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Autore: aricch    19/11/2011    10 recensioni
"Ti sbagli, ma anche se te lo dicessi non ci crederesti. O rideresti," affermai io tagliente "come tuo solito."
Il sorriso divertito di Weasley si spense poco a poco, lasciando spazio a un'espressione interrogativa sul suo volto.
Fino a quel momento me l'ero cavata egregiamente, ma decisi di dileguarmi velocemente per non perdere il controllo della situazione, lasciando la serra e raggiungendo l'entrata del castello.
E' perchè hai una luce ipnotica e speciale, Frederick Weasley.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley, George, Weasley, Nuovo, personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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Deglutii paralizzata, senza nemmeno la forza necessaria per abbassare lo sguardo dall’imbarazzo.
 
Alcuni schiamazzi maschili risuonarono ribelli nei corridoi dei dormitori, tenendo poco conto probabilmente dell’ora tarda che si stava avvicinando sempre di più.
Tuttavia non udii quasi nulla; qualcosa racchiuse velocemente me e Fred in una bolla d’aria dove i suoni esterni erano percepiti in modo particolarmente ovattato, mentre quelli interni assordanti, fragorosi, al che sentivo addirittura la palpitazione rimbombare nelle orecchie e l’ansia concretizzarsi in un tremolio che percorse, dalla testa ai piedi, tutto il mio corpo.
Fred, la cui mano intrecciava ancora la mia, mi fissò serio specchiandosi nei miei occhi.
Non una traccia di imbarazzo, a differenza mia, comparve nella sua espressione, ma anzi sicurezza e spavalderia regnavano indisturbate.
Poi, su quel volto stranamente impassibile, si disegnò un ghigno, il solito ghigno, che per un attimo ebbi l'impressione parve sciogliere i miei nervi tesi.
 
«Se lo nomini, lo rompi.» disse d'un tratto con voce ferma.
Corrugai la fronte in un'espressione dubbiosa. Avevo sentito bene?
«Fred, che cos...»
«Rispondi all'indovinello e te lo dico!» mi interruppe lui, accompagnato dal solito sorriso beffardo. Strisciando di fronte a me a gambe incrociate, senza lasciare la mia mano, ripetè nuovamente l'indovinello al quale venni sottoposta di malavoglia: «Se lo nomini, lo rompi. Cos'è?»
Per un attimo lo guardai torvo, cercando di comprendere nel suo sguardo se stesse scherzando o meno; insomma, perchè avrei dovuto rispondere ad un indovinello? Perchè proprio in quel momento?
Un'improvvisa voglia di alzarmi e mostrare il mio disappunto al rosso raggiunse tempestivamente il cervello a quelle osservazioni, il quale però si rifiutò in qualche modo di inviare ai muscoli delle gambe l'input di muoversi.
 
Non potevo fare nulla. Io volevo stare lì.
Volevo essere nuovamente vittima di un altro motteggio di Fred Weasley.
Volevo trascorrere quanto più tempo potevo in sua compagnia, con i suoi occhi fermi sulla mia figura emozionata, inerme, dipendente dalla sua, invece allegra e solare.
Che ossessione.
 
«Non è difficile, avanti...» mi incitò lui quasi con impazienza, vedendomi sbuffare copiosamente.
Lo fissai, incredula dell'azione che stavo per compiere.
«Fred Weasley, tu mi manderai al San Mungo...» mi lamentai sospirando e scuotendo leggermente il capo, seguita da un ridolino compiaciuto del rosso che si sistemò più energico e arzillo di prima sul cuscino.
Emisi un lieve - ma comunque udibile - brontolio annoiato, e poi mi tuffai concentrata sull'indovinello, liberando la mente da ogni altro pensiero.
Se lo nomino, lo rompo... cosa poteva essere?
«Avanti, mancata corvoncella! Non dev'essere difficile per te!» rise lui, prendendosi gioco di me e della mia esitazione.
«Zitto, Weasley.» mugghiai io, portandomi l'indice e il pollice alla fronte in un gesto meditativo.
Se lo nomino, lo rompo... se lo nomino lo rompo... se lo nomino, lo rompo...
 
