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Autore: IAmWillyWonka    19/11/2011    5 recensioni
Non avrei mai creduto che quella notte semplice, banale, ti avrei incontrata… Non avrei mai creduto che quella piccola, fastidiosa ragazzina…sarebbe divenuta tutto quello che potevo…quello che forse avevo desiderato.
La mia piccola, sciocca Umi-chan.
Completamente revisionata 
Genere: Sentimentale, Storico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo V

“For the Heart I Once Had”

 




Umiko percepiva un forte calore avvolgerla, mentre si trovava ancora in uno stato di dormiveglia. Non riuscì a capire bene dove si trovasse in quel momento e, soprattutto, in compagnia di chi.
Ripensò agli ultimi avvenimenti e diede per scontato che si trattasse di Hijikata che la vegliava ancora durante il sonno.
Trasalì, sorpresa, quando aprì gli occhi e vide la figura della giovane Chizuru accanto a lei.
Inarcò il sopracciglio e sbuffò mentre tentava di liberarsi dalla stretta soffocante della giovane: l’unica cosa che desiderava era uscire da quella stanza a lei sconosciuta.
« Uffa!... Pesi! » sibilò Umiko mentre tentava di scrollarsi di dosso il braccio con la quale Chizuru la cingeva.
“Cicciona”  pensò lei con un infantile malignità.
Quella ragazza era maledettamente soffocante, e non solo al livello pratico, ma anche a livello psicologico. Una soffocante e determinata “sorella maggiore”.
Umi riuscì finalmente a divincolarsi da quella stretta asfissiate. Sgattaiolò fuori dalle coperte e si mise a camminare sulle punte dei piedi.
Se l’avesse svegliata, di sicuro Chizuru l’avrebbe costretta a rimettersi a letto. Impresa alquanto ardua.
Giunta nei pressi del fusuma lo aprì con una lentezza tale da non provocare il minimo rumore. Sogghignò soddisfatta e fece un nuovo passo.
Ma qualcosa arrestò la sua avanzata :
« Umi-chan…! » brontolò Chizuru. Un brivido di terrore risalì lungo la spina dorsale di Umiko.
«Umi-chan, non toccare le bokken! »
Umi ridacchiò divertita quando comprese che la ragazza era vittima di un incubo: lei stessa era il “demonio” artefice dei tormenti di quella povera sventurata.
Uscì dalla stanza con la massima cautela. Proseguì silenziosa, cercando di causare meno rumore possibile. Il largo yukata bianco strusciava sul pavimento, se qualcuno l’avesse vista nel pieno della notte di sicuro l’avrebbe scambiata per uno spettro.
Improvvisamente davanti a lei comparve la figura di Toshizou, avvolta nell’ombra. La bambina, in un primo momento, trasalì e la comparsa improvvisa dell’animale la spaventò a tal punto da farla cadere all’indietro per la paura.
« Toshizou! – lo riprese – stupido gatto! »
Il felino fece un leggero miagolio e sfregò il muso contro una gamba di Umiko, andando poi ad accomodarsi di fianco a lei.
Umi sbuffò, alzandosi lentamente da terra, e riprese a camminare seguita dalla figura scura dell’animale.
Nel suo tragitto notò la stanza di Hijikata-san ancora con le luci accese, rabbrividì al solo pensiero di essere colta in flagrante dall’uomo.
Il quale sicuramente l’avrebbe presa per il colletto e riportata in stanza di Chizuru. In fondo la cosa che più la preoccupava era proprio quella di essere Rispedita da quella donna.
Proseguì lungo il corridoio camminando sulle punte dei piedi e cercando di evitare tutti i rumori possibili, o eventuali modi di attirare l’attenzione di Hijikata.
Quando però si trovò costretta a passare davanti alla sua stanza si bloccò. Le luci erano troppo forti, di sicuro l’uomo avrebbe notato la sua sagoma oltre il fusuma.
Umiko deglutì, cercando di trovare una soluzione che le permettesse di passare inosservata. Stava per avanzare, quando sentì una presa stringerle il colletto della veste da notte.
« Na…nani?! » domandò spaventata la bambina, mentre veniva trascinata via da qualcosa.  
Fu in quel momento che Hijikata aprì il fusuma, rapidamente, scrutando attentamente il corridoio.
« Che diavolo era quella voce? » borbottò, nervosamente.
“Toshi, vecchio mio, cominci anche a sentire le voci…” sospirò, rassegnato, convinto di essersi immaginato tutto.
Solo quando abbassò lo sguardo notò la figura scura del suo omonimo. Inarcò il sopracciglio, osservando la bestiola con disprezzo, credendo che la voce udita in precedenza potesse essere in realtà il miagolio dell’animale.
“Gatti, mocciosi, voci… non ne posso più.”
Richiuse rapidamente la porta dopo la sua breve riflessione.
Intanto Umiko tentava di divincolarsi da una salda stretta, che oltretutto era andata a tapparle anche la bocca.
