# Mi
fido di te
Le prime
luci dell’alba li sorpresero a letto mentre chiacchieravano
teneramente.
Rick,
sdraiato a pancia in giù si godeva le coccole di Kate che,
girata su un fianco
gli accarezzava i capelli corti.
“Te lo
giuro Rick, la Gates non ti sopporta!” ridacchiò
Kate.
“Ma se
non mi ha mai visto? Non ha senso!” protestò lui.
“Evidentemente
la tua fama ti precede”
“E non è
totalmente affascinata da me?” lanciandole un sorriso
sbruffone che la fece
ridere.
“Affascinata
non è il termine che userei..”
“E quale
termine useresti?”
Finse di
pensarci un po’ su “Ti odia Rick,
palesemente!” disse poi.
“Cosa?
No, è impossibile”
“Il primo
giorno di lavoro dopo la mia convalescenza mi convoca nel suo ufficio e
senza tanti
preamboli mi domanda …Allora?
Dov’è
questo scrittore dilettante che gioca a fare il poliziotto di cui ho
tanto
sentito parlare? Avrei giusto un paio di cose da dirgli…”
“Kate,
sono nudo! Ti sembra il momento di prendermi in giro?” disse
allegro, credendolo
uno scherzo.
“Giuro
che ha detto così, parola per parola”
“Dilettante?
Ha veramente detto dilettante?” alzò la testa dal
cuscino per poi lasciarla
ricadere pesantemente.
“Oh, si.
La richiesta di Alexis di non seguire più i casi ti ha
salvato dall’essere
mangiato vivo, credimi…”
“E’ solo
che non mi conosce..” insistette lui.
Kate
scosse la testa divertita.
“Io
piaccio a tutti!”
“Non alla
Gates, a quanto pare” lo schernì.
“Forse se
le mandassi dei fiori…”
“No!
No…lascia stare…” lo bloccò
immediatamente lei.
“Su, non
fare la gelosa”
“Cosa?
Non era quello che intendevo..” ma Rick non la
lasciò finire rubandole un bacio
e rotolando sopra di lei.
Fresco di doccia Castle scese
velocemente le scale di
casa sua.
Era ancora su di giri nonostante le
pochissime ore di
sonno ed era affamato.
In cucina trovò Alexis e
Martha ancora in pigiama e in
vestaglia.
“Cosa ci fate ancora
mezze addormentate? Il mattino ha
l’oro in bocca!”
Alexis lo guardò stupita
bloccando a mezz’aria il
biscotto che stava addentando.
“Non lo mangi?”
il padre veloce glielo rubò,
infilandoselo in bocca, sorridente.
“Ma come siamo pimpanti,
caro! Hai passato una bella
nottata?” domandò Martha.
L’entusiasmo di Rick si
spense di colpo “Madre! Non
sono cose da chiedere queste!” rispose con fare offeso
“Comunque sì, ho passato
una splendida nottata!” aggiunse poi con aria sognante,
prendendo un altro
biscotto.
La donna rise, non aspettandosi
quel commento.
“Papà, non
traumatizzarmi di prima mattina!” gli disse
Alexis, rubandogli a sua volta il biscotto dalle dita.
La ragazzina se ne andò
in camera a vestirsi e a
preparare la borsa per la scherma.
Dopo un primo sorso di
caffè, il silenzio piombò nella
stanza.
Alzò gli occhi dalla
tazza e trovò quelli della madre,
indagatori.
Si sentì improvvisamente
un adolescente colto in
fallo.
“Cosa avete intenzione di
fare?” domandò la donna con
un sopracciglio malizioso alzato.
“C-chi?”
rispose Castle fingendo indifferenza.
“Sai benissimo che sto
parlando di te e di Kate!”
Rick finì il
caffè restante e posò un bacio sulla
fronte della madre “Devo parlarne con Alexis prima, poi ti
racconto tutto.
Promesso!” e si allontanò, anche lui come la
figlia per andare in camera sua.
“Sarà meglio
per te, si deve fare in fretta a cercare
la chiesa e il ristorante…”
La saliva gli andò di
traverso mentre saliva i
gradini.