«Per la barba di Merlino, non ci arri...» cercai di sbottare ma, prima di concludere la frase, la porta della stanza si aprì e si richiuse in un baleno attirando la nostra attenzione: George e altri due ragazzi erano appena rientrati, scherzando fra di loro.
Istintivamente balzai in piedi - facendo sobbalzare il gemello a fianco a me -, lo sguardo rivolto a George, e probabilmente a causa del movimento egli si voltò. Nonostante la luce soffusa proveniente dal sobrio abat jour, posto sul comodino accanto al letto di Fred, che illuminava flebilmente la camera, non gli ci volle molto per distinguere le nostre figure, che nel mentre premevano il loro sguardo sulla sua.
Un'espressione scura gli incupì il volto non appena i nostri occhi si incrociarono e, senza ombra di vergogna, prese a fissarmi fermo ancora sulla soglia, i pugni stretti lungo i fianchi.
Avanzai di alcuni piccoli e quasi impercettibili passi, mentre con la coda dell'occhio notai i due ragazzi, ignari sicuramente della situazione, dirigersi verso Fred ammiccando a me con il capo e pronunciando alcune frasi provocanti, ricevendo come risposta un ghigno malizioso.
Ma in quel momento non me ne preoccupai.
Ripresi coscienza di me stessa e di ciò che stavo facendo soltanto quando il mio naso arrivò a distare da quello di George di alcuni miseri centimetri, l’oro delle sue iridi lucido e brillante come sempre.
«George…» mormorai con voce insicura, tirando debolmente un sottile pezzo di stoffa della manica del suo pigiama verde oliva, come se aggrappandomi ad esso avrei ricevuto più coraggio.
Egli mi fissò deglutendo, insicuro nel suo intento di apparire imperturbabile al mio triste tono di voce, per poi cedere nel momento in cui la mia mano scivolò dolce sulla sua, fredda e leggermente umida… proprio come la mia.
«Non mi piace questa situazione…» dissi debolmente, incastrando a forza alcune mie dita all’interno del suo pugno, il quale lentamente si stava sciogliendo. «Parliamo, ti prego…»
George fece planare lo sguardo verso gli amici e il gemello dietro di me, e poi tornò a fissarmi con una strana espressione riflessiva marcata sul volto.
«Ho capito il mio sbaglio…» continuai io imperterrita nel mio tentativo di convincerlo ad ascoltare le mie scuse, guardandolo negli occhi e avvicinandomi sempre più al suo viso senza accorgermene; la sua gelata freddezza stava cominciando a poco a poco a diluirsi.
«Sono stata una stupida, lo so… e se mi conosci veramente, cosa di cui io sono fermamente convinta, sai quanto sia difficile per me ammettere uno sbaglio» feci un piccolo sospiro, e poi continuai «…ma lo sto facendo. So che ho commesso alcuni errori nella nostra amicizia, che vi ho trascurati, a te e a Daisy, con nessunissima intenzione di farlo oltretutto… perciò ti prego, chiaria», ma proprio quando le mie parole sembravano aver raggiunto finalmente la sensibilità di George, venni interrotta da una mano - la cui delicatezza per altro poteva essere benissimo paragonata a quella di un rinoceronte - che, non appena “appoggiata” sulla mia spalla sinistra, mi fece trasalire spaventata.
«Cosa fai, ci provi con il gemello del tuo ragazzo ora?» rise il proprietario della mano, uno dei due compagni di dormitorio di Fred e George di cui mi sfuggì il nome dalla mente… o forse non mi era mai interessato saperlo.
Lanciai un’occhiata storta a Fred, senza nemmeno sapere perché lo stessi facendo, e poi scrollai le spalle per far sì che la mano del ragazzo scivolasse giù dalla mia divisa.
«Non ci provo con nessuno, io» ringhiai arcigna, tono che a quanto pare fece ridere ancora più stupidamente il moro, seguito dall’amico che intanto sedeva accanto a Fred.
Infastidita da tale confusione, aggiungendo l’insoddisfazione dovuta al fallimento di una possibile riappacificazione con il mio migliore amico, afferrai la tracolla distesa sul pavimento e alzai i tacchi sorpassando George, uscendo infine dalla porta del dormitorio.
Scesi le scale con passi carichi di rabbia e voglia di distruggere ogni cosa che mi si poteva presentare davanti, e quando pensai che il tavolino degli scacchi ai piedi della scala sarebbe stato perfetto per sfogare le mie pulsioni negative, sentii qualcosa avvolgere il mio polso destro e strattonarlo.
Una leggera fitta, causata dallo stiramento, colpì il mio braccio e in una smorfia di dolore mi voltai accarezzandomi l’osso dell’arto.
 
Di nuovo un paio di occhi ambrati mi fissavano luminosi.
«Il tavolino è innocente, non prendertela con lui!» scherzò Fred, lasciando la presa subito dopo aver notato l’espressione lamentosa sul mio volto.
Lo guardai per dei secondi, il tempo di far riacquistare il sollievo e la mobilità di prima al polso, e poi ripresi a camminare spedita verso il dormitorio femminile, la Sala Comune fortunatamente vuota.
Fred mi seguì.
 
«Dai, Stone» cantilenò annoiato alle mie spalle, «non è colpa mia! Ho notato l‘atmosfe…»
«E allora perché non li hai tenuti a bada, quei tuoi stupidi amici?» tuonai interrompendolo e voltandomi di scatto - facendolo sobbalzare nuovamente - .
«Tenere a bada?»
«Sì, tenere a bada!»
«Ancora devo studiare per diventare addomesticatore di umani!»
«Non scherzare con me, Weasley!»
«E TU VEDI DI STARE CALMA!»
Fred gridò così forte che la sua voce risuonò pesantemente nella Comune, prima quieta e ritmeggiata soltanto dal ticchettio di alcune gocce di pioggia rimbalzanti sul vetro delle ampie finestre.
Nel silenzio della stanza, le pupille dilatate di Fred mi guardavano rimproveranti e irremovibili, quasi volessero bruciarmi… e nonostante ciò, riuscirono a calmarmi.
 
