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Autore: Lenn_Light    15/07/2006    7 recensioni
Come forse si è già capito dal nick siamo Lenn Chan e LightAngel!!! Tempo fa parlando è venuta fuori l’idea di questa ff a quattro mani!!! E’ un po’ una parodia della pubblicità televisiva da cui abbiamo preso il titolo…ovviamente con la nostra coppietta preferita!!
Genere: Generale, Romantico, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Hilary sbadigliò per l’ennesima volta lasciandosi completamente andare sullo schienale di una delle poltrone, piuttosto scomod

Hilary sbadigliò per l’ennesima volta lasciandosi completamente andare sullo schienale di una delle poltrone, piuttosto scomode oltretutto, della grande sala d’aspetto dell’aeroporto. Era stanca morta, il viaggio l’aveva sfinita, e non aveva la minima idea di che ora fosse. Doveva ammettere che cambiare paese a distanza di pochi giorni non la lasciava del tutto illesa fisicamente, i vari fusi orari la scombussolavano parecchio. Non faceva in tempo ad abituarsi che era già il momento di ripartire. Certo, le piaceva viaggiare e vedere ogni volta posti nuovi, però anche le cose piacevoli potevano avere i loro lati negativi. E come se non bastasse erano più di venti minuti che lei, El e Todd stavano aspettando di poter recuperare le loro valige. Ma quanto impiegavano per scaricarle?

-Tieni, è per te!- la brunetta sollevò lo sguardo vedendo Todd che le porgeva un enorme bicchiere di frullato alla fragola.

-E’ il tuo preferito, no? Ho notato che sei un po’ stanca, un po’ di zuccheri ti faranno bene!- aggiunse sorridendo.

-Grazie- gli disse prendendo il frullato, portandosi la cannuccia alla bocca.

-Di niente! Per te questo ed altro!- ribatté sedendosi accanto a lei.

El lo guardò di sbieco domandandosi per quanto ancora avrebbe dovuto sopportarlo. La prossima volta che sarebbero saliti su un aereo lo avrebbe lanciato dal finestrino senza paracadute. Un modo semplice ed efficace per liberarsi di qualcuno. Sfortunatamente però, ora si trovavano a terra, quindi avrebbe dovuto rinunciare…per il momento.

-Ehi, Hilary, hai sentito Kai?- domandò alla sua amica. Certo, così non avrebbe eliminato fisicamente quel biondino irritante ma almeno lo avrebbe fatto un po’ stizzire.

-Ieri sera, per messaggio-

L’americano sbuffò facendo impercettibilmente sogghignare El.

-Però…- continuò la diciottenne.

-Però?- la incitò il ragazzo, facendosi improvvisamente attento, sperando che finalmente il “suo tesoro” avesse deciso di mollare quel tizio.

-No, niente…è solo che…l’ultima volta che ci siamo parlati è stato ad Alessandria. Speravo tanto che mi chiamasse…- disse in tono sconsolato, sentendo che le mancava.

-Nh…non capisco perché perdi tempo con quello, quando io sono qua a tua disposizione!- Todd si inginocchiò teatralmente ai suoi piedi prendendole una mano tra le sue.

-Hilary, io ti sto offrendo il mio amore su un piatto d’argento…accettalo, e saprò renderti felice!-

-Wow! Che brivido! Svengo dall’emozione! Non continuate vi prego, vado a prendere dei pop-corn!- esclamò El sarcastica. 

Il ragazzo le lanciò un’occhiata scocciata, poi si sedette di nuovo accanto ad Hilary passandole un braccio intorno alle spalle, senza però staccare lo sguardo dalla francese, mentre sulle sue labbra si delineava uno strano sorriso.

-Che vuoi?- domandò El in malo modo, irritata da Todd che continuava a guardarla con quel sorrisino di mal celata malizia.

-Non ti dà fastidio che io abbracci Hilary?- le domandò.

-La tua sola presenza mi dà fastidio, Todd. Indipendentemente da quello che fai- replicò lei, fredda come di consueto.

-E non sei un po’…come dire…gelosa?- insinuò. La ragazza lo guardò in silenzio per qualche istante. Che diavolo blaterava? Stava per chiederglielo quando lui la precedette con una risposta non verbale. L’americano infatti, sollevò il sopracciglio destro come a voler dire:-Sai cosa intendo-

-Ancora con questa storia? Ti ho già detto che non sono lesbica!- ribatté.

-Perché pensi che lo sia?- chiese Hilary rivolgendosi al biondino, leggermente stupita. Ogni volta con quei due usciva fuori qualcosa di nuovo, quando se ne stavano buoni e cominciava finalmente a pensare di poter aver davanti almeno mezza giornata di relativa tranquillità, senza sentirli provocarsi a vicenda, ecco che ricominciavano a litigare. Un cane e un gatto sarebbero andati d’amore e d’accordo in confronto a loro.

-El ha sempre uno stuolo di ammiratori ai suoi piedi! E la cosa non mi stupisce perché lei è molto bella- continuò la moretta.

-D’accordo…ma è mai uscita con qualcuno di loro?- domandò il ventenne.

