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Autore: nerDyWolf    19/11/2011    1 recensioni
Un odio innaturale stava crescendo dentro di me.
La guardai da lontano, ben nascosta dietro ad una siepe, ridere e scherzare con le sue nuove amiche.
Possibile che non si chedesse mai come ci si sentisse a venir abbandonati, così, senza una spiegazione?
Strinsi le mani in due pugni: me l’avrebbe pagata cara.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*angolino dell'autrice* questa è una fanfiction che è stata scritta per un contest di scrittura e che, non so come sia potuto succedere, è arrivata al primo posto! La parte che trovete nel racconto scritta con il corsivo è la traccia che è stata data e sulla quale ho costruito tutto il resto.
E' cominciata per gioco, prendendo spunto da un'esperienza personale parecchio negativa alla quale ho apportato modifiche riguardanti l'aspetto fisico e i nomi delle persone, nonchè dell'ambientazione. La storia così com'è e le emozioni e sensazioni descritte nella breve one-shot sono tutte reali e fedeli alla realtà.
Non mi dilungo oltre, spero che qualcuno la legga e che possa apprezzarla. ^^ La trovate anche sul mio blog.


Otterrò mai la mia vendetta?
 
Vi è mai capitato di desiderare a tal punto che ogni genere di male, conosciuto e sperimentato, si abbattesse sulla persona che una volta era la più importante per voi e alla quale avreste affidato addirittura la vostra stessa esistenza, a occhi chiusi, senza pensarci un attimo? A me sì. Mi succede spesso, anche tuttora e sento il sangue ribollirmi nelle vene ogni volta che il mio sguardo si posa o sfiora anche soltanto lontanamente la sua figura.
Forse però è il caso che io parta dall’inizio. Mi chiamo Tara e ho vent’anni, capelli lunghi, ricci e color carota, mentre i miei occhi sono verdi. Sono di media statura e di corporatura esile. Ovviamente ho una pelle chiarissima e che il sole brucia con innata facilità. Sono figlia unica e certe volte penso che sarebbe stato meglio avere un fratello o una sorella con cui litigare, giusto per sentirmi meno sola. Putroppo i miei genitori non hanno voluto impegnarsi una seconda volta, visto che, a causa dei loro viaggi per lavoro, sono sempre stata affidata ai nonni. Ah già, vivo in uno sperduto paesino italiano confinante con l’Austria. Di poco conto menzionarlo. Vi basti sapere che c’è sempre una bella frescura tutto l’anno e d’inverno cade tantissima neve, è immerso e sperduto nella natura, un piccolo ritaglio di paradiso montano. A me piace definirlo così.
Ho un’amica e si chiama Vivién. O meglio, avevo un’amica. Già, ora non ce l’ho più. E’ ridicolo che una ragazza della mia età possa avere un’amica soltanto e che abbia perso anche quella, tra l’altro in maniera tanto stupida e improbabile, ma è proprio così.
Io e Vivién siamo cresciute praticamente insieme. Siamo state unite fin dalle scuole materne e, nonostante ci fossimo separate per proseguire gli studi al liceo in due istituti differenti, non ci siamo mai perse di vista un solo attimo. Siamo sempre uscite insieme durante i pomeriggi liberi, i week-end e anche durante le vacanze estive. Le nostre famiglie si accordavano con mesi d’anticipo per andare al mare tutti quanti insieme. Era un clima fantastico, sereno e tranquillo. Vivién era la mia ombra ed io la sua. La consideravo come una sorella e le volevo un bene dell’anima.
I problemi sono iniziati un paio d’anni fa, quando al mio diciottesimo compleanno, in piena estate, Vivién all’ultimo minuto mi mandò un maledettissimo sms comunicandomi che non sarebbe venuta. Cause sconosciute al momento, ma io, sospettosa fino al midollo, riuscì a scoprire che era andata a una festa in piscina organizzata da una certa Gloria e dal suo gruppo di amiche, dai genitori ricchi sfondati e il cui unico pensiero altro non fosse che quello di come acconciarsi i capelli, come truccarsi, il colore dello smalto o cosa indossare il giorno dopo.
Io e Vivién non abbiamo mai seguito scrupolosamente la moda come Gloria e le sue amiche. Ci interessava fino ad un certo punto e non è mai stata un’ossessione.
Scoperto il misfatto, avevo preso coraggio e avevo voluto parlare con la mia migliore amica, chiedendo spiegazioni sul perché non fosse venuta a festeggiare con me ed era andata a un party, dove praticamente non conosceva quasi nessuuno se non di vista.
La risposta che mi aveva dato mi aveva spedito il sangue direttamente al cervello. Non ci vidi più.
-Beh, loro sono popolari e per avere un po’ di riflettori puntati addosso mi è sembrata un’idea fantastica andare a una loro festa. Dovevi esserci è stato a dir poco fan...- , ma l’avevo interrotta mettendole una mano sulla bocca e guardandola in maniera truce, che non ammetteva repliche.
-Era il giorno del mio compleanno e tu mi hai piantata per andare da loro solo per un po’ di popolarità?! Ma da quando?! Non è da te! Da noi!- le avevo in pratica gridato in faccia.
No, non era da lei comportarsi così. Poi guardandola meglio avevo notato che i suoi biondi capelli, di solito mossi, erano perfettamente piastrati e che gli occhioni nocciola da cerbiatta erano truccati un po’ troppo pesantemente per i suoi gusti.
Quando le levai la mano dalla bocca mi urlò contro dandomi della matta e nei giorni a venire non riuscì manco più a rivolgerle la parola. Faceva finta di non vedermi e m’ignorava bellamente.