D’un tratto mi sentii molto stupida.
«Scusami…» sussurrai dispiaciuta, portandomi dietro alla fronte una grande ciocca di capelli che cadeva disordinata ai lati del viso. «E‘ vero… tu non hai nessuna colpa…»
Come se sollevato, Fred sospirò. «Mi dispiace, comunque. Potevi avere la possibilità di farci pace, ma quell‘idiota di Mark ha pensato bene di intromettersi…»
Sebbene la pensassi allo stesso modo, decisi di abbozzare un leggero sorriso per sdrammatizzare, restia a voler nuovamente mostrare la vulnerabilità del mio umore di quella sera. «Non importa… avrò altre occasioni.»
«Ne sono certo» commentò sorridendo lui dandomi degli affettuosi buffetti sul capo, quando il suo volto si illuminò in un lampo di genio.
«Aspetta qui!» esclamò smanioso; lo seguii con lo sguardo mentre percorse correndo le scale del dormitorio maschile dove vi entrò e vi uscì in un baleno, tornando al mio cospetto con un enorme sorriso soddisfatto e una mano in tasca.
Emisi una piccola risata soffocata.
«Ma che hai fatto?» domandai curiosa e divertita al contempo portandomi una mano davanti alla bocca per trattenere i ridolini, con l‘intenzione di evitare ogni tipo di suono che avrebbe potuto svegliare i Grifondoro.
Fred continuava a sogghignare, ignorando la mia domanda e stando immobile appoggiato lateralmente al muro, fissandomi a braccia conserte.
Sentii il rossore cominciare a dipingermi il viso mentre il caramello dei suoi occhi insisteva sul mio nocciola. Era una cosa che mi capitava spesso, in realtà: quando Fred bloccava il suo sguardo sul mio per più di un tot di secondi, le mie gote cominciavano bruscamente ad avvampare.
Fred Weasley esercitava svariati poteri su di me, e ne era assolutamente consapevole… forse quasi godendone.
Come pietrificata, ricambiai l’infinita occhiata mentre il rossore cresceva d’intensità sempre di più… fino a che, grazie al cielo, Fred decise di mettere fine lui stesso a quella dolce tortura.
 
«Allora, ci hai pensato?» mi chiese ignorando la domanda e alzando lievemente il sopracciglio in una smorfia schernevole.
Corrugai la fronte interdetta. «A cosa?»
Fred emise un ringhio divertito come se avessi appena pronunciato la più stupida delle frasi, e poi tornò ai miei occhi.
«All‘indovinello, Stone!» disse con tono saccente, e quando sbuffai contrariata continuò «Non pensavi mica che mi fossi dimenticato?»
«Ci speravo, in realtà» commentai a voce bassa ma udibile, provocando la consueta risata in Fred.
«Dai, ti do un indizio… ma solo perché sei tu!» esclamò in tono d’arresa.
«Oh, quale onore» risposi sarcastica incrociando le braccia, il precedente rossore sul volto ormai scomparso.
Si accarezzò il mento in maniera meditativa pensando probabilmente a una possibile indicazione che potesse aiutarmi a scavalcare i dubbi dell’indovinello, senza però mostrarmi subito la soluzione.
All’improvviso parve avere un‘idea, a giudicare dall’espressione mutata in una fulminea illuminazione.
«E‘ qualcosa che ti piace!» affermò, compiaciuto di sé.
Lo guardai torva. Cosa poteva essere qualcosa che mi piaceva ma allo stesso tempo che se lo si nominava, lo si rompeva?
Fred stava lì, mani in tasca e buona parte della schiena al muro, ad osservare paziente i miei lineamenti riflessivi. Quello sguardo mi faceva bruciare.
«Come posso indovinare qualcosa del genere? E‘ difficile… e poi in che senso mi piace? Spiegati Fred!» mi ribellai io, stanca di dover pensare a ora tarda quale effettivamente era, ma anche notevolmente curiosa di sapere la soluzione di quell‘indovinello a cui il rosso teneva così tanto.
Nella mia smania notai che un sottile ghigno malizioso fece capolino sulle sue labbra, ma contando sulle mie molteplici allucinazioni che spesso si presentavano ai miei occhi non ci diedi molto peso.
Fino a che rispose.
«Oh, milady… se sbaglia o si arrende deve pagare una penitenza!» enunciò elegantemente ancor più compiaciuto di poco prima, facendo assumere alla frase un accento naturale e palese.
«Una penitenza?» domandai tra l’incredulo e il divertito.
«Sì. Queste sono le regole!» rispose tranquillo e serio, comportamento che mi fece ridere fragorosamente.
«E c‘erano regole, scusa?»
«Certo, come in ogni cosa! E sa bene che devono esser rispettate, signorina Stone!»
Continuai a ridere.
«Se mai è lei che non ha ben chiaro il concetto di regola, signor Weasley» controbattei sogghignando ad ogni parola, ponendomi con il medesimo tono discorsivo di Fred.
 
Lui era così. Folle e senza limiti.
Le regole non esistevano, si frantumavano una volta giunte al suo cospetto, oppure semplicemente egli le raccoglieva, utilizzandole a proprio piacimento per gli scopi che si prefiggeva con determinazione - che fossero maliziosi o meno, importanti o banali non era un elemento rilevante - e traendone astutamente un beneficio per sé stesso.
Sorrisi a quel pensiero, riflettendo su quanto fosse dannatamente attraente anche quel suo lato di ragazzo un po’ fuori dal noioso comune.
 
«Okay, Weasley. Bandiera bianca!» dissi ironicamente, alzando entrambi gli avanbracci in segno di arresa e sventolandoli leggermente nell’aria calda e accogliente ancora aleggiante nella Sala Comune.
Fred come risposta sorrise, aumentando sempre più la carica di maliziosa malignità già regnante sul proprio volto, gli occhi tondi e vispi anch’essi diabolici fissi sui miei innocenti, in quell’istante di strana quiete che colpì bruscamente la stanza vermiglia.
Percepii il suo respiro di un colpo farsi pressante sul mio viso, i polsi ancora in aria esser bloccati tempestivamente in una forte stretta e la parte inferiore della schiena poggiarsi sulla morbidezza dello schienale posteriore del divano dietro a me.
 
