un hotel alle due e mezza del mattino, solo, e con la faccia da cane bastonato. Che cazzo ti è preso?”
Jimmy, le mani intirizzite nascoste nelle tasche della giacca di pelle – che cazzo di idea era stata, andare in Inghilterra solo con quell’affare addosso? – aveva individuato la figura di Brian seduta su una delle poltrone della hall dell’hotel, il cappellino da baseball con la visiera girata di lato e gli occhi lucidi di sonno e lacrime.
“Me l’ha data Zacky, ci siamo fatti un giro insieme prima.”
Nessuno dei due avrebbe saputo dire con esattezza chi l’aveva trovata, chi aveva deciso di prenderla e chi aveva indotto l’altro a seguirlo.
“Adesso anche l’unico tabù che ci eravamo imposti l’hai mandato a puttane?”
“Sapevamo che non sarebbero venute qui. Lo sapevo io, lo sapeva Zacky e lo sai tu Jimmy. Non. Torneranno. Più…” aveva cantilenato lui, dondolandosi davanti al viso un boccale di birra ancora pieno.
“State esagerando. L’altro coglione è messo come te?”
“Non lo so, l’ho lasciato in camera sua. Vedere Zacky piangere mi fa schifo. Mi fa sentire come se fossimo anche noi vulnerabili. E non li siamo, cazzo! Siamo Synyster Gates, Zacky Vengeance, The Rev, M. Shadows e Johnny Christ! Con dei nomi come questi come cazzo fai a essere credibile piangendo?”
Brian aveva lasciato Zacky a gestire da solo la propria fetta di merda e dolore, mentre lui se n’era scivolato via per starsene in pace e rendersi patetico solo agli occhi di qualche sconosciuto ospite dell’hotel. Zacky, invece, gli era scoppiato a piangere davanti, come un bambino e – contro ogni aspettativa – Brian non aveva saputo che fare. Gli erano morte tutte le parole in gola, gli si era aperto il cuore e aveva realizzato che a giocarsi tutto e perdere con la stessa semplicità la medesima somma, era stato l’amico. Loro – gli altri – avevano comunque una vita e una serie di cose, ad Huntington Beach, che li attendeva, certezze affettive e sentimentali su cui potevano permettersi di battere in ritirata quando la vita voltava loro le spalle. Zacky, le persone sulle quali aveva sempre fatto affidamento per farsi dare una mano per tirarsi fuori dalla merda, le aveva invece perse.
“Sai cosa mi ha sorpreso più di tutto?”
“No, cosa?” gli aveva chiesto Jimmy, sinceramente stupito.
“Roxanne. Anzi, quello che ho pensato di Roxy quando si è gettata su Zacky. Ho pensato: questa è la mia ragazza. Sono fottuto, te ne rendi conto? Ho realizzato a distanza di tre anni che Roxanne era la donna giusta per me.”
“Perché non te la vai a riprendere, allora?”
 “E sai cos’altro? Quando mi ha sparato addosso tutto quell’odio, tutto quello schifo che le ho fatto provare per anni e che si è sempre tenuta dentro, ho capito cos’amavo di lei. Quando stavamo insieme tutti intorno a noi litigavano di continuo: Matt e Val, Holly e Zacky e…”
Brian sembrava non ascoltare Jimmy, preso com’era dal raccontare di sé, di Roxy, di tutto un mondo e dinamiche che si era sempre tenuto dentro e che ora pareva dovessero uscire ad ogni costo. Quando soffri e sei disperato, cerchi di scaricare addosso agli altri un po’ del tuo dolore, sperando che qualcuno decida di raccoglierlo e farlo suo.
Jimmy finiva sempre con il prendersi la sua fetta di schifo sulle spalle; per Zacky, in genere, l’avevano sempre fatto Holly o Roxy. Per quel motivo ora era ridotto a un cumulo di nervi tesi, odio e dolore allo stato puro?
“Holly e Zacky non facevano testo.”
“A modo loro era come se stessero insieme. Voglio dire, non l’hanno mai saputo, ma sono stati insieme sino a quando Holly non ha deciso di scaricarlo per andarsene a New York. Beh, no, forse sono stati insieme anche dopo, sino a quando non è arrivata Gena. Comunque, parlavo di me e Roxy. Dicevo, tutti discutevano di continuo, noi invece eravamo perfetti. Non riesco a ricordare una mezza litigata finita con Roxy in lacrime. E io sono un grandissimo stronzo, lo sai. Quindi, dicevo: la nostra storia è malata. Era così perfetta che mi sembrava fosse finta, ad un certo punto. Avevo paura, Jimmy: se fossi rimasto con Roxy l’avrei sposata nell’arco di sei mesi.”
“Lo faresti ancora.”
“Ho Michelle.”
“Le tue nozze con Michelle non avranno mai la mia benedizione. Quelle con Roxy si, ovviamente.”
“Tu sei di parte.”
“Vorrei solo che foste tutti felici, e finché starete messi a questo modo, nessuno di noi lo sarà. Nemmeno chi, come me, nelle vostre beghe sentimentali non c’entra un cazzo. Vattela a riprendere, Brian. È la tua ultima occasione, poi l’avrai persa per sempre.”
“L’ho già persa, lo sai.”
“Siete tutti troppo orgogliosi. L’orgoglio serve quando il mondo ti considera un perdente, non con le persone che ami. Con loro, finisce con il mandarti tutto a puttane.”
“Zacky sta uno schifo.”
“Perché non sei rimasto con lui, allora?”
“Io, al suo posto, non avrei voluto nessuno a guardarmi mentre piango. Mi sa che siamo tutti delle teste di cazzo, lo sai? Roxy ha ragione: siamo dei codardi. Beh, in realtà Roxy ha sempre avuto ragione. Era bello dirglielo, sai?”
Brian si era sfregato gli occhi con il dorso della mano, nel tentativo di lavare via le proprie, di lacrime. Da quando, quelli con nomi cazzuti come i loro, finivano a piangere come femmine e a rendersi patetici e sentimentali? Da quando, quelli che potevano avere tutte le donne del pianeta, finivano con l’amarne e desiderarne una soltanto, l’unica che non avrebbero mai potuto riavere?
 
