“Ritratto di
signora”
Se il silenzio non fosse stato spezzato
dal monotono gorgoglio di un torrente, il paesaggio sarebbe stato una tela di
acquerelli dai toni crepuscolari e indistinti.
I raggi flebili del sole attraversavano
i profili smerlati dei monti Paoz ed offrivano alle cime degli alberi l’ultima
luce del giorno che muore, come una dolce lusinga prima che l’oscurità
sopraggiungesse ad inghiottirli.
Una divisa dello stesso colore del
tramonto giaceva adagiata su di una roccia scoscesa nell’acqua.
Lo scoiattolo che sul ramo provvedeva
alle ultime provviste si defilò rapidamente all’agitazione improvvisa del
fiume.
Son Goku risalì alla superficie come
l’impeto di un vortice abissale tenendo stretto un pesce che si dimenava
invano.
Lo gettò sulla sponda a far compagnia
ad un altro che già da un pezzo aveva smesso di dibattere la coda.
Osservò il bottino esiguo del
pomeriggio.
Non sarebbero bastati a sfamare neanche
il piccolo Goten, e già immaginava Chichi a quest’ora affaccendarsi solerte con
la legna sotto al pentolone.
Ritornò ad immergersi nelle acque
plumbee e riemerse questa volta con una preda più sostanziosa.
Anche questa andò ad agitarsi sui
ciottoli della riva.
Proprio lì il tramonto del sole stagliò
l’ombra di un essere umano.
Quando Goku alzò lo sguardo si accorse
però con stupore che la sua natura era tutt’altra.
L’anziano Kaiohshin, il sommo nella
gerarchia delle divinità, lo osservava tra le grinze del suo volto asettico e
oblungo.
Senza l’austerità dei suoi vestimenti,
Goku lo avrebbe scambiato per un povero vecchietto smarrito nel bosco:
“Lei qui? Non mi dica che è accaduto
qualcosa di grave…”.
Una divinità
che scende in Terra era quasi sempre araldo di arcani saperi che preludevano a
sciagure.
Erano trascorsi poco più di sei mesi da
quando il globo terrestre era stato ripristinato nel sistema solare.
“Niente ragazzo…” lo tranquillizzò
l’anziano, schiarendosi la voce con un eloquente colpo di tosse “perché non ti ricomponi? Sei indecente…”.
Il saiyan si ricordò di essere
completamente nudo.
“Ah… già, mi scusi…” con un lieve
incremento dell’aura le gocce che imperlavano le sue forme marmoree
vaporizzarono all’istante.
Poi raccolse la sua tuta e dopo aver
legato la cinghia intorno ai pantaloni si affrettò a domandare:
“Allora mi spieghi… se non è successo
nulla, come mai lei è qui?”.
Kaiohshin lo scrutò con indecifrabile
cipiglio:
“Esattamente come prospettavo… hai la
memoria corta?”
“Ehm… io…?” si puntò addosso un indice
interrogativo.
“Mi facesti una promessa quando eri sul
mio pianeta… proprio non lo ricordi?” inquisì, e le pieghe del suo volto cereo
ebbero una contrazione d’attesa.
“Una promessa?” si grattò il capo in
quel gesto grossolano che lo faceva rassomigliare ad un bambino cresciuto
troppo in fretta “ma ne è proprio sicuro?”
“Come ti permetti?!” lo rimbrottò il
vecchio innaffiandolo di saliva “se qui c’è uno smemorato sei proprio tu!”.
Recuperata compostezza, si asciugò con
un fazzoletto la goccia di sudore condensata sulla fronte:
“La fotografia di una donna nuda non
giovanissima, ma ancora molto formosa…”.
Goku sbatté le palpebre e per qualche
istante la sua bocca restò dischiusa:
“Lei è venuto qui per questo?” proruppe
alla fine.
Nel terribile scontro contro il mostro
di colore rosa, dopo la deflagrazione della Terra, intuite le debolezze
dell’anziano dio, aveva pattuito una foto di Bulma in cambio del suo assenso
all’utilizzazione delle sfere di Namecc.
Vegeta, insolitamente accecato di
gelosia, aveva spalancato le fauci rammentandogli chi fosse la donna in
questione.
“Ma davvero si ricorda ancora di quella
sciocchezza?”
“Le sfere furono usate ed i vostri
desideri avverati, io ho tutto il diritto di pretendere ciò che a suo tempo mi
promettesti” incrociò le braccia in un gesto di disappunto.
Kaiohshin aveva negli atteggiamenti
molto poco di divino.
“E va bene” accondiscese il saiyan “se
ci tiene così tanto vedrò di procurarmi qualche fotografia…”.
Aveva già pensato come provvedere
all’indecente materiale.
L’anziano l’osservò raccogliere gli
animali pescati.
Dai suoi occhi sottili non trapelò
l’intimo entusiasmo per il successo rapido del colloquio.
La volta del cielo era già divenuta un
drappo di stelle e l’orizzonte infuocato offriva gli ultimi barlumi di luce.
“Ho una fame da matti!” disse il
guerriero “perché non mi segue? La mia casa non è lontana da qui, dirò a mia
moglie di aggiungere un posto a tavola”.
La divinità rifiutò il cordiale invito
con un cenno di diniego:
“Non posso trattenermi, ritornerò tra
qualche giorno”
“Mi saluti l’altro Kaiohshin, allora…”
e prima di voltargli le spalle soggiunse “suppongo lui sappia del perché è
venuto a farmi visita…”
“Non conduciamo vita matrimoniale”
puntualizzò seccatamente il vecchio “non devo dar conto a nessuno di quello che
faccio!”
“Come sospettavo…” mormorò con
rassegnazione Son Goku dopo averlo visto sfigurare.
Poi, rimasto solo, si inoltrò nel
bosco.
Al suo incedere il tappeto di foglie
subiva un calpestio regolare.
Il sentiero non era tracciato, ma anche
al buio il saiyan dava prova di conoscere quei luoghi natii come le sue tasche.
Un odore di manicaretti giunse a
stimolargli l’olfatto ed allora incalzò il passo.
* * *
Arrivò dal cielo e posò nel giardino
della Capsule Corp. un passo felpato ed agile.
Il manto erboso non restituì alcun
suono.
Gettò un’occhiata circolare chiedendosi
se tutti stessero ancora dormendo.
Il sole era già spuntato da un pezzo
eppure la vispa sig. Brief non si affaccendava ancora intorno alle sue rose, né
suo marito trafficava il giardino in un costante andirivieni tra la casa ed i
laboratori.