E poi il candido tocco delle labbra. Le sue, sulle mie.
 
Chiusi gli occhi quasi immediatamente, ora, con la mente più lucida che mai, occupando il ruolo di co-protagonista in quel sempre più passionale e travolgente inumidirsi, nel quale si fece strada imperterrito un nuovo bisogno, mai provato prima di allora, simile quasi a un istinto implacabile, una forza ben più potente del mio autocontrollo.
Un potere che agguantò Fred molto più di me.
Egli difatti, dal canto suo, fece scivolare - una volta lasciata la presa dai miei polsi ormai quasi violacei - le mani, virili e affusolate come non mai, lungo i miei fianchi, soffermandosi su essi ed espirando un principio d’affanno dalle narici.
Cominciai a tremare strani brividi e un lieve panico prese il sopravvento riuscendo a scavalcare quel sentimento estraneo poco prima che lo notasse Fred, il quale si ritrasse cercando di far apparire l’azione spontanea.
Quand’ egli si allontanò dal mio volto abbassai velocemente lo sguardo, senza poter fare a meno di sentirmi esplodere dentro, nella testa, nella gola e nello stomaco, mentre il respiro si faceva sempre più irregolare e poco ritmato, come se qualcuno avesse stretto una corda intorno al mio collo.

Una volta ripresa la regolarità alzai lo sguardo timidamente per incontrare il suo, da vera e propria masochista.
«Il silenzio» mormorò, squarciando la quiete intorno a noi.
«Cosa…?» domandai tremante, ancora non del tutto ripresa dall‘irruenza del bacio.
Sorrise dolcemente, afferrando qualcosa dalla tasca del pantalone.
«Il silenzio, Stone…» disse con intonazione ovvia giocando con una mia ciocca di capelli, facendo planare poi l’indice fino al dorso della mano destra. La schiuse, vi poggiò qualcosa di piccolo e spigoloso sul palmo e la richiuse subito in un pugno, i muscoli dell’arto come ipnotizzati e piegati ai suoi movimenti.
 
«Ti piace, no? E se lo nomini… lo rompi» concluse infine, dandomi un leggero buffetto sul capo e avviandosi verso il dormitorio maschile, cantilenando un «Buonanotte» prima di svanire all’interno di esso.
 
Rimasi immobile sul posto incapace di compiere qualsiasi azione.
L’indovinello… George… di nuovo l’indovinello… la penitenza… insomma, servendosi di tutti quei fattori Fred era nuovamente riuscito a farmela, non rispondendo alla domanda che aveva aperto il discorso inizialmente.
Gli piaceva qualcuno? Feci per stringere i pugni dal nervoso causato dalla curiosità repressa, ma alcune mie dita premerono contro qualcosa di appuntito, portandomi alla memoria la presenza di un oggetto datomi pochi minuti prima dal rosso.
Aprii la mano sotto gli occhi, rivelando una scatolina quadrata e bluastra chiusa da alcuni nastri color oro e adornata con un fiocco, oro anch’esso, in cima.
Puntai subito euforica all’apertura del pacchettino da dove, pochi secondi dopo, emerse fra le mie dita una collana argentea con un ciondolo spiovente. Esaminai quest’ultimo, oscillante di fronte ai miei occhi stanchi ed assonnati, e un pendente dorato e circolare si poggiò freddo sui miei polpastrelli mentre un’incisione in rilievo spiccava quasi accecante al centro di esso attirando la mia attenzione.
Non appena sforzai la vista per identificare la figura, nella penombra della sala, sentii una morsa di gioia addentare calorosamente lo stomaco accendendo la fiamma di un enorme sorriso sul mio volto: un meraviglioso giglio apriva sfarzoso i suoi petali, mostrando la propria eleganza, la propria bellezza... la propria purezza.
Lo strinsi in un pugno nella confusa scelta tra piangere o sorridere, ma quando notai un bigliettino cadente fissato alla scatolina regalo lo afferrai delicatamente con l’altra mano e lo lessi.
 
Spero che il “messaggio” sia stato compreso.
Sei una bella persona, Stone.
…o dovrei dire forse “ragazza”?
 
Buon San Valentino!
- Fred
 
Chiaro e conciso, senza vaghi e lunghi giri di parole.
 
Ma poi cosa mi poteva importare di sapere la risposta a quella domanda? Fred mi inviava continuamente piccoli ed eloquenti segnali di un profondo affetto nei miei confronti, come in quel caso.
E che fosse amicizia o amore, semplicemente questa distinzione non contava più così tanto.
Perché Fred mi salvava con le sue parole e i suoi sorrisi, costantemente, ogni giorno della mia giovane e segnata vita.
 