 
“Ehi, sei ancora sveglia?”
“Non dovevi andare a casa?” gli aveva chiesto Holly senza muoversi da sotto gli strati di lenzuola e piumone sotto il quale si era nascosta.
“Sono le tre passate… E tu domani devi andare a lavorare o sbaglio?”
“Se non mi reggo in piedi chiederò un giorno di malattia. Non ho intenzione di ruzzolare giù da quei pendii assurdi solo perché ho passato la notte in bianco.”
“Sono salito perché ho visto la luce della camera ancora accesa. Sono passato di qui per vedere se era tutto okay o se c’erano altri problemi in vista.”
“Dubito che Zacky o Matt decidano di tenermi un agguato sotto casa nell’ultimo, disperato tentativo di rapirmi. È finito tutto ormai.”
“Ehi, cos’è quel tono?”
Nick si era seduto sul ciglio del letto, passandole una mano tra i capelli già carichi di nodi, formando un nido aggrovigliato di un acceso arancione.
Non lo cambierai mai, questo colore di capelli. Ti darà sempre la carica giusta, anche se non te ne rendi conto.
“Mi sento come se mi avessero uccisa. Tipo: io ora sono un fantasma e il mio cadavere sta in qualche obitorio in giro per Cardiff.”
“È un litigio un po’ più violento degli altri, passerà.”
“Non passerà, Nick, perché io non me la farò passare. A me non importa nulla di ciò che può esserci dopo, ma hanno superato il limite. Non sono una traditrice, okay?”
“Solo quello, ti ha fatta scazzare?”
“No, tutto quanto in verità. È come quando tua madre legge il tuo diario segreto e ti fa scenate per ciò che ha letto.”
“Ti è accaduto?”
“No, ho sempre evitato di tenere un diario segreto per evitare problemi. In compenso la madre di Dakota ha letto il suo, ed è successo che ha scoperto che avevo una cotta per Matt e che mi ero ubriacata con Zacky e non voleva più che ci vedessimo.”
“Chi? Tu e Zacky?”
“No, scemo. Io e Dakota. È finita che abbiamo supplicato sua madre di darci una seconda possibilità. Dakota piangeva costantemente per farle pena. È bravissima a fingere di piangere, lei.”
“Potevi fare a meno di specificare, tu non ci riesci nemmeno quando vorresti farlo, figuriamoci.”
“Non è colpa mia. È che… Sono stata abituata così. Nick?”
“Si?”
“Resti con me stanotte?”
Lui le aveva posato un bacio sulla punta del naso, togliendosi le scarpe e facendo il giro del letto, stendendosi accanto a lei, la distanza di un respiro a dividerli, fronte contro fronte.
“Tu cosa ne pensi?”
Sapeva che gliel’avrebbe chiesto. Quante cose gli aveva tenuto nascoste, Holly? Nessuna, era quello il bello e il brutto del loro rapporto: con innocenza, Olivia gli raccontava ogni cosa. Come se fosse il suo migliore amico, perché la differenza tra un fidanzato e un amico al quale racconti tutto di te, lei non la conosceva. Come se non avesse incontrato altro, nella vita, che migliori amici che all’improvviso diventavano principi azzurri, in una metamorfosi lenta ma naturale come il ciclo della vita.
“Vuoi la verità?”
“Ovviamente si.”
“Dovreste chiarire prima che ripartano. Se li lasciate andare è finita.”
“Perché?”
“Perché vi ostinereste sulle vostre posizioni, tutti quanti, e non riuscirete mai più a riparare lo strappo. Ora le scuse possono essere ancora accettate. Tra un mese sarà troppo tardi per qualsiasi cosa.”
“Pensi che lo faremo?”
“No, perché siete troppo orgogliosi per farlo.”
Holly si era rannicchiata accanto a lui, facendo si che l’accogliesse in un abbraccio rassicurante. A Nick, tutto il buonismo che aveva sfoggiato nelle ultime ore, costava una fatica enorme. Se avesse potuto – se non fosse, cioè, passato dalla parte del torto con il rischio di perdere Holly – avrebbe sfanculato prima il fratello di Roxanne e poi Matt. Avere a che fare con loro, però, era sempre rischioso, giocare sul filo del rasoio che poneva la linea di confine tra lecito e illecito. Negli anni, Holly gli aveva sempre dimostrato che lui veniva prima di tutto, ad ogni scontro era per lui che lei muoveva ogni parola e azione contro Zacky, ma in una situazione così drastica, così assurda per una persona che viveva lontano dalle dinamiche da psicopatici di quei californiani, poteva essere che la bilancia pendesse dall’altro lato. E lui non voleva perderla.
Aveva fatto buon viso a cattivo gioco, sfogandosi con Ian al pub. Non era un santo, Nick Valensi, era solo troppo innamorato e intelligente per cedere alle provocazioni di quattro teppisti. Al punto in cui si trovavano, nessuno avrebbe fatto un passo indietro. Era la fine di una vita intera, e quello lo spaventava: non puoi recidere il cordone ombelicale con il tuo passato, con ciò che eri e con la tua intera vita senza che questo, prima o poi, ti si ripresenti dinnanzi con la furia cieca dei ricordi che diventano rimpianti.
È solo questione di tempo.
Quando ti verrà presentato il conto, saprò trattenerti ancora?
Quando si era svegliato, aveva visto quella cosa, per poi addentrarsi in cucina alla ricerca di cereali e latte freddo con cui fare colazione.
Nick non avrebbe detto nulla, ma il cambiamento era stato così evidente che era impossibile non notarlo.
Non per lui, almeno. Holly aveva attaccato con una molletta per capelli a forma di fragola – all’estremità di uno dei lacci del cappello da Indiana Jones appeso alla parete della camera da letto – la foto che la ritraeva con Zacky, l’estate precedente, in un maldestro tentativo di lui di stamparle un bacio sulla guancia. Era la foto del concerto estivo ad Huntington Beach, l’unica probabilmente che li ritraeva insieme negli ultimi sette anni. Nick l’aveva sempre vista lì, come a voler ricordare a Holly un passato a cui era rimasta fedele sino a quando non era stato lui a tradirla.
Al suo posto, adagiata in modo frettoloso, si trovava ora l’immagine di una cassa toracica le cui ossa salivano verso il cielo simile alle dita scheletriche di una mano, un cuore in bella mostra al suo interno, grondante sangue. Un cuore che aveva smesso di battere. Era raccapricciante, ma era l’appunto che Holly aveva lasciato a margine della foto, nella sua scrittura precisa e con inchiostro rosso, a dare un senso a ogni cosa.
Mi hanno vivisezionato il cuore. A me non è rimasto più nulla.
 
