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Autore: ReggyBastyOp    19/11/2011    0 recensioni
Erano entrambi felici fino a quando una lastra di ghiaccio e un furgoncino portarono via il suo amore.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avevo le mani completamente ghiacciate e il viso semiscoperto da una grande sciarpa beige, avvolta in un caldo piumino nero. Che meraviglia, finalmente dopo giorni ci saremmo rincontrati. Sentivo la neve posarsi sul naso completamente scarlatto come le guance, sulla mia pelle diafana non si notava quasi la differenza. 
Accellerai il passo svoltando all'ultimo incrocio che porta diritto al parco, quell'amato parco dove il nostro primo bacio ebbe luogo. 
Quando ero sola non ci andavo mai, non ci riuscivo perché lui non era con me, sentirlo lontano in un posto con così tanta importanza per entrambi mi faceva venire la nostalgia. Ma era lì, dopo le due settimane passate lontani, lui a Parigi e io Nice, da mia nonna, che mi aspettava per rivederci. 
Quando vidi la sua figura su una panchina iniziai a correre senza badare al ghiaccio, che si era formato durante la notte sul marciapiede stretto. Non feci nemmeno caso alle poche macchine che passarono alla mia sinistra riscaldando quel poco che potevano l'atmosfera attorno. Sorrisi avvicinandomi al cancello che fa da confine dalla strada e che prosegue per qualche centinaio di metri sia a destra che a sinistra. Di solito è un verde acceso, ma adesso sotto quei fiocchi di neve che si posano su di esso sembra quasi un verde fosforescente. Smisi di osservarmi attorno e rallentai il passo leggermente affannata, e facendo solamente adesso attenzione su dove poggiavo i piedi.
Il cuore esplose mentre gli saltai tra le braccia.
- Hei! - sorrisi ebetosamente.
- Amore mio- sorrise a sua volta guardandomi negli occhi, ricambiando il mio sguardo. Erano blu zaffiro. Dio ci si poteva quasi scorgere il mare al tramonto.
- Mi dispiace, ma lo sai la nonna non sta bene, mi sei mancato da morire.- Seduta sulle sue gambe non feci altro che stringermi a lui, seduto a sua volta su una delle tante panchine, sperando che il mio corpo come la mia mente si rendesse conto che finalmente ci eravamo ritrovati. 
- Tranquilla- mormorò - E' giusto che tu la vada a trovare, non si sa mai, sperando che non sia così, ma poi se muore avresti rimpianto il non averla salutata almeno un'ultima volta no? - mi osservò come se non mi vedesse da secoli e si fosse scordato il mio volto. 
- Sì, ma lo sai che non sopporto starti lontana - aggiunsi leggermente timida osservando l'anello che mi aveva dato qualche mese prima. Con la coda dell'occhio notai solo allora che anche lui indossava una giacca nera e il guanto dello stesso colore che mi teneva il braccio stretto, come per non farmi cadere. Con l'altra mano non avvolta nel guanto mi prese una ciocca di capelli. Mi ricordo che diceva sempre che amava il rosso dei miei capelli, mentre io lo detestavo completamente. Ci giocherellò per un po', lo faceva quando rifletteva, poi mi rispose.
- Andiamo, per due settimane non sei mica morta? E poi è bella l'attesa, il sentire la mancanza per poi ritrovarsi. Rende tutto leggermente amplificato rispetto al solito, come una sorta di magia. Anche solo il poterti sfiorare adesso è come se fossi riuscito ad averti dopo aver dovuto faticare, e invece non ho fatto assolutamente niente, ti ho aspettata come sempre. - Annuii e risi piano per il suo ragionamente leggermente contorto. Ritornai a guardare il suo viso. Avevo una voglia matta di baciarlo, di poter finalmente rifar mie le sue labbra, di rifar mio lui stesso. Mi osservava, aspettando una risposta o semplicemente per notare le mille espressioni che assunsi tra un pensiero e l'altro.
- Gabriele? - mormorai abbassando leggermente la zip della giacca che mi soffocava.
- Dimmi - mi sistemò il cappello che piano piano stava sciovolando sulla fronte coprendo per poco gli occhi.
- Ti amo - e senza nemmeno aspettare una sua risposta mi avventai dolcemente sulle sue labbra. Le assaporai bramosa. Le mani che si erano spostate sul mio fianco non facevano altro che stringermi a lui ancora di più. Il freddo nemmeno lo sentivo più, la neve che si posava su entrambi raffreddandoci, nemmeno quella.
Era in grado di farmi dimenticare qualsiasi cosa, di far scatenare in me qualcosa di più che un semplice brivido. Sentivo quella sensazione espandersi per tutto il corpo, ero sua. Diamine, sua letteralmente. Smisi di respirare dimenticandomi perfino di come si faceva. Non volevo allontanarmi, non in quel momento, quel bacio non doveva finire, non così presto, avrei voluto che fosse infinto.