*
 
Il mattino seguente mi svegliai più attiva del solito.
Non che fossi una ragazza energica di mio, anzi. Ma quel giorno le nuvole in cielo apparivano meno grigie e invece più simili a morbidi e dolci strati di zucchero filato sparsi deliziosamente per esso… oltretutto vi era una tale pace a quell’ora, tanto che un breve attimo di follia mi fece pensare seriamente all’idea di svegliarmi sempre all’alba, che sarebbe stata poi accompagnata da allegri cinguettii e la consueta rigenerante arietta mattutina.
Nonostante avessi dormito fondamentalmente poco quella notte, avendo la mente troppo impegnata a fantasticare e ricordare le singole sensazioni provate ripercorrendo la vicenda avvenuta nella Sala Comune poche ore prima, il mio volto non trapelava la minima traccia di stanchezza, né fisica né mentale.
Curioso come i sentimenti possano dominare lo stato d’animo delle persone senza che esse ne siano realmente consapevoli…
Personalmente comunque decisi di attribuire la causa di quell’umore trasognante al pendente di Fred; da che la sua figura ciondolante abbandonò la mia, la sera prima nella Sala dei Grifondoro, non un attimo riuscii a separare il palmo dal ciondolo dorato, come se una specie di magnete li attirasse l’uno all’altro a mo’ di  calamite.
Continuavo ad osservare l’incisione di quel giglio elegante, portando la mia mente a quella notte stellata sulla Torre di Astronomia, dove Fred ascoltò ogni mio lamento controbattendo sincero, esponendo la propria opinione sulla me che fino a quel giorno nascosi con cura e terrore; egli abbracciò ogni singola perfida molecola che mi galleggiava dentro, accarezzandola come se in realtà la stesse rassicurando dicendole di non preoccuparsi di mostrare la propria natura, perché lui ci sarebbe sempre stato, pronto a intervenire in ogni suo attimo di debolezza.
La cosa preoccupante è che più Fred si avvicinava al mio cuore, più io sfioravo la dipendenza alla sua presenza… e come avrei potuto negare le brutte esperienze passate subite a causa di ossessivi rapporti del genere?
Come a volersene liberare, il mio inconscio scaraventò lontano quel pensiero in un baleno facendomi scivolare nuovamente in una realtà più solare, più allegra.
 
Quella mattina pareva che la vita avesse preso a guardarmi in modo diverso rispetto agli altri giorni, sorridendomi… riguardo che fu ricambiato dalla sottoscritta fino a quando scesa nella Comune, ancora nella semioscurità dell’alba, per poter scaldarmi un po’ al fiammeggiante fuoco del camino, non vidi una persona stesa sul divanetto mogano, le palpebre rilassate in un atteggiamento dormiente; tuttavia, mano a mano che mi avvicinai alla figura, essa si faceva sempre più familiare ai miei occhi, finchè riconobbi l’inconfondibile volto scarno di George.
 
Per la sorpresa sussultai, fortunatamente però evitando di gridare.
 
A passo felpato serpeggiai verso la poltrona accanto al divano e mi sedetti, con i gomiti premuti sulle cosce e il mento sulla congiunzione delle mani, lo sguardo imbambolato ad osservare il viso sereno e assopito del rosso. Le sue ciglia erano lunghissime e a forma arrotondata, quasi femminili, di un bel nero luminoso; una mano giaceva sotto il suo capo, la chioma folta e fiammante sparsa sul bracciolo del divano su cui era appoggiato, mentre l’altra era adagiata sull’addome, quest’ultimo magro ma scolpito.
George era veramente un bellissimo ragazzo, pensai, e il ricordo del nostro primo bacio mi balenò improvviso nella mente non appena i miei occhi caddero sulle sue labbra.
Avvampai all’istante, sentendomi alquanto stupida in tutte le mie riflessioni… ma nonostante ciò, però, continuai a fissarlo dormire, e contemporaneamente a ricordare le emozioni provate quel giorno, partendo dal momento in cui egli mi tirò a sé in un bacio tutt’altro che passionale.
Tenero. Candido. Come le nostre anime di piccoli esploratori alla ricerca di loro stessi.
Percepii una sorta di malinconia stringermi il petto ripensando a quell’aneddoto che sembrava così lontano seppur fondamentalmente recente…
 
Eravamo cambiati, cresciuti di tanto in poco tempo, con l’insicurezza ancora pressante e vagante in noi.
 
Sorrisi, il petto ancora dimora di quella sensazione nostalgica che continuava a pulsare con vigore, e istintivamente tesi una mano verso la guancia del mio amico, finendo per accarezzarla.
Dovevo assolutamente fare pace con lui. Mi mancava e non avevo più la forza nemmeno per poterlo negare.
 
Tuttavia non feci nemmeno in tempo a pensar di parlargliene appena si sarebbe svegliato che scorsi un leggero tremolio a una sua palpebra; ritrassi la mano tentando di evitare il suo risveglio causato dal mio tocco, ma invano: George, pochi secondi dopo, aprii gli occhi totalmente.
Sospirai colpevole e tornai seduta sulla poltrona, osservando nel mentre il rosso stropicciarsi le palpebre con le nocche e infine levarsi eretto sul divano, l’aria ancora insonnolita.
Gli ci volle un’altra manciata di secondi per tornare cosciente del fatto che si chiamasse George Weasley, che si trovasse nella Sala Comune dei Grifondoro alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e che quella figura a pochi centimetri da lui non fosse solo un ammasso di tessuto e capelli, ma bensì la sottoscritta.
Sostò lo sguardo su di me e poi, ancora assonnato, strabuzzò gli occhi dalla sorpresa.
Non potei evitare un ridolino divertito.
 
«Sei tra noi?» scherzai con timbro dolce e, con mio grande stupore, un principio di sorriso fece capolino sulle sue labbra poco carnose.
«Non ho dormito molto stanotte…» mugugnò lui stiracchiandosi.
Sentii alcune sue ossa scricchiolare.
«Nemmeno tu?» commentai comprensiva. Egli annuì evasivo prima di alzarsi e recarsi di fronte al camino, dove si chinò dondolante ad alimentare il fuoco aggiungendo della legna.
Lo seguii con lo sguardo rapito in tutti i suoi movimenti mentre un silenzio raggelante cadde sopra di noi, demotivandomi pesantemente: forse non era la giornata proprio adatta per poter parlare e chiarirsi… senza contare che molto probabilmente ebbi anche percepito in maniera errata il sorriso che poco prima apparve sincero sul suo volto.
Affondai avvilita nella morbidezza della poltrona, lo sguardo distratto puntato sulla schiena atletica di George.
 