 
“Che ore sono?”
L’individuo che le aveva spalancato le tende della camera era lo stesso che aveva deciso di rendere noto al mondo che lei era “speciale”.
Un mostriciattolo speciale, a dirla tutta.
Roxanne si era rigirata nel letto, i capelli scompigliati e il volto stanco: non aveva dormito per tutta la notte, era collassata non ricordava quando, e le poche ore di sonno erano state popolate di ricordi sotto forma di sogni, scanditi dalla voce di suo fratello che la chiamava “ritardata” e dalle risate di scherno di Brian in sottofondo. Non aveva riso davvero, no?
“Mezzogiorno e mezzo. Se ti può servire, sono stato qui sotto tutta notte, e tu hai spento la luce alle sei di questa mattina. Brutti pensieri?”
“Brutti ricordi. Ma tu sei stato fuori, al freddo, tutta notte?”
“No in auto, ovvio. E nessuno mi ha scambiato per un maniaco, cosa ben più importante. Ad ogni modo, io e Nick abbiamo avuto un’idea fantastica. La prossima settimana si parte. Andiamo in vacanza, noi quattro soltanto. Sole, mare, spiaggia caraibica… Presente? Uno di quei posti da mojito, sventole che ti fanno aria con foglie di palma e daiquiri servito in noci di cocco intagliate.”
“E il lavoro? Holly non può…”
“Holly può eccome, figurati. È la pupilla di quel tizio dell’università, le farebbe fare qualsiasi cosa. Voleva spedirla anche alla conferenza al British Museum e lei si è rifiutata di parlare in pubblico. Se chiede una settimana di vacanza, non gliela negherà: si fa schiavizzare anche nei week-end quando occorre.”
“Holly è scema. Si accontenta sempre del gradino più basso.”
In qualsiasi ambito, e a quel pensiero, Roxy si era sentita terribilmente in colpa nei confronti di Nick.
“Oh, hai fatto un ottimo lavoro. Sa persino camminare sui tacchi, ora” le aveva risposto Ian posandole un bacio a fior di labbra.
“Sveglia, ti ho portato qualcosa da mangiare. Donuts calde con glassa di fragole e cappuccino.”
“Le mie preferite?”
“Quelle con i coriandoli colorati di zucchero, come per i bambini.”
Ti ricordi sempre ogni cosa, tu. Non è vero che sono io quella con la memoria eidetica: tu, riesci a essere speciale e rendere tutto magico senza avere nessun dono particolare.
“Grazie.”
“Di cosa? Di essere così dannatamente bello?”
“Di essere Ian Watkins.”
Gli aveva sorriso, costringendosi a uscire dal proprio nido, fatto di calore e coperte pesanti che ad Huntington Beach non aveva mai utilizzato e che a Cardiff rappresentavano le serate invernali, le nottate passate a dormire con Holly nonostante i battibecchi per chi tirava di più la coperta dalla propria parte, la neve che ricopriva ogni cosa e la faceva sentire bene in un mondo dove i rumori all’improvviso scomparivano. Avrebbe desiderato una neve artificiale che potesse ricoprire anche i ricordi, che potesse ovattare il suono delle parole cattive e non farle dimenticare che la primavera, arrivava sempre.
“Una settimana, vero?”
“Assolutamente. Sette giorni esatti. Servirà a tutti, credimi.”
“Avete trovato il primo motivo utile per gustarvi bellezze mozzafiato in bikini e perizoma?”
“Abbiamo già voi, non potremmo chiedere di meglio, no?”
“Giusto.”
Erano scoppiati a ridere, mentre Ian le allungava la ciambella glassata, di ritorno dalla cucina.
“Anche la colazione a letto, ora?”
“Devo farmi perdonare un sacco di cose.”
“Sono io che dovrei farlo, non tu.”
“A tempo debito ti presenterò il conto, tranquilla.”
Aveva addentato un pezzo del dolce, lasciando Roxanne con un palmo di naso, mentre il viso del ragazzo si illuminava di pura soddisfazione.
“Buona questa cosa rosa. Sarà da donne, ma è favolosa.”
“Ma è mia. Quindi, ridammela!”
Roxanne si era allungata, gettandosi su Ian che – a propria volta – era caduto sul letto, invadendo lenzuola e trapunte, insieme alla ragazza che era riuscita a strappare il premio dalle sue mani, fissandolo dalla propria posizione predominante, il viso a pochi centimetri dal suo.
“Questa me la merito.”
E gli aveva posato un bacio sulle labbra, assaporandone il profumo di zucchero, prima di addentare soddisfatta la propria, meritata dose quotidiana di buonumore apparente.
 
 
“Scusami per il ritardo, ho trovato traffico per arrivare qui. Ehi, che faccia hai?”
Dakota le aveva gettato le braccia al collo, facendo cadere la sedia sulla quale era seduta con un tonfo secco, sul pavimento.
“Guarda che non sono morta. Sono qui.”
“Scusa scusa scusa scusa, Holly!”
La bionda le aveva affondato il viso nell’incavo tra collo e spalla, strofinando la propria guancia contro quella dell’amica.
“Si può sapere perché sei così scema? Non è colpa tua, smettila di addossarti la responsabilità di ogni cosa. Quegli idioti non li ferma nessuno quando si mettono in testa qualcosa, lo sai. Jimmy è tornato sano e salvo?”
“Si. Credo abbia discusso con Brian per un bel po’, li sentivamo gridare dalla nostra stanza dopo che sono salita in camera. Zacky era sbronzo da fare schifo, stamattina.”
E fatto, ma quello non gliel’avrebbe mai detto. Jimmy, per contro, si era incazzato con Brian quando quest’ultimo aveva preso a fare casino al pari di Zacky, rischiando di svegliare l’intero hotel.
“Niente compagnia per allietargli la nottata?”
“Holly… Secondo te poteva essere dell’umore adatto?”
“Lo è sempre, quando si tratta di distrarsi un po’.”
Dakota aveva sospirato, fissando senza troppo entusiasmo il contenuto della sua tazza, ancora bollente.
“Sono venuta perché voglio dirti una cosa, di quelle che sono di vitale importanza.”
“Non mi piace quando inizi i discorsi a questo modo, non promettono mai nulla di buono. E se mi chiedi di seguirti e venire a fare pace con Zacky, Matt e Brian, sai benissimo che non lo farò.”
“Guarda che lo so benissimo che non tornerai più ad Huntington Beach. Promettimi che faremo le vacanze estive insieme, me lo devi Holly. Io non sono con loro. Io sono con te.”
“Ti ho tradita, vero?”
La domanda della rossa l’aveva spiazzata, con quel repentino cambio di rotta che aveva dato alla loro discussione.
“Si, ad ogni tua partenza. Speravo che con la casa di tua nonna saresti tornata più spesso, invece ora devo fare i conti con il fatto che non tornerai mai più. È triste perderti così, sapere che non ci sarai sempre. Potevo sperare che tornassi, che si sarebbe sistemato tutto a prima della tua partenza per New York, ed ora quell’idiota di Zacky ha rovinato ogni speranza.”
“Prima o poi tornerò.”
“Tra vent’anni? Tu hai una memoria da elefante, non perdonerai mai quei tre. Promettimi che almeno dieci giorni all’anno sarai solo mia.”
“Te ne bastano dieci?”
“No, ma me li faccio bastare.”
Holly le aveva porto il mignolo unendolo a quello dell’amica, entrambe con il volto rigato di lacrime. Perché dovevano rinunciare alla loro amicizia? Perché dovevano sacrificarsi per una colpa che non le coinvolgeva direttamente? Dakota, in quel momento, odiava la stupidità dei ragazzi e l’orgoglio di Holly. Sarebbe bastato così poco per rimettere le cose a posto… Eppure, una voce nella sua testa continuava a ripeterle che quello scontro finale era destinato ad avverarsi. Non potevano rimanere così, le cose, per tutta la vita. Gli ultimi dieci anni erano stati un accumulo di sentimenti, emozioni, rancori e dolori sopiti e tutto era stato sputato fuori con la forza di un tornado che si era portato via tutto, senza lasciare in piedi nulla.
Nemmeno i più forti, perché era così che doveva finire.
“Okay, a parte questo, sono venuta per un’altra cosa” aveva proseguito Dakota strofinandosi gli occhi con un tovagliolo di carta preso dal contenitore posato sul tavolo al quale erano sedute.
“Tu sei sempre stata morbosamente attaccata al tuo passato, gelosa di ogni cosa che lo riguardasse. Hai sempre ricordato tutto, hai sempre scritto ogni cosa e sottolineato ogni frase che potesse ricordarti sempre un episodio specifico. Ripercorrili tutti e ricordati ciò che eri, guarda ciò che sei ora. E domandati se sei diventata come ti eri aspettata otto anni fa, quando sei partita per New York. Credo ci siano state un sacco di cose non dette che hanno portato al casino di ieri sera. Non ti sto addossando la colpa, ma rifletti su ciò che ti hanno detto Matt e Zacky, e su ciò che ti dico anch’io: è Huntington Beach casa tua, Holly. Non Cardiff. Sarai felice solo in California. Magari con Nick, magari sola, ma il tuo posto è dove sei nata e cresciuta.”
“Perché?”
“Cosa?”
“Ne sei convinta. Da cosa lo capisci che sarei più felice ad Huntington Beach?”
“Questo lo devi scoprire tu, Holly. È tuo il cuore, non il mio.”
“Non ce l’ho più un cuore, Dakota.”
Vorrei che te l’avessero risparmiato, questo colpo basso. Non te lo meritavi, ma è successo. Ora devi rialzarti da sola, e io non potrò esserci per fare il tifo e spronarti a reagire. E questo mi mette una profonda tristezza, lo sai?
Dakota si era sporta verso di lei, prendendole le mani nelle proprie.
“Sarai sempre la mia migliore amica, e so che prima o poi troverai la risposta. Non sei stupida, Holly, tu sai cosa vuoi. L’hai sempre saputo e l’hai dimostrato a tutti, di avere le palle per fare ciò che desideravi. Ci stupirai tutti di nuovo.”
“Hai troppa fiducia in me.”
“Non è fiducia, ti conosco. È questa la differenza che mi porta a credere in te.”
Tornerai Holly.
Prima o poi, sono certa che tornerai a casa. Magari tra dieci anni, perché tu hai i tempi lunghi nel comprendere ogni cosa che riguarda la parte di te con cui sei sempre in conflitto, quella emotiva e stupida che non lascia spazio alla razionalità. Voglio crederci, che tornerai. Perché non posso pensare di andarmene da Cardiff con la certezza nel cuore che sarà l’ultima volta in cui potrò abbracciarti e parlarti di persona.
 