-Non molto spesso- gli rispose dopo averci pensato qualche secondo.

-E non ti sei mai chiesta perché? Probabilmente non le piacciono i ragazzi-

“Probabilmente tu sei un gran deficiente. Anzi, sicuramente” pensò la francese. Il fatto che non usciva con quelli che le facevano la corte non significava che fosse necessariamente lesbica. Sarebbe uscita con un ragazzo quando ne avrebbe trovato uno con un po’ di cervello. Ammesso che esistesse. Più stava vicino a Todd e più cominciava a perdere la speranza. Ma Kai almeno le ridava un po’ di fiducia, in fondo se era riuscito a risolvere tutti gli indizi che aveva preparato per lui significava che un po’ di intelligenza l’aveva.

Si alzò, avanzando in direzione del recupero bagagli per andare a vedere se finalmente le loro valigie erano state scaricate dall’aereo. Erano quasi venti minuti che aspettavano.

Così almeno si sarebbe allontanata da quello stupido ragazzo con quelle stupide assurde teorie. Lui non sapeva niente di lei o di quello che aveva passato. Come si permetteva un idiota qualunque venuto da chissà dove di giudicarla? E poi…perché lei se la prendeva tanto? Non le era mai interessato quello che la gente pensasse di lei, non l’aveva mai toccata…

-Non dovresti essere così provocatorio con El- disse Hilary, rivolgendosi a Todd, mentre sgusciava via dal suo avvinghiante abbraccio.

-Ehi! E’ lei che comincia!- ribatté mettendo le mani in avanti, come volesse difendersi da quell’affermazione.

-Chi ha cominciato questa volta?-

Il biondino sbuffò. D’accordo, aveva iniziato lui, ma solo quella volta…e forse poche altre, ma la maggior parte delle volte cominciava lei.

-Sai, El…ha avuto un passato…difficile- gli confessò la brunetta.

-Difficile?- Todd si fece improvvisamente attento.

-A dire la verità non ne so molto nemmeno io…- continuò la ragazza, spostando lo sguardo in direzione dell’amica che adesso se ne stava in piedi vicino al tappeto scorrevole del recupero bagagli. La vide incrociare le braccia al petto e volgere l’attenzione verso una delle piste di atterraggio che si scorgeva attraverso un grande vetro che prendeva un intero lato della sala.

-So solo che non ha mai avuto buoni rapporti con suo padre…-

 

Kai sbuffò, chiudendo l’enorme volume sulle Crociate che aveva trovato sul letto della sua camera d’albergo appena era entrato in stanza. Un volume di più di ottocento pagine solamente sulle Crociate. Aveva cominciato a leggerlo, ma arrivato a pagina venti gli si era completamente fuso il cervello. Era impossibile per chiunque reggere una simile lettura, figurarsi per uno come lui che odiava la storia. Era una di quelle materie che proprio non sopportava, quando andava a scuola infatti si inventava ogni volta una nuova scusa per non frequentare quelle lezioni…Hilary invece era tutto il contrario. Le piaceva la storia, a dire la verità le piaceva ogni cosa che avesse a che fare con la scuola, e lo dimostrava il fatto che all’università prendeva voti eccellenti. Ma si rifiutava di credere che volesse costringerlo a leggersi un libro pesante come un mattone, in tutti i sensi. Non era così sadica…forse a volte lo era con Takao e Daichi quando la facevano arrabbiare…ma non con lui…almeno sperava. No, doveva esserci qualcos’altro sotto. Ma cosa?

Si alzò dal letto, avvicinandosi alla finestra, quella dove era attaccato lo strano rettangolo con su scritto 2:3. Sembrava una proporzione, qualcosa in scala per la precisione. Staccò delicatamente il cartoncino dal vetro, stando attento a non rovinarlo, e lo rigirò tra le mani.

“Due sta a tre” pensò. D’accordo, e che diavolo significava? E poi quel colore rosso intenso…doveva voler intendere qualcosa, ormai aveva imparato che in quegli indizi niente era un caso…

Posò il rettangolo sul comodino e il suo sguardo vagò immediatamente verso l’angolo opposto della camera, dove aveva riposto l’alabarda che un cameriere gli aveva consegnato personalmente. Doveva ammettere che quello era il regalo più strano, e più pericoloso avrebbe aggiunto, che avesse mai ricevuto…certo, sempre se poteva considerarsi un “regalo”. La lama acuminata, che scintillava se qualche raggio di sole vi si posava sopra, gli metteva addosso una certa soggezione. Sembrava piuttosto antica…si chiese se fosse solo un pezzo da collezione o se fosse stata davvero utilizzata in battaglia secoli prima. Chissà se era servita per uccidere qualcuno…scosse la testa, cacciando via dalla mente immagini non proprio felici di uomini che venivano trafitti da quella lancia.

Concentrò piuttosto la sua attenzione sul cartellino appeso all’arma. Quella data, 1° ottobre 1995, certamente non poteva riferirsi all’anno in cui era stata costruita l’alabarda. Ma che collegamento c’era allora? Cosa era successo di particolare in quel giorno di quell’anno?           