«Perché non hai dormito?» mi chiese ancora voltato verso il fuoco.
Alla domanda mi drizzai, in una sorta di sentimento speranzoso.
«Ma nulla…» gracchiai sfuggente, cercando di apparire il più naturale possibile, «non riuscivo semplicemente a prendere sonno, tutto qui.»
Sì, era una bugia. Dopotutto non potevo certo permettermi di raccontargli ciò che successe la sera prima con Fred… non prima di chiarire, insomma.
Persa in quella riflessione sussultai non appena George si alzò, rivolgendomi il suo sguardo fermo e privo ovviamente del ghigno che lo accompagnava sempre.
Ricambiai l’occhiata lasciando che il nervoso agisse sui miei muscoli, facendomi morsicare il labbro inferiore.
Rimanemmo a fissarci in silenzio per un bel po’, scrutando l’uno l’espressioni dell’altra… poi finalmente decise di mostrare segni di vita giocando con le proprie mani e lo sguardo, dedussi imbarazzato, basso su di esse. In effetti non era molto, ma poiché quel silenzio inattivo assordava le mie orecchie in modo allucinante, mi bastarono quei pochi movimenti da parte sua per poter riprendere l‘energia vitale scomparsa nei precedenti secondi.
«George…» lo richiamai, e il suo caramello si posò sul mio castano.
Sfoggiai per l’occasione uno dei miei più sinceri sorrisi, e poi continuai.
Carpe diem, altro che titubanza!


«Ti va se parliamo un po’?» domandai pacata, nonostante l’ansia mi stesse tagliuzzando le viscere dall’interno.
Il rosso ricambiò il sorriso e si sedette nuovamente sul divano. «Volevo chiederti la stessa cosa» rispose infine, la pelle illuminata da scaglie arancioni a causa del fuoco, unica fonte di luce nella Sala.
 
Gli lanciai un’occhiata piacevolmente stupita… ma rimasi ancor più senza parole nel momento in cui iniziò lui stesso il discorso.
«Effettivamente quella scenata non aveva alcun senso…» mugghiò onestamente dispiaciuto.
«Non è vero, George» ribattei scuotendo la testa, «tu avrai pur esagerato, okay, ma alla fine quella che ha sbagliato sono io… e me ne sono resa conto solo una volta compiuto il casino»
«Come tuo solito…» scherzò docile lui, riparandosi dalla mia risposta tradotta in pugno con le braccia, sogghignando divertito.
«Ah-ah, spiritoso…» cantilenai fintamente offesa.
Egli continuò a ridacchiare oltre, ma dopo poco l’ilarità si perse sempre più nell’aria tornando infine alla serietà iniziale.
Eravamo circondati dal più armonioso dei silenzi, e volgendo distrattamente lo sguardo alla grande finestra scorsi le nubi all’orizzonte diventare sempre più chiare nel cielo.
Nonostante facesse abbastanza freddo, il calore del focolare scaldava i nostri corpi e addolciva i nostri animi.
 
George, dopo attimi di taciturnità, abbassò lo sguardo al pavimento.
«A volte mi sento come se…» enunciò evasivo prendendo a calciare il vuoto.
Lo fissai aspettando la conclusione di quella frase con il fiato sospeso, e infine colsi i suoi pugni chiudersi lungo i fianchi in una stretta visibilmente disperata.
 
«…come se senza Fred fossi il nulla agli occhi degli altri.»
 
A quelle parole, intrise di un’intensa insicurezza emotiva quasi palpabile, un tuffo al cuore capitombolò rovinosamente nel mio petto.
Sapevo che George fosse il più sensibile dei due e pure quello più riflessivo e calmo… inoltre ero anche a conoscenza del fatto che più volte si ritrovasse a piangere in solitudine per paura di preoccupare la gente intorno a lui.
Tuttavia mai mi era balenata in testa, nemmeno nell’anticamera del cervello, l’idea ch’egli si sentisse, come se non bastasse, una sorta di ombra del fratello.
 
Un riflesso senza personalità, senza vita. Una metà ingiustamente esclusa esternamente dal resto dell‘intero.
 
Potevo leggere chiara nei suoi occhi in quel momento, fissi sul tappeto sotto i nostri piedi, la grande confusione che stava avvenendo dentro di lui a mo’ di reazione chimica, con tanto di lotta tra amore e gelosia, altruismo ed egoismo; George adorava Fred, con tutto sé stesso, e sapeva che il forte affetto era certamente ricambiato, come se fosse normale, una cosa che doveva essere.
Perché in fondo erano un’unica anima divisa in due corpi, giusto?
 
Ma allo stesso tempo una lieve ira gli faceva ribollire il sangue.
 
Esistevano i “Gemelli Weasley“. Esisteva “Fred Weasley“.
E lui? Lui era soltanto George, il gemello di Fred. Non “George Weasley“.
 
