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Autore: Revysmile    19/11/2011    2 recensioni
Questa parvenza di sogno svanisce in fretta ed io mi accorgo solo adesso di essere completamente avvolto nelle coperte di un letto, anzi del mio letto, in uno squallido appartamento, mio anch'esso, mentre la mia sveglia gracchia "Sympathy for the devil" dei Rolling Stones.
Sono presenti OC.
[Pairings: FruK, RusGre,AustriaUngheria ed altri]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE! QUANDO VEDETE UNA l SOSTITUITELA CON UNA R.

04. Baba O'Riley

 

Come la scorsa mattina il suono di tamburi e l'urlo di Mick Jagger spezzano il silenzio presente in camera mia, tuttavia vengono bruscamente interrotti da un movimento brusco e preciso della mia mano, essendo io sveglio da parecchio tempo.

Non avevo certamente trascorso una bella notte: vuoi per colpa dell'inspiegabile telefonata di mio fratello alle quattro del mattino, vuoi perchè non mi sono ancora abituato a quell'estraneo, che al momento è confinato a dormire sul divano in soggiorno, ho avuto un sonno molto agitato e tormentato. Tuttavia, sedendomi sul letto, rilego prontamente in un angolo del mio cervello questi pensieri mattutini, per concentrarmi meglio sui rumori che sento provenire dall'altra stanza, causati da quell'intruso francese.

Mi alzo stiracchiandomi e, dopo aver passato diversi minuti nell'ardua ricerca delle mie ciabatte con l'Union Jack ricamata sopra, mi dirigo verso il soggiorno.

Una volta giunto sulla soglia ritrovo Francis intento nella ricerca di un qualcosa nella credenza presente nella mia cucina che, insieme al soggiorno, formano un'unica stanza.

-Che cosa stai facendo?- chiedo irritato appoggiandomi allo stipite.

-Oh, bounjour Arthur, sto cercando qualcosa per fare colazione.- dice con quel suo fastidioso accento da rana sorridendomi.

-Non ho nulla, normalmente vado al bar.-

Come risposta, il francese sospende rassegnato la sua ricerca ed allontanandosi mi guarda divertito. -Tu hai un rapporto conflittuale con la cucina, vero?- più che una domanda, la sua, è un'affermazione, oltremodo corretta.

Dannazione, è così lampante?

-Ti sbagli, io sono bravo a cucinare!- ovviamente sto mentendo spudoratamente e, in qualche modo, Francis lo intuisce subito, reagendo alla mia frase con una risatina ironica.

Lo odio quando fa così. Cioè, penso di odiarlo anche normalmente, ma sono in questi momenti che il mio sentimento negativo raggiunge l'apice.

-Comunque, per quanto tempo intendi rimanere qui?- gli chiedo saltanto inutili giri di parole e, soprattutto, sviando il discorso dalle mie inesistenti doti culinarie.

-Pensavo di approfittare della tua gentilezza finchè non avrò il mio primo stipendio e non troverò una bella casetta in cui trasferirmi, mon cher.- risponde raggiungendomi vicino allo stipite.

-Mon cher chiami tua sorella.- sibilo incrociando le braccia e fulminandolo con lo sguardo.

-Spiacente sono figlio unico ed, in ogni caso, non potrei comunque chiamarla così, a meno che non sia transessuale.-

-Transessuale?- non riesco a capire la battuta.

-Mon chere è usato per i maschietti.-

-Oh.-

-Non conosci il francese?-

-Dovrei?-

-E' una delle lingue più parlate al mondo.-

-Lo spagnolo è una delle lingue più parlate al mondo, assieme all'inglese, la mia lingua madre.-

-E dimmi, lo parli lo spagnolo, o conosci solo l'inglese?-

A questa sua uscita non so bene che cosa rispondere per giustificare le mie scarsi abilità linguistiche, difatti oltre alla mia lingua conosco solo il gaelico, ma è alquanto inutile in un qualsiasi paese straniero che non sia l'Irlanda.