-Ah, sono stanca morta!- Hilary si buttò sul letto a pancia in sotto, completamente sfinita. Non solo avevano dovuto aspettare più di mezz’ora all’aeroporto per recuperare i loro bagagli, ma avevano vagato per quasi due ore per la città, prima di riuscire a trovare il loro albergo. Si erano persi chissà quante volte e non avevano trovato nessuno in grado di dargli spiegazioni esatte.

-E’ tutta colpa di Todd!- sbottò El, lasciandosi andare sul materasso, seguendo l’esempio dell’amica.

-Ci ha portato nella parte opposta della città, e diceva: “Non vi preoccupate, io so leggere benissimo le cartine! Datemi la mappa e saremo a destinazione in meno di un minuto!”- continuò, citando le parole del ragazzo.

-Quello sa leggere a malapena l’orologio!-

Hilary abbozzò un sorriso, stendendosi supina, fissando il soffitto. –Dai, voleva solo rendersi utile!-

-Come no! Utile a farci perdere tempo! Non capisco perché lo difendi sempre, come fai a fidarti di lui? Io non mi fiderei nemmeno se mi pagassero!-

La giapponese scoppiò a ridere.

-Si può sapere perché ridi, adesso?- domandò l’altra.

-Anch’io pensavo così di Kai…prima di innamorarmi di lui-

Ad El per poco non si mozzò il fiato in gola. Voltò la testa verso la brunetta…che cosa voleva insinuare? Stava per chiederglielo, ma vide l’amica chiudere gli occhi e sbadigliare profondamente. Sembrava davvero molto stanca. Forse la sua non era stata un’insinuazione ma solo una constatazione.

Si alzò dal letto e si avvicinò alla finestra spalancando i vetri, lasciando ad una fresca brezza di accarezzarle il viso. Le piaceva quella città, anche se era estate non faceva troppo caldo e il clima non era per niente umido.

-El?- la chiamò Hilary.

-Cosa c’è?-

La diciottenne si levò a sedere, incrociando le gambe. –Mi manca tanto Kai…-

-Hilary, non lo vedi da un mese! Da come lo dici sembra che state separati da anni!- replicò la francese.

-Lo so…ma un minuto senza di lui è lungo quanto un’eternità…-

El sollevò un sopracciglio. –Ti prego, Hil! Sembri la protagonista di una di quelle telenovele smielate che, sai benissimo, io non sopporto!-

-Lo so…nemmeno a me piacciono, però…non ci posso fare niente se mi manca!- sospirò.

-Hn- mugugnò l’amica. –Io comunque non mi ridurrò mai così per un ragazzo- continuò fredda. 

-Quando ti innamorerai cambierai idea- ribatté Hilary rivolgendole un dolce sorriso. El voltò la testa dall’altra parte, verso la finestra, sbuffando impercettibilmente. Il suo sguardo cadde per caso sul retro del giardino dell’albergo sul quale si affacciava la loro camera. Ridusse gli occhi a due fessure e serrò la mascella appena scorse la figura di Todd. Quanto non lo sopportava, la sola vista di quel biondo americano le dava sui nervi. Di certo se tutti i ragazzi erano come lui non si sarebbe mai innamorata. Mai. Assolutamente. Piuttosto si metteva a correre nuda insieme ai leoni della Savana.

 

Kai spense il computer, stanco di fare altre ricerche. A forza di stare ore davanti al monitor gli era venuto mal di testa. Aveva pensato di mettersi subito a lavorare all’indizio sperando di venirne presto a capo, ma a quanto pareva la cosa era molto meno semplice di quanto potesse pensare. Gli costava ammetterlo ma non aveva la minima idea di dove cominciare. Si era rintanato nell’internet point dell’albergo per buona parte della giornata ma non era giunto a nessuna conclusione. Aveva cercato qualunque cose potesse in qualche modo essere relativa alla data segnata sul cartellino dell’alabarda…veramente qualunque cosa. Aveva trovato centinaia di siti che almeno citavano il famigerato ottobre 1995…e quasi tutti trattavano di una cosa diversa e difficilmente collegabile tra loro o a quella strana leggenda sul drago e il cavaliere…o a quel rettangolo rosso…

Era come cercare un ago in un pagliaio. Impossibile.

Si alzò dal tavolo, liberando finalmente il computer. Eppure gli indizi che aveva a disposizione gli suggerivano qualcosa. Non sapeva spiegarsi bene cosa, era più una sensazione, una sensazione di logicità in un contesto che poteva apparire del tutto irrazionale. O una sensazione di familiarità, per meglio dire.

Spostò il suo sguardo fuori, verso la piscina. Alcuni bambini stavano giocando nell’acqua e sembravano non risentire affatto del caldo. Perché faceva davvero caldo. Quasi quasi…

Kai si diresse verso la hall dell’albergo, alla reception. In fondo si trovava in un albergo di lusso, quindi perché non approfittarne?

La proprietaria dell’albergo era dietro il bancone, una signora sulla cinquantina, con i capelli biondo tinto, che si sistemò le spalline del vestito non appena vide arrivare il russo, e gli rivolse un grande sorriso.

