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Autore: Northern Isa    20/11/2011    9 recensioni
Questa song fic è il prequel di Meglio Azkaban e narra della Battaglia di Hogwarts dal punto di vista di Thorfinn Rowle. Dal nome e dalla descrizione fisica, l'ho sempre immaginato come un vichingo postmoderno, questa canzone ha solo alimentato questa fantasia!
Quarta classificata al contest La mia canzone preferita.
Genere: Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Mangiamorte
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Età di venti, età di lupi.'
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NICK: Enide
TITOLO: Il vostro incubo.
PERSONAGGI SCELTI: Thorfinn Rowle, Mangiamorte.
CANZONE SCELTA E, SE USATA, CITAZIONE PRESA DA ESSA: Farwell – Summoning. Tutto il testo.
AVVERTIMENTI: songfic 
RATING: Verde.
NdA: qualsiasi cosa scriva, ho sempre bisogno del sottofondo musicale costituito dai Summoning. Questa canzone, in particolare, è una delle mie preferite. Ho scritto questa sonfic ascoltandola a ripetizione, ispirandomi al suo testo e alle sue atmosfere. Questa storia può essere considerata un prequel della One-shot Meglio Azkaban. Dal nome e dalla descrizione fisica, ho sempre immaginato Rowle come  un vichingo postmoderno. Questa canzone non ha fatto altro che alimentare questa fantasia! Anche Rowle, come “i suoi padri”, si aspetta (e quasi desidera) una gloriosa morte in battaglia.



Villa Malfoy non mi è mai piaciuta. Tutto questo lusso ostentato, questi ridicoli pavoni bianchi in giardino, tutti questi elfi domestici in mezzo ai piedi hanno il solo effetto di irritarmi. Probabilmente Lucius ha inteso impressionare i visitatori e suscitare in loro sorpresa e ammirazione, ma con me ha fallito in pieno. Un discorso simile vale per il Signore Oscuro: se sta facendo base in questa villa, non lo sta facendo certo per il suo arredamento ricercato e rifinito. Le ragioni sono ben altre: non tutti dispongono di tutto questo spazio per accogliere un tale numero di Mangiamorte e Ghermidori. Spero proprio che Nagini riesca a divorare questi assurdi gallinacei albini.
-Rowle, va tutto bene?-
È
 la voce di Avery a strapparmi dai miei pensieri. Mi sistemo con maggiore compostezza sul divano di pelle nera dei Malfoy. Decisamente volgare.
-Tutto bene.- grugnisco.
Trascinando i piedi, Avery si avvicina ad un mobile con il piano di marmo verde, sovrastato da un grande specchio con la cornice d’argento. Quando si volta verso di me, leggo tutto il suo turbamento nello sguardo e nel modo che ha di corrugare la fronte. Normalmente non mi interesso dei fattacci degli altri, ma questa volta faccio un’eccezione. Per quale ragione, non lo so.
-C’è qualcosa che non va?-
Avery sbuffa, dopodiché deforma le labbra in un ghigno.
-Sarebbe bello se ci fosse anche una sola cosa che vada secondo i piani. Siamo tutti qui in attesa da ore ormai. Che diavolo stiamo aspettando? Perché non entriamo in azione?-
Affondo il mento nelle mani, al colmo del disinteresse. Avery è sempre stato troppo nervoso, per questo ha fallito ed è stato arrestato due anni fa al Ministero.
-Cerca di stare calmo,- dico con voce atona, -il Signore Oscuro non ci ha ancora dato alcun ordine, e noi aspetteremo qui finché ciò non accadrà.-
Avery pesta un piede, stizzito. Un rumore di tacchi sul pavimento di pietra e una voce esaltata ci costringono a voltarci.
-Dubiti del Signore Oscuro, Avery?-
Non riesco a fare a meno di volgere gli occhi al cielo: si tratta di Bellatrix Lestrange. Stringe in mano la bacchetta con fare minaccioso. Odio immischiarmi, ma prima che si affatturino a vicenda è bene che faccia qualcosa.
-Non ti scaldare, Bella. L’amico qui stava semplicemente esprimendo la sua ansia di muovere battaglia contro quegli idioti dell’Ordine della Fenice. Gli ho già spiegato che il nostro compito per ora consiste nel restare in attesa di ordini.-
Torno a stravaccarmi sul divano, infilando le braccia sotto la nuca, in uno sfrigolio di pelle strofinata. Sottecchi, noto che Bellatrix mi sta osservando con occhi di fuoco, fumante di rabbia per non essersi potuta sfogare in uno dei suoi soliti discorsi deliranti o in uno scontro di Arti Oscure con il malcapitato. Dal canto mio, sono solo contento di averla messa a tacere.
La quiete però non dura per molto, presto interrotta dall’ingresso nella stanza di Dolohov. Il suo volto più pallido, la sua espressione più volgare e soddisfatta del solito lasciano presagire che sia accaduto qualcosa. Contemporaneamente, sento l’avambraccio sinistro bruciare. A giudicare da come sono sobbalzati, anche Avery e Bellatrix devono aver avvertito lo stesso pizzicore. Come mossi da una molla sola, solleviamo le nostre maniche, e allora li vediamo: i nostri Marchi Neri sono incandescenti. Antonin schiude i denti giallognoli in un ghigno:
-Alecto Carrow ha premuto il Marchio Nero. Potter è ad Hogwarts. Il Signore Oscuro ci ordina di entrare in azione.-

Il nero prato antistante Hogwarts, percorso dal vento notturno, sembra una distesa d’acqua salmastra smossa dalle onde. Mentre i miei anfibi lo calcano con decisione, Mangiamorte e Ghermidori si materializzano intorno a me con sonori crac. Siamo stati tutti costretti a Materializzarci a una certa distanza dalla scuola, colpa degli incantesimi di protezione. Ma siamo così tanti e agguerriti che di certo qualche Protego Horribilis non riuscirà a trattenerci più di tanto. Inizio a sentire l’adrenalina scorrermi lungo le vene, per l’eccitazione mi mordo un labbro quasi a sangue. Non è ancora arrivato il momento di attaccare, devo contenermi, nonostante sia particolarmente difficile. Inizio a guardarmi intorno, tanto per tenermi occupato. Siamo uno spettacolo più grandioso di quanto immaginassi: centinaia di mantelli neri smossi dal vento si spiegano come vele di una flotta micidiale.  Sopra di noi volteggiano alcuni Dissennatori, la cui influenza nefasta provoca violenti brividi di freddo a chiunque si trovi nelle vicinanze.  I Giganti si disperdono tra i Mangiamorte, facendo tremare la terra ad ogni passo. Inspiro profondamente: il vento porta alle mie narici l’odore di una grande massa d’acqua, probabilmente si tratta del Lago Nero.
Solleticata da quelle sensazioni, la mia mente viene assorbita da un turbine buio che la riporta a ricordi passati.

È il giorno del mio diciassettesimo compleanno, sono diventato maggiorenne. Mio padre mi tiene una mano su una spalla, stringendola forte. Nelle sue pupille intravedo il mio riflesso: i miei capelli biondi sono più corti di come li porto ora, negli occhi azzurri rivedo la determinazione e la brama che mi hanno sempre caratterizzato.
Il mio sguardo cade sull’altra mano di mio padre, quella che stringe un ciondolo d’argento. Lo riconosco immediatamente: raffigura un 
Drakkar. Stringo le labbra in seguito ad un riflesso incondizionato: non posso credere che mio padre lo stia per fare.
-Sai cos’è questa, vero Thorfinn?- mi chiede con voce calma.
Solleva il ciondolo, portandolo davanti ai miei occhi. Io annuisco, cercando di dissimulare il tremito che mi attraversa. Mio padre continua:
-È un Drakkar, la nave utilizzata dai Vichinghi per esplorazioni e guerre.-
So bene di che si tratta, e so anche che quel ciondolo è praticamente una reliquia per la nostra famiglia, tramandata da generazione in generazione. Per mio padre è l’oggetto più caro che ha su questa terra. Incredulo, afferro il ciondolo che mi porge e lo infilo al collo. Rabbrividisco al contatto del freddo metallo con la mia pelle, o forse a causa della solennità del momento.
-Che questo simbolo sia l’auspicio di grandi e gloriose imprese, come quelle condotte dai nostri padri. Che tu possa veleggiare sopra i mari della guerra come questo Drakkar. Ricordati da dove vieni, Thorfinn. Ricorda che nelle tue vene scorre sangue vichingo. Ricordati chi sei…figlio mio.-


Stringo il ciondolo attraverso la maglia nera che indosso, chiudendo gli occhi. Ricordo perfettamente chi sono, padre. Così come rimembro i canti di mia madre: li porto sempre nel mio cuore.
Un Gigante mi passa accanto, facendomi sobbalzare. Non è bene che mi perda in certi pensieri, meglio che mi tenga impegnato fino a quando il Signore Oscuro non ci ordinerà di attaccare. Inizio a passeggiare tra le milizie di Mangiamorte e Ghermidori in attesa. C’è chi siede sul prato, chi discute con qualcun altro, chi giocherella con la bacchetta. In un gruppetto di maghi avvolti in vesti scure riconosco Yaxley, Tiger, Rookwood e quello sbarbatello di Adrian Nott. Anche loro sembrano in trepidante attesa di iniziare a combattere. Il vento che mi investe, smuovendo il colletto del mio mantello, porta le loro parole lontane dalle mie orecchie. In compenso, l’odore del Lago Nero giunge ancora alle mie narici, serbatoio di antichi ricordi e tradizioni mai sopite.

Who can find you clear springs of waters, but I can't!” – Chi può trovare limpide sorgenti d’acqua, ma io non posso!

Schiudo gli occhi, inspirando quell’odore inebriante. Noto che Nott si è allontanato dal gruppetto, sembra stia cercando qualcuno. Come comandate da una volontà propria, le mie gambe iniziano a muoversi. Seguo il ragazzo fin dietro un albero dall’immenso tronco: sembra aver trovato chi stava cercando. Si dirige convinto verso una snella ragazza bionda per stringerle una mano. Lei lo guarda con espressione turbata, nessuno dei due parla. In lontananza, sentiamo lo scoppio di una risata esaltata.
-Adrian,- esordisce finalmente lei, -che ne sarà di noi? La battaglia sta per iniziare, basta una sola parola del Signore Oscuro per decretare la fine del mondo come lo conosciamo noi.-
Nott la guarda senza capire, dopo un attimo di pausa lei continua con voce incrinata:
-E se dopo questa notte, dovesse cambiare tutto? Se non dovessimo incontrarci più? Perché deve finire tutto, con la rapidità di un battito di ciglia? Non c’è niente che sia eterno a questo mondo.-
Oh Salazar, tra poco si mette a piangere.
Adrian le stringe le spalle, entrambi volgono lo sguardo sullo spicchio di luna che illumina la piana con sinistri bagliori.

“Who can tell you the age of the moon, but I can't!” – Chi può dirti l’età della luna, ma io non posso!

I due si sciolgono dall’abbraccio, la strega si avvolge meglio nella sua mantella nera e si mette in moto. Allontanandosi dall’albero, solleva per caso lo sguardo su di me. Sobbalza, a disagio, notando che la sto fissando ardentemente. C’è qualcosa in lei che ha risvegliato in me sensazioni affogate nei meandri delle mie viscere. Osservo i suoi occhi, di un’incredibile tonalità di verde.
Già, sogghigno tra me e me, come se un uomo possa essere interessato agli occhi di una donna.
-Aspettami Leyna,- le dice suo fratello Adrian alle sue spalle, -vengo con te!-

Il momento tanto agognato finalmente è giunto: il Signore Oscuro ha appena dato l’ordine di attaccare, non sto più nella pelle. Sfodero la bacchetta dal mantello, imitato da centinaia di maghi oscuri: è ora. Basta un incantesimo non verbale per ciascuno, nel silenzio della notte risuona il sibilo di scintille argentee. Quando queste si vanno a scontrare con gli incantesimi di protezione che avvolgono Hogwarts, il fragore è impressionante. In una pioggia di faville, come mossi da una volontà superiore, ci gettiamo tutti in una corsa forsennata. C’è chi urla per infondersi coraggio, io sono tra questi, ma lo faccio nella migliore tradizione dei miei padri. Corriamo come saette, superati a grandi passi dai Giganti, accanto al Lago Nero, il cui odore fino a quel momento aveva rievocato in me ricordi e sensazioni intense.

“Who can call the fish from the depths of the sea, yes I can!” – Chi può richiamare il pesce dal profondo del mare, sì, io posso!

Ora che stiamo scendendo a rotta di collo lungo la collina, ora che sento le mie gambe infiammate dallo sforzo e le mie braccia tese verso la battaglia, non mi sento più impotente. Avverto la forza dei miei padri sulle mie spalle, mi sento invincibile.

“Who can changes the shapes of the hills and the headlands, I can!” – Chi può cambiare la forma di colline e promontori, io posso!

Vedo enormi statue di pietra venirci incontro brandendo mazze ferrate. Una risata selvaggia prorompe dalla mia gola: io posso farlo!
-Confringo! Finite!-
Rido e latro mentre frammenti di roccia nevicano in mezzo a noi. Finalmente realizzo quello che provavano i miei padri.

I have been a sword in the hand,                          Sono stato una spada in una mano,
I have been a shield in a fight,                                sono stato uno scudo in combattimento,
I have been the string of a harp,                             sono stato la corda di un’arpa,
I can shift my shape like a god”                              posso trasformare la mia forma come un dio.

In men che non si dica, abbiamo raggiunto i portoni del castello. Una maledizione scagliata da un punto imprecisato dietro di me mi sfiora un orecchio sibilando, andando poi a colpire il pesante portone di legno. In una pioggia di schegge e frammenti di metallo, siamo dentro.
Ormai la ferocia e l’ebbrezza della battaglia mi dominano, non posso che farmi guidare da esse. Alcuni ragazzini mi lanciano contro qualche ridicolo Schiantesimo. Li scanso facilmente, spostandomi al lato di qualche centimetro. La mia voce è un ruggito quando scaglio l’Anatema che Uccide.
-Questo è tutto ciò che sapete fare? Provate almeno a difendervi, in modo che io possa trarre maggiore piacere dalla vostra morte!- urlo contro chiunque mi stia intorno.
Sento una vena pulsarmi in modo forsennato sul collo, i nervi tesi spasmodicamente, il respiro ansante. L’adrenalina è alle stelle, sono totalmente fuori controllo. Ma va bene così, è questo ciò che il Signore Oscuro vuole da me, è questo ciò che contrassegnava le gesta dei miei padri.

Farewell, leave the shore to an ocean wide and untamed
Hold your shield high, let the wind bring your enemy your nightmare
By the bane of my blade, a mighty spell is made and
Far beyond the battle blood shall fall like a hard rain.

Addio, lasciate la riva di un oceano largo e selvaggio 
Tenete alto il vostro scudo, che il vento possa portare al nemico il vostro incubo 
Con la rovina della mia lama, un potente incantesimo è fatto e 
Ben oltre il sangue della battaglia cadrà come una pioggia dura


La mia bacchetta vomita altre scintille verdi, tre corpi cadono ai miei piedi come foglie nel vento novembrino. Li scavalco senza problemi, il mio mantello fruscia sopra le loro palpebre sbarrate. Delle urla mi costringono a voltarmi: hanno catturato la mia attenzione solo perché ho riconosciuto che appartengono ad uno dei nostri. Una frazione di secondo più tardi, il corpo di Selwyn, rigido come uno stoccafisso, cade a pochi centimetri da me. Proseguirei incurante, preso come sono dalla fame di omicidio, ma qualcosa mi consiglia di trattenermi.
-Innerva!-
Al tocco della mia bacchetta, il Mangiamorte strabuzza gli occhi e trae un lungo respiro, rianimato.
Il tempo di alzarsi in piedi e si lancia contro i professori Vitious e McGranitt, deciso a distruggerli. Neanche io sono da meno: mi getto contro il primo membro dell’Ordine che trovo. Scaglio altre maledizioni, uccido e ferisco ancora, nei miei occhi è tornato quel bagliore selvaggio che viene riflesso dalle pupille delle mie vittime un attimo prima di diventare vitree. Un guizzo biondo mi compare davanti: è Leyna Nott, che sta duellando come una furia con altri professori. Se la sta cavando davvero bene, penso avvertendo la salivazione aumentare improvvisamente. Distratto dalle mosse precise e sinuose della strega, quasi inciampo in uno dei nostri, caduto stecchito a terra. Sgrano gli occhi nel riconoscere un altro Nott: lo zio della ragazza.
Scoppi di urla e scintille mi assalgono da ogni dove. Non c’è tempo per fermarmi, devo proseguire. La bacchetta scatta ancora in avanti, affamata di morte tanto quanto lo sono io. Sento nelle orecchie il canto di guerra dei miei padri, mi rinvigorisce più di qualsiasi altra cosa.
Scatto, colpisco, divoro: sono inarrestabile.
D’un tratto, la mano mi va sul ciondolo a forma di Drakkar che nascondo tra le pieghe della maglia, e allora realizzo le parole di mio padre. Questa battaglia porterà il mio segno, che resterà impresso nella storia. Questa notte serberà la mia memoria e le mie gesta parleranno ai posteri. Sotto i colpi degli incantesimi, il castello viene distrutto, le persone crollano. Io stesso potrei trovare la morte in questa battaglia. Nel volto della donna che ho appena ucciso leggo ancora lo sgomento per l’espressione selvaggia che mi deforma i lineamenti. E allora rido. Rido perché, come insegnavano i miei padri, c’è qualcosa che non perirà mai: la fama che lasceremo dietro di noi quando moriremo.
   
 
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