-No, ma...- tento di giustificarmi venendo però subito interrotto dal bastardo, contento dalla sua vittoria verbale -Dove andiamo a fare colazione?-

-Io vado all'Eliotropilaki- dove avrò la mia vendetta su Herakles per la simpatica storiella del lassativo -Tu vai dove vuoi.- rispondo voltandogli le spalle e dirigendomi verso il bagno.

-Ma come, non facciamo colazione insieme?- mi chiede seguendomi.

-No, mi rovineresti il sapore del cibo.- dichiaro guardandolo con aria di sfida.

-Tu dici? Invece lo migliorerei!-

-Migliorare? E come?- rispondo in tono beffardo- Anzi no, non dirmelo, sono certo di non volerlo sapere.-

-La mia compagnia è insuperabile- afferma con tono plateale- E comunque non dovresti essere così antipatico, Arthur, dopotutto siamo coinquilini.-

Aspetta un attimo brutto vinofilo, precisiamo una cosa.

-Tecnicamente- dico alzando un dito, come un professore che sta spiegando qualcosa ad un alunno particolarmente stupido -Sei un ospite indesiderato, che sono costretto ad ospitare per colpa di un energumeno russo.-

Francis ridacchia e, passandomi un braccio sulle spalle, dice- Oh andiamo, ti tengo compagnia in questo misero appartamento in cui vivi tutto da solo.-

Con un gesto seccato, mi scrollo il suo arto di dosso, scostandomi bruscamente da lui, non vorrei darlo a vedere per nulla al mondo ma le parole “da solo” mi hanno fatto male, andando a sfiorare un argomento, per me, alquanto dolente.

-Non sono affari tuoi, e poi, sbaglio, o ti sei lasciato sfuggire un “misero”. Guarda che, se non ti va bene, c'è sempre il marciapiede.- pateticamente cambio discorso nel tentativo di focalizzare la sua attenzione sulla battuta, pronunciandola con finta sicurezza, al fine allontanarlo da una delle mie debolezze.

-Non merci, il tuo divano è particolarmente comodo, mon cher.-

-Basta con questo mon cher!-

Non ne posso più.

Dopo questo mattutino scambio, demenziale, di battute, ci dividiamo per prepararci rispettivamente alla giornata.

Mi chiudo in bagno e, mentre mi lavo, come mi succede tutti i giorni mi soffermo a guardare la mia immagine riflessa nello specchio. Con attenzione vaglio tutto il mio viso, soprattutto soffermandomi sui miei occhi verdi, al fine di risalire all'aspetto dei miei genitori biologici, i quali non ricordo di aver mai conosciuto a causa della tenera età.

-Arthur, dove tieni i bicchieri?- la voce squillante di Francis mi riporta alla realtà, richiamandomi dal flusso dei miei pensieri.

-Cercateli, e comunque- continua finalmente obiettando riguardo ad una cosa che mi sempre infastidito riguardo al suo modo di pronunciare il mio nome -dato che sono inglese ed il mio nome è inglese, smettila di pronunciarlo alla francese!-

-Che male c'è se utilizzo il mio accento? Inoltre, come lo dico io, è più carino, e se proprio vogliamo essere pignoli anche tu sbagli nella pronuncia del mio, chiamandomi all'inglese- urla dalla cucina.

I miei vicini di casa non gioiranno di questa diatriba riguardo l'uso degli accenti, immagino.

-Non è carino, è errato! E poi non vedo che cosa cambia con il tuo nome! E' la stessa cosa!-

Accidenti a lui, la prima volta che ci siamo parlati non era così loquace; tenevi a freno la lingua perchè avevi paura di non essere accettato, vero?

-No! Sbagli l'accento! E' Francìs, non Francis.-

Dio, non lo sopporto più.

Come se non mi bastassero i miei problemi, ci mancava pure la rana francese.