-Stanza 312, giusto?- gli domandò porgendogli la chiave della camera. Il ragazzo si limitò ad annuire, chiedendosi come fosse possibile che, essendo arrivato quella mattina, quella donna si ricordasse già il numero della sua stanza…forse ci era abituata, in fondo era il suo lavoro…

-Spero che si trovi bene qui da noi- continuò.

-Si- fu tutto quello che le rispose. “Anche se mi troverei ancora meglio se riuscissi a decifrare quel cavolo di indizio” pensò.

-Signor Hiwatari…lei li ha diciotto anni?- gli chiese la donna, prima che lui potesse sparire verso l’ala dell’albergo che conduceva alle stanze degli ospiti.

-Ne ho diciannove- le disse, voltandosi appena, domandandosi il perché di quella domanda.

-Bene, allora…a più tardi- ribatté, sorridendogli in un modo indecifrabile.

Kai la fissò basito per qualche secondo, poi si diresse verso l’ascensore, con la strana sensazione di avere ancora addosso gli occhi di quella donna…

 

Poco meno di venti minuti più tardi Kai era seduto sul bordo della piscina, le gambe a mollo nell’acqua, il librone delle Crociate accanto, la strana leggenda sul drago e sul cavaliere in mano. Quante volte era che la rileggeva? Tre, quattro, cinque? Ormai aveva perso il conto. E ogni volta quella strana sensazione di familiarità cresceva…eppure non riusciva a venirne a capo.

Sollevò gli occhi dal foglio, cercando di distrarsi un attimo. Forse avrebbe dovuto frequentare un corso che trattava di miti e leggende visto che ultimamente gli indizi che riceveva vertevano su quell’argomento…

Raccolse il libro e si sedette su un lettino intorno alla piscina, lasciando al sole di colpirgli le spalle nude.

Un ragazzo ed una ragazza, della sua età circa, gli passarono davanti mano nella mano, catturando la sua attenzione. Si sedettero sul bordo, dove prima era seduto lui. Li vide parlare tra loro, ridere e poi baciarsi.

Gli venne in mente la sua Hilary…chissà cosa stava facendo in quel momento…

Prese in mano il cellulare, era tanto che non la sentiva. Aveva voglia di chiamarla, sentire la sua voce, anche se questo significava ammettere che gli mancava. Sembrò rifletterci qualche istante, poi posò il telefono accanto a lui, osservandolo in silenzio. Sospirò, al diavolo il suo orgoglio, quella sera le avrebbe telefonato! E presto l’avrebbe trovata…ne era certo.

Tornò quindi a concentrarsi sulla leggenda. Qualcosa in quelle parole gli mandava dei messaggi, lo sentiva, e odiava non riuscire a captarli del tutto.

“Dio, che nervi” pensò, passandosi una mano tra i capelli. All’improvviso però si bloccò. Fu un attimo, spostò l’attenzione sul libro delle Crociate…

-Dio- sussurrò a bassa voce, come avesse avuto un’improvvisa rivelazione. Immediatamente tornò a leggere una delle frasi finali della storia, quella citata tra le virgolette:

 

"Iddio mi ha mandato a voi per liberarvi dal drago: Se abbraccerete la fede in Cristo, riceverete il battesimo ed io ucciderò il mostro".

 

Spostò nuovamente lo sguardo sul volume di più di ottocento pagine accanto a lui…le Crociate erano battaglie in nome di Cristo…come aveva fatto a non pensarci? Quindi c’era qualcosa che legava tra loro l’enorme libro e quella leggenda.

Già, ma che significava di preciso?

Kai si alzò dal lettino; di preciso non lo sapeva, ma sapeva che aveva sbagliato a cercare. Aveva sbagliato a cominciare le ricerche da quella data appesa all’alabarda.

-Vedo che si sta godendo la piscina- una mano si posò sulla sua spalla, facendolo sussultare appena, distogliendolo dai suoi pensieri.

Kai si voltò, ritrovandosi faccia a faccia con la proprietaria dell’albergo.

-Stavo tornando al computer- le rispose atono.

-Ma se c’è stato tutta la mattina! Le farà male stare tanto tempo davanti allo schermo!-

Il russo la guardò stranito; l’aveva per caso tenuto d’occhio per tutto il tempo?

-Lei tiene sotto controllo tutti i suoi clienti di solito?- le domandò particolarmente seccato. Se c’era una cosa che proprio non sopportava era essere tenuto sotto controllo. Lui non doveva rendere conto a nessuno di ciò che faceva.

-Ma certo che no! Lo faccio solo con gli ospiti davvero…speciali- ribatté con un velo di malizia, mentre sulle sue labbra si dipingeva uno strano sorriso. Sorriso che impedì a Kai di chiederle cosa intendesse con “speciali” e lo spinse ad abbandonare la conversazione. Sorpassò infatti la donna, intenzionato a rimettersi a lavorare sull’indizio.

-Ho visto che è qui da solo…- fece però la signora, che non voleva saperne di lasciarlo andare via.