 
Huntington Beach, 2008.
 
 
“Sei tornato finalmente… Iniziavo a…”
Gena si era sollevata dal divano, dove aveva passato le ultime quarantotto ore avvolta in un pesante pile e con una serie di film romantici a tenerle compagnia.
“Non mi rompere le palle, Gena, okay?”
“Ho provato a telefonarti, ma il cellulare continuava a dirmi che eri irraggiungibile, iniziavo a preoccuparmi e…”
Credevo non saresti più tornato.
Gli si era avvicinata, posandogli un bacio sulla guancia, gli occhi di Zacky cerchiati da profonde occhiaie e rossi di pianto.
“Tutto okay?”
Gena temeva che Zacky sarebbe tornato a casa con sua sorella, la presenza ingombrante a cui non era mai andata a genio e che, di certo, l’avrebbe cacciata da casa di Zacky ricordandole che quello non era il suo posto. Il rapporto tra due gemelli, lei non l’avrebbe mai capito. Quando era arrivata lei, Roxanne se n’era andata, dunque non era mai entrata a pieno nelle dinamiche tra i due Baker. Di certo, lei era più importante di qualsiasi cosa per lui, bastava vedere quanto ne parlava, o quanto tempo Zacky perdesse nel cercare di sentirla con regolarità ogni giorno. L’unica preoccupazione, era data dalla morbosa gelosia del ragazzo, ma aveva liquidato la cosa con la sua passionalità e con quel cipiglio protettivo che i fratelli maggiori riservano alle sorelle.
“Roxy non si farà vedere per un po’. Idem Olvia.”
Per Zacky, Olivia era sempre stata solo Holly. Non c’era mai stato un momento in cui – anche da incazzato – l’avesse mai chiamata con il suo vero nome.
“Sei sicuro che…”
“È tutto a posto, davvero.”
“Hai l’aria stanca, Zee.”
Gena gli aveva passato una mano tra i capelli, in una carezza morbida che sapeva di casa, certezze e amore. Uno di quei contatti di cui hai bisogno quando il mondo ti volta le spalle, quando anche chi amavi ti ha tradito costringendoti a camminare da solo. Il chitarrista aveva appoggiato la nuca sulla spalla della ragazza, sospirando.
“Tu continui a sopportarmi, come fai? Scusami se sono stronzo. Non è colpa tua. Abbiamo avuto una brutta discussione, di quelle che mettono fine ad ogni rapporto. Non sono in forma. Ho perso mia sorella e sono nervoso. Scusami Gena, non è colpa tua.”
Zacky non chiedeva mai scusa, perché non ne aveva mai avuto bisogno, ma in quel momento, mentre cercava la sua bocca con la propria, mentre lasciava cadere a terra uno zaino ricco di ricordi e pesante come un passato grondante ancora sangue dopo l’ultimo colpo infertogli, aveva la certezza che la soluzione alla merda del mondo fosse una mano amica che ti scalda il cuore, che se lo tiene stretto al proprio, che ti scalda il letto e il corpo quando ti senti già morto.
La verità era che solo Gena poteva riempire un letto gelido con dolcezza, per ricordargli che la vita sarebbe comunque andata avanti: con o senza di lui; con o senza sua sorella; con o senza Holly.
 
 
Michelle non aveva atteso Brian. A differenza di Gena, che reclamava costantemente il proprio posto e non perdeva occasione di sottolineare quanto legittima fosse la sua presenza, Michelle conosceva abbastanza Brian da sapere che il rientro da Cardiff, di qualunque natura fosse, non sarebbe stato un ottimo pretesto per vedersi e parlare, chiarirsi magari e chiedergli perché, lei, non era stata convocata alla spedizione. Il perché, ovviamente, era palese, e avere solo un pretesto per litigare non la metteva a proprio agio. Aveva combattuto contro i titani, contro il ricordo di un primo amore che per Brian sembrava essere l’unico possibile. Michelle aveva accettato ogni cosa, pur di stare con lui: perché? Glielo chiedeva anche sua sorella, quando le cose si facevano insostenibili e difficili da sopportare, quando le altre donne erano una costante e lei solo l’ombra di una certezza che poteva essere messa in discussione dalla prima venuta. Brian era uno dalla sbandata facile, in fondo, e per il gusto di mille sbandate aveva lasciato andare l’unica donna della sua vita. Michelle era consapevole di essere un’eterna seconda, sapeva però che prima o poi ogni idolo cade e lascia il posto a qualche altro dio da venerare: allo stesso modo, anche Roxanne sarebbe caduta dal podio su cui l’aveva adagiata Brian e a quel punto lei sarebbe stata pronta a prendere il suo posto.
 