Mi scostai di pochi millimetri per prendere fiato, affannata nuovamente, mentre il cuore sembrava riprendere i battiti persi. 
- Andiamo a casa, stai congelando - disse dopo aver sfiorato il mio naso col suo. - Tra un po' ti cadrà dal viso. - risi piano di nuovo. 
- Va bene, ma facciamo in fretta che i sedili sono fin troppo distanti tra loro. - annuì non sorpreso. Sapevo che era venuto in macchina perché era fin troppo pigro per alzarsi e prendere il telecomando, figurarsi farsi un chilometro a piedi. Mi alzai controvoglia sfregandomi le mani per poi prendere la sua. Si alzò a sua volta togliendosi la neve dalla manica per poi tornare ad incrociare il mio sguardo. Le farfalle nello stomaco dopo così tanto non mi sembravano normali eppure eccole lì, amavo ogni minimo particolare di lui, dai suoi capelli ricci alle mani grandi. Suonava il piano e le mie dita in confronto alle sue sembravano quelle di un puffo. E il suo carattere dolce, poco usuale nei ragazzi d'oggi. Mi tornò in mente quando mi chiese di sposarlo al mare e mi porse l'anello. Non vedevo l'ora che arrivasse quel giorno, mancava si e no ancora un mese. L'abito lo dovevo ancora scegliere, ma non importava. Una cerimonia in famiglia e pochi amici, non ci interessava fare le cose in grande. Doveva essere semplice come entrambi.
Ci dirigevamo verso il cancello all'entrata quando mi accorsi che il guanto che si era tolto era rimasto a terra, di fianco alla panchina.
- Aspetta torno subito vado a prenderti il guanto, ti dimentichi sempre tutto eh? Nemmeno ti accorgi che stai ibernando una mano? - sorrisi mollando la presa e incamminandomi già alla panchina.
- Sai come sono no? Tanto mi ami lo stesso, e mi farò perdonare tra pochi minuti a casa - lo sentii ridere allontanandomi. -Ti aspetto in macchina- gli sentii dire mentre riprendevo a camminare. Solo allora sentii il freddo penetrare nelle ossa.


Raggiunta la panchina mi abbassai per prendere il guanto. Si sentì uno stridio e poi il rumore fragoroso di uno schianto.
Nemmeno presi il guanto che già stavo correndo indietro per controllare. Vidi un furgoncino bianco spiaccicato contro la macchina di Gabriele mezzo rotto. Le lacrime scesero involontariamente mentre urlai il suo nome. Non ebbi risposta e uscii quasi impazzita dal parco.
Notai solo allora delle persone che lo tiravano via delicatamente, in qualche modo.
Un urlo disperato e straziante uscii dalla mia bocca vedendolo in quello stato. Mi sentii male e per poco non svenni. Mi misi in ginocchio di fianco al suo corpo, dopo aver convinto la gente a farmi avvicinare.
- Gabriele non lasciarmi, resta con me - gli presi la mano che lui nemmeno strinse, non riusciva a muoverla. Mi guardò e basta mentre gli bagnavo il viso. Odiavo la neve sul suo volto, che continuavo ad asciugare per evitare che prendesse altro freddo.
- Non ti preoccupare amore mio adesso verrà l'ambulanza, ce la farai - sussurrai disperata spostandogli i capelli dalla fronte. Tormentata gli accarezzai le guance - Resta con me, non mi abbandonare ti prego. - mormorai con voce tremante.
- Non dimenticare mai che ti ho amata. - disse fievolmente a fatica prima che i suoi occhi si chiudessero. Lo baciai un'ultima volta. Sorrise e li chiuse. Sentii qualcuno dire che non sentiva il battito, forse erano dei medici, forse no.
Il mio Gabriele se n'era andato. Poggiai la testa sul suo petto. Cercarono di portarmi via mentre le lacrime scorrevano fino all'abbigliamento nero impermeabile. Non volevano farmi prendere freddo, ma in realtà era solo il mio cuore che d'ora in poi avrebbe avuto freddo. Cuore che nessuno più riuscì mai a riscaldare.

 
  
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