-Esattamente due piani sotto la sua stanza c’è la mia e quella di mio marito… lui però non c’è mai…se le venisse voglia di fare una chiacchierata, io sono sempre disponibile…-

Il russo a quel punto partì a razzo verso l’interno dell’hotel. Non si voltò, non volle sapere cosa quella donna intendesse con “chiacchierata”, anche perché se ci pensava si sentiva attraversare la schiena da un brivido gelido, nonostante la temperatura sfiorava i quaranta gradi.

Si rimise davanti al computer e quando si fu assicurato che la proprietaria dell’albergo non era nelle vicinanze, si collegò ad internet.

Questa volta sapeva cosa cercare. Inserì nel motore di ricerca le parole chiavi: “leggende risalenti al tempo delle Crociate”. Premette il tasto dell’invio ed attese che il computer gli desse i risultati sperati.

Davanti ai suoi occhi si aprì la prima pagina. Cominciò a leggere e non poté impedire ad un sorriso soddisfatto di incurvargli appena le labbra. 

 

Intanto a migliaia di chilometri di distanza una Limousine nera vagava per il centro della capitale della Russia, attirando su di sé non poche attenzioni.

La persona che stava al suo interno guardava con aria annoiata fuori dal finestrino, mentre l’autista si destreggiava con eleganza tra le vie della città.

Diede una veloce occhiata all’orologio. Tardi. Aveva passato fin troppi giorni a Mosca, era tempo di andarsene. Il giorno seguente avrebbe avuto un’altra importante riunione di lavoro all’altro capo del mondo. La settimana ancora dopo era impegnato nell’emisfero opposto. E così via, per tutta l’estate e anche l’inverno probabilmente. Era molto poco il tempo che passava a casa, e si ricordava di averne una solo ogni volta che gli faceva comodo.

Opportunista, lo definivano in molti. E forse lo era davvero.

Sbuffò spazientito, si era stufato di girare in macchina. L’auto si fermò ad un semaforo rosso e lui tornò a spostare lo sguardo fuori dal finestrino. Fu allora che qualcosa attirò i suoi occhi, e si fece immediatamente attento.

Qualche metro più in là, sul marciapiede, c’erano tre persone, due ragazze e un ragazzo. Una delle due ragazze sembrava molto impegnata a discutere animatamente con il ragazzo.

L’uomo aprì lo sportello e scese dalla macchina, in tempo per sentire la giovane urlare :-Todd, sei un idiota senza cervello!-

-Meglio idiota senza cervello che strega acida!- ribatté il suo interlocutore.

Il misterioso osservatore fissò immobile la scena per qualche secondo, concentrandosi particolarmente sulla ragazza.

“E così si trova da queste parti…” pensò, prima di voltarsi, aprire la portiera e rientrare in macchina, incitando l’autista a sbrigarsi a raggiungere l’aeroporto non appena scattò il verde.

Prese il suo cellulare e compose velocemente un numero sulla tasiera, portandosi poi l’apparecchio all’orecchio. Attese due squilli prima che la voce all’altro capo del telefono rispondesse.

-Ehi...ho bisogno di un favore da te…-

 

La sera il cielo si ricoprì di stelle e un venticello piuttosto fresco venne ad insinuarsi tra le strade della città. Per El era estremamente piacevole quell’arietta frizzante, odiava profondamente il caldo. In quella città si stava particolarmente bene d’estate, chissà forse un giorno avrebbe potuto trasferirsi lì, lontano da tutto e tutti, ma soprattutto lontano da casa.

Si guardò intorno, le vie erano quasi completamente deserte e fra le mura delle case rimbomba solo l’eco dei suoi passi.

Si sentiva un po’ in colpa per essere uscita dall’albergo così, senza dir niente ad Hilary che sicuramente, immaginava, ora era preoccupata per lei. Anche perché era mezzanotte passata. Ma voleva rimanere da sola. Se le avesse detto che usciva sarebbe voluta venire sicuramente con lei e di conseguenza Todd le sarebbe andato dietro da bravo cagnolino che era.

Quanto non sopportava quel ragazzo. Ogni giorno l’astio che provava nei suoi confronti aumentava sempre di più. Solo lui riusciva ad infastidirla in quel modo.

Stupido. Idiota. Ameba senza un briciolo di intelligenza, ecco cos’era. E avrebbe potuto usare molti altri aggettivi per descriverlo ma non voleva scendere nella volgarità.

Non aveva mai incontrato nessuno come lui. O meglio, ne aveva incontrati molti come lui ma Todd aveva qualcosa di diverso, era…era peggio, molto peggio.

Non riusciva a capire come potesse stare simpatico ad Hilary, visto che oltre ad essere uno stupido cercava in tutti i modi di farle mollare Kai.

Sospirò fermandosi sotto la luce di un lampione. Forse era ora di tornare in albergo. Girò i tacchi, ma non appena si voltò si trovò faccia a faccia con un uomo. Indietreggiò di un passo, non gli piaceva per niente e sembrava che non volesse lasciarla passare.

-Sei qui tutta sola?- le domandò con voce roca. El fece una smorfia di disgusto, puzzava di alcool.

-Si, ma non sono cose che ti riguardano- ribatté secca. S’incamminò verso l’albergo, sorpassandolo, ma qualcosa si chiuse intorno al suo braccio.