Per raggiungere la scuola di
scherma decisero di
attraversare Central Park.
Dicembre era iniziato da poco ma la
prima neve
dell’anno non si era ancora decisa a scendere.
Le passeggiate erano ancora
piacevoli e Central Park
regalava sempre nuovi colori e nuove emozioni.
Padre e figlia camminavano fianco a
fianco in
silenzio.
Rick si rigirava tra le mani la
tracolla della sacca
di Alexis, incerto su come iniziare il discorso.
“C’è
una cosa molto importante di cui ti vorrei
parlare”
“Qualunque cosa sia, ti
ricordi cosa ti ho detto ieri
sera?”
Castle ci pensò per
qualche secondo, poi ricordò.
“Sono felice se tu sei
felice” ripetè Alexis “Sei
felice, papà?”
“Molto”
riuscì solo a dire.
“Ed è per via
di Kate?” chiese sua figlia con sguardo
divertito.
“E’
così evidente o te l’ha suggerito la
nonna?”
“C’è
solo una persona che riesce a farti cambiare
umore così repentinamente, a parte me”
spiegò lei.
Castle annuì, abbassando
lo sguardo.
Sua figlia ormai era grande e
innamorata. Era una
donna che presto se ne sarebbe andata a raggiungere il suo ragazzo a
Standford.
Certi discorsi ora non erano più così
imbarazzanti anche se una parte di lui
avrebbe continuato a vederla come la sua piccola carotina.
“E a te sta
bene?” domandò poi cauto.
Alexis si fermò stupita
“Mi stai chiedendo il permesso
di stare con Kate, papà?”
“No, io.. non lo so a
dire il vero, voglio solo sapere
cosa ne pensi…”
Non si era mai sentito
così vulnerabile in vita sua.
Una parola di sua figlia avrebbe potuto distruggere tutto.
“Non me l’avevi
mai chiesto…” esclamò lei basita. Poi
si ricordò della lunga chiacchierata che avevano avuto prima
del matrimonio con
Gina “…non così direttamente
almeno”
“Non avevo mai trovato
nessuna importante quanto te,
prima d’ora” ammise, stringendole la mano.
Si guardarono negli occhi per
qualche istante.
“Non potrei mai impedirti
di stare con qualcuna,
soprattutto con Kate.” disse proseguendo a camminare.
Un sorriso spuntò sul
volto di Castle. La raggiunse e
proseguirono nuovamente fianco a fianco.
“Ma grazie per avermelo
chiesto. È importante per me”
Castle le circondò le
spalle “È importante anche per
me, tesoro. Tu sei importante per me” le disse lasciandole un
leggero bacio sui
capelli.
Alexis sorrise tra le braccia del
padre, stringendosi
più a lui.
Era grande ormai, ma in certi
momenti le piaceva
ancora sentirsi bambina, protetta in quell’abbraccio.
Mancava poco per arrivare a lezione
e c’era ancora una
cosa che Alexis doveva sapere.
“Su, raccontami tutto,
come vi siete incontrati? Cos’è
successo? E ti prego, tralascia tutto ciò che una figlia non
dovrebbe mai
sapere su suo padre..” concluse ridendo.
Castle si unì alla
risata e iniziò il racconto.
Per la seconda volta in quella
mattinata, rientrò in
casa con il sorriso sulle labbra.
Vide Martha in soggiorno infilarsi
i guanti azzurri,
da abbinare al cappotto del medesimo colore, appeso
all’ingresso.
“Deduco che la
chiacchierata con Alexis è andata bene”
constatò lei, solo guardandolo in volto.
“Non so come o
perché, ma ho la figlia migliore del
mondo!” rispose tutto fiero e orgoglioso.
“Ora finalmente
potrò sapere anche io cosa è successo
o devo chiamare direttamente Kate?”
Il campanello suonò
prima che lui ebbe modo di
rispondere.
“Madre lascia perdere le
bomboniere, per carità, vuoi
farla scappare a gambe levate?” disse ridendo mentre apriva
la porta.
“Ma quanto avete
intenzione di aspettare figli miei,
altri quattro anni?”