Zanzibar, 2008.
 
 
Roxy e Holly sedevano l’una accanto all’altra, il sole a scaldarle e un mare sconfinato pronto ad accoglierle. “Secondo te… È giusto quello che stiamo facendo?”
Roxanne si era girata verso Holly, e anche da dietro le lenti degli occhiali da sole, la rossa aveva visto l’aria di disappunto che si era dipinta sul volto dell’amica, costringendola a puntualizzare.
“Lo so, avevamo detto che non ne avremmo parlato. Ma voglio dire, non ce ne pentiremo vero?”
“Lo credi possibile?”
“In verità no. Cioè, non lo so.”
Roxanne passava la maggior parte del tempo a borbottare tra sé, sollevando inconsciamente il sopracciglio destro, proprio come Brian. Olivia non le aveva fatto notare la cosa, ma le era capitato di trovare l’amica intenta a parlare da sola inveendo contro la stupidità di suo fratello o di Brian o di Matt. Si salvavano da quelle arringhe immaginarie solo Johnny e Jimmy, passati come i martiri della situazione. Lei invece si era fatta un rapido esame di coscienza, di quelli che l’avevano assestata sulle proprie convinzioni: Zacky e Matt e Brian, per lei, erano morti. Si erano illusi di poter mettere la maschera dei loro alter ego nella vita vera, credendo di poter fare il bello e il cattivo tempo di ogni vita che ruotava attorno a loro e quando lei e Roxy si erano rifiutate di seguire il teatrino degli idioti, era scoppiato il casino. Il finimondo, quello che l’aveva lasciata davvero sola. Per la prima volta, da quando aveva deciso di andarsene da Huntington Beach, aveva sentito il sapore amaro della solitudine, e le faceva paura. Era abituata ad essere svegliata nel cuore della notte da Zacky o da Matt, a ritornare a casa a Natale e festeggiare tutti insieme il suo compleanno, tornare ragazzini per una sera soltanto ed essere ciò che – da qualche parte – erano ancora: adolescenti troppo stupidi, adulti con nessuna voglia di comportarsi come tali. Holly era stata onesta con sé stessa e aveva ammesso di avere una colpa, ed era quella di essere rimasta la porta aperta su un passato in cui era facile rifugiarsi quando il mondo degli adulti ti ricordava di avere obblighi e doveri, non solo divertimento e la scusa pronta dell’essere una testa di cazzo per riparare ad ogni errore.
Per Matt, ne era certa, era sempre stato così. Da quando stava con Val, i litigi tra loro, i dubbi, i problemi, erano sempre causati da lei. Perché? Perché Matt non aveva le palle per chiamare le cose con il giusto nome, dare l’effettivo valore di grandezza a una storia lunga quasi un decennio e decidere di crescere una volta per tutte. Lei non avrebbe voluto sulla propria coscienza un quarantenne frustrato, scapolo, scaricato dalla storica fidanzata, l’unica in grado di sopportare i suoi amici e i tornei clandestini a Call f Duty a casa propria sino all’alba.
“Hai sentito Val, poi? Non te l’ho più chiesto.”
“Si, era dispiaciuta per il casino. Credo abbia fatto il culo a Matt.”
“Ha provato a chiamarmi.”
“Anche le chiamate con il numero nascosto erano di Zacky.”
Non aveva bisogno di aggiungere altro: sapeva che, se l’aveva fatto con lei, probabilmente aveva provato anche a contattare Holly, un segnale evidente che doveva essere completamente ubriaco per mettere fine al suo orgoglio a poche ore dalla lite. Lei, le scuse, le voleva di persona, con l’opportunità di guardandosi negli occhi e poi perdersi in un abbraccio, per quel motivo aveva rifiutato le chiamate di suo fratello. Olivia, invece, aveva deciso di evitare sensi di colpa, ignorando di chi fossero le chiamate anonime e cancellando qualsiasi messaggio lasciato in segreteria senza nemmeno ascoltarli o sapere di chi fossero: ci aveva pensato Roxy, a darle conferma della realtà.
“Lo sapevo -  aveva sospirato la rossa con aria irritata – Tuo fratello è un idiota, ma non ci ha più provato dopo… Beh, dopo che se ne sono tornati a casa. Dakota dice che è tutto un casino. Stanno litigando un sacco.”
“Non certo per colpa nostra.”
“No, direi di no. Secondo me stanno sbagliando il tiro. Voglio dire, forse… La vita da rockstar gli ha dato alla testa?”
“Forse. O forse sono sempre le solite cinque teste di cazzo.”
“Meno male tu hai preso la parte intelligente e figa dei Baker.”
Holly si era sollevata dal proprio sdraio, prendendo le mani a Roxy costringendola a seguirla in una corsa lungo la spiaggia dalla sabbia bianca come neve.
“Che cosa vuoi fare ora?”
“Non lo sai? Da questa parte dell’isola alle cinque arriva la bassa marea e poi, inizia ad alzarsi il mare. Nell’arco di pochi minuti le correnti ti riportano a riva e fai chilometri e chilometri di spiaggia trasportato dal mare.”
“E tu vorresti…”
“Certo che lo voglio. E anche tu!”
“Tu sei pazza…”
“Sei una surfista anche tu, che paura hai?”
“Nessuna” era stata la laconica risposta di Roxanne, già pronta ad assecondarla. Dovevano divertirsi, dovevano distrarsi e voltare pagina. Si erano imposte sette giorni di tempo per reagire e darsi una svegliata, smettendo di guardare al passato. Era difficile, era impossibile, ma in qualche modo sarebbero sopravvissute. Le ferite aperte non si sarebbero rimarginate ma prima o poi avrebbero almeno smesso di sanguinare.
 