-Sono solo anch’io…perché non mi fai un po’ di compagnia?-

-Io non vado in giro con gli ubriachi- gli sibilò, tentando di divincolarsi dalla sua presa. La stretta dell’uomo però si fece più serrata, tanto da farle male.

-Non costringermi ad usare la forza-

-Lasciami! Mi fai male! Se non mi lasci giuro che te ne faccio pentire!-

Non poté però dire un’altra parola perché si sentì sbattere con violenza contro il muro, e sentì una mano premere sulla sua bocca mentre un’altra le stringeva il polso. Non riusciva a muoversi, era in trappola. Provò a scalciare, ma fu tutto inutile. L’aggressore era più forte di lei e la teneva ferma con il peso del suo corpo.

El con il braccio libero cercava di allontanarlo da sé, ma invano. Fece allora l’unica cosa che le fu possibile. Gli morse la mano, affondò i denti nella sua carne tanto da lasciargli il segno.

L’uomo urlò di dolore e mollò la presa.

-Maledetta ragazzina! Questa me la paghi!- le imprecò contro.

La ragazza ne approfittò per fuggire, ma non appena mosse un passo per correre via il molestatore la raggiunse nuovamente stringendole un braccio intorno alla vita.

-LASCIAMI!- urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.

-Non hai sentito? Ha detto di lasciarla andare- qualcuno strattonò il malintenzionato lontano da El, che fu finalmente libera.

La francese si voltò immediatamente verso il suo salvatore e rimase completamente attonita quando si accorse di chi si trattava.

-Todd…- sussurrò in un filo di voce.

-Non ti ha mai detto nessuno che le donne non si toccano nemmeno con un fiore?- fece, rivolto all’aggressore della ragazza.

-Sparisci moccioso! Prima che ti prenda a pugni!- si mosse con aria tutt’altro che amichevole verso di lui, ma Todd fu più veloce, e prima che potesse muovere un solo altro passò gli sferrò un pugno, che lo colpì in pieno viso.

L’uomo barcollò per poi cadere a terra con un grido di dolore, portandosi una mano al naso che aveva cominciato a sanguinare.

L’americano lo afferrò per il colletto della camicia, tirandolo su da terra e sbattendolo contro il muro.

-Sparisci tu, prima che chiami la polizia- gli sibilò prima di lasciarlo andare e vederlo correre via fin quando non fu inghiottito dall’oscurità della notte.

El, che aveva assistito immobile a tutta la scena, si portò una mano al petto facendo un profondo respiro. Il cuore le batteva fortissimo. Aveva avuto davvero paura.

-Non dovresti andare in giro da sola di notte, lo sai?- fece Todd avvicinandosi a lei.

-Quello che faccio non è cosa che ti riguarda- ribatté El fulminandolo con lo sguardo. Da quando si permetteva di dirle che cosa avrebbe dovuto o cosa non avrebbe dovuto fare? 

-Invece si-

La serietà di quella risposta lasciò la ragazza stupita per un attimo. –Ma davvero? E da quando ti sto così a cuore?- domandò con una vena di sarcasmo.

-Tu non mi stai affatto a cuore, ma Hilary si; era preoccupata per te perché non ti vedeva tornare, così io mi sono offerto di venirti a cercare. Non voglio che il mio tesoro si preoccupi- le rispose dandole le spalle.

-Fosse stato per me, sarei rimasto comodamente spaparanzato su quel lussuoso divano della hall dell’albergo-

La francese strinse i denti, cercando di frenare l’impulso che in quel momento voleva spingerla a saltare al collo di Todd. Ci avrebbe impiegato un secondo. Avrebbe stretto con tutta la forza che possedeva e lui non si sarebbe accorto di nulla. Si guardò intorno, la strada era completamente deserta. Nessuno si sarebbe mai accorto di nulla. Contò mentalmente fino a dieci, provando a distrarsi, l’occasione per far fuori una volta per tutte quel pallone gonfiato le si stavo offrendo su un piatto d’argento.

-Allora? Ti vuoi muovere? Guarda che non intendo star qui ad aspettarti per tutta la notte!-

La voce irritante dell’americano ruppe in un attimo tutti i buoni propositi cui stava cercando di attenersi.

-Posso tornare in albergo da sola! Non ho bisogno di nessuno che mi accompagni! Te, meno di tut…- non concluse la frase, qualcosa smorzò la sua rabbia. Vide il ragazzo fare una strana smorfia, come se avesse appena provato un forte dolore, e la sua mano sinistra che stringeva la destra, quella con cui poco prima aveva colpito l’uomo che l’aveva aggredita. Qualcosa di liquido e scuro gli scivolò tra le dita. Sangue. El pensò che probabilmente doveva essersi fatto male anche lui quando aveva sferrato quel pugno a quel maniaco. In fondo era facile farsi male per chi non era un esperto nelle arti marziali.

Gli si avvicinò di qualche passo. Adesso che ci pensava non lo aveva neanche ringraziato per averla salvata. Però la colpa non era solo sua, lui come al solito aveva cominciato a lanciarle frecciatine…

-Che fai? Lascia!- Todd protestò quando la ragazza gli prese il polso, tentando di divincolarsi dalla sua stretta.