La voce dell’attrice
raggiunse Castle e il signore in
giacca e cravatta che attendeva di essere ricevuto.
“La scusi, mia madre ha
una voce terribilmente
squillante quando tocca certi argomenti..” prese parola
Castle “La posso
aiutare?” domandò allo sconosciuto.
L’uomo porse la mano
“Piacere Sig. Castle, mi chiamo
Steve Forbes dello studio notarile Forbes&Gilbert”
Castle afferrò la sua
mano e lo invitò ad entrare,
conducendolo nel suo studio.
“Non le nascondo che sono
sorpreso, Sig. Forbes”
ammise lo scrittore. Non era certo una visita di tutti i giorni.
“Non si preoccupi,
sarò breve” disse l’uomo poggiando
la sua ventiquattrore su di un angolo libero della scrivania e facendo
scattare
le due chiusure meccaniche.
Ne estrasse una busta bianca
rettangolare non
affrancata e una plico beige più grande.
“Ho ricevuto istruzioni
dettagliate da un nostro cliente,
Sig. Castle. Le dovevo consegnare questi documenti a novanta giorni
esatti
dalla sua morte.”
“Che sarebbe oggi
immagino” dedusse Castle.
“Esattamente”
il Sig. Forbes glieli porse e poi
richiuse la valigetta.
Castle li prese con mani tremanti.
C’era solo una
persona che poteva avergli mandato quei documenti e che era morta tre
mesi
prima.
“Roy Montgomery le ha
dato queste istruzioni?” chiese
incredulo.
“Il Sig. Montgomery
è nostro cliente da svariati anni.
Il nostro studio custodisce queste carte per lui da molto tempo. Circa
una
settimana prima della sua morte ci diede istruzioni di consegnare a lei
e lei
soltanto questo plico. Ma solo dopo un tempo minimo di tre mesi dalla
sua morte.
Disse che doveva aspettare che le acque si fossero calmate.”
Castle vide l’uomo un
po’ scosso, ma lo lasciò
proseguire.
“Sembrava sapesse che gli
restava poco tempo ormai.
Aggiunse al plico quella busta bianca che le ho dato e non disse altro
se non
che dovevo consegnarglieli a mano e di persona.”
Castle restò in
silenzio, elaborando le parole del
Sig. Forbes.
“Non
c’è altro che può dirmi?”
domandò speranzoso.
“Mi dispiace, non le so
dire altro. Temo che dovrà
scoprirlo da solo” disse abbassando lo sguardo su quei
documenti.
Ringraziò
l’uomo e lo accompagnò alla porta.
Martha vide il figlio preoccupato.
Non c’era più il
sorriso di prima sul suo volto.
“Richard, cosa voleva
quell’uomo?”
Sua madre non sapeva nulla del
coinvolgimento del
Capitano Montgomery nell’omicidio di Johanna Beckett.
Nessun’altro oltre a lui,
Kate, Ryan e Esposito lo sapevano.
E di certo non aveva intenzione di
tradire quel patto
suggellato poco prima di andare al funerale di Roy. Ne tantomeno
intendeva
mettere in pericolo Martha.
Meno persone sapevano meglio era.
“Oh, nulla, scartoffie
legali…” disse fingendo meglio
che poteva.
“Non mi sembrava il
nostro avvocato quello”
“E’ un nuovo
acquisto, ma tu stavi uscendo giusto? Io
mi rintano nel mio studio a scrivere un po’, sai ora che le
cose tra me e Kate
vanno alla grande sono sempre ispirato!” mentì
parlando velocemente.
“Si…esco…”
disse poco convinta “… a più
tardi”
Castle si chiuse veramente nel suo
studio ma non certo
per scrivere.
Per qualche minuto fissò
quelle buste indeciso sul da
farsi.
Una vocina nella testa gli diceva
che doveva chiamare
Kate e renderla partecipe.
Ma un’altra, altrettanto
insistente gli ricordò di
come reagisce Kate quando si tratta del caso di sua madre.
Qualunque cosa fosse contenuta in
quelle buste,
Montgomery l’aveva mandata a lui.