Davvero, accidenti a Ivan e Roderich, vi auguro che un giorno, non molto lontano, venga anche a voi una cagarella cronica grazie ad Herakes. Galeotte furono quelle parole del russo, poste con tanta innocenza.

 

Siamo tutti seduti attorno ad un tavolo della sala prove, dove si sono appena svolte le audizioni per scegliere un nuovo bassista, e, finalmente, abbiamo appena finito di compilare quell'odiosa mole di documenti che sancivano l'annessione di Francis al nostro gruppo.

-Dove alloggi?- chiede improvvisamente Ivan al ragazzo francese strimpellando il suo strumento e non dedicando particolarmente attenzione alle scartoffie che aveva davanti.

-Al momento sono in una piccola pensione, sono ancora in cerca di casa.- risponde Francis emergendo dai fogli. Tuttavia il russo è particolarmente in vena di conversare e, continuando a pizzicare le corde con le sue bianche mani, insiste chiedendo- Non hai qualcuno da cui stare?-

Intanto, mentre firmo le ultime pratiche, ascolto distrattamente la discussione chiedendomi se ad Ivan interessi particolarmente la situazione del ragazzo francese o stia recitando la sua ennesima maschera.

-No, ho un amico che vive in questa città, ma il suo appartamento è molto piccolo ed abita già con una persona.- risponde scostandosi dal volto i capelli sfuggiti alla coda.

-Allora puoi venire ad abitare da uno di noi- risponde Ivan con tono tranquillo, come se avesse detto la cosa più ovvia del mondo, fermando le corde vibranti con le dita e facendoci stupire tutti.

-Ad esempio Arthur.- aggiunge indicandomi.

-Che cosa?!- esclamo con voce stridula.

-Suvvia, potresti aspitarlo senza problemi.- Che cosa stai dicendo cosacco? Questa è una bugia!

-No e no! La proposta è la tua, ergo ospitalo tu.- rispondo difendendo la mia posizione, forse con i miei modi sto offendendo Francis, ma non è a causa della naturale antipatia che provo nei suoi confronti che sono così restio all'idea di ospitarlo. Anzi, lo faccio per il suo bene.

Non posso sottoporre una persona al supplizio di incontrare QUELL'UOMO, che altri non è che il padrone di casa mia.

-Il mio appartamento è troppo piccolo per due persone.- sigiustifica Ivan.

-Casa mia è grande a sufficienza solo per me e mia moglie.- sentanzia Roderich aggiustandosi gli occhiali sul naso.

-Se è un problema posso stare alla pensione.- questa frase detta da Francis con quell'espressione stampata sul volto mi fa un po' di compassione.

-Figurati, per Arthur non è assolutamente un problema, vero?- si affretta a dire Ivan, sorridendo apparentemente con fare fanciullescomentre, in realtà, mi invia una concreta minaccia di morte.

 

E fu così che dovetti ospitare il francese a casa mia.

Ecco la fine della mia specie di flashback, sentenziata mentre mi stringo la sciarpa attorno al collo per coprire i, ben visibili, segni rossi. Almeno Francis ha avuto la decenza di non farci battute al riguardo, per ora.

Lancio un occhiata all'ora segnata sulla sveglia, le 10:00.

Ho ancora parecchio tempo prima dell'incontro con Ivan all'Eliotropilaki, ma, in ogni caso, intendo andarci subito. Difatti, ormai, il locale del greco è diventato come una seconda casa per noi ed è usato impropriamente e senza un esplicito permesso come ufficio. Inoltre spero, nel frattempo, di avere finalmente la mia vendetta su Herakles, anche se di fatto, non ho ancora deciso in che cosa consisterà. Forse, potrei lasciargli, di nuovo, un bel profilattico nel bagno.

Appena esco da camera mia, mi dirigo verso la porta d'ingresso situata in soggiorno dove trovo Francis vestito di tutto punto ed appoggiato allo stipite della porta, mentre guarda fisso nel vuoto.