-Sta fermo- ribatté lei, perentoria. Tirò fuori un fazzoletto di stoffa dalla tasca dei pantaloni e lentamente lo strinse come una fascia intorno alla ferita del biondino. Quando ebbe finito sollevò lo sguardo dalla fasciatura, incontrando quello dell’americano. Rimasero a fissarsi negli occhi per qualche istante, in silenzio. Poi El si avviò verso l’albergo, inoltrandosi nel buio della notte spezzato solo dalla luce di qualche lampione posto sul ciglio della strada.

Todd la seguì, rimanendo dietro, a qualche metro di distanza da lei ma attento a non perderla di vista. Nessuno dei due aprì bocca. Tutta la via del ritorno la percorsero entrambi senza dire una parola. La ragazza non si voltò indietro nemmeno una volta e il ragazzo non affrettò mai il passo per affiancarla.

 

-Credo che Hilary non sia ancora rientrata in stanza- il biondino parlò solo quando furono giunti sul corridoio del secondo piano dell’albergo, quello su cui avevano le loro stanze. La francese stava per bussare alla porta, pensando forse che l’amica venisse ad aprirle. Rimase col pugno a mezz’aria e si voltò verso il compagno.

-Quando sono venuto a cercarti stava giù nella hall, al telefono con Kai…- continuò lui, contraendo il viso in una ben evidente smorfia di stizza. –Probabilmente starà ancora parlando con lui…-

-Si, è molto probabile…le manca molto. Non fa altro che ripetermelo- ribatté lei, con il chiaro intento di provocarlo.

-Sciocchezze!-

La mora sorrise tra sé, o meglio, ghignò tra sé. Il fatto che ciò gli bruciasse e gli desse fastidio le provocava uno strano senso di soddisfazione. Forse era davvero cattiva a volte con lui, ma la cosa non la toccava più di tanto.

-Vado giù nella hall anche io…magari mi prendo qualcosa al bar, nell’attesa che Hilary finisca di stare al telefono con Kai-

-Al bar? Hai intenzione di ubriacarti per flirtare anche con questo barista?- la punzecchiò lui.

El gli lanciò un’occhiata che lo trapassò da parte a parte, ma non servì a intimorirlo. Era abituato a ben peggio da lei.

-Oppure non vuoi stare in stanza da sola?- continuò. –Povera piccola, che c’è, hai paura del buio? Prima di dormire controlla che non ci sia il mostro sotto al letto!-

Fu un attimo. El si irrigidì all’istante, visibilmente. Intorno a lei non c’era più il corridoio ricoperto di moquette, le piante che ornavano l’ambiente, le porte delle stanze. Ce ne era solo una di stanza, completamente al buio…e quella voce…quella voce in lontananza che la faceva tremare…

-Tu…tu sei...- balbettò, e forse fu solo un’impressione di Todd ma la sua voce gli parve incrinarsi, come potesse mettersi a piangere da un momento all’altro.

-SEI UNO STUPIDO!- urlò prima di aprire la porta della sua stanza e sbatterla violentemente dietro di sé una volta che fu entrata.

Rimase con la schiena appoggiata a quel liscio e freddo legno di mogano. L’oscurità intorno a lei, solo un spiraglio di Luna filtrava attraverso la finestra socchiusa, qual tanto che le bastava per osservare a malapena i contorni dei mobili che riempivano la camera.

Scivolò lentamente a terra, sedendosi sul pavimento. Piegò le gambe al petto e le circondò con le braccia. La sua mascella tremava, come se stesse battendo i denti. Ma non faceva freddo. Nascose il viso tra le ginocchia mentre sentiva qualcosa di caldo e bagnato scivolarle lungo le guance.

Dall’altra parte della porta Todd era rimasto immobile, incapace di comprendere. Perché El aveva reagito in quel modo? Certo, doveva ammettere che era stato un po’ bastardo con lei, ma le aveva detto cose ben peggiori da quando si conoscevano. E mai la ragazza aveva reagito in quel modo, gli aveva sempre risposto, gli aveva sempre tenuto testa.

Si portò la mano destra sotto gli occhi, e con l’altra sfiorò il fazzoletto candido che la fasciava…

 

Kai guardò fuori dalla finestra come se fosse in trance. Da quanto ormai era ridotto in quello stato? Non ne aveva la più pallida idea. L’unica cosa di cui era certo era che non sapeva più cosa inventarsi. Il cervello gli si stava fondendo, letteralmente. Faceva un caldo allucinante, nonostante fosse sera.

Pensava e ripensa all’indizio ma non riusciva ad intravedere una strada che lo conducesse alla soluzione dell’enigma. Aveva scoperto una cosa quel pomeriggio, era vero. Ma era una piccola e semplice cosa che invece di chiarirgli le idee non aveva fatto altro che confondergliele ancora di più. Aveva scoperto che la leggenda raccontata nel fogliettino era quella che si riferiva a San Giorgio, nata appunto ai tempi delle Crociate. A quel punto aveva fatto due più due capendo che l’alabarda che gli era stata recapitata si riferiva molto probabilmente alla lancia usata da San Giorgio per uccidere il drago. E a quel punto?