Si mosse allora alla volta dell’entrata
dove pigiò il campanello.
Nessuno si fece premura di aprirgli e
così, appurata che la porta era stata lasciata socchiusa, si fece avanti da
solo.
Iamcha conosceva bene la C. C.
Pur mancando da anni, si mosse nel
dedalo di scale e corridoi senza esitazione.
Quando raggiunse l’ampio soggiorno vide
che anche qui non c’era nessuno:
“Ehi… c’è qualcuno in casa?!”.
L’ampia vetrata era spalancata ed il
vento agitava le tende.
Il televisore era stato lasciato a
vociferare in silenzio e sul tavolo rotondo una tazzina di caffè recava
l’impronta di un rossetto di colore rosso.
Se non avesse scorto sul mobile di
fronte le foto di un Trunks in fasce tra le braccia di Bulma avrebbe pensato di
aver sbagliato appartamento.
Il colore delle pareti, l’arredo e la
sua sistemazione non erano più gli stessi e a Iamcha non restò altro che
riconoscere, con un pizzico di rammarico, che dalla fine della sua storia con
Bulma erano passati davvero molti anni.
Le mura avevano assorbito ricordi che
non gli appartenevano.
Su quelle fondamenta era germogliato,
come il più incredibile dei miracoli, un nucleo familiare di cui non faceva
parte.
Si sentì un estraneo in quella casa.
Eppure un tempo aveva pensato che ne
sarebbe divenuto il padrone, che sarebbe stato un tetto stabile e sicuro sopra
la sua testa troppo spesso rivolta a cercare le gonne altrui.
“Ehi… c’è nessuno?!” il lungo corridoio
rimandò l’eco della sua voce.
L’uomo proseguì adesso con
circospezione.
Anche la sequenza delle camere non era
più la stessa.
Nella stanza in cui fece capolino la
sua capigliatura scura, un robot rassettava il letto.
Sulla moquette
una camicia da notte ed una tuta di colore blu adagiata su una sedia lasciavano
intuire a chi questa appartenesse.
Iamcha appurò
con i suoi occhi increduli come Bulma e Vegeta conducessero una vita
“coniugale” in certi suoi aspetti.
In fondo al
corridoio l’inquietante acciaio della gravity room gli suggerì di girare i
tacchi e andarsene via: imbattersi nel principe dei saiyan non era il modo più
allegro di iniziare la giornata.
Alle sue
spalle, un ansito di paura gli fece riconoscere finalmente la voce di Bulma:
“Che spavento,
sei tu!” esclamò la donna, togliendosi le cuffie con le quali ripassava
meticolosamente la registrazione di un’imminente conferenza.
“Scusami, ho
bussato ma nessuno è venuto ad aprirmi, la porta era aperta e così mi sono
permesso di entrare…” mise le mani avanti.
“Non
preoccuparti, sei sempre il benvenuto in questa casa”
Indi, lo
condusse in soggiorno dove si apprestò a versagli una limonata:
“Sei sola in
casa? Non ho visto neanche tuo padre e tua madre”
“Infatti… non
abitano più qui”.
Iamcha allora
apprese che l’attempato sig. Brief e consorte avevano deciso di trasferirsi
fuori città:
“Un bel giorno
si è svegliato e mi ha detto di essere stanco ormai del lavoro e della città e
che voleva dedicarsi soltanto agli animali, così adesso tutto grava sulle mie
povere spalle…”.
L’uomo
centellinò la fresca bevanda:
“E Vegeta? Non
ti dà una mano?”
“I saiyan non
sanno cosa significhi lavorare!” bofonchiò Bulma “ormai lui e Trunks se ne
escono insieme senza neanche dirmi niente!”
Iamcha scoppiò
a ridere:
“Cosa c’è?”
fremettero le sue lunghe ciglia.
L’altro
incrociò le braccia dietro al capo, in una postura che si era fatta frattanto
meno formale.
“E’ così strano
sentire parlare di Vegeta come fosse un uomo normale”
“Infatti non ho
detto che lo è” fu contagiata alla fine dalla sua risata.
L’oggetto della
loro conversazione fece il suo ingresso dalla porta principale.
Iamcha recuperò
compostezza e si mosse a disagio sulla sedia.
“Ehm… salve…
Vegeta…” farfugliò con esitazione.
Il saiyan,
identificato l’interlocutore di Bulma, gli affettò la più sdegnosa noncuranza,
proseguendo in direzione delle stanze da letto.
Indossava
comuni abiti terrestri, per il resto, il suo incedere era sempre quello fiero e
marziale da principe dei saiyan.
“E Trunks?” gli
domandò la donna senza riuscire a trattenerlo.
“E’ già in
camera sua” sibilò nel solito ringhio.
I due terrestri
sentirono i suoi passi attutirsi lungo il corridoio.
Iamcha riportò
il bicchiere alle labbra ed una smorfia di disgusto gli increspò i lati della
bocca.
L’apparizione
di Vegeta aveva reso alla limonata un sapore a dir poco caustico.
“Su rilassati…”
lo irrise Bulma vedendolo visibilmente impallidito “tanto se ne è andato”
“Scusami” si
sciolse l’uomo in un sorriso “è che non si sa mai come prenderlo, senza offesa,
proprio non riesco a capire come tu faccia a viverci insieme, possibile sembri
sempre irritato?”.
“Solo perché
non ti ha salutato? Ho visto fargli fare in passato cose molto peggiori…”
rammentò lei rabbrividendo.
E non si
riferiva solo alla scia di sangue incolpevole che imbrattava il suo passato, ma
anche alle umiliazioni, le offese, i patimenti, gli abbandoni che aveva subito
lei in quanto sua compagna.
“Non credo mai
si sia degnato di guardarmi in faccia…” continuò Iamcha annaspando nella nebbia
dei ricordi “a pelle sento di non essergli mai stato simpatico, forse è geloso
che un tempo sia stato il tuo ragazzo…”
“Tu pensi?
meditò l’altra poggiando il mento su una mano “non credo Vegeta sia il tipo
geloso, o comunque non me lo ha mai apertamente dimostrato”
“E fa male…
fossi in lui mi preoccuperei di farti uscire, sei una donna ancora molto
affascinante…” la lusingò con sincerità, senza malizia o tornaconto.
“E tu sei un
impenitente dongiovanni” rise di rimando, compiacendosi in ogni modo
dell’apprezzamento.