-Esci?- chiedo fingendo di non capire che, non solo sta per andare fuori, ma mi sta anche aspettando.

-Ouì, dobbiamo ancora far colazione, no?- mi risponde riemengendo dai suoi pensieri e fissando con aria scettica il mio vestiario.

-Io non faccio colazione con te.-

-Allora mettiamola così, io vado all'Eliotropius e, coincindenza, ci vai anche tu.- risponde apprestandosi ad uscire.

-Si chiama Eliotropilaki, e non voglio che mi segui.- rispondo bloccandolo sull'uscio.

Lui non lo sa, e io sto fingendo che sia tutto tranquillo, ma non deve uscire sul pianerottolo incautamente. Può rischiare la vita!

-Non essere antipatico: io non ho la più pallida idea di dove si trovi, e ci siamo dati appuntamento lì con Ivan e Roderich!-

Ripensandoci non ha tutti i torti, se lo lasciassi da solo non ci saprebbe arrivare per le undici e trenta, essendo un locale inculato per le vie periferiche, e quindi dovrei sorbirmi il disappunto dell'austriaco degno di una zitella vecchia e acida.

-Okay- accosento, e come ringraziamento ottengo un “merci”, -Ma aspetta ad uscire.- gli ordino trattenedolo ancora per un braccio.

Lo sposto con poca delicatezza dalla porta e guardo, allarmato nello spioncino.

Il pianerottolo sembra deserto.

Con estrema cautela sporgo la testa dalla soglia e, come un ladro in fuga mi guardo attorno con estrema cautela.

Via libera.

Butto fuori il francese, che mi guarda perplesso e forse anche un po' preoccupato per le mie condizioni mentali, e poi, chiudendo in fretta e furia, lo trascino giù per le scale. Come un fulmine mi precipito nell'atrio del condomigno tirando il ragazzo per un gomito e non mollandolo finchè non siamo in strada e non svoltiamo l'angolo.

Mi fermo guardandomi attorno ma non colgo particolari intenti omicidi.

Perfetto, per ora sono salvo.

Tiro un gran sospiro di sollievo e poi, fischiettando, mi incammino tranquillo verso la nostra meta.

-Mi spieghi il perchè di questo tuo comportamento?- mi chiede Francis camminando al mio fianco.

-Anche ieri sera è stata la stessa cosa.-

-Sopravvivenza.- spiego non degnandolo di uno sguardo e rimanendo sul vago.

-Ovvero?-

-Non sono affari tuoi.-

Alla mia risposta secca non avanza altre domande e comincia a ciarlare del più e del meno, fortunatamente il locale è situato vicino a casa mia e la passeggiata in compagnia del francese è breve.

Appena arriviamo davanti all'Eliotropilaki, mentre Francis ammira quanto il locale sia carino visto esternamente, io sento rinascere, nel mio animo, la rabbia per la storia della purga e, con gesto degno della più banale e scontata clichè da manga, spalanco la porta, incurante degli eventuali avventori, e urlo con tutto il fiato che ho in gola -Herakles, brutto stronzo, come cazzo ti sei permesso di drogarmi il the, permaloso che non sei altro.-

Fra lo stupore e la paura dei presenti, il greco, che stava spazzando per terra, alza semplicemente lo sguardo dal suo lavoro, e, con voce lenta e calma risponde- Ah ciao, mi serve che suoniate il mese prossimo.-

Mi sento svuotato da queste sue uscite.

Non faccio nemmeno in tempo a rispondergli per le rime, davanti ad un sbalordito Francis, che Herakles aggiunge- Ieri sera comunque, verso il tardi, mentre stavamo chiudendo il locale, dopo mesi che non la sentivo, ha chiamato tua sorella da una cabina pubblica chiedendomi di te.-

Io, che di primo acchito ero pronto ad insultarlo pesantemente, ci metto parecchio tempo a comprendere il significato della frase.