Gli era ancora del tutto ignoto il cartellino con quella data appeso all’arma, e gli era ancora più ignoto il significato di quel rettangolo rosso.

“Hilary…appena ti trovo giuro che te la faccio pagare…” pensò. Non sapeva ancora come ma in un modo o nell’altro l’avrebbe fatto…o si, che l’avrebbe fatto!

Appoggiò i gomiti sul davanzale, abbozzando appena un sorriso…

 

Hilary guardò El mentre imburrava una fetta di pane. Era strana, più strana del solito. Da quando erano scese per la colazione la francese non aveva spiccicato parola, anzi a dire la verità, da quando si erano alzate quella mattina.

La sera precedente, quando aveva finito di parlare al telefono con Kai, era salita su in camera e aveva trovato l’amica già sotto le coperte, nel buio e il silenzio più totali. Aveva pensato che stesse dormendo e quindi aveva cercato di fare il minimo rumore possibile per non svegliarla. Eppure c’era qualcosa che non le quadrava. Appena scese nella sala ristorante El si era messa subito a mangiare, senza mai sollevare gli occhi dal suo piatto. Era vero, solitamente El non era un tipo di molte parole, ma con lei aveva sempre parlato volentieri…

-Buongiorno!-la voce di Todd la distrasse dai suoi pensieri.

-Ciao Todd!- lo salutò Hilary, facendogli posto al tavolo. Non appena il ragazzo si sedette però, la francese si alzò, lasciando la colazione lì dov’era, affrettandosi ad andarsene. Niente spiegazioni. Niente frecciatine. Niente di niente. Se ne andò in completo silenzio.

-Oggi El è strana…è successo qualcosa ieri sera, per caso?- domandò la giapponese, vedendo la schiena della sua amica allontanarsi fino a sparire oltre la soglia del ristorante.

Il biondino guardò la ragazza con un’espressione in viso a dir poco stupita. –Non…non ti ha detto niente?-

-Detto cosa?- ribatté la diciottenne. –Cosa è successo?- continuò preoccupata.

L’americano la fissò per qualche altro secondo, sconcertato.

-No…niente- le rispose. Gettò un’occhiata veloce nella direzione in cui poco prima si era diretta El.

-Scusa un attimo- fece, alzandosi da tavola.

Uscì dalla sala ritrovandosi direttamente nella hall. Si guardò intorno, scorgendo al volo la francese uscire dall’albergo dal portone principale. Si affrettò quindi a seguirla e riuscì a raggiungerla in strada prima che potesse scomparire del tutto dalla sua vista.

-Lamiert!- la chiamò. –Ehi, Lamiert!-

La ragazza non si voltò, anzi accelerò il passo avendo tutta l’intenzione di seminarlo.

-El, fermati un attimo!- la bloccò afferrandole il polso.

-Che vuoi? Lasciami!- gli disse, scansandolo in malo modo.

-Solo se tu ti fermi e mi ascolti-

La ragazza sbuffò, girandosi verso il ragazzo e ritrovandosi faccia a faccia con lui. Incrociò le braccia al petto, spazientita. Che diavolo voleva ancora?

-Non hai detto niente ad Hilary…di ieri sera?- le chiese.

-No- ribatté secca. –Tu glielo hai detto?-

-No…visto che non glielo avevi detto tu ho pensato che forse non l’avevi fatto perché non volevi che lo sapesse-

-Complimenti! Allora hai quel briciolo di cervello che ti serve per azzeccare qualcosa, una volta tanto!- replicò acida.

Todd incrociò i suoi occhi per qualche secondo, in silenzio, ed El poté cogliervi uno strano sguardo. Sembrava offeso. O arrabbiato. O forse entrambi.

-Già…- si limitò a risponderle. Si avvicinò a lei di un altro passo e le prese la mano ponendole qualcosa sul palmo. Poi le diede le spalle e tornò in albergo senza aggiungere altro.

La ragazza guardò la sua mano. Quello era il fazzoletto bianco che aveva usato la sera precedente per fasciargli la ferita, perfettamente lavato e piegato…

 

 

Ta-dan!!!! Dopo un millennio la vostra Lenn è finalmente riuscita a scrivere questo cap! Ci ho messo una vita, lo so, ma questa volta ho una buona scusa!: ho avuto gli esami di maturità! Quindi spero vogliate perdonarmi il ritardo!!

Ringrazio: Hilaria; mewmina_91; Keila91 (si! El si è fatta proprio un tatoo!!^^); Alisea (pazienta ancora un cap. e avrai tutte le delucidazioni sulla prossima meta!!^^); Lelli 91; KaiDranzer; Hilly89. Scusate se non mi soffermo troppo ma sono di fretta!!!^^’

Bene, allora alla prossima!! Prego Light, ora sta a te!!!! E voi continuate a farci sapere i vostri pareri!!!! Grazie a tutti!!!

Ciaoooooooooooo!!!!!!

  

  
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