 
Ian e Nick si erano visti arrivare a riva – ad una velocità notevole – le due ragazze, Holly in preda alle risate e Roxanne pallida come un cencio, trascinate dall’acqua dell’oceano che, con forza, si era sollevata in una cascata immensa che mangiava metri di spiaggia con l’alta marea, inghiottendola.
“Tu sei pazza, potevamo morire affogate!”
“A Zacky sarebbe piaciuto… Scusa.”
La ragazza si era morsa il labbro inferiore, uscendo dall’acqua cristallina fradicia come un pulcino, l’aria afflitta di chi, ancora una volta, aveva perso contro la propria forza di volontà. Era difficile, cancellare le abitudini di una vita dall’oggi al domani; censurare i pensieri e i sentimenti, pressoché impossibile.
“Vado e mettermi qualcosa e ad asciugarmi. Facciamo in tempo ad andare a vedere il tramonto dall’altro lato dell’isola?” aveva chiesto lei, cercando di dissimulare una disinvoltura che, in quel momento, le era venuta a mancare.
“Se ti muovi si, abbiamo un’ora di tempo circa.”
“Roxy mi accompagni? Non mi va di andare da sola, mi annoio.”
“Ti sei messa a fare i capricci come Ian.”
“No, io sono peggio” aveva risposto il cantante di rimando.
I due ragazzi le avevano osservate allontanarsi, mano nella mano. Non capitava spesso di vederle in atteggiamenti affettuosi, erano portate a manifestarsi il proprio affetto in modo strano: bisticciando, prendendosi per il culo, facendo dell’ironia su ogni cosa. Quando avvenivano i contatti corporei, erano qualcosa di intimo che li costringeva a fare i conti con l’estromissione dalle loro vite. Era come se, quando il dolore diventava troppo forte e sovrastava ogni altro suono, loro due riuscissero a crearsi una barriera solo stando insieme. L’avevano fatto quando Brian aveva lasciato Roxanne, l’avevano fatto ogni volta che si erano aperte piccole crepe tra loro e la pazza famiglia allargata di cui facevano parte e lo stavano facendo ora, in cui tutto era finito con un grande fallimento addossato a ognuno di loro.
“Credi che si riprenderanno?”
“I problemi sono appena iniziati, Ian.”
“Sei troppo pessimista, ma è normale, sei preoccupato per Holly.”
“Non è per quello. Questa cosa è innaturale, come ogni affare che coinvolge quei cinque. Pensaci: non si può  estrapolare una persona dal proprio passato di punto in bianco, chiedendole di cancellare ciò che l’ha fatta diventare adulta, sopratutto se i legami che ha sono tutto. Prima o poi questa situazione si ritorcerà contro di loro.”
Gli Avenged Sevenfold – o meglio, ciò che stava dietro cinque nomi di scena – erano il passato di Holly, tutto d’un pezzo: il migliore amico, la prima cotta, quello con cui battibeccava, il ragazzo della migliore amica di sempre e il consigliere. Come fai a chiederle di rinunciare a tutto e rifarsi una vita?
“Credi che te la porteranno via del tutto, prima o poi? Non credo che si farà corrompere dalle lacrime di coccodrillo di qualcuno di loro. Non ha ceduto questa volta, non lo farà in futuro.”
“È solo una fase transitoria per entrambe e prima o poi ci tornerà addosso con effetto boomerang tutto quanto.”
E lo scotto lo pagheremo tutti quanti. Sarà salato, molto più di quello che stiamo pagando ora.
“Brian è ancora innamorato di Roxanne, per esempio. È lampante, così come è lampante che tutta questa cosa sia stata un pretesto per… Per riprendersele.”
“Nemmeno il comportamento di Matt e Zacky è normale” aveva esalato il chitarrista, accendendosi una sigaretta. Parlare di quell’argomento era difficile, gli metteva addosso il terrore di poter perdere Olivia da un momento all’altro, senza che ci fosse una spiegazione logica a un gesto simile.
Perché quando c’erano di mezzo sentimenti così complessi e profondi, poteva essere possibile qualsiasi cosa.
“Zacky è pazzo, non ci sono spiegazioni. Pensi che…”
“Non credo nell’amicizia tra uomo e donna, se è quello che mi volevi chiedere.”
“E ti preoccupi di Baker?”
“No, non mi preoccupo di nulla se non di Holly. Ha passato una settimana in cui vagava per casa in pigiama, passando dal letto alla cucina al bagno, senza avere la forza nemmeno di uscire per fare la spesa. Era in uno stato pietoso.”
“Roxy invece ha preso a fare pulizie e leggere qualsiasi cosa, pur di tenere la mente occupata. Secondo me è solo questione di tempo.”
“Prima di perderle, dici?”
“Il tempo allevia il dolore, sbiadisce il ricordo e rimargina anche le ferite più profonde. Non se ne andranno più, Nick.”
“Io credo di si. Non può coesistere Cardiff con Huntington Beach, tra gelosie, paure, distanze, paranoie né da un lato né dall'altro. Il casino che ha fatto Zacky era solo la naturale conseguenza di situazioni che si trascinavano da anni.”
“Cerchiamo di non pensarci. È meglio, credimi. Ora sono qui, cerchiamo di renderle felici. È a questo che servono i principi azzurri, no? Per far avverare gli happy ending.”
Nick, però, alle favole aveva smesso di credere quando i suoi genitori avevano divorziato e l’avevano spedito in  un collegio in Svizzera, dove aveva conosciuto Julian. Lì, aveva compreso che non tutte le favole, finiscono con un lieto fine.
 
 
Huntington Beach, 2008.
 
 
Tornare alla vita di tutti i giorni quando dovevi fare i conti con un quotidiano fatto di telefonate, cellulari che suonavano a tutte le ore, incursioni notturne nella tua esistenza e scoprire che tutto ciò che scandiva le tue giornate a casa, alla sala prove o in tour si era spento nell’arco di una nottata, dovevi rivedere la scaletta delle tue priorità e riordinare la tua vita. Zacky, a distanza di sei mesi, ancora non riusciva a credere che il cellulare non gli servisse ad altro che ricevere le mail della Vengeance University o dei ragazzi. Nessuna lettera di Holly o sua sorella.
Nessun messaggio.
Nessuna telefonata.
Le poche, frammentarie notizie che riusciva ad avere su di loro, arrivavano dai rotocalchi o da Dakota e Val, le uniche con cui le ragazze avevano mantenuto un contatto. Zacky era convinto che anche Jimmy sapesse qualcosa, ma era troppo preso nel tenere a bada i propri sensi di colpa per poter notare come il batterista sfuggisse dalle discussioni che riguardavano le ragazze, cambiando discorso o portandosi nella stanza accanto. Nessuno, poi, si era accorto della bravura con cui Jimmy aveva preso a far sparire il proprio cellulare dai luoghi in cui chiunque avrebbe potuto scandagliare sms o le ultime telefonate ricevute o fatte. La notte dell’undici dicembre, quell’anno, Zacky aveva deciso che festeggiare sarebbe stato uno schifo; non farlo, avrebbe significato decretare una sconfitta a pieno titolo. Aveva quindi optato per organizzare una festa a casa propria, invitando gli amici e fare un po’ di casino senza avere intorno fotografi e fans. Non aveva voglia di evidenziare la mancanza, di sottolineare come – da nessuna parte – spuntasse la chioma rosso fuoco di Holly – ultimamente molto più tendente all’arancio, come quando aveva sedici anni. O almeno, così la ricordava alla festa di Halloween dell’anno precedente – o come non ci fosse sua sorella ad accoccolarsi accanto a lui, la sera. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che avevano dormito insieme? Anni.
 A pensarci bene, era da quando Roxy era partita per Cardiff che loro due non avevano più avuto un rapporto normale, da fratello e sorella. Da gemelli. Si era sempre sentito speciale, aveva sempre considerato il suo legame con Roxanne un qualcosa di unico che nessun altro essere umano avrebbe mai potuto eguagliare. Roxy era la sua metà – quella perfetta, lui restava la parte marcia e ne andava fiero –, quell’unica cosa che sapeva farlo sentire una grandissima merda se appena la vedeva con gli occhi lucidi. Roxanne aveva condiviso con lui il primo battito del cuore, il primo respiro, il primo vagito: un rapporto così sarebbe stato imbattibile per chiunque. E a distanza di quasi un anno, da quando l’aveva persa, il senso di incompletezza si era fatto più forte che mai, così come il senso di colpa per aver privato Jimmy, Johnny, Dakota e – in parte – persino Matt, della presenza di Holly e sua sorella ad Huntington Beach. Era stato stupido, se ne rendeva conto, ma non sarebbe mai tornato sui propri passi. Il suo orgoglio e le mille guerre combattute per partito preso, gli avevano insegnato che non si poteva retrocedere: fatta una cazzata, o riuscivi a riparare o eri fottuto e dovevi fartene una ragione. Lui, a sistemare le cose, non ci aveva provato e a farsene una ragione, ci aveva rinunciato nell’esatto istante in cui credeva di sentire Roxy rientrare nel cuore della notte e scoprire che erano i cani a demolirgli il salotto; o quando scorgeva una tizia dai capelli fulvi al supermercato e si illudeva che fosse Holly, tornata ad Huntington Beach senza dire nulla a nessuno.
Perché quella scema sarebbe stata capacissima di farlo.
Cazzo, se sono coglione.
Quello che faceva male, era come anche Holly avesse scelto Roxanne, come entrambe avessero deciso di lasciarsi alle spalle tutto facendo scudo contro il loro passato. Era così che si sentivano gli altri, nei confronti di loro cinque? Se lo chiedeva da settimane, ormai, e la risposta era presumibilmente affermativa. Era orrendo vedere come potevi escludere dalla tua vita qualcuno semplicemente scegliendo qualcun altro, magari migliore di te, magari semplicemente che – a differenza tua – stava dalla parte della ragione. Holly aveva mille difetti, ma aveva sempre avuto la decenza di non saper mentire, di prendere sempre la parte di chi – secondo lei – era nel giusto. E la sfiga era che Olivia ci azzeccava sempre. Anche quella sera, a Cardiff, non aveva fatto differenza: aveva scelto Roxanne, non Nick o Ian, ma sua sorella. Aveva scelto di salvare il presente e cancellare il passato perché dei ricordi, ad un certo punto, non te ne fai più nulla se diventano così ingombranti da precluderti la bellezza del presente.
 