-Eileen ha chiamato?- chiedo incredulo, era da tantissimo tempo che non la sentivo.

-Sì, ha detto tipo di essere a Dublino- si intromette Feliks parlando a raffica - E di star chiamando da una cabina del telefono. Inoltre mi ha tipo rotto un timpano talmente urlava. Cioè piuttosto, tu hai una sorella?-

-Sì.- rispondo sovrappensiero, o forse sarebbe meglio dire avevo?-Che cosa ha detto?- chiedo sedendomi ad un tavolo, seguito a ruota da Francis, stranamente in silenzio.

-Niente, è tipo caduta subito la linea- risponde il cameriere polacco -Cioè piuttosto, tu, tipo, chi sei?- aggiunge indicando il francese.

-Mi chiamo Francis, Francis Bonnefoy. Suono con Arthur.- rispose in modo cortese, sorridendo e porgendo una mano.

-Davvero?! Herakles guarda! E' tipo il nuovo bassista!- sbraita Feliks rispondendo al saluto con un po' troppo entusiasmo.

-Piacere.- risponde il greco avvicinandosi e dandogli la mano, per presentarsi atono. – Io sono Herakles Karpusi, il tuo futuro unico datore di lavoro.-

-Non sei l'unico che ci assume!- tento di protestare.

-Quasi.- risponde allontanandosi verso il bancone per riprendere il lavoro.

Francis non sembra accorgersi dell'insinuazione del barista e con fare allegro, come un bambino che è stato portato in negozio di balocchi, si guarda continuamente attorno divertito. Dopo aver fatto colazione estraggo i miei fogli, accomondandomi come se fossi a casa mia, al fine di tentare, in qualche modo, di comporre qualcosa. Difatti non siamo messi molto bene e di canzoni nuove ne abbiamo bisogno come il pane, tuttavia la mia testa si rifiuta categoricamente di produrre qualcosa di decente, distratta dai ricordi che mi affiorano alla memoria e dagli occhi di Francis che mi guardano curiosi.

-Non sapevo che avessi una sorella.- dice il francese dopo quasi un'ora di piacevole mutismo.

Siccome fingo di non averlo sentito e quindi non ottenendo una mia risposta mi chiede-Che tipo è?-

-Non ho voglia di parlarne.- rispondo atono guardando il foglio bianco e chiudendo il discorso, tuttavia è in questo momento che tutti veniamo distratti da un picchiare ritmico sul vetro del locale.

Yao Wang, gestore del locale situato esattamente di fronte al mio ufficio abbusivo, come mi piace definirlo, sta bussando sulla porta, aspettando di ricevere il permesso di entrare, in un luogo, che per lui è un tabù, a causa della faida in corso. Herakles, cambiando improvvisamente atteggiamento e facendosi stranamente minaccioso, gli fa un cenno con la testa, dandogli l'opportunità di varcare la tanto rispettata soglia.

Appena dentro il cinese, senza tanti convenevoli, si dirige a testa bassa verso di me, mentre alla radio trasmettono Baba O'Riley degli Who, rendendo molto teatrale la sua entrata in scena, e mi posa davanti agli occhi un foglio scritto fitto.

-E' allivata.- dice semplicemente incrociando le braccia e guardando male il greco, che, nel frattempo, sta tentando di ucciderlo con lo sguardo.

-Che cos'è?- domando perplesso prendendolo in mano.

-La fattula della vetlina che mi hai lotto.- sentenzia riportando la sua attenzione su di me.

-Oh.- è tutto quello che riesco a dire, sentendo un brivido attraversarmi la spina dorsale.

-Hai rotto una vetrina?- chiede stupito Francis.

-Taci.- rispondo secco guardando con terrore la cifra.

Intanto la canzone dice “...Don't cry.

Don't raise your eyes...”

Mi sembra molto appropriato, considerando il mio stato d'animo al momento.

-Sì, ha lotto la mia. Con una glancassa.- sentenzia Yao con odio.