Non a Kate, non a sua moglie, non
al distretto, ma a
lui.
Fece un respiro profondo e decise
di onorare il volere
dell’uomo.
Aprì la piccola busta
bianca. Era una lettera scritta
a mano da Montgomery stesso.
Poche righe dirette a lui.
Castle,
perdonami se ti
mando questi documenti. Perdonami se così facendo ti
metterò in pericolo.
Non avrei mai
voluto che le cose andassero in questo modo ma non ho mai potuto fare
nulla per
fermarlo.
Ci tiene tutti in
pugno. E so che leggere il suo nome sarà un duro colpo anche
per te, ma devi proteggerla.
Meglio di quanto
abbia mai saputo fare io.
So che la ami e che
farai di tutto per tenerla al sicuro. Forse non capirà mai
ma è meglio così,
credimi.
Fa ciò che ritieni
più giusto di questi documenti ma ti supplico di impedirle
di arrivare a lui.
Ci sono cose peggiori
della morte e lui le sa sfruttare tutte.
Mi fido di te
Castle
Roy Montgomery
Rilesse la lettera più
volte, incapace di andare
oltre.
Quelle poche parole erano bastate a
spaventarlo a
morte.
Ma era ad un passo dalla
verità e non poteva fermarsi
ora.
A Johanna Beckett andava resa
giustizia. A Kate invece
andava ridata la pace dell’anima.
La vita della donna che amava
dipendeva dal nome
all’interno di quella busta beige.
Si fece coraggio e la
aprì.
Tabulati telefonici, depositi
bancari ed estratti
conto di Montgomery, Raglan e McAllister.
Ecco il contenuto della busta.
I movimenti bancari e tutte le
telefonate dei tre
detective che avevano commesso un terribile sbaglio quella notte di
quasi venti
anni fa.
E in tutti quei fogli un solo nome
capeggiava in bella
vista.
Il destinatario dei bonifici e
delle telefonate era
sempre lo stesso.
Scritto nero su bianco proprio di
fronte a lui.
Per qualche secondo gli
girò la testa.
Si alzò di scatto in
cerca di un bicchiere d’acqua.
Non poteva essere vero, ci doveva
essere di sicuro un
errore.
Bevve d’un fiato e
tornò veloce nello studio.
Quel nome era ancora lì.
Gli era impossibile da credere
eppure tutto cominciava
ad avere un senso.
Con la logica riusciva a far
quadrare tutto. Con la
testa tutto combaciava.
Ma con il cuore? Quello era il nome
di un suo amico!
Per certi versi quasi un padre.
Aveva sempre una parola buona per
lui, o una pacca
sulla spalla.
Ad ogni partita di golf
corrispondeva un buon
consiglio.
Ad ogni serata di poker, invece, un
sincero
apprezzamento sul suo lavoro di scrittore.
E poi si ricordò. Era
stato lui stesso a presentarlo a
Kate.
Lo stomaco gli si
rivoltò con prepotenza. A stento
riuscì a non rimettere.
Proteggere Kate. Questa era
l’unica cosa da fare ora.
Ricacciò indietro la sua
delusione e ignorò la ferita
bruciante che sentiva dentro.
Chiuse tutti i documenti in
cassaforte e prese con sé
solo la lettera di Montgomery.
Doveva assolutamente parlarne con
Kate. Con calma, un
passo alla volta, senza buttarle tutto addosso magari, ma doveva
dirglielo.
Non poteva negarle la
verità. Soprattutto non ora che
stavano insieme.
Non
poteva rovinare tutto, non se lo sarebbe mai perdonato.
Angolo
dell’autrice:
ok, ragazze, bando alle ciance! Qui
inizia la parte
più oscura della storia.
Aspettate a fare teorie e a tirare
ad indovinare
presto avrete tutte le risposte...
Oppure no, vabbè provate
pure! XD tanto non credo sia
così difficile da capire ;D
Un bacione e grazie a tutte per le
splendide
recensioni *__*
Buona lettura e buona 4x09
martedì! Non sto più nella
pelle!!!!
Ivi87