 
“Dai Zacky, ridammelo!”
“Dio quanto ti lagni… stare con mia sorella ti ha resa una rompipalle, lo sai?”
“La sono sempre stata, se per questo.”
Olivia compariva in quel video troppo spesso. Il making of – in versione integrale – del self-title era nelle sue mani da mesi, ormai, e non aveva intenzione di restituirlo a Matt. Quando le ragazze avevano passato l’estate ad Huntington Beach, ogni pretesto era stato buono per imprimere ogni ricordo su pellicola, in un video che Matt e Jimmy si erano detti concordi di rendere pubblico solo per ciò che riguardava le parti inerenti all’incisione dell’album. Più Zacky guardava il video, più si rendeva conto di come tutto fosse stato perfetto, quell’anno, come se non ci fossero mai state Cardiff o New York a dividerli. La sorpresa era sempre il ritrovare Holly e Roxanne insieme, l’unica cosa che gli ricordava che gli anni, invece, c’erano stati eccome lì in mezzo, a farli crescere e a cambiarli in peggio.
Roxy che rideva con Jimmy.
Holly e Matt che giocavano a basket in uno scontro impari nel cortile dietro la sala prove, in cui il ragazzo aveva sicuramente lasciato vincere l’altra.
Roxanne che portava la spesa aiutata da Brian.
Holly e Dakota che parlavano fitto sedute sulle altalene del parco che le aveva viste crescere.
Val e Roxy con in mano coltelli da cucina e carne al sangue per una sana grigliata a casa DiBenedetto.
Lui e Roxy insieme, sulla spiaggia di Huntington Beach, addormentati l’una sotto il sole cocente e l’altro nascosto all’ombra di un enorme ombrellone.
Quando c’erano stati tutti quei momenti di condivisione, senza incursioni esterne? Zacky stentava a ricordarli, così come non ricordava chi avesse girato quei video, ma la videocamera di Matt aveva girato così tante mani che sarebbe stato impossibile capire chi stava facendo cosa.
Ridevano tutti quanti, in quei video. Tutti erano felici.
Perché non potevano esserlo di nuovo?
Perché l’orgoglio ti impedisce di essere felice, Zacky.
Quindi, lui era destinato ad essere un infelice tutta la vita?
Fantastico.
 
 
Cardiff, 2008
 
 
Avevano deciso che non ci sarebbero più state feste di compleanno il venticinque dicembre. Roxy aveva dunque festeggiato da sola, spegnendo la candelina sul cupcake che le aveva preparato Holly. Aveva chiesto di restare sola, perché festeggiare senza suo fratello un compleanno che aveva sempre avuto il doppio delle candeline sulla torta, non era un vero compleanno. Holly voleva troncare le vecchie tradizioni, invece, dunque favorevole alla richiesta avanzata dall’amica. Aveva preso un ritmo di vita in cui non c’erano messaggi a tutte le ore a distrarla dal proprio lavoro, aveva imparato a non illudersi che il numero in sovrimpressione fosse quello di Zacky o di Matt, aveva rinunciato al lavoro al pub di Dave dedicandosi solo all’archeologia, ora che aveva iniziato a ricoprire ruoli importanti per l’Istituto Nazionale di Storia Britannica. Si stava ricostruendo una vita senza Huntington Beach o, almeno, ci provava. Il passato non serviva se non a ricordarti gli errori che avevi commesso in modo da non ripeterli in futuro, non a fossilizzarti su ciò che era stato per impedirti di guardare al futuro. Com’era possibile avesse perso di vista gli insegnamenti di Gian Battista Vico, ad un certo punto della sua vita? Probabilmente era accaduto quando aveva perso anche sé stessa, quando non ricordava più chi fosse Olivia Bridges, se una traditrice o un semplice essere umano dotato di libero arbitrio poi si era risollevata a poco a poco, ricordandosi i motivi per cui era fuggita da Huntington Beach e ciò per cui aveva lottato da quando ne aveva memoria.
Io non ho tradito nessuno: solo me stessa.
Aveva anche accettato che Roxanne festeggiasse da sola, costringendo Nick a non festeggiare il proprio, di compleanni.
“A Natale festeggeremo solo Natale.”
“Tu adori i compleanni. Non avete nemmeno voluto festeggiare Halloween… sembra che stiate portando il lutto, Holly. Non è normale.”
“Non passa nell’arco di pochi mesi. Servono tempo e pazienza. A poco a poco stiamo migliorando, no?”
Quando lo diceva, però, Holly non ne era convinta, come se fosse stato impossibile farsene una ragione. Quanto tempo ci sarebbe voluto per tornare a respirare regolarmente, sorridendo al mondo? Certo, rideva, ma c’era sempre l’istinto a indurla a prendere in mano il cellulare per mandare un mms a Zacky, o un sms a Matt. Erano gli automatismi di sempre a non volersene andare e ricordarle che loro, in qualche modo, continuavano ad esserci e riempirle la vita anche quando li stava lasciando fuori con ogni mezzo possibile.
Il giorno del compleanno di Roxanne e Zacky, Holly aveva portato all’amica il proprio cupcake, il proprio regalo – un completo intimo comprato da Victoria Secret ora che i negozi carichi di feromoni non la spaventavano più così tanto – e una lettera.
“Leggila stasera. E ricordati di esprimere il desiderio, Roxy. I miei cupcakes sono magici, lo sai.”
“Ehi folletto non…”
Roxy aveva distolto lo sguardo da Olivia, rigirandosi il nastro in raso nero del pacco regalo attorno alle dita. Lo stesso soprannome che utilizzava Matt, geniale.
“Se hai bisogno sai dove trovarmi.”
“Lavori stasera?”
“Si, almeno evito di pensare. Devo consegnare una relazione sui sopralluoghi che stiamo facendo in questi giorni.”
“Invece penserai e farai  un mucchio di casini.”
“Tu porti rogna, lo sai?”
Holly le aveva sorriso, posandole un bacio affettuoso sulla guancia, tornando a fissarla seria per qualche istante, prima di staccarsi da lei e tornare alla propria, lunghissima, giornata. La più dura sarebbe stata quella di Roxy: lei, non aveva alcun diritto di soffrire o piangere o lamentarsi l’undici dicembre, perché quello non era il suo giorno.
 