« Peste… » sussurrò una voce familiare « Non riesci a stare calma nemmeno durante la notte »
Umiko alzò lo sguardo e quando riconobbe la figura di Souji si calmò.
Dal canto suo, il ragazzo la liberò sperando che quel piccolo demonio non riprendesse a scorrazzare per tutta la sede.
« Allora, cosa ci fai in giro a quest’ora ? »
« Anche Okita-san sta fuori » puntualizzò borbottando la bambina, mentre gonfiava le guance ed incrociava le braccia in modo esplicitamente ostile.
Rivolse lo sguardo altrove, offesa per come era stata trattata precedentemente dal ragazzo.
Souji sospirò ,rassegnato, e sensa proferire parola prese la bambina in braccio, iniziando a fare retro marcia.
« Mettetemi giù! »
« Non se ne parla ora torni a dormire » decretò il ragazzo.
« No! No no no no! »
Umi iniziò a picchiettare sul braccio di Souji, protestando per la decisione che aveva preso senza consultarla minimamente. Le sue lamentele
Proseguirono al punto che esasperata aveva cominciato a tirare alcune ciocche dei capelli del giovane.
« Itai! Che brutto viziaccio! » Souji tentò più volte di fermarla, ma oltre ad
avere una presa salda e robusta, quella “mocciosa” era tremendamente furba. Ogni qualvolta lui tentava di bloccarla lei si aggrappava saldamente al suo collo, rischiando quasi di soffocarlo.
Il ronin tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto che la stanza di Chizuru era a pochi passi.
Riuscì a liberarsi dalla stretta della bambina, l’allontanò quel tanto che bastava per evitare di ritrovarsela di nuovo attaccata al collo e la sorresse da sotto le ascelle, evitando i calci che continuava a tirargli.
« Ora rientra in camera. E guai a te se esci. »
Per tutta risposta, Umiko fece la linguaccia al ragazzo, continuando a dimenarsi come una furia.
« Maledizione, sei peggio di Toshizou » puntualizzò Souji; eppure sembrava assai divertito da quel piccolo demonietto. Dopo un lungo sospiro le fece poggiare i piedi a terra, fece un paio di passi e aspettò che Umi si decidesse ad entrare nella stanza.
Al contrario, la bambina distolse lo sguardo da lui, offesa, e si sedette a terra poggiando le spalle contro la parete.
« Insomma » breve pausa « perché fai così? »
La piccola non rispose, sbuffo incrociando le braccia, saldamente decisa a non muoversi di un millimetro dalla posizione che aveva preso.
Quando si voltò, vide davanti a sè il volto del giovane, che aveva l’aria abbastanza confusa.
« Allora? Cosa c’è? » insistette lui.
Umi inizialmente balbettò qualcosa di incomprensibile, poi si schiarì la voce mentre un vago rossore andava a colorarle il volto.
« Non ci parlo con Okita-san » gonfiò a dismisura le guance mentre mordicchiava il labbro inferiore a causa del nervoso. « Okita-san è stupido! E io non parlo con gli stupidi! »
D’accordo, questa era veramente bella.
Souji trasse un profondo respiro, cercando di ristabilire un minimo di ordine nella propria testa, si grattò il capo e sospirò.
Infine rivolse uno sguardo accigliato a Umi. D’accordo che si trattava di una bambina, e che gli stava abbastanza simpatica, ma essere chiamato stupido senza un motivo valido era abbastanza irritante.
« Sentiamo, perché sarei stupido? »
« E perché Okita-san mi ha lasciata sola?!» Fu la replica di Umi, che andò a rinfacciare la “punizione” datale ragazzo a causa di quel suo comportamento sconsiderato del giorno prima.
All’improvviso senza aspettare risposta Umi si alzò, iniziando a dirigersi dalla parte opposta alla stanza di Chizuru. I suo piccoli passi erano accompagnati da un atteggiamento altezzoso, come una vera e propria…Bambina viziata.
« Tanto non m’importa » Umiko riprese a parlare – Hijikata-san mi ha fatto stare con lui.
Frecciatina diretta.
« Ed è anche più simpatico di Okita-san. »
Mentre Umiko continuava a “lodare” in modo puramente provocatorio Toshizou, Souji iniziava seriamente a innervosirsi: essere battuti in simpatia da Hijikata-san era un vero e proprio insulto.
Prima che Umi se ne rendesse conto, Souji l’aveva caricata su una spalla, mentre si allontanava a passo rapido.
Consapevole della sua vittoria, Umi cinse affettuosamente il collo del ragazzo, ridacchiando, soddisfatta di aver ottenuto ciò che voleva.
 “Mi sono fatto fregare” pensò Souji, sbuffando.
Sta di fatto che concesse a quel piccolo demone in miniatura il permesso di dormire nella sua stanza. Non si premurò di sistemarle un altro futon, anche perché le speranze che si staccasse da lui erano assai scarse.
Si accucciò Vicino a lui come un cucciolo in vena di coccole e ridacchiò nuovamente.
« Oyasumi, Okita-san » gli augurò lei, prima di crollare come un sasso.
 
 
 
***
 
« Umi-chan, cerca di stare buona »
« No! »
« Mollami… »
« No! »
Era la scena più assurda alla quale Chizuru e Heisuke avessero mai assistito.
Dopo una lunga e abbastanza pesante “chiacchierata” con Hijikata-san, Souji e Heisuke erano riusciti a convincere il vice a portare con loro Chizuru. Stavano per dirigersi fuori dalla sede, ma mai nessuno si sarebbe immaginato di trovare Umi a sbarrar loro la strada.
Quella piccola belva insisteva nel voler partecipare alla ronda.
Dopo parecchie repliche da parte di Souji, lei si era aggrappata ad una gamba del ragazzo - rischiando di farlo cadere.
Ora il ronin si trovava nell’assurda necessità di staccarsi di dosso la bambina.
« Voglio venire anche io! » dichiarò lei.
« Appena esci di qui rischi di essere calpestata come una formica. »
Umi, dopo aver lanciato un occhiata di disappunto a Souji, rivolse uno sguardo di pura perfidia verso Chizuru e puntò con astio l’indice verso di lei.
« Allora perché lei può uscire?! » puntualizzò, velenosa.
Scrutava la povera Chizuru come se la volesse fulminare da un momento all’altro.
Souji, che cercava disperatamente di staccare Umi dalla sua gamba,  approfittò di un attimo di distrazione della bambina, se la tolse di dosso la adagiò a terra.
« Voglio venire anche io! » ripeté lei, con gli occhioni lucidi e le labbra imbronciate.
Souji si grattò nervosamente il capo, poi si chinò e afferrò tra il pollice e l’indice il piccolo naso della bambina.
« Non molli mai l’osso, eh »
Umiko non nascose la sua espressione imbronciata. Rassegnatasi ormai all’idea di dover restare al quartier generale, si scostò da Souji e si accovacciò vicino al cancello, con la schiena rivolta al muro.
« Vedi di non combinare guai » l’avvertì il ronin, sorridendo, prima di proseguire, seguito dal resto della squadra e da Chizuru.
Umi rivolse un’ ultima occhiata al ragazzo, poi con rabbia prese a calci il terreno, sollevando una piccola quantità di polvere.
« Okita-baka! » borbottò, alzandosi e prendendo a fare avanti e indietro sulla soglia della cancellata.
 
 
Quell’andirivieni durò a lungo, come anche i borbottii della bambina. Perfino la presenza di Toshizou sembrava non toccarla minimamente. Infine, stufa di quella situazione noiosa, Umi si andò nuovamente ad accovacciare vicino alla parete.
« Vieni, Toshizou? » chiamò, tendendo la mano verso il felino.
Invito difficile da rifiutare per l’animale, visto che la bambina era una dei pochi li dentro che non lo minacciavano di morte.
Il gatto le saltò sulle ginocchia e le sfregò il muso sul petto, alla ricerca di una posizione confortevole. Trovatala, si accucciò. Umiko prese a carezzare con delicatezza l’animale.
“Che noia…non c’è nulla da fare.” Rifletté, sbuffando. Dopo un lungo sospiro prese in braccio Toshizou e fece per andarsene.
« Oh… che carini » commentò una voce alle spalle dei due.
La bambina si voltò, curiosa. Quando vide chi si stagliava dietro a lei sbarrò gli occhi e il suo cuore perse un battito. La figura che si trovava davanti a lei aveva qualcosa di spaventosamente magnetico… e forse anche familiare.
Si trattava di un uomo molto alto, i cui lunghi capelli neri, dalla forma morbida e ondulata, cadevano sulle ampie spalle ed incorniciavano il candido volto, delineato da un docile sorriso. Indossava un kimono di seta nero leggermente aperto sul petto. Sulle spalle era adagiato un haori. Decorazioni di camelie rosse si ramificavano sull’orlo dell’indumento.
Ma ciò che colpì Umiko al punto da costringerla a rimanere ferma ad osservare lo sconosciuto erano i suo bellissimi occhi azzurro scuro.
« Cosa c’è, Hime-chan? » l’uomo ampliò il suo sorriso.
Non vi fu risposta da parte della bambina, che rimase imbambolata a guardarlo. Lo sconosciuto si avvicinò e si chinò davanti a lei. Solo allora Umiko sobbalzò, mentre un vago rossore si dipingeva sulle sue guance.
«E..ecco… » Umi distolse lo sguardo. La sua espressione vagamente imbronciata ed imbarazzata provocò una nuova risata dell’uomo.
« Gomen! Gomen, Hime-chan, non volevo metterti a disagio » si scusò, gentile « qual è il tuo nome? »
« U..Umiko… » confessò lei, deglutendo. L’uomo sussultò e i suoi occhi si sbarrarono leggermente, ma il suo contegno rimase impeccabile.
« Umi-chan » ripeté « immagino che la tua mamma sia bella come te »
Umi si strinse nelle spalle. L’uomo tese una mano verso di lei, per accarezzarle il capo.
Quel tentativo venne arrestato da Toshizou. Il felino soffiò, rabbioso, e graffiò la mano tesa verso la bambina, per poi divincolarsi dalle braccia di Umi e nascondersi dietro di lei.
« Toshizou?! » sbottò Umi, perplessa e arrabbiata « Che ti prende ?! Non si
fa così! »
L’uomo ritrasse la mano, osservando il graffio dell’animale, e lanciò a quest’ultimo una breve occhiata furiosa. La sua attenzione, tuttavia, venne attirata dal tocco di due piccole mani, e il suo sguardo ricadde sulla bambina che, con delicatezza ed accortezza, era andata a fasciare il graffio con un fazzolettino.
« Vi chiedo scusa…di solito non è cattivo. Vi fa male? »
L’uomo scosse lievemente il capo. Il sorriso era tornato sul suo volto. Stavolta non ci fu un arresto nel suo nuovo tentativo di contatto con la bambina: la sua mano le sfiorò delicatamente la testa, donandole un buffetto, e scivolò lungo la sua guancia per carezzarla con delicatezza.
« Daijobu, Umi-chan » la rassicurò.
Sul volto della bambina si disegnò un piacevole sorriso, ma la sensazione di quiete si dissipò quando avvertì passi alle sue spalle…e una voce familiare.
« Ohi! Che stai combinando?! »
Umi si voltò lentamente, sapendo che quella voce poteva appartenere solo ad una persona (la meno simpatica nel raggio di chilometri).
«H..Hijikata-san? » borbottò, guardando la faccia palesemente nervosa del vice in avvicinamento: le labbra contratte mostravano i canini e le sopracciglia erano aggrottate sopra un’occhiata indagatore.
Non ce l’aveva tanto con Umi, in fondo non era una bambina e poco sapeva sui vizi che potevano andare a costituire l’animo umano: Il suo sguardo era palesemente rivolto all’uomo.
« Posso chiedervi cosa volete? » domandò, in tono secco.
Un vago sorriso si dipinse sul volto dello sconosciuto, per nulla intimorito da quella voce di comando.
« Can che abbaia non morde » sussurrò, con voce talmente bassa da non essere udita da nessuno dei presenti. Si levò nuovamente in piedi, andando a posare il braccio sopra il manico della katana che portava ad un fianco.
« Nulla che possa disturbare uno come voi »  rispose, velenoso.
Rivolse un ultimo sguardo alla bambina prima di voltarsi per andar via.
« A presto, Hime-chan » la salutò.
Umi, per un istante, ebbe la tentazione di seguirlo, ma fu bloccata dal richiamo di Hijikata .
« Dove pensi di andare, tu, hm? » Lo Shinsengumi prese una posa rigida e incrociò le braccia, inchiodando Umi con lo sguardo.
« Allora, che intenzioni hai? Che ti è saltato in testa? Dare così confidenza ad uno sconosciuto…ti pare qualcosa da fare? »
Lo sguardo di Umi lasciava bene intendere quanto fosse annoiata e disturbata dal rimprovero dell’uomo - che si protrasse per un tempo lunghissimo. Cercò di mantenere la calma sfogandosi con lievi borbottii, o sbuffando.
«…per non parlare di quello che potrebbe pensare la gente. Umiko. Umiko. Guardami! Hai sentito una sola parola di quello che ho detto?! »
« No »
Il vice prese un profondo respiro, cercando di placare l’impulso di prendere a sberle quella mocciosa viziata.
“Controllati. È solo una bambina. Mantieni la calma…”
Umiko raspò a terra con un piede e si avvicinò a lui, tenendo basso il capo.
« Neh, Hijikata-san, chi è la mia mamma? » domandò, con voce insicura.
La frase colpì lo Shinsengumi come un pugno allo stomaco. Da dove aveva tirato fuori quella domanda?
Si massaggiò l’attaccatura del naso, cercando di trovare una risposta che non implicasse il dover raccontare della notte in cui era stata trovata. Molto probabilmente quella donna doveva essere stata sua madre… rivelarle di quel triste evento non le avrebbe di certo fatto del bene.
Trasse un profondo respiro, poi chiuse per un momento gli occhi.
« Non lo so » rispose, in tono piatto « non ho mai conosciuto tua madre.»
« Bugiardo! »
Lo sguardo della bambina si caricò di una profonda rabbia mista a tristezza.  Non sapeva davvero se l’uomo stesse mentendo, ma era troppo piccola e troppo viziata per comprendere la realtà dei fatti…e le parole dello sconosciuto non avevano fatto altro che aumentare la sua insicurezza.
« Chi è la mia mamma?! » insistette, stringendo in un pugno una manica dell’haori del vice. La scosse, come per spronarlo a dirle la verità.
« Ti ho detto che non lo so! » esclamò Hijikata, duro, eppure nella sua voce si sentiva una lieve nota di compassione per quella piccola peste. 
« Bugiardo! Bugiardo! Bugiardo! »
Umiko riuscì a stento a trattenere le lacrime, nonostante i suoi occhi cominciassero a farsi lucidi. Non volle più saperne di parlare con l’uomo e lasciò andare con rabbia la manica del kimono viola scuro. Senza proferire più alcuna parola prese in braccio Toshizou e si dileguò.
 
“Sono tutti degli stupidi! Tutti quanti!”La bambina camminò a lungo, tenendo il piccolo felino tra le braccia.
La sua avanzata si arrestò alla vista di Saitou Hajime. Umiko si avvicinò, silenziosa, osservando con attenzione i suoi movimenti ed il modo con cui maneggiava la sua katana.
Si arrestò a pochi passi da lui, continuando a studiarlo, finché non fu Saitou stesso a voltarsi verso di lei.
« Cosa vuoi? » domandò il ronin.
« Niente » rispose lei, infastidita dal tono freddo.
« In tal caso puoi anche andartene » concluse lui, non volendo più sprecare tempo e parole con quel moscerino.
Ciò diede alquanto fastidio a Umiko, che per puro gusto di irritare il giovane prese a saltellargli davanti con un sorrisetto beffardo.
« Insomma, cosa vuoi, piccolo demonio? »
« Neh! Saitou-san, non fare quella faccia! » la voce di Umi era esageratamente allegra, quasi volesse che l’uomo perdesse la pazienza e decidesse di usare la spada per altri scopi. Tagliarle la testa, per esempio. Molto probabilmente Saitou l’avrebbe fatto, se non si fosse trattato di una bambina - alla quale per giunta si era affezionato quella zucca vuota di Souji.
Umi continuò a saltellare imperturbata, avvicinandosi ancora di più a lui e ampliando quel sorrisetto poco rassicurante.
« Non ho tempo da perdere » dichiarò Hajime « dimmi cosa vuoi e fila via »
L’espressione della bambina ritornò ad essere vagamente seria, anche se gli occhi vispi lasciavano trapelare una vaga nota di divertimento. Prese un profondo respiro e poi squadrò la faccia del ronin.
« Neh, Saitou-san, sai chi è la mia mamma? »
Senza proferire parola, il capitano rinfoderò la spada e si diresse dalla parte opposta del giardino. Umi non si diede per vinta, seguendolo e ripetendo la domanda fino allo sfinimento.
« Perché nessuno risponde? Io voglio sapere chi è la mia mamma! »  insistette Umiko, facendo seriamente vacillare la calma dell’uomo. La sua vocina stridula era parecchio seccante, e il fatto che continuasse a chiacchierare in quel modo non faceva altro che irritarlo ancora di più.
« Saitou-san, non è che sei tu la mamma? »
A quella frase Hajime percepì un brivido gelido lungo la schiena. Ne aveva sentite di cose stupide in tutta la sua vita… ma di deduzioni come quella della bambina, fortunatamente mai.
Umi, senza inibizione, cinse il ronin alla vita con un sorrisone.
« Mamma!»
« Abbassa la voce e lasciami andare » sibilò l’uomo, non appena percepì il contatto con la ragazzina. La sua occhiata glaciale trapassò Umi come una lama.
« Uh? »
« Sono un uomo, razza di stupida, come pensi che possa farti da madre?»
Umi allentò la stretta sulla vita dell’uomo e indietreggiò di qualche passo, intimorita dal tono che questi aveva utilizzato.
« C..chi è la mia ma… »
« Personalmente non lo so e non m’interessa » intervenne il ronin, prima che la bambina potesse porre per l’ennesima volta il suo quesito.
Senza aggiungere altro si allontanò, ignorando del tutto Umi, che continuava a fissarlo con gli occhi sbarrati.
La bambina rimase in silenzio, immobile per un lungo arco di tempo, finché il silenzio non fu interrotto dai suoi singhiozzi, infantili e patetici. Si trascinò sulla veranda e ci si accovacciò.
Con le mani premute sugli occhi, rivide passare davanti a sé i ricordi degli ultimi giorni. Un’ improvvisa sensazione di vuoto la fece sobbalzare. Non ricordava nulla se non ciò che era accaduto in quel breve arco di tempo che aveva trascorso alla Shinsengumi, come se non fosse vissuta prima di allora. Sua madre, suo padre, i ricordi di possibili parenti o amici…nulla, solo il buio. 
Sbarrò gli occhi, sconvolta, mentre quell’orribile sensazione di vuoto la divorava.
“C..cosa sono?” si chiese, iniziando a tremare. Dentro di lei, il vuoto cresceva sempre di più.
Improvvisamente vide Toshizou saltare giù dalla veranda. Umi si alzò di scatto, iniziando a rincorrerlo.
« Toshizou! F…fermati! »
Corse a perdifiato, fino a raggiungere una struttura molto vecchia e decadente. Lì rimase a debita distanza. Nei pressi dell’edificio c’erano anche Shinpachi, Harada ed Heisuke, intenti a discutere in modo molto agitato.
La discussione iniziava ad accendersi. Ad un tratto Harada e Nagakura entrarono nell’edificio, richiudendo con vigore la porta alle loro spalle.
Umi non se la sentì di proseguire oltre. Rimase ferma, aspettando che Heisuke si avvicinasse. Il capitano aveva un’ aria cupa; una vaga nota di delusione si poteva chiaramente leggere nei suoi occhi.
« Nii-san » lo chiamò la piccola Umi « cosa succede, nii-san? »
Heisuke, notando Umiko, la prese in braccio e senza una parola si allontanò il più possibile da quel posto. Dove a breve, lo sapeva, si sarebbe tenuto un atto abominevole.  
Umi rimase aggrappata al giovane capitano, osservandolo in silenzio. Non vedendo alcun tentativo di comunicazione da parte del ragazzo, abbassò lo sguardo e tacque.
Heisuke posò la bambina su una veranda, per poi lasciarsi cadere su di essa in modo pesante, osservando il vuoto.
« Nii-san »  lo chiamò Umi, ma non ebbe risposta, quindi si avvicinò il più possibile a lui. 
Il ragazzo sussultò e si voltò a guardarla. Umiko si era permessa di cingerlo al collo e con delicatezza gli aveva fatto posare il capo sul petto mingherlino. Stampò un piccolo bacio sul capo di lui e continuò a cingerlo delicatamente.
« Va tutto bene, nii-san » sussurrò « ora la bua è passata »
Molto probabilmente quelle parole d’incoraggiamento erano anche un tentativo per dare coraggio a sé stessa.
Il ragazzo si fece sfuggire una piccola risata, poi si allontanò appena dalla bambina, tese lentamente una mano verso di lei e le accarezzò i capelli corvini.
« Sto bene, tranquilla » le sorrise.
Ma non fu lo stesso per Umi. Le labbra s’incresparono, e i grandi occhi blu si velarono di lacrime, mentre la bambina stringeva tra le mani la stoffa del kimono.
« Cosa succede, Umi-chan? » domandò Heisuke, perplesso, non capendo a cosa fosse dovuta la sua tristezza improvvisa.
« Chi è la mia mamma? » mormorò Umi  « perché io non mi ricordo della mia mamma? Perché non ricordo niente?! » all’ultima domanda scoppiò in lacrime.
Il ragazzo deglutì, non sapendo a quale divinità fare appello. Non se la sarebbe aspettata così all’improvviso, una domanda del genere. Come poteva spiegarle tutto per filo e per segno? 
Trasse un profondo respiro, guardandosi attorno come se stesse cercando una via di fuga.
« E…ecco Umi-chan… » “e ora che dico?!” prese nuovamente in braccio la bambina, cercando di farla calmare.
« Umi, vedi… ecco… » Heisuke si morse la lingua, passando in rassegna le scuse, gli svincoli uscire da quella scomoda situazione.
« Nii-san… » intervenne Umi, con tono rassegnato, tirando su col naso
« Anche tu non lo sai, vero nii-san? »
Heisuke non volle aggiungere nulla e ritornò nel suo precedente silenzio.
Entrambi rimasero in silenzio ed immobili come statue, abbracciati.
A pochi passi da lì, iniziavano a ribollire acque che avrebbero portato ad un evento che avrebbe segnato ognuno di loro. 




For the child, for the light
For the heart I once had
I`ll believe and foresee
Everything I could ever be

For the heart I`ll never have
For the child forever gone
The music flows, because it longs
For the heart I once had
(Nightwish 
“For the Heart I Once Had” )

“5 Giugno 1864” 


Dunque, partiamo dal fatto che questo capitolo è stato un vero e proprio parto… (Non oso immaginare come farò a scrivere il prossimo… sig *sospiro sconsolato*) Peeeer fortuna esistono due persone in particolare (ragazze vi adoro! TwT) che mi salvano il fondoschiena da orrori madornali. Un grazie grande quanto il mondo a tutti coloro che recensiscono, in particolare a Ellie_x3,Chandrajak e Foreverme96. Vi adoro ragazze! <3
   
 
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