CHAPTER VI_ IDENTITY
Indossato il camice bianco e con un paio i guanti in lattice, puliti, Warrick
camminava da solo nel corridoio dell’obitorio, da far rabbrividire.
A Warrick le autopsie piacevano con moderazione. Ovvio, non ci andava matto.
Chi mai andrebbe matto per un morto svuotato, dico? A parte Grissom,
naturalmente. Ma Grissom pareva proprio essersi dissolto nell’aria pungente di
una Las Vegas mattutina.
“Su quanti ‘non identificati’ hai indagato, tu?” gli aveva chiesto Greg
“Un bel po’. Il mondo è pieno di ‘non identificati’”
“E’ il modo più facile per non essere rintracciati, no?”
“Si, ma Greg, non è così semplice” gli aveva risposto. Nessuno sopportava
Warrick Brown quando questo era di cattivo umore. Dico, nessuno.
La porta dell’obitorio era chiuso. La porta dell’obitorio è sempre chiusa.
Altrimenti ci morirebbe un sacco di gente là dentro. Warrick bussò due volte,
ma non aspettò nessuna risposta ed aprì la porta, entrando con gli occhi bassi.
“Warrick? Pensavo tu fossi al Cassius” eccolo lì il capo, con un proiettile tra
l’indice e il pollice e la sua aria sorniona.
“Gil? Hai chiamato Catherine per dirle che sei qui?”
fece di no col capo, Gil. E sorrise. Warrick si sentì d’un tratto più
tranquillo, ed immaginò che sarebbe stato lo stesso anche per tutti gli altri.
“Dottore…A che punto siete?”
“Ci sono un bel po’ di cose interessanti” disse Robbins, sentitosi chiamato in
causa. Il corpo morto del John Doe, giaceva nudo sul tavolo. La causa della
morte, un proiettile in pieno petto, adesso stava nella mano di Grissom, e tra
le altre cose, Warrick notò una cicatrice sul ventre, che sembrava essere una
vecchia pallottola, o qualcosa di simile.
Dovevi essere proprio un gran stronzo, si disse.
“Interessanti?”
“Endorfine. Tu saprai in che consiste la relazione tra endorfine e droga,
oppure endorfine e… dipendenza”
“Mi stai dicendo Gil, che quest’uomo giocava tanto da esserne dipendente? E che
le sue endorfine erano talmente massacrate da essere inesistenti?” rispose
“Le cellule destinate alla produzione delle endorfine sono sparse in varie
parti del sistema nervoso centrale, tuttavia le stesse sono presenti
nell’ipofisi, nelle ghiandole surrenali, nelle ghiandole salivari e nel tratto
gastrointestinale. Ora, in linea molto semplicistica, la droga sostituisce
questo processo, con delle ‘false endorfine’.”
Ti sembra che stiamo al liceo, capo? Studio questa roba da sempre, non sono un
adolescente drogato.
“Teorie più o meno recenti” proseguì Grissom sostengono che questo valga per
ogni tipo di dipendenza tra cui anche il gioco”
“ E da qui tu vuoi arrivare a…”
“Niente. Il signor nessuno, qui, non ha nessun disturbo del genere il suo
sistema nervoso è apposto”
“Mi stai dicendo che questo tizio, Gil, non era un giocatore?”
Grissom non rispose, sorrise.
“Ne avremo ancora per un po’” disse Robbins
“Vero. Se non ti va di restare, porta questo ad analizzare” disse il capo,
porgendogli il sacchettino col proiettile spiaccicato. Warrick fece cenno di si
col capo.
Uscito da quella porta l’unica cosa che gli interessasse era trovare per primo
il vecchio Bobby Dawson.
Il cercapersone (Bip Bip) di Sara, squillò, mentre si trovava ancora nel
palazzotto del Cassius Hotel. Con ancora in mano due o tre di quei sacchetti di
carta, plastificati all’interno, si affacciò alla finestra.
“Catherine? Catherine!”
“Sara? Che c’è? Scendi e dimmelo, no?”
“Nick mi ha cercato sul cercapersone, con la chiamata urgente!”
“Ah si? Vero, ha chiamato anche me sul telefonino. Adesso ti chiamerà lì,
vedrai”
neanche a dirlo, la suoneria ‘al chiaro di luna’ di Sara risuonò nella
stanzetta puzzolente di chiuso.
“Pronto, Nicky?”
“Perché non rispondevate, voi due signorine?” rispose lui, dall’altro capo del
telefono
“Perché non apprezziamo la sua compagnia, signore” rispose ironica
“A parte tutto, Sara. Siete ancora lì? Avete finito? Correte qui. C’è una cosa
davvero… non so neanche come definirlo… assurda. Del tutto assurda. Vieni
velocemente, con Cath” e abbassò. Sarà aggrottò il suo sopracciglio destro nel
modo speciale in cui sapeva farlo. Salutò i poliziotti, e scese in fretta le
scale, dopo aver rimesso grossolanamente tutti i pacchettini nel kit.
“Ti ha richiamato?” Sara annuì “Che dice?”
“Dice di fare in fretta”
Così fu. Guidò Catherine e quando guidava Catherine si arrivava sempre in
fretta, che era uno dei punti in comune di Desdemona e del Moro di Las Vegas.
Sara che era estremamente ansiosa ed odiava i ritardi spalancò con le due
braccia le porte a vetri del laboratorio e corse teatralmente attraverso il
corridoio, con Catherine che la seguiva camminando velocemente.
“Sto cercando…”
“Sta cercando l’agente Stokes?” le rispose la segretaria “E’ nel laboratorio
delle impronte”
Non doveva essere la prima a chiederglielo, si disse Cath.
Arrivata tanto di fretta a quella porta, con le tendine tirate, Sara riprese il
controllo di sé e bussò. Catherine l’adorava.
“Buongiorno” le salutò Grissom. Tutti e sei i membri della scientifica di Las
Vegas erano in quella stanza adesso, e Nicky Stokes, seminascosto dal computer,
sembrava essere l’unico e il solo a sapere il perché di questa, diosolosa cosa.
Di questa riunione, insomma.
E nessuno diceva niente. E questo perché?
“Allora, Nick. Ci hai fatto chiamare qui, per quale motivo?” disse una
diplomatica Catherine.
“D’accordo, se ci siamo davvero tutti, ora ve lo illustro. Allora, un’ora e
mezza fa, mi lascio con Warrick, dopo che ho preso le impronte digitali e vengo
qui al laboratorio. Metto le impronte del cadavere nell’Afis, ma non ci credo,
insomma, quel tizio non ha la faccia da criminale. E infatti dopo un’ora
niente, non sono venuto a capo di niente. Poi però mi chiama Warrick e mi dice
dell’autopsia e del vecchio colpo nella pancia del morto. Ora, dato che l’amico
Adrien, o John o come vogliamo, non era un criminale, ho pensato che potesse
essere un militare. Così ho messo le impronte nell’archivio dei marines, ed
ecco quello che è venuto fuori.” Qualche secondo di silenzio, a coronare il
perfetto patos “vedi, Grissom, il tuo uomo è morto. Il nostro uomo è morto nel
1992”