-Tecnicamente non è andata proprio così- tento di spiegare.

-A no? Come?- il cinese mi fa paura.

-Mi avete provocato!- rispondo alzandomi in piedi.

Yao è sul punto di rispondere qualcosa ma la nostra attenzione viene attirata da alcuni schiamazzi che provengono dalla strada, interrompendo la nostra discussione.

-Hey bambola, vieni con me nell'angolo che ti piego a 90° gradi e ci divertiamo un po'.- urla una voce maschile dall'esterno, ci giriamo ma attraverso la vetrina non riusciamo a vedere chi è stato a pronunciarla.

Non che ci voglia una fervida immaginazione.

-Voi occidentali siete semple così assatanati?- chiede in tono di scherno Wang, facendo seguire alla frase una lunga sequela di commenti in cinese.

-Non mettermi sul loro stesso piano.- ribatto mentre il greco, sfilandosi il grembiule ed affiancandosi al nostro tavolo.

Dato che molti, qua in periferia, non ci vanno leggeri, mi alzo e mi dirigo verso la porta seguito a ruota da Yao, Herakles e Francis, che, pur non essendo cresciuto in questi quartieri come noi tre capisce a perfezione la situazione, ci segue in soccorso della ragazza.

Ma una voce ci inchioda, bloccando la nostra marcia sulla soglia della porta.

-Ma crepa sfigato, anzi no, se proprio ci tieni vai a fottere con l'unica persona che non ha schifo di toccarti, ovvero te stesso, brutta pezza da culo!- risponde di rimando una, conosciuta, voce femminile.

Per la strada alzano cori di ammirazione e di scherno, suscitati dalla reazione della ragazza, qulacuno si mette addiruttura a fischiare.

-Brutta troia, come ti permetti?!- sbraita il tizio, irato ed umiliato dalla frase a tono.

La preoccupazione mi fa finalmente muovere e, con mano tremante dall'emozione, mi decido finalmente ad aprire la porta per precipitarmi in strada seguito dagli altri ragazzi.

Sulla sinistra del locale, a distanza di qualche metro troviamo l'epicentro della scena che ha frantumato la tranquillità apparente della via.

C'è un energumeno, che sembra provenire direttamente dal set “Il pianeta delle scimmie”, assieme ad una cricca di deficienti, ancora più idioti di lui e pronti a spalleggiarlo, i quali hanno avuto la brillante idea, per rendersi fighi, di importunare una ragazza che passava.

Tuttavia, quei cretini, hanno commesso un grave errore ma probabilmente, di questo, siamo al corrente solo io, Herakles e Yao, conoscendo alquanto bene il loro obiettivo.

-Ohoh! Vedo che ho avuto un repentino cambiamente, da bambola a troia, pazienza, meglio così. E' meglio cambiare che essere continuamente una lurida pezza da culo come te!- ribatte la ragazza incrociando le braccia e guardandolo con aria di sfida, senza il minimo timore. Mi avvicino senza pensare e la prendo per una spalla, dimenticandomi momentaneamente la scena che sta avvendo, troppo distratto dall'improvvisa comparsa di quella persona dotata di grandi occhi verdi scuro, contornati da lentigini, e ricoperta di capelli color rame, tagliati cortissimi, che altri non è che mia sorella Eileen.

 

 

 

 

Okay, ecco il quarto capitolo dove compare di persona il mio primo OC, Irlanda, Eileen O'Riley e per l'occasione, volevo dedicare questo capitolo alle due persone che continuano a recensirmi: Lyn91 e NoireNeige, grazie di tutto!

Inoltre voglio spiegare una cosa: quell'onnipresente aru posto alla fine di ogni frase di Cina è una storpiatura usata dai Giapponesi per scimmiottare il modo di parlare dei Cinesi che in italiano non ha assolutamente senso e corrisponderebbe al nostro sostituire la r con la l.  

  
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