 
Roxanne aveva spento la candelina soffiandovi sopra tutta l’aria che aveva nei polmoni.
Voglio che tutto torni a quando potevamo essere felici e non sapevamo di esserlo già.
Aveva passato la giornata con il cellulare stretto convulsamente tra le mani, indecisa se inviare gli auguri a suo fratello o lasciar perdere, desiderando che almeno lui facesse la prima mossa. Seduta con i piedi nudi appoggiati sul divano, il cupcake solitario sul tavolino, Roxy si era persa lungo pensieri articolati e contorti, lungo la strada dei ricordi e dei rimpianti.
Rimpiangi solo quando sei un perdente.
Ricordi solo quando il presente non ha più nulla da offrirti.
Roxanne si sentiva si una perdente: aveva perso Zacky, e lui era tutto. Più importante di qualsiasi altro uomo o amico, lui era quello che – secondo le leggi del sangue – avrebbe dovuto esserci sempre, non essere il motivo del suo dolore più grande. L’aveva perso perché era innamorata di Ian? No, Roxy conosceva suo fratello meglio di sé stessa e se c’era una cosa che aveva ben chiara in testa era che la colpa, almeno in parte, era da imputare a tutto il contesto. Ian era solo stato il pretesto per reclamare una proprietà che Zacky non aveva più intenzione di tenere lontana da Huntington Beach, per mettere i puntini sulle “i” di anni di silenzi e rospi ingoiati. C’erano state decine di avvisaglie, ma lei e Holly avevano preferito ignorarle perché conoscevano Zacky e sapevano sempre come prenderlo. Quella volta, però, avevano finito per sbagliare i conti. Non avevano preso in considerazione la rabbia, l’istinto, la voglia di tenere la tua vita e ciò per cui hai lottato negli anni stretto a te, la voglia di riprenderti ciò che ritieni tuo di diritto, il desiderio di avere accanto ciò che hai sempre ritenuto davvero importante perché hai finito con il perdere di vista quali fossero, le persone per cui valeva la pena vivere e, perché no, morire.
Roxy, a quel pensiero, era scoppiata a piangere, bagnando il display del cellulare di lacrime amare che non voleva frenare: per quella sera soltanto, voleva essere libera di piangere di nuovo, sino ad addormentarsi esausta.
Mi manchi Zacky, mi manchi da morire.
Più di tutto vorrei che tu potessi capire che tutti sbagliano e che non c’è nulla di male nel chiedere scusa. Sai, più passa il tempo più si apre una voragine tra me e te.
Avrei voluto che i miei figli potessero avere lo zio migliore del mondo, invece, dovrò fingere di essere figlia unica. E sai, è difficile quando passi la tua vita con qualcuno che sa leggerti nel pensiero e che ti completa, pestando le stesse merde che pesti tu, facendo i tuoi stessi errori con la stessa risolutezza.
Sai cosa fa più male?
L’essere, per la prima volta, sola, senza di te, perché ho sempre creduto che sarei potuta ritornare appena lo avessi desiderato e tu saresti stato lì, pronto ad accogliermi a braccia aperte.
Ora invece non ho nemmeno più un luogo in cui tornare, da poter chiamare “casa”.
E questa è la cosa più triste.
 
 
Ti sei portato via tutto, Zacky.
La mia infanzia, la mia adolescenza, il mio cuore appeso al molo di Huntington Beach un sacco di estati fa, e i miei ricordi. Con il tuo solito egoismo hai mandato tutto a puttane, ma la colpa è anche mia e di Roxy. Ti abbiamo permesso di farlo e di affondarci. Lei non si merita un fratello come te, ma resti comunque lì, a ricoprire un ruolo che non ti spetta più.
Tu cos’hai perso?
Probabilmente solo due stronze: lo so che lo pensi.
In ogni caso, spero che almeno tu sia felice: d’altra parte, hai creato questo immenso casino e continui a volerci restare impantanato dentro. È il tuo modo per sentirti ancora al centro della nostra vita.
Resto qui, a fissare il display del cellulare tra la lettura di appunti presi in fretta e il ricopiarli al PC, temendo che Roxy mi chiami in lacrime schiacciata dai ricordi, ma so che non lo farà. Tua sorella ha le palle che mancano a Brian e che sono mancate a Matt per anni.
Ovunque tu sia a fare casino, questa notte, sono certa che a noi, ogni tanto, sarai costretto a pensare. Ho sempre creduto che i ricordi potessero preservarti dalla solitudine, invece ho compreso che sono l’arma più crudele con cui puoi continuare a fare del male a te stesso.
E sai cosa vorrei dirti, Zacky?
Auguri, scemo.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'autrice.Un ringraziamento speciale a Judy, che è stata la mia scrittrice dell’intervista al nostro caro gallese, nonché la beta ufficiale del capitolo. Ho ripreso la tradizione di casa Baker della “pace con i biscotti” che Judy ha inserito in “Freak Show”. Anche di questo, a lei il merito dunque. Il discorso fatto da Jimmy a Zacky, è stato preso/ispirato/rivisitato da una puntata dell’anime di “Toradora!”.

(*) citazione tratta dal film “This Must Be The Place.”



Note dell'autrice (2). Vi chiedo infinitamente scusa per il ritardo con la pubblicazione, ma come avrete capitolo questi capitoli mi portano via tantissimo tempo. Siamo agli sgoccioli della storia ormai, spero che non mi odierete troppo per ciò che accaduto ma, come dice il titolo del capitolo, così doveva finire. Grazie a chi deciderà di commentare, a chi segue questa storia con amore e devozione, a chi con lei si diverte, ride e piange.
   
 
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