Più lei m’ignorava e più io non capivo perché lo facesse. Avevo tentato più volte la via della riappacificazione con lei, chiedendole scusa non so quante volte, ma lei ostinatamente mi trattava come se fossi un fantasma e mi passava di fianco.
In un nano secondo avevo perso Vivén ed io mi sentivo uno schifo. Giorno dopo giorno la vedevo trasformarsi, diventando esattamete come quella Gloria che tanto lei detestava e che anch’io odiavo. Lei si circondava di nuove amiche ed io ero più sola di un cane.
Ma la goccia che fece traboccare il vaso fu esattamente quel singolo episodio di sei mesi dopo l’allontanamento di Vivién da me.
Era metà gennaio e nevicava. Fuori faceva un freddo da paura e le strade erano velate di un leggero strato di neve e ghiaccio che costringevano il traffico del mio piccolo paesello a procedere a rilento.
Io ero uscita a piedi e mi ero coperta da cima a fondo per non prendere freddo. Volevo andare al parco; quello stesso parco in cui avevo giocato non so quante volte con la mia ex migliore amica e al quale mi stavo dirigendo da sola. Vidi un’altalena asciutta e che la neve sottile e candida aveva risparmiato grazie alle fronde di un abete un po’ più grande.
Mi misi seduta e cominciai a dondolare lentamente ripensando ai momenti più felici passati con Vivién e paragonandoli a quel baratro vuoto, quella voragine nera che aveva inghiottito la nostra amicizia in un nano secondo. Avevo passato il mio primo Natale senza di lei e la sua famiglia ed era stato un mortorio e una tristezza inimmaginabili. Strano e troppo tranquillo.
A un tratto più voci femminili mi riscossero da quei neri e cupi pensieri. Riconobbi subito la voce di Vivién tra quelle e, non so per quale motivo, mi alzai andando verso il confine del parco, il cui perimetro era circondato da un’alta siepe che a tratti lasciava qualche buco che permetteva di vedere dal lato opposto.
Un odio innaturale stava crescendo dentro di me.
La guardai da lontano, ben nascosta dietro ad una siepe, ridere e scherzare con le sue nuove amiche.
Possibile che non si chedesse mai come ci si sentisse a venir abbandonati, così, senza una spiegazione?
Strinsi le mani in due pugni: me l’avrebbe pagata cara.
Lei non poteva nemmeno lontanamente capire come si sentissi io; abbandonata, delusa, derisa, ma soprattutto tradita. Mi aveva promesso che saremmo state amiche per sempre, che niente ci avrebbe diviso, tanto meno stupide divergenze e litigi inutili e invece non è stato così.
Mi aveva pugnalato alle spalle e lei non immaginava quanto male mi stesse facendo.
Volevo la vendetta in quel momento, ma non sapevo come metterla in atto.
Furono istanti quasi da film horror quelli che mi passarono veloci per la testa. Pensai ogni sorta di cattiveria e crudeltà possibile e non era da me. Ne ebbi quasi paura. Ero arrivata a volerla morta, investita da un’auto, preda della malattia più terribile.
No, quella non ero io!
Sì, Vivién mi stava lentamente uccidendo, perché vederla con altre fare quello che fino a qualche tempo fa faceva insieme a me bruciava e mi corrodeva terribilmente dentro. Gli occhi mi pizzicavano e inconsapevolmente lacrime calde, salate, colme di rabbia e odio mi bagnarono le guance rigandole.
L’unica cosa che potevo sperare, se così si può dire, era che tutto quello che ora lei stava facendo a me, un giorno le si ritorcesse contro. Era una cosa orrenda da pensare e da volere, ma in quel momento non desiderai altro così intensamente.
Lasciai il parco senza farmi vedere da loro e soprattutto da lei e, sotto la neve che ricominciava a cadere, presi la strada per tornare a casa, mentre cercavo di trattenre le lacrime e di asciugare quelle traditrici che già erano sfuggite al mio controllo.
Ancora non sapevo che, nell’arco di due anni, il mio malsano desiderio si sarebbe avverato.
Vivién è rimasta sola. Le sue amichette alla moda, così oche da farmi venire il prurito alle mani e così poco adulte, tanto infantili e bambine, l’hanno lasciata sola, così come lei ha abbandonato me.
Ho goduto e gioito a questa notizia. Non immaginate nemmeno quanto.
Già, perché io sono rimasta sola, ma ho riallacciato i rapporti con altre vecchie compagne di liceo che ogni tanto vedo. Mi vedo con un ragazzo e ho un’amica migliore di Vivén che dubito possa commettere lo stesso ridicolo errore suo. No, Cyntia, capelli castani e pelle olivastra con occhi azzurro chiarissimo e un fisico che farebbe invidia a una modella, non farebbe mai una simile cosa e ne sono certa.
Cosa ne è stato poi di Vivién, mi chiederete, no? Ha cercato di scusarsi con me, ma io, da egoista e vendicativa che sono, mi sono comportata esattamente come ha fatto lei per due lunghi anni.
Un fantasma per me. Ho scoperto che l’odio non fa così male come l’ignorare una persona, perché l’ho imparato a mie spese sfortunatamente.
Se tu odi, consideri ugualmente una persona. Lo dimostra il fatto che  provi verso di lei un sentimento, seppur negativo.
Se tu ignori, invece, quella stessa persona per te non esiste, non è niente, è il nulla e fa ancora più male.
Questa è la mia vendetta: ignorare e non odiare. E questo è quello che continuerò a fare, perché Tara non dimentica, perché Tara probabilmente è una stronza, sì. Tutti gli aggettivi negativi che possano starmi bene, ma io ora ho una vita serena e felice, anche senza Vivién.
   
 
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