Storie originali > Commedia
Segui la storia  |       
Autore: Thalia_Like_Alan    19/11/2011    3 recensioni
Dal Primo capitolo:
- Mallory POV -
"Fu solo quando la porta di vetro oscurato della doccia si aprì che capì di non essere sola. Cacciai un urlo, spaventata, quando vidi Ian uscire completamente nudo dalla MIA doccia.
- Che diamine ci fai nel mio bagno!? –
Lui prese subito il grande asciugamano appeso alla parete e se lo legò in vita.
- E da quando?! –
- Da sempre! Maledizione! –
Ci misi qualche secondo per collegare le cose. Lo sguardo di Ian era fisso su qualcosa che di certo non erano i miei occhi. All’improvviso mi ricordai di essere nuda e cacciai un altro urlo. Con una velocità impressionante aprì la porta del bagno e lo spinsi fuori con solo l’asciugamano addosso."
- Ian POV -
"Ragazze.
Si credono belle e indispensabili.
Io dico che servono solo per una cosa.
Nel caso di Mallory…
Be’, credo che lei non sia buona nemmeno per quello.
Cosa ci vedrà mai quel dottore o chi diavolo è?
Cazzi loro, non me ne fotte niente.
Fu così che mi addormentai.
Ovviamente solo dopo che Miss Racchia abbassò il volume dello stereo."
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Mea culpa! Di nuovo sì -.-'
Ok, cercherò di spiegarvi brevemente per non annoiarvi.
Ho traslocato, perciò sono stata senza linea per un po' e, quando riesco a riottenere Internet, che succede? Mi sovraccaricano di compiti a scuola -.-'
Ciancio alle bande, ecco a voi... Il...


Capitolo 5

- Mallory PoV -

Ero seduta sul cemento ancora caldo del molo e guardavo il sole calare oltre la città.
Avevo bisogno di schiarirmi le idee, di pensare, di urlare, di correre, di camminare…avevo bisogno della solitudine. Non c’era nessun posto in tutta Boston come quel piccolo molo desolato e sempre illuminato dal sole. Era il mio rifugio, la mia seconda casa quando volevo rimanere da sola con me stessa. Nessuno sapeva dov’era e come arrivarci e io non lo avevo mai mostrato a nessuno. Lo avevo trovato quando da bambina i miei genitori avevano divorziato e io mi sentivo triste. Anzi, è lui che ha trovato me. Io mi ero persa per il porto e, dopo l’ennesima svolta alla cieca, avevo trovato questo angolo tutto per me. Negli anni si era rivelato il posto migliore dove nascondersi e nascondere ciò che non volevo far trovare. Infatti, nella piccola rimessa dismessa erano accumulati molti oggetti a cui tenevo.
 
Ero immersa nei miei pensieri quando la vibrazione del cellulare, accanto a me, mi distrasse: lo presi in mano per evitare che il movimento causato dalla vibrazione lo facesse cadere in mare. 
Guardai il display e vidi il nome di Ian.
- …Seccante. –
Lo rimisi a terra, un po’ lontano dal bordo, e lascia che le sue chiamate indesiderate andassero ad aggiungersi a quelle di mio padre e Leonard.
Non volevo che stessero in ansia per me ma in quel momento le relazioni umane in generale mi provocavano un senso di nausea.
Il cellulare continuava a vibrare imperterrito e, quando sentii una sirena della polizia, mi venne il dubbio che forse erano preoccupati a tal punto da chiedere aiuto alle autorità.
Così, a mala voglia ma spinta dal dubbio, afferrai il mio telefono e scrissi un messaggio a mio padre.
 
“ Papà non voglio farti preoccupare, sto bene e sono in un posto sicuro ma non ho intenzione di tornare a casa…devo prima smaltire questa rabbia…davvero, non essere in ansia, sarò a casa domani mattina…ti voglio bene.”
 
La risposta non tardò ad arrivare.
 
“ …Mal lo si che io mi fido cecamente di te. Se mi dici che stai bene ti credo. Ci vediamo domani, ti voglio bene. “ .
 
Una folata di vento freddo mi fece rabbrividire e, solo allora, mi accorsi che il sole aveva lasciato spazio alla luna e alle poche stelle. Il piccolo molo era illuminato solo da un lampione altrettanto vecchio ma che faceva ancora il suo dovere. Mi alzai per sgranchirmi le gambe e ne approfittai per recuperare la coperta che lasciavo sempre nella rimessa. Me la avvolsi intorno al corpo e mi accoccolai contro il muro di legno. Poggiai la testa tra le ginocchia e cercai di riprendere il filo dei pensieri che erano stati interrotti. Ripensai alla bella giornata passata e arrossii più volte al ricordo di quel bacio ma rabbrividì quando la sfuriata di Ian mi tornò in mente. Perchè ce l’aveva con Damon se non lo conosceva nemmeno? O forse si conoscevano?
Sospirai frustrata: c’erano fin troppe cose che non sapevo e la cosa non mi andava giù. Indagare nella vita degli altri non era una cosa che mi piaceva fare...infondo non mi sarebbe piaciuto che qualcuno indagasse su di me…Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te, no?
Mi addormentai presto cullata dal rumore delle onde e dai miei diversi pensieri.
 
La mattina seguente erano le nove quando mi svegliai.
Avevo dormito molto nonostante il posto non fosse esattamente il massimo del confort cosa che non fu gradita dalle mie articolazioni che, non appena mi alzai, schioccarono all’unisono in segno di protesta.
Dopo aver fatto un po’ di stretching diedi uno sguardo al cellulare: c’erano già sei chiamate perse; due di mio padre, due di Lexy e due di Leonard.
Stavo per chiamare casa quando qualcuno dall’altro capo del telefono mi anticipò.
<< Si? >>
Chiesi per sapere chi c’era in linea.
<< Ehi. >>
Quando la voce di Ian raggiunse le mie orecchie l’impulso di riattaccare fu forte.
<< Ehi. >>
Dissi soltanto.
<< Tutto ok? >>
<< Sì, sono a casa in mezz’ora. >>
<< Ti aspetto. >>
Non sapevo per quale motivo fosse così accondiscendente ma l’idea di vedere la sua faccia come prima cosa al mio rientro a casa proprio non mi andava.
<< Lascia le chiavi sotto lo zerbino e vai a scuola. Me la cavo da sola. >>
Cercai di essere il più gentile possibile, fortunatamente la stanchezza era dalla mia e anche volendo avrei trovato difficile essere acida dopo una nottata simile.
<< Sicura? >>
<< Sicurissima. >>
<< Ok, ci vediamo oggi pomeriggio. >>
Non risposi e riattaccai.
 
Mi incamminai per il dedalo di vicoli che separavano il molo dalla strada principale e, una vola fuori, mi accomodai alla fermata dell’autobus in attesa di vederne uno passare.
Mezz’ora dopo ero davanti alla porta di casa mia a constatare con molto poco entusiasmo e altrettanta delusione che la macchina di Ian era ancora nel vialetto insieme alla mia.
Bussai e attesi che mi venisse ad aprire.
Ci mise un bel po’ e, una volta in casa, capii anche perchè.
Come se niente fosse un’altra delle sue “vittime” se ne stava spaparanzata sul mio divano con abiti non troppo consoni ad una semplice visita di cortesia.
Prima ancora che il mio cervello potesse metabolizzare l’informazione uccisi Ian con lo sguardo.
- …Sono troppo stanca per dirti quanto mi fai schifo… -
Dissi senza badare a quella presenza indesiderata sul sofà.
- Ehi, vacci piano. Non l’ho invitata io. –
Mi rispose lui.
Alzai le spalle e mi voltai verso la ragazza.
- Chiunque tu sia, qualunque sia il tuo nome alza il culo dal mio divano e vattene da casa mia. –
Diretta. Fredda. Furiosa.
- Chi ti credi di essere per darmi ordini? Sei solo una sfigata pel di carota! –
Disse lei in tutta risposta.
Oh no. Questo non doveva dirlo.
Era seduta sul mio divano, in casa mia e in più si permetteva di offendermi?
Il limite della mia sopportazione era stato superato altamente.
Mi avvicinai a lei a passo spedito, chiusi la mano in un pugno e, prima di arrivare a spaccarle la faccia sul serio, mi fermai a pochi millimetri dalla sua guancia.
- Se non ti levi di torno entro due secondi giuro che ti spacco quella faccia da stronza che ti ritrovi. –
Sibilai.
La ragazza sgranò gli occhi impaurita e, in men che non si dica, raccolse le sue cose e uscì sbattendo la porta.
Ian mi fissava con un’espressione tra lo sbalordito e l’incavolato.
Io scrollai le spalle e mi trascinai in camera mia dove mi cambiai e misi il pigiama: di andare a scuola non se ne parlava proprio.
Quando scesi di sotto la casa era immersa nel silenzio ma, purtroppo, non ero sola.
Il mio adorabile fratellastro se ne stava seduto sul divano e fissava il vuoto. Entrai in salotto, lo sorpassai e andai a sedermi sulla mia poltrona accoccolandomi con un cuscino stretto tra le ginocchia e il petto.
- …Potevi anche evitare di trattare Abigeil in quel modo… -
Disse cauto.
Il suo tono di voce era appena udibile ma nel silenzio di casa era più che sufficiente.
- In casa mia tratto la gente come voglio. –
Non c’era presunzione nella mia voce, dicevo semplicemente quello che pensavo e che, alla fine dei conti, era anche la verità.
- è anche casa mia fino a prova contraria… -
Si stava imbarcando in una situazione spiacevole nonostante nessuno dei due avesse voglia di iniziare l’ennesima battaglia a suon di parole.
- …Io vivo qui da quando sono nata tu da nemmeno un mese. Direi che i miei diritti di proprietà sono maggiori… -
Nessuno dei due guardava in faccia l’altro. Era una conversazione flebile e lasciata al nulla.
- Non c’è democrazia in questo salotto. –
Sorrisi amaramente.
- Non fin che non ci sarà nella tua testa, fratellino. –
Dissi sarcastica.
La conversazione finì lì. O almeno quella parte.
Ian purtroppo non era del mio stesso avviso e riprese a parlare. Questa volta si voltò completamente verso di me. Voleva che io gli concedessi la mia attenzione…fiato sprecato.
- Eravamo tutti preoccupati. –
- Non chiederò scusa per il disturbo. –
Dissi secca.
Un po’ mi dispiaceva aver messo in ansia la famiglia ma non avevo motivi per scusarmi, almeno non con lui.
- Dove sei stata? –
Girai il volto verso di lui e puntai i miei occhi smeraldo nei suoi.
- Ti aspetti davvero che io te lo dica? –
- Sì. –
- Presuntuoso. –
- Lo so. –
Sorrise, sembrava praticamente convinto di poter ottenere l’informazione che voleva.
- Non lo sa nemmeno Lexy, se è questo che stai pensando. –
Per un attimo il luccichio di furbizia nei suoi occhi si spense ma tornò insieme alla sua troppa fiducia in se stesso.
- So come ottenere le informazioni che voglio. –
- So come fare perchè un’informazione privata resti tale. –
Dissi io in risposta.
Dopo qualche minuto di silenzio fu il mio turno di parlare.
- Sono disposta a rispondere ad ogni tua domanda se prima tu rispondi onestamente alla mia. –
Era ora di intavolare un po’ di contrattazioni. Non saremmo mai arrivati a nulla senza dei sani accordi.
- Come ti pare. –
Annuii.
- Perché ce l’hai con Damon? –
Probabilmente si aspettava la mia domanda. Sorrise scocciato e si mise sdraiato.
- …In poche parole mi ha fottuto la ragazza…Lei si è innamorata di lui e lui non si è fatto scrupoli nonostante lei fosse impegnata…con me. –
Rimasi in silenzio.
Ero notevolmente sorpresa. Con tutte le cose che potevo aspettarmi quella era la più assurda e irragionevole che io avessi mai sentito.
- Damon non è uno stronzo come te. Se avesse saputo che lei era impegnata avrebbe rifiutato le sue avance o quanto meno non ci avrebbe provato. –
- Cazzate. –
- …I tuoi sono pregiudizi. Non dovresti parlare male di lui senza conoscerlo. È una persona gentile che si fa mille scrupoli! –
- Si è visto che scrupoli si è fatto con te! –
A quel punto il dibattito era degenerato in una rissa verbale e, se qualcuno non ci avesse fermato, anche fisica.
- Io non sono impegnata con nessuno! E in ogni caso non sono affari tuoi! –
Urlai alzandomi dalla poltrona e impuntandomi verso il divano.
- Dannazione si che sono affari miei! Sei mia sorella! –
Anche lui si alzò dal divano per fronteggiarmi.
- Oh! Non fingere che te ne importi! Sei solo uno sfigato che non ha avuto le palle di lottare per la ragazza che voleva! –
Dissi mentre mi incamminavo a grandi passi verso la mia stanza.
- Dove credi di andare?! Torna qui! –
Urlò contro la mia schiena. Io non mi fermai e iniziai a salire le scale.
- Me ne vado in camera mia, con la musica a palla! La vicinanza di un coglione come te mi rende solo stupida! –
Urlai con tutto il fiato che avevo in gola. Urlai talmente forte che per un secondo temetti che i vicini chiamassero la polizia per rumori molesti. Urlai per liberare la rabbia e la frustrazione che dal giorno del suo arrivo si erano accumulate dentro di me.
 
 
- Ian POV -


Andai a chiudermi in camera mia, con la testa intasata da mille pensieri.
Possibile che fosse così cieca? Stupida? Ingenua ed estremamente idiota?
Si, possibile.
In fondo, era sempre Mallory.
Ed io ero sempre Ian, vale a dire il bugiardo, lo stronzo, l'essere incapace di provare sentimenti. Tutto questo mi metteva in corpo una rabbia assurda.
Ok, stronzo lo sono da quando ne ho memoria; bugiardo a volte; ma che non mi si venga a dire che sia un blocco di marmo, freddo e distaccato, questo proprio no.
Non voleva ascoltarmi? Beh, fatti suoi: io l’avevo avvertita, e cosa ne avevo ricevuto in cambio? Diffidenza ed una marea di accuse!
Ma si sarebbe ricreduta, prima o poi, eccome se si sarebbe ricreduta!
Mi buttai a peso morto sul letto, facendo aderire l'addome al materasso e la faccia contro il cuscino, continuai a urlare per la frustrazione, sapendo che lei riusciva benissimo a sentirmi.
Era vero, spesso mi ero comportato male nei suoi confronti, tipo quando le avevo somministrato il sonnifero, va bene, ma cazzo! Ero serio! E lei non poteva non ascoltarmi.
Aveva detto che io non avevo avuto le palle di andare a riprendermi Sharon, giusto? Che cosa cazzo ne sapeva lei di Sharon? Niente, non ne sapeva niente! Mallory non sapeva che avevo trovato Damon l'angioletto che scopava con Sharon, la mia Sharon, proprio in quel cazzo di centro per animali, o cosa diavolo sia, dove lavorava prima di essere scaricata per lei! 

La Fortuna volle che mi addormentassi all'improvviso, in modo da non pensare più a niente e a nessuno, stanco morto e incavolato nero.
La Sfiga volle invece che il mio sonno fosse infestato da incubi. E chi potevano essere i soggetti di quei brutti sogni? Ovviamente loro: Pel di Carota ed il Ninfomane.
Ninfomane, sì. Decisi che da quel momento a venire l'avrei chiamato in quel modo.
E la Signorina Shepard crede poi sia io il malato, bazzecole.

Rotolai sul letto fino a trovarmi a pancia in su, con gli occhi puntati al soffitto.
Mi sollevai poco dopo, con l'intenzione di giocare una partita veloce con la Wii per calmarmi un po'. Ma fu inutile. Non ne avevo voglia. Perciò presi il telefono e chiamai Mike.
«Hey bello, come va?».
«Di merda» risposi in tono funebre.
«Che ti è successo?».
«Ah, poi ti racconto. Dove sei?» domandai, sentendo un bel po' di casino in sottofondo.
«Alla festa di mia cugina. Vengo a prenderti» proclamò.
Ringraziai Dio.
Mi aveva fatto conoscere quella scassa scatole di Mallory, ma almeno avevo Mike che veniva sempre in mio soccorso.
Riattaccai guardando l'orologio; di certo non sarei rincasato presto, e l'indomani sarei dovuto andare a scuola... Ok, magari quello no.

Meno di un'ora dopo ero già a casa della cugina di Mike, una tizia piuttosto carina che mi aveva accolto come se ci conoscessimo da sempre quando invece non era così, con una bella bottiglia di vodka fra me e il mio amico, che intanto ascoltava le mie lamentele.
Finii di raccontare nello stesso istante in cui Mike mandò giù l’ultimo sorso dell’ultimo bicchiere di vodka. Mi sentivo meglio, non così tanto, ma un po’. E non era merito della bevanda, visto che e avevo toccato a stento mezzo bicchiere, questo è certo.
Michael si lisciò il mento, fece uno strano ghigno e disse: «Davvero Mallory è diventata così rompicoglioni?».
«Secondo me lo è sempre stata» risposi con tutto il disprezzo che sentivo nei suoi confronti in quel momento.
Un altro ghigno - accompagnato da un piccolo singhiozzo - che mi fece capire che Mike era andato. Chissà quanto aveva bevuto prima di venirmi a prendere…
«No no, prima non era così, fidati», sorrise come un idiota.

«Dunque, si chiama Mallory?».
«Sì» risposi cercando di contenermi.
«Mallory Shepard?» chiese ancora grattandosi il mento.
«Michael! Mi vuoi dire che cazzo hai da ridere pure tu?».
«Dimmi un po’, Ian, tu pensi che Mal sia ancora…?».
«Io ho seri dubbi anche sul fatto che sia nata vergine, guarda!».
«Era solo per sapere» mi disse vago.
«Ma la conosci?».
«Solo per sentito dire».


Quella conversazione mi venne in mente come se fossi tornato indietro nel tempo.
Non avevo fatto in tempo a chiedergli altro e poi, nei giorni successivi, l’avevo completamente rimosso dal cervello.
Ma adesso che Miky era sbronzo fradicio…

Cazzo, però mi dispiace sfruttare il mio migliore amico…
Ma se la cosa riguarda Miss Mal…

«E tu come fai a saperlo?» chiesi realmente curioso.
«Pensi di essere l’unico a conoscerla da così tanto?».
Non mi diede neanche il tempo di rispondere, che esclamò ridendo a crepapelle: «Amico, sono stato il primo a portamela a letto, io!», e mi diede una sonora pacca sulla spalla.
Che ci trovasse da ridere? Non lo so.
Non che io fossi disperato da quella frase, anzi. Sorpreso, certamente, ma potevo benissimo sfruttare quell’occasione a mio vantaggio, dovevo solo capire come fare.

Parli del diavolo e spuntano le corna.
No no, non c’era Mallory – per fortuna – ma la sua “cara, cara, cara amichetta del cuore gnègnè”.
«Guarda, c’è Lexy! – urlò sempre Mike, improvvisamente molto triste – Ecco, lei non ha mai voluto fare sesso con me!» piagnucolò.
«Scassacazzi che vai, scassacazzi che trovi» dissi molto ironicamente.
Mi voltai per cercare di capire dove fosse e, quando la vidi, restai stranamente stupito.
La Lexy maschiaccio sempre in jeans e felpona che incrociavo sempre nei corridoi della scuola, quella stessa Lexy che aveva provato a picchiarmi in casa mia, aveva lasciato posto ad una nuova ragazza, molto sexy a dire il vero. 
I lunghi capelli erano raccolti in una morbida coda che le scendeva giù per la spalla, lasciandole il collo nudo completamente scoperto, così come il petto, fasciato solo a metà da un abitino fucsia che le arrivava poco più sopra delle ginocchia e che le stava tremendamente bene.

Un’idea mi venne in mente all’improvviso, lasciandomi di stucco, come se il mio cervello avesse pensato quella cosa indipendentemente dalla mia volontà.

Dopotutto, occhio per occhio, dente per dente.
E se Mallory è andata a letto con Mike…

Mi alzai dal tavolo lasciando Michael mezzo addormentato sul tavolino, con un sorrisino all’angolo della bocca.

Toccava a me, adesso.




E stoooooop! Fine capitolo :D
Allora, che ne pensate?
A me piace particolarmente, non so perchè... Speriamo che l'attesa sia valsa a qualcosa ^^'
Comunque abbiamo già qualche ideuzza per il prossimo capitolo che credo non ci metterà molto ad arrivare... E ne vedrete delle belle! ;D
Scusatemi ancora per questo assurdo ritardo, non prendetevela con Thalia, però.

Vostra (nonostante tutto) Alan <3
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: Thalia_Like_Alan