Finalmente
l’uomo si decise a spiegare all’amica il motivo della sua visita.
Da quando Bulma
gli aveva preferito Vegeta, di visite di cortesia non ne aveva mai più fatte,
per quanto i rapporti si fossero mantenuti sostanzialmente di amicizia e di
reciproco rispetto.
“Una macchina
nuova? Cosa c’è… hai deciso di far colpo su di una ragazza?” ammiccò con
complicità.
Iamcha si
grattò la testa impacciato.
Era la prima
volta che l’insinuazione di Bulma non gli giungeva dispotica ed invelenita.
Lo condusse nei
laboratori esterni dove, sollevato un telone, gli esibì con orgoglio l’ultimo
dei suoi progetti:
“Non è forse un
vero gioiello?”
Il rosso
fiammante dell’air-car lo lasciò senza parole:
“Vedo che hai
dato il meglio di te…” commentò girandoci intorno e soffermandosi nei dettagli
“ma probabilmente non posso permetterla neanche se lavorassi per altri venti
anni!”
“Non
preoccuparti, telefonerò la produzione e gli dirò di farti un trattamento
davvero molto speciale…” gli strizzò un occhio.
Alla fine lo
scortò fino al cancello.
Vegeta, da
dietro i vetri, li seguì col cipiglio più marcato del solito.
“Ho deciso di
dare una festa, un grande barbecue fra tre giorni, ti avrei avvertito oggi
stesso se non mi avessi anticipato… spero che ci siano tutti…”.
Iamcha dichiarò
che lui e Pual non sarebbero mancati di certo.
Poi,
rinnovandole i ringraziamenti per la sua disponibilità, con un imbarazzata ed
esitante stretta di mano, se ne andò via.
* * *
Le acque che
lambivano la piccola isola erano sempre state poco burrascose.
Forse per
questo la casa del vecchio eremita si manteneva stabile come su di una roccia.
Son Goku lo
trovò a ronfare rumorosamente sulla sdraio al sole.
Prima di
svegliarlo, lasciò che l’aria salmastra gli riempisse i polmoni in una boccata
che sapeva di vecchi ricordi.
Non riusciva a
rammentare con precisione l’ultima volta che quella soffice sabbia aveva
accolto i suoi piedi, eppure era rimasto tutto intatto, maestro compreso, come
se il tempo si fosse arenato su una spiaggia dove non osa avanzare la marea.
Si avvicinò al vecchio e con un colpo
di tosse lo fece trasalire:
“Ah… sei tu…” realizzò Muten mettendo a
fuoco la sua immagine dopo qualche istante “che sorpresa…” il sole battuto sul
suo cranio pelato lo costringeva ancora a vedere le cose tinte di giallo.
“Sei solo? Crilin e gli altri?” si
guardò intorno.
“Sono andati a fare provviste in
città”.
Goku si sporse a guardare una rivista
caduta dall’altro lato della sdraio per scoprire con delusione che si trattava
solo di un’innocente enigmistica.
Muten lo scrutò con più attenzione
sistemandosi sul naso le consuete lenti scure:
“Quale buon vento ti porta, ragazzo?”
“Ecco… vediamo come spiegare…”
tamburellò un indice sotto al mento in una posa di riflessione “ho bisogno di
qualcuno di quei giornaletti che tanto ti piace leggere…”.
Il vecchio maestro ebbe bisogno di
qualche istante per discernere meglio la sua richiesta.
Son Goku era l’ultima persona sulla
faccia della Terra che avrebbe immaginato intento a sfogliare pagine per soli
adulti.
Il saiyan lo sentì ridacchiare:
“Come mai? Tu e Chichi conducete già
vita separata? Ho sempre pensato che avesse un carattere un po’ troppo
mascolino tua moglie…”
“Ma no! Non sono per me!” precisò
mettendo le mani avanti “diciamo che una persona importante mi ha chiesto di
procurargli delle foto di nudo… solo tu puoi aiutarmi…”.
L’eremita restò gravemente assorto, poi
disse:
“Da quando 18 vive con noi mi è stato
proibito di averle, poco mancò che mi spezzasse la noce del collo quando la
bambina inconsapevolmente ebbe uno dei miei giornali tra le mani…”.
Lo raccontò spaurito, quasi la
pressione della mano affusolata e nivea del cyborg fosse ancora agganciata al
suo collo.
Istintivamente si massaggiò proprio lì
con un movimento circolare delle dita.
Goku piegò le spalle ed emise un
sospiro di frustrazione.
A questo punto davvero non sapeva come
compiacere Kaiohshin, aveva posto tutte le speranze in quell’isoletta sperduta
nell’oceano.
“Ma conservo sempre un pacco scorta!”
esclamò di botto l’arzillo vecchietto facendolo cascare all’indietro.
Anche l’interno della casa era
esattamente come lo ricordava lui, solo che adesso sul tappeto erano
disseminate delle bamboline di pezza ed una mensola ostentava con orgoglio le
foto di Crilin e della sua famiglia.
Il maestro trasse dal fondo nascosto di
un armadio alcune delle riviste interdette.
Con entusiasmo Goku ne sfogliò
rapidamente una, senza che la rassegna di tette e sederi discinti lo
invitassero a soffermarsi oltre il dovuto.
“Sono perfette, non so davvero come
ringraziarti”
“Di niente, cerca di farne un buon
uso…” alluse di nuovo.
“Ma no! Quante volte devo dirti che non
sono per me!” disse e con l’imposizione di due dita sulla tempia scomparve nel
nulla.
“Dicono tutti così all’inizio…”
ridacchiò ancora il vecchio prima che il telefono lo distogliesse dagli arditi
pensieri.
Dall’altro lato del cavo, la voce
squillante e briosa di Bulma gli comunicava che tra tre giorni ci sarebbe stata
a casa sua una grande festa.
“Mi raccomando, avvisa anche Crilin e
18, a questo punto mancano solo Goku e la sua famiglia… sono giorni che tento
di mettermi in contatto ma il telefono non dà proprio segnali di vita!”.
Muten gli disse che solo un attimo
prima Goku aveva lasciato casa sua.
“Pazienza…” risolse alla fine la donna
“vorrà dire che andrò a dirglielo di persona…”.
* * *
Goku allungò le braccia con indolenza e faticosamente riportò i
piedi giù dalla poltrona, facendo crocchiare rumorosamente le assi di legno
dell’impiantito.
Il sole che
filtrava dalle tende ricamate della cucina era quello abbacinante del primo
pomeriggio.