Poi forse sarà stato l’affetto o l’enorme sintonia che ci accomunava e che ci legava in modo strabiliante, ma cominciai a fissare quella chioma rossa oscillante, spiovente sul contorno del suo viso magro dai lineamenti più marcati del fratello, tanto che il groppo in gola non potè far altro che espellere un po’ della sua amara empatia trasformandola in lacrime, che delinearono il mio profilo timidamente.
Mi lasciai scappare un singhiozzo, attirando così involontariamente lo sguardo ambrato del rosso, che mi guardò tra lo stupito e il dispiaciuto, gli occhi a goccia leggermente strabuzzati.
Avrei voluto tanto parlare in quel momento, dire qualcosa di consolatorio e rassicurante, ma la gola mi si seccò in una maniera tale che mi impedì di poter emettere suoni senza che l’esofago andasse in fiamme; mi limitai soltanto a guardarlo piangendo silenziosamente, immobile e accaldata.
George parve comprendere all’istante il perché della mia reazione, perché dopo aver sorriso tristemente si avvicinò a rilento per stringermi a sé in un confortante abbraccio che placò subito il mio tremolio.
 
Dannazione. Era lui quello da incoraggiare.
Che impiastro.
 
«Ti ricordi quando ti chiesi il motivo per cui amassi Fred?» mi domandò in un bisbiglio con il suo timbro dolce e profondo, mentre il naso a stretto contatto con il suo collo insipirava il suo intenso profumo naturale, inebriandomi ogni singola cellula.
Mugulai un ‘sì‘, nascosta nel colletto del suo pigiama.
«Eravamo in infermeria…» rammentò lui con lo sguardo perso nel vuoto dietro di me. L‘immagine di quel giorno apparì lentamente nella mia testa, e con lei anche il dialogo che ci fu fra me e George.
«E ricordi invece cosa mi rispondesti tu?»
Mi ci volle relativamente poco per rinfrescare la memoria e quindi per portare in superficie la mia risposta.
Sicura di me stessa e di ciò che andavo dicendo, affermai che uno dei motivi per cui Fred mi colpisse così tanto fu proprio la diversità presente nei nostri caratteri la quale, invece che respingermi, mi attirava a sè ogni giorno sempre di più.
 
Annuii con il capo contro il suo petto.
«Io risposi che la pensavo diversamente da te… due persone non possono stare insieme se diverse. Bisogna che ci sia della sintonia e molti aspetti in comune nella personalità…» rimembrò lui.
Annuii nuovamente, chiedendomi il perché di quell’improvviso discorso e, soprattutto, dove volesse arrivare George.
Prese ad accarezzarmi la nuca, scompigliandomi leggermente i capelli. Sentii soffiare un sorriso tra alcune mie ciocche.
«Ora ho capito cosa intendevi quella volta…» affermò, poggiando il mento sul mio capo. «Te ed io siamo troppo uguali per poterci voler bene come più di due semplici amici. Guarda solo come ti sei ridotta per quella cavolo di frase…» aggiunse sciogliendo l’abbraccio e prendendomi il volto fra le mani, asciugando con i pollici gli ultimi residui di pianto sulle guance.
Socchiusi gli occhi e lo spiai tra le ciglia ancora inumidite. Lo intravidi sorridere dolcemente.
 
«Non volevo farti piangere…» mormorò con espressione afflitta.
Scossi la testa bruscamente e la voce finalmente tornò, anche se ancora un po’ tremante.
«No» mi affrettai a negare tirando su col naso, «non sentirti in colpa. Già avrei dovuto io abbracciarti e consolarti, e invece l‘hai fatto tu… se poi ti metti pure a chiedere scusa io come faccio?»
Rise a fior di labbra, gli occhi a goccia ora più luminosi.
«George…» sussurrai, lo sguardo alto e fermo sul suo, «non farti venire strane idee in testa. George non è inferiore a Fred. Fred non è superiore a George. Fred e George sono uguali, ma allo stesso tempo tanto diversi… e non c‘è ragione per cui Fred debba essere il gemello migliore solo perché più impulsivo e intraprendente.»
La mia voce stranamente si mostrò così spiccata e sicura che apparì strana perfino a me, nonostante mi rifiutai di darlo a vedere.
Decisi di non abbassare lo sguardo anche se poco a poco il mio solito pallore prese a dipingersi di un rosso vermiglio, così da sembrare quasi fiera e orgogliosa delle mie gote avvampate.
 
Sorrise indugiando ancora nel silenzio.
«Non puoi pensare di essere inferiore a lui…» continuai con tono amorevole, e poi sospirai come per caricarmi di energia.
«Ho bisogno di te vicino a me quanto è vero che mi chiamo Alice. Amo Fred… ma senza di te è come se mi mancasse qualcosa di fondamentale, un braccio o una gamba. Perciò non sei il nulla, George… sei una delle persone più importanti per me, mettitelo bene in testa!»
 
Quasi non finii la frase che mi ritrovai nuovamente fra le sue braccia, come poco prima - e come sempre - calde e ampie.
Sembrava quasi che quell’abbraccio finale parlasse senza averne tuttavia la capacità: gridava affetto, gratitudine, dolcezza, sensibilità, colpevolezza…

 
Un fruscio fra i capelli mi sfiorò appena, e riuscii a percepire poi il contatto del suo labbro superiore pressare lieve sull’orecchio.
«Scusami per quella stupida scenata dell‘altro giorno…» sussurrò pacato.
«Cosa ti ho detto, Weasley? Non scusarti!» esclamai, mantenendo comunque un tono di voce basso quanto il suo.
George emise uno sbuffo divertito dal naso e mi strinse ancora più forte, le braccia salde incrociate dietro alla mia schiena.
Alzando lo sguardo oltre la sua spalla scorsi alcune scaglie dorate di sole, nel frattempo sorto, illuminare delle sue ciocche rosse.
 
«Grazie, Ali…» concluse sereno, rilassando le palpebre.
 
Mi sentii come se avessi trovato, dopo varie ed esasperanti ricerche, l’ultimo pezzo del puzzle che da giorni provavo a completare.





SPAZIO DELL'AUTRICE:

Uccidetemi, me lo merito.
Cioè, più di un mese. Quasi due. O forse proprio due.
Non lo so e non voglio saperlo, okay? ;_;
Ho avuto tantissimi impegni in questo periodo.
Sono andata a Lucca a incontrare i gemelli Phelps (con tanto di autografo, stretta di mano e saluto "speciale" di James <3) ma quello si può considerare perdonabile, giusto? Insomma, ho ritardato per un buon motivo u_ù
Mentre invece la scuola no, non è perdonabile. Ci riempiono di interrogazioni e verifiche e poi considerano il tutto normalissimo... pazzi.
Voglio andare ad Hogwarts. Chi viene con me?

Ad ogni modo, ecco qui finalmente la terza e ultima parte del capitolo 17! :3
Spero non vi abbia deluso. A me, sinceramente parlando, piace... oddio, come sempre avrei voluto fare di meglio e ottenere di più, ma non lo disprezzo ecco. xD
Era da tempo che volevo far fare qualche indovinello a Fred... pensate che ci riflettevo da quest'estate!
Qualcosa inoltre comincia a smuoversi tra loro... in tutti i sensi. *RIDE #CENSURED
A parte gli scherzi non era uno scherzo ormai non si può attribuire più la colpa all'atmosfera romantica e alla confusione sentimentale; stanno semplicemente crescendo.

A proposito di Alice e Fred, in alcuni vostri commenti ho letto che li apprezzate come coppia.
Ebbene, sappiate che mi rendete la donna più felice del mondo quando mi dite certe cose. ♥
 Tipo #lacrime #FontanadiTrevi #CascatedelNiagara.
Non so se mi son spiegata. *commossa ç_ç ♥

E ora la seconda parte del capitolo, quella con George.
Come tutte le altre scene con lui, ho adorato scriverla :)
Qui si capisce insomma il vero motivo che lo ha spinto a infuriarsi con Alice giorni prima.
Non tanto quindi gl'importava il fatto che lei ficcasse il naso nei suoi affari con Daisy... ma semplicemente si sentiva messo da parte.
Loro, che erano sempre così affiatati e legati l'un l'altro da un grande affetto, si stavano lentamente allontanando... e la ragione era Fred.
Non lui come persona, ma lui come sentimento. L'amore che Alice provava per Fred metteva in ostacolo l'amicizia con George, il quale più volte si sentiva trascurato da lei.
Ovviamente in questo capitolo uno dei temi principali e pressanti è l'insicurezza adolescenziale. Difatti il personaggio di George ne è colmo, lo divora quasi totalmente... e come sempre, quando si sta male per qualcosa, si tirano fuori terrori di tutti i generi dal nostro "baule" che forse non sappiamo nemmeno di possedere.
Fortunatamente però tutto si è risolto per il meglio grazie alla sintonia e l'empatia che li unisce.

Amo la loro amicizia. Leggendo i libri e notando questo particolare di George - cioè il fatto che sia più sensibile e riflessivo di Fred - mi ha fatto pensare che se esistesse veramente saremmo stati davvero così uniti, perchè tanto, tanto simili.
E non esagero se affermo che probabilmente è la mia copia al maschile.
Tengo a lui quanto al personaggio di Fred, questo è poco ma sicuro. ♥


Spiegazioni vari ed eventuali date. Il resto lo lascio a voi, fatemi sapere le vostre opinioni/impressioni :)
Per me sono importanti, lo sapete. Mi aiutato e mi incoraggiano, le rileggo parecchie volte per trarne ispirazione e voglia di fare, mi regalano una carica assurda! **
Perciò grazie a tutti quelli che seguono la storia, e che l'hanno inserita tra le preferite e le ricordate!

Un grazie speciale a chi ha commentato lo scorso capitolo, cioè 
Giazzz_xDcalimeliDarkRavenstudent95Danielle ValoOtta_Weasley_CharlieQueen_, Sweet_Child_O_Mine, Lady Oonagh, iamanastronaut, e GingerJei.
Vi adoro con tutta me stessa e spero veramente di non deludervi.

Per quanto riguarda il prossimo capitolo, ahimè dovrete aspettare... spero non tanto come questa volta, perchè tanto ora non c'è nessun evento.
Purtroppo però ho tante verifiche, da Lunedì tutti i giorni ne abbiamo almeno una. Mi sparo v_v
Sappiate però una cosa: non importa quanto tarderò ovviamente cercherò di restringere i tempi più che posso... ma non la abbandonerò mai. :)

Con la speranza che questo capitolo vi sia piaciuto e che continuerete a seguire questa storia, io vi saluto ♥

Tanto amore,
- la vostra aricch




ps. pochi giorni fa, presa da un'ispirazione strabiliante, ho partorito una nuova one-shot. Il personaggio è niente popo di meno che Oliver Phelps, George di HP per chi non lo sapesse. Chi avesse voglia di leggerla, la troverete qui.
Grazie mille ancora.
   
 
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