Restò con gli
occhi chiusi ancora per qualche istante, in attesa di recuperare lucidità
mentale.
Il brutto delle
pennichelle era quello di sentirsi dopo completamente intontiti.
Così andò a
spalancare l’uscio che dava fuori, nella speranza che una sana boccata d’aria
lo ridestasse dal torpore.
Proprio lì
sulla soglia, Kaiohshin attendeva immobile come una statua di gesso.
Goku stropicciò
gli occhi nel dubbio non si fosse diramato abbastanza il velo che gli
ottenebrava la vista.
“E lei da
quanto tempo è qui? Perché non mi ha svegliato?”
“Non vado di
fretta, non fartene cruccio…”.
Lo invitò ad
accomodarsi in casa ma il dio replicò di preferire l’aria aperta:
“Allora vado
subito a prenderle quello che sono riuscito a procurarmi!”.
Non era stato
facile trovare in casa il giusto nascondiglio per un oggetto tanto scottante.
Alla fine non
gli era rimasta altra scelta che nasconderli sotto al materasso quando Goten
aveva fatto irruzione nella stanza.
Col suo faccino
ingenuo, Goku si era sentito quasi in colpa ad aver portato in casa un
materiale talmente indecente.
Approfittando
della gita improvvisata ai laghi che Gohan e Videl avevano programmato dopo
pranzo, coinvolgendo il piccolo Goten ed una più maldisposta Chichi, avrebbe
trovato un luogo decisamente più sicuro se non si fosse lasciato adescare dalla
morbida poltrona nel soggiorno.
Una vera
benedizione, dunque, che Kaiohshin fosse giunto prima del previsto a liberarlo
di quel fardello.
Fece ritorno e
gli mostrò soddisfatto alcuni giornali confezionati personalmente con un filo
di spago.
L’anziano
osservò la donna ammiccante in prima pagina in sensuale posa felina:
“Cretino che
non sei altro!” lo rimproverò battendo il piede sul terreno “che me ne faccio
di questi?! Non pensi che questa roba ne abbia già a bizzeffe sul mio
pianeta?!”.
Il saiyan restò
basito:
“Ma allora,
cosa vuole… precisamente?”
“Mi sembrava di avertelo detto, quello
che tu mi hai promesso, la foto di una donna non giovanissima ma ancora molto
formosa…”
“Proprio quella?!” urlò Goku inducendo
alla fuga un uccellino posatosi sul davanzale “ma è impossibile!”.
Kaiohshin non mosse una ruga:
“E’ morta forse, era già così vecchia?”
“Certo che no… sta benissimo, ma come
faccio davvero a chiederle una cosa simile? Lei non sa come è fatta Bulma… ha
un caratteraccio, perché non opta per qualcosa di più commestibile?”
“No” fece laconico “mi incuriosisce
troppo, non giovanissima ma ancora molto formosa…” continuava a rimuginare
sull’intrigante binomio.
Le cime degli alberi furono scosse da
un vento improvviso e lo stormo di uccelli in volo annunciò l’arrivo di
qualcosa dal cielo:
“Ehilà!” Bulma circoscrisse la zona ed
atterrò col suo elicottero non lontano.
Kaiohshin cercò di trattenere
l’uniforme svolazzante.
Quando il motore fu spento e le eliche
vorticarono fino a fermarsi, Goku gli disse:
“Eccola! Che combinazione! E’ proprio
Bulma! Ora potrà vederla con i suoi stessi occhi e si accorgerà che poi non è
niente di eccezionale…”.
La donna saltò dal velivolo, prese la
borsetta e venne loro incontro.
Passò una mano tra i capelli sbarazzini
e diede una sistemata all’abitino di colore fucsia.
Son Goku deglutì a fatica.
Bulma era anche più appariscente del
solito.
Gli anni non le avevano tolto fascino,
piuttosto lo avevano assottigliato e reso più intrigante.
La maternità e la relazione col
principe dei saiyan l’avevano fatta diventare soltanto più donna.
“Si può sapere cosa è successo al tuo
telefono?! Sono giorni che provo a chiamare!” anche il tono di rimprovero
continuava a mantenersi sulla stessa nota di quando l’aveva conosciuta.
“Ehm… ristrettezze economiche… Chichi
ha deciso che è arrivato il momento di stringere un po’ di più la cinghia”.
Il volto terreo di Kaiohshin aveva
assunto una tinta di vita e con la bocca dischiusa continuava a fissare il seno
di Bulma sollevato sotto al vestito.
La terrestre sembrò accorgersi soltanto
ora della sua presenza:
“E’ una mia vecchia conoscenza” lo
presentò Goku circondando la fragile figura del vecchio con un braccio “è
venuto a farmi visita ma stava per andare via…”
“E Chichi?” guardò oltre le sue spalle.
Allora il
saiyan raccontò della gita improvvisata di Gohan e di Videl, dell’entusiasmo
del piccolo Goten e della riluttanza di sua moglie a lasciare la casa e le
quotidiane faccende domestiche:
“Alla fine si è
decisa ad andare… io, prima di crollare sulla poltrona, ho promesso che li
avrei raggiunti dopo”.
Bulma spiegò le
ragioni della sua visita:
“Una festa… è
davvero una bellissima idea, mi dispiace tu sia venuta qui solo per questo,
potevi mandare Trunks o Vegeta…”.
Lei incrociò le
braccia:
“E’ molto
difficile riuscire ad ottenere un piacere da quei due, comunque avevo bisogno
di una passeggiata per collaudare uno dei miei ultimi modelli…” fece cenno
all’elicottero che aveva gettato scompiglio tra i serafici animali del bosco.
Per lunghi
istanti furono avvolti da un silenzio ingombrante fino a quando l’anziano tirò
Goku per la manica:
“Posso dirti
due parole in privato?”.
Bulma li vide
distanziarla di alcuni passi.
La presenza di
quel vecchietto aveva qualcosa di molto sospetto, il modo in cui la guardava le
suggeriva di tenersene alla larga.
Pure Goku era
stato agitato ed impacciato per tutto il tempo e la sua fronte aveva preso a
stillare sudore come sul campo di battaglia.
“Ormai l’ha
vista, non è già soddisfatto, perché non se ne va?” sibilò il saiyan piegandosi
su di lui.
“No, voglio
assolutamente avere la sua fotografia, mi piace tantissimo!”
“Ma come faccio
a domandargliela? Provi a mettersi nei miei panni…”.
Goku era
disperato.
Era proprio tra
quei boschi che da bambino, durante un battuta di caccia, equivocò fatalmente
le fattezze di un’automobile per quelle
di un mostro.
La ragazzina
che venne fuori dopo il selvaggio ribaltamento aveva inciso sulla maglietta il
suo nome.
Non aveva mai
visto una ragazza prima di allora e, quando la portò nella casetta del
nonno, fu solo per l’innato candore che
rifiutò un’indecente lusinga, in cambio della sua sfera a quattro stelle.
La suddetta
ragazza, però, non era stata più tanto permissiva, quando aveva scoperto che
durante la notte le erano state tolte di dosso le mutandine.
Goku conosceva
troppo bene Bulma per illudersi che sarebbe bastato trovare le parole giuste
per persuaderla.
Il vecchio
eremita troppo spesso aveva saggiato la schioccata delle sue dita sulla faccia.
Bulma intanto
scorse accanto alla porta il plico di riviste porno.
Stava per
avvicinarsi per capire di cosa si trattasse, quando Goku se ne avvide giusto in
tempo e li disintegrò con l’imposizione di un dito.
Bulma cadde a
terra, tramortita:
“Ma si può
sapere cosa ti prende?! Era qualcosa che non potevo vedere?! Da quando sono
arrivata non fai che comportarti in modo strano! Io me ne vado!” disse furente
mettendosi in piedi e scrollando il vestito dai fili d’erba.
“Scusami
Bulma…” le si avvicinò insieme all’anziano dio con fare esitante e timoroso “è
che devo chiederti un piacere molto importante…”.
La donna guardava
ora lui, che continuava ad elargirle un sorriso melenso, ora il vecchio col suo
indecifrabile piglio:
“Di cosa si
tratta?”
“Ehm… ecco…
questo signore… vorrebbe… diciamo… avere una tua… foto…”
“Una mia foto?”
chiese senza capire.
“Proprio così…”
non osava precisare oltre.
Sperò solo che
il terreno si aprisse per inghiottirlo.
Alla fine fu
Kaiohshin che prese la risoluzione:
“Una foto di
nudo…” ammise senza peli sulla lingua.
“Ma come si
permette?!” aveva già sollevato il braccio in uno dei suoi temibili ganci
quando il saiyan le bloccò il polso e con modi accomodanti la portò più
lontano.
“Si può sapere
quali persone frequenti?! Ma hai sentito cosa mi ha chiesto?!”
“Quella non è
una persona qualunque…” cercò di spiegargli l’amico.
“Me ne sono
accorta, è soltanto un pervertito!”
“No!” le fece
segno di abbassare la voce “quel vecchietto è niente di meno che Kaiohshin il
Sommo… capisci? E’ la divinità più importante fra tutte”.
Bulma fissò in
tralice il vecchietto, che, con finta noncuranza, aveva già attivato le sue
orecchie a punta.
“Quel coso?”
fece scettica “mi sembra un po’ gracilino…”
“Lascia perdere
il suo aspetto, non c’è dio superiore a lui”.
La donna allora
volle sapere perché volesse proprio una sua foto:
“Suppongo tu
gli piaccia” tergiversò sulla promessa a suo tempo fatta “ho cercato di fargli
capire di lasciar perdere, ora che ha visto con i suoi stessi occhi la tua
reazione, sono certo che si darà per vinto, non ha altra scelta, a questo punto
voglio tenermi fuori da questa storia”.
Bulma continuava
a lanciargli occhiate di traverso.
Qualcosa le
dardeggiò d’improvviso nei suoi occhi limpidi e alla fine proruppe:
“Accetto!” fece
come si fosse trattata di una sfida, più che un compromesso intriso di malizia.
Aveva
incrociato le braccia e raddrizzata la schiena.
Son Goku in
confronto pareva aver perso cinque palmi di altezza.
“Ma ad una
condizione…” gli disse lasciandolo in un’attesa sfibrante “se è un dio, come
dici, in cambio di una mia foto voglio poter restare sempre giovane e
splendente!”
“Spiacente,
bella signora” le giunse la voce di Kaiohshin da lontano “non crede che se
avessi avuto questo potere lo avrei adoperato personalmente?”
“Allora non se
ne fa niente!” girò sui tacchi “io me ne vado! Ricorda a Chichi e ai ragazzi
della festa… e vedi di stare alla larga da questi soggetti pericolosi, non
vorrei alla fine riuscissero a contagiare anche te!”.
Goku la vide
raggiungere il suo elicottero.
Di nuovo il
rombo dell’elica fece scuotere gli alberi e mettere in fuga gli uccelli.
Quando ritornò
la quiete, ed il velivolo era solo un punto stagliato nel cielo pomeridiano, il
saiyan tornò ad accostarsi alla divinità:
“Ha visto,
allora? La prego, ci rinunci…”
“No, ora che
l’ho vista con i miei occhi, sono ancora più deciso ad avere una sua foto” fece
cocciuto “tu me la devi, non dimenticartelo”
“Ma come
faccio, anche se riuscissi a convincerla, come la metto con Vegeta?”.
Goku non aveva
dimenticato la sua collera, non voleva compromettersi con lui proprio adesso,
non ora che era riuscito a guadagnare finalmente il suo rispetto.
“E pensare che
ho dato la mia vita per te…” rievocò Kaiohshin la generosità del suo
sacrificio.
Goku scosse il
capo con amarezza:
“Se la mette
così, allora non ho proprio altra scelta…”.
* * *
Trunks aveva
preso l’impegno di accogliere uno ad uno gli invitati.
Attendeva con
trepidazione, nel grande atrio, l’arrivo di ciascuno, poi li introduceva nel
giardino interno della C.C., dove Bulma, con l’aiuto di Videl e dei suoi robot,
si affaccendava tra il barbecue e la lunga tavola imbandita, dando prova di
aver acquisito con gli anni dimestichezza anche in cucina.
Gli ultimi ad
arrivare furono l’inseparabile amico Goten, il fratello e sua madre.
Di Goku si
disse sarebbe arrivato più tardi, giusto il tempo che le uova dei dinosauri si
schiudessero.
A parte lui,
non mancava nessuno.
Persino il
misantropo principe dei saiyan, un tempo devastatore di galassie, se ne stava
seduto sull’erba a satollarsi, cedendo ad un famelico Majinbu uno dei suoi
tramezzini farciti.
Iamcha e Muten
sfogliavano vecchi ricordi, mentre Piccolo sonnecchiava dietro ad un cespuglio.
Poi si aprirono
le danze, e viste le mediocri e alquanto timide esibizioni, Chichi volle
cimentarsi in mosse di karate, fino a quando un colpo alla schiena la costrinse
a desistere:
“Sei
bravissima! Non a caso sei la moglie di Goku!” esclamò Dende riducendo tutti al
silenzio.
L’assenza di
Goku incominciò a farsi ingombrante.
Pure Vegeta
intimamente se ne era rammaricato: il fatto di averlo saputo intento ad
aspettare la schiusa delle uova piuttosto che dedito agli allenamenti lo aveva
rassicurato.
Bulma si chiese
affranta se fosse mai venuto:
“Ci tieni
davvero molto… so benissimo che hai un debole per mio marito fin da ragazzina,
ma Goku sa bene che io sono più carina di te!” insinuò Chichi suscitando, a
parte uno scatto risentito della padrona di casa, risate collettive.
Mentre il cielo
si tinteggiava di arancio, dissolti i foschi nembi dell’acquazzone, Goku fece
finalmente il suo ingresso, arrecando altra allegria e buonumore.
Anche chi era
sul punto di andare via, decise di restare a fargli compagnia intorno alla
tavola imbandita.
Vegeta, più in
disparte, ascoltò il racconto di Goku sulla nascita dei quattro cuccioli di
dinosauro, lasciando vagare lo sguardo in direzione del tramonto, permettendo
che la serenità di quell’incontro contagiasse anche il suo cuore solitario.
Aveva dato la
sua stessa vita perché quelle di Bulma e di suo figlio potessero continuare ad
esistere.
Il pensiero di
farne parte ancora procurava al suo animo sprazzi di sensibilità che mai
avrebbe creduto di raggiungere, come un raggio di sole che sempre più
insistente dirama la burrasca.
Una sensazione
che custodiva gelosamente dietro la perenne coltre di impassibilità, quasi
fosse un gioiello troppo prezioso da ostentare in pubblico.
Stranamente non
aveva posto alcuna obiezione al fatto che tutta quella gente facesse irruzione
in casa sua.
Trunks aveva
spalancato i suoi grandi occhi azzurri quando Vegeta aveva accolto la proposta
di Bulma dicendo con indifferenza:
“Fate pure come
volete…”.
Ora erano tutti
lì, riuniti intorno a Goku, quell’eroe generoso pronto ad aiutare chiunque,
persino gli animali.
Vegeta declinò
l’invito a farsi più vicino: nessuno si aspettava lo avrebbe fatto.
Così
l’attenzione collettiva tornò a calamitarsi di nuovo intorno all’ultimo
arrivato.
Il principe dei
saiyan restò con le braccia conserte vicino alla finestra ancora per molto.
Osservava
distratto le risa ed il cicaleccio del gruppo fino a quando i suoi occhi di
tenebra non scorsero qualcosa che gli procurarono un senso inspiegabilmente
fastidioso.
Bulma si
affaccendava con premura intorno a Goku, gli dispensava sorrisi, prestava
ascolto alla sua sciocca avventura pomeridiana senza staccargli gli occhi da
dosso, gli trattenne perfino una mano sulla spalla mentre chiedeva se
preferisse un frullato o un gelato al cioccolato.
E fu così che
l’allusione di Chichi sulla presunta infatuazione di Bulma per Goku incominciò
a piantare in Vegeta le radici di un insensato quanto inammissibile dubbio.
La festa
volgeva al termine.
Bulma si recò
in giardino dove accese candele profumate.
Sperava di
coinvolgere tutti in un ultimo brindisi prima di accomiatarsi definitivamente.
Fu lì che
qualcuno la raggiunse alle spalle facendola trasalire.
Goku si grattò
il capo a disagio:
“Speravo
riuscissimo a restare da soli qualche minuto, volevo chiederti scusa… hem… per
quello che è successo a casa mia l’altro giorno…”
“Fa nulla, non
è la prima volta che mi imbatto in vecchietti maniaci” soffiò sul fiammifero
che effuse una sottilissima striscia di fumo.
“Purtroppo è
stata tutta colpa mia” il saiyan aveva già premeditato di raccontarle la verità
sulla promessa fatta a Kaiohshin in occasione della battaglia disputata su
suolo sacro “fui io a promettergli una tua foto, avevamo bisogno di convincerlo
a darci il suo beneplacito all’utilizzo delle sfere di Namecc…”
“E perché
proprio una mia fotografia?” inarcò il sopracciglio ed appuntò i gomiti.
“Non lo so! Fu
la prima cosa che mi venne in mente di dire…” si diede un pugnetto sulla fronte
“neanche puoi immaginare quale fu la reazione di Vegeta…”
A pronunciare
quel nome Bulma si portò una mano al cuore, attendendo con trepidazione che lui
andasse oltre:
“Qu… quale?”
tremarono le sue labbra scarlatte.
Vegeta intanto
li aveva scorti, per caso, da lontano.
Arrestato il
suo incedere, si era nascosto dietro ad un muro, dove poteva vedere ora la
fiamma di una candela proiettare tremuli bagliori sui loro volti.
Fuori al
giardino erano soli, parlavano a voce bassa, sembrava il tutto molto sospetto.
Tese
l’orecchio, ma non gli riuscì di carpire niente dei loro discorsi.
“Mi ricordò che
tu eri sua moglie e che non dovevo osare promettere tue fotografie…”
“Dici sul
serio? Davvero Vegeta ti disse questo?” adesso Bulma sembrava a dir poco emozionata.
Il pensiero
Vegeta avesse fatto accanitamente questa precisazione le fece mancare la terra
sotto i piedi.
“Ti sembra
davvero così strano?” le domandò Goku “tu sei riuscita veramente a cambiare
quell’uomo…”
A quel punto
lei gli prese le mani e gli parlò col cuore:
“Io credo sia
stato tu a cambiarlo, combattendo al tuo fianco in tante battaglie, imparando a
schierarsi dalla parte dei giusti, è te che devo ringraziare”
Lui scosse il
capo e sorrise con gentilezza:
“No, io ho
alimentato solo il suo odio purtroppo, tu e tuo figlio l’avete cambiato
dandogli il vostro amore, senza pretendere in cambio niente” nessuno dei due si
accorse dell’ombra che li osservava.
Il buio della
sera nascose lo sguardo torvo di Vegeta.
Gli occhi di
Bulma brillavano invece come stelle.
Poi d’un tratto
un calpestio sulla ghiaia annunciò una sagoma sbucare dal nulla.
Il principe dei
saiyan avanzò con passo lento verso di loro.
Aveva le mani
nelle tasche dei pantaloni e la luce del cero andò ad accentuare i solchi del
suo volto granitico.
Lo sguardo che
posò su di loro li raggelò all’istante.
Di riflesso
Bulma liberò le mani di Goku dalla sua stretta amichevole:
“Di cosa state
parlando?” un’inflessione intransigente della voce.
Goku tornò a
grattarsi di nuovo la testa.
Ingenuo qual
era non pensò nemmeno Vegeta li avesse equivocati, piuttosto di aver perso
definitivamente l’occasione di chiedere a Bulma di trovare insieme una
soluzione, accomodante per tutti, con cui liquidare l’indecorosa richiesta di
Kaiohshin.
“Ehm… niente di
importante… stupidaggini…” fece il saiyan.
Vegeta guardava
ora lui, che non smetteva di grattarsi la nuca, ora Bulma, la quale pure non
immaginava l’errato percorso mentale seguito dal suo uomo, e, ancora sconvolta
dalla rivelazione di Goku, abbassava
gli occhi emozionata come un’adolescente innamorata, facendo fremere le lunghe
ciglia.
“Non mi
sembrava…” commentò caustico.
“Ehm… davvero?”
fece Goku imbarazzato, sperando Vegeta non avesse ascoltato niente.
Sua moglie,
provvidenziale, venne a toglierlo dall’impiccio:
“Allora, Bulma,
lo spumante è pronto?!”.
* * *
Trunks spalancò
la bocca ed emise un lungo sbadiglio stendendo le braccia:
“Io vado a
dormire…” si incamminò insolente in direzione delle camere da letto.
“Come
immaginavo!” l’apostrofò sua madre invano “una volta che mi aiutaste a mettere
in ordine!” si girò di scatto verso Vegeta, che con le braccia congiunte se ne
stava appoggiato al muro nell’ombra “perché suppongo che adesso anche tu di
defilerai lasciandomi da sola!”.
“Possibile mai
possa contare soltanto su dei robot di latta?! Che cosa ne sarebbe stato di me
se non fossi stata così intelligente da progettarli?!” seguitava nella sua
sfuriata di casalinga pseudo-stressata mentre con il telecomando componeva il
programma da impartire “non ho intenzione di passare tutta la notte a pulire!”.
Due robot
presero a rimuovere dal tavolo gli avanzi della festa, selezionandoli con
meticolosità per la raccolta, mentre un altro, silente, spolverava e rilucidava
il pavimento.
Bulma invece
sistemò le pentole nella lavastoviglie.
Vegeta era
ancora troppo infastidito per fingere di non aver visto niente e così disse:
“Di cosa
parlavate tu e Kakaroth?” ma nel fracasso delle pentole, la donna sentì solo un
borbottio sconnesso.
Il saiyan
digrignò torvo.
Quando ebbe
chiuso definitivamente l’elettrodomestico, si pulì le mani con uno strofinaccio
e finalmente gli prestò attenzione:
“Che cosa
dicevi…?”
“Ti ho chiesto
cosa tu e Kakaroth aveste di così importante da dirvi…” ripeté asciutto.
Bulma, allora,
arrossì all’istante.
Di nuovo sul
suo viso comparve quell’emozione che le faceva brillare lo sguardo come due
lapislazzuli.
Un osservatore
più sensibile avrebbe capito che niente altro era se non un palpito d’amore, ma
per Vegeta fu un’ espressione soltanto inclassificabile e spiazzante.
“Niente… niente
di importante… neanche ricordo…” abbassava gli occhi da adolescente timida e
riservata, mentre la bocca si atteggiava nel sorriso di chi sa molto di più e
finge che niente sia.
Il pensiero
Vegeta avesse così rabbiosamente precisato la loro unione e difesa la sua donna
da propositi sconvenienti la faceva letteralmente impazzire.
Il principe dei
saiyan non riusciva a capacitarsi di quel rossore che le imporporava le guance.
Sembrava si
stesse prendendo gioco di lui ed allora arrivò subito al dunque, come era
avvezzo a fare sul campo di battaglia:
“Ed allora
dimmi… a cosa alludeva Chichi quando ti ha detto che avevi sempre avuto un
debole per suo marito?” la sua rabbia non era ancora tracimata del tutto.
Non voleva
darle a vedere la sua inquietudine ma contro le corde vocali la collera premeva
come un nodo scorsoio.
Un’ombra
improvvisa dissipò ogni traccia di emozione dal viso della donna, lasciandole
soltanto una sensazione di sconcerto.
Possibile che
Vegeta stesse mettendo insieme i tasselli di un mosaico surreale e a dir poco
ridicolo?
Che stesse
equivocando ogni cosa?
Bulma restò a
bocca aperta prima di prorompere:
“Assolutamente
a niente! Chichi stava scherzando! Non sono mai stata innamorata di Goku! Ma
davvero ci hai creduto?”.
Il mento del
saiyan ebbe uno scatto risentito in direzione della finestra.
Bulma allora
sorrise:
“Ho sempre
provato per lui un indescrivibile affetto, abbiamo passato tante avventure
insieme! Goku allora era soltanto un bambino… confesso che rimasi molto
sorpresa quando lo vidi cresciuto, era diventato davvero un bel giovanotto!”
rievocò il volto glabro del giovane combattente del torneo che vide soccombere
il demone verde “così come devo riconoscere di essermi qualche volta
rammaricata per non aver scelto giusto… io e Iamcha litigavamo sempre… Goku,
con il suo coraggio e la sua responsabilità, sembrava incarnare l’uomo ideale,
ma le nostre vite avevano semplicemente preso già due strade diverse, non mi è
mai neanche sfiorata l’idea che tra noi due potesse esserci qualcosa…” spiegò
alla fine con molta calma.
Vegeta
continuava a guardare volutamente in direzione della finestra, palesando una
finta noncuranza.
Reagì solo
quando lei ebbe l’ardire di insinuare:
“Cosa c’è? Sei
forse geloso?” lo pungolò piano, ma con effetto debordante.
“Ti sbagli!”
afferrò una sedia e si piantò sopra con rabbia “sei una stupida se pensi che
queste cose m’interessino. Quello che non sopporto è che si tratta di Kakaroth.
Tutto qui… fosse un altro non mi scalderei più di tanto neanche se ti cogliessi
in flagrante!” mentì spudoratamente.
Ma Bulma lo
conosceva bene, sapeva che lui adesso voleva soltanto ferirla per mantenere
alto il suo sciocco orgoglio e per questo rincarò la dose con maestria:
“Sai, l’altro
giorno è venuto Iamcha a casa…” la mano che passò tra i capelli ebbe una
movenza di proposito smorfiosa e pretenziosa “ogni volta che lo rivedo mi fa
sempre uno strano effetto, mi sembra di ritornare indietro nel tempo, forse è
proprio vero… come si dice… che il primo amore non si scorda mai…” condì il
tutto con una risatina fasulla “mi ha anche detto che continuo ad essere una
donna molto affascinante, anche più di prima…”.
Vegeta la
fissava con cipiglio indignato, la vena
che gli solcava la tempia aveva preso a pulsare spasmodica.
Non pensava le
umani debolezze riuscissero a scalfire la sua coriacea tempra di saiyan, eppure
quella punta di gelosia bastava a fargli schiumare il sangue.
“Questa poi… è
una cosa ancora più assurda! Che mi importa di quella nullità?!” sbottò in procinto
di piantarla.
Ma Bulma si era
già avvicinata a lui e, sollevato lo stretto vestito, si era accavallata su
quelle possenti gambe, senza audacia, ma in un gesto intimo ed usuale.
Quel contatto
produsse una scarica tra i due.
Il saiyan non
si aspettava quella mossa, ne restò interdetto ma non la respinse.
Si accorse di
volerla e basta, così, all’improvviso.
Fu un istinto
naturale che non necessitava di spiegazione alcuna, piuttosto andava
assecondato e subito.
Per questo le
sue labbra sottili si dischiusero allo slancio del collo delicato e flessuoso
della donna, accogliendo la sua lingua, intrecciandola alla propria, in un
bacio che lasciava senza respiro.
Fu lei a
staccarsi bruscamente soltanto per togliere via definitivamente il vestito.
Con una mano
rapida scostò dalla fronte la capigliatura che ne uscì scarmigliata per
accorgersi che lo sguardo del saiyan aveva già passato in rassegna tutto il suo
corpo e adesso anche le dita, ruvide sulla pelle di alabastro, si muovevano ad
attanagliare l’esili spalle.
Lasciò prima
che assecondasse il turgore dei suoi seni, poi, stringendogli la folta
criniera, lo costrinse ad alzare il capo per guardarla diritto negli occhi:
“Io sono
soltanto tua…” mormorò in quell’istante lasciandosi inghiottire nell’oscurità
del suo sguardo.
La bocca del
saiyan, umida ed incandescente, assunse allora la piega di un ghigno diabolico.
La mano che
teneva poggiato su uno dei seni risalì lenta per serrarsi intorno alla sua
gola, in una morsa senza pressione, ma ugualmente intimidatoria.
Bulma sbarrò
soltanto gli occhi.
“Io posso
vivere anche senza di te, senza alcun problema, lo sai…” scandì con rigore e
disprezzo “perciò, se dovessi scoprire che ti stai prendendo gioco di me, non
esiterei ad ammazzarti con queste stesse mani!” disse e lasciò poi la presa.
“Questo non
accadrà mai…” assicurò la donna, tornando a premere con ardore la bocca contro
la sua.
Il maglione del
saiyan finì sull’impiantito appena lucidato.
Quando i robot,
silenziosi e discreti, terminarono il programma di pulizia impartito dalla
scienziata, i corpi dei due amanti giacevano ormai sfiancati ancora lì su
quella sedia.
* * *
Un tronco di
acero volteggiò nell’aria ed andò ad allinearsi insieme ad altri ciocchi di
legna dopo un colpo incisivo e rapido, che scudisciò l’aria.
Son Goku era
abituato fin da bambino a tagliare la legna con le proprie mani.
Il sole era
spuntato da poche ore ed un fresco odore di bucato, dal profumo di lavanda,
proveniente dal retro della casetta, si mescolava agli odori mattutini della
natura circostante, rigogliosa e selvatica.
Al tonfo secco
e regolare dei ciocchi che si ammassavano accanto alla staccionata seguì
d’improvviso un guaito doloroso quanto sgraziato:
“Cretino che
non sei altro!” l’apostrofò Kaiohshin saltellando sulla punta di un piede e
trascinandosi l’altro.
“Mi scusi… ma
come facevo a sapere che sarebbe comparso all’improvviso?”.
Erano trascorsi
due giorni dalla festa a casa di Bulma.
Era certo che
prima o poi avrebbe ricevuto la visita dell’anziano, che veniva a reclamare la propria
offerta votiva, come si confà ad un dio.
Solo che era
una pretesa la sua… al di sopra delle righe… e Goku si ritrovava decisamente
ancora a mani vuote.
“Ha bisogno
d’aiuto?” lo osservò piegarsi indolenzito sul terriccio umido di rugiada e
sciorinare a denti stretti
incomprensibili parole.
“Preferisco tu
mi stia lontano…” mormorò con cautela il vecchio che solo dopo alcuni minuti
riuscì a ricomporsi.
“Siete dotati
di una forza bruta voi saiyan!” commentò infine sistemandosi l’austero
paramento.
“Tagliavo
semplicemente della legna, prevedo nuvole all’orizzonte ed ho pensato di farne
scorta prima che sia troppo tardi”.
“Sei previdente
ragazzo, mi chiedo se tu lo sia stato anche riguardo la mia richiesta…” venne
subito al dunque.
Gli occhi
gioviali del saiyan furono lesti ad adombrarsi, proprio come una nuvola che in
quel mentre si frappose al sole riverberando sulla foresta sottostante un’altra
gradazione di tono.
“Mi dispiace”
scosse il capo “proprio non ci sono riuscito, lo dica lei a Vegeta… forse per
lei avrà più rispetto e non farà tante storie” disse senza troppa convinzione,
sapendo che il principe dei saiyan non aveva rispetto di niente e di nessuno,
neanche del paradiso.
“Uffa! Quante
storie per una fotografia!” borbottò l’altro, senza dare segno di comprensione
o cedimento “neanche l’avessi chiesta in carne ed ossa! Sono problemi che devi
risolvere da solo, sei stati tu a farmi quella promessa, ora devi solo
mantenerla e basta! La voglio al più presto! Ritornerò domani! Hai capito?!”
“Ma io…” non
ebbe il tempo di replicare che la figura svanì lasciandolo rivolto ad un tronco
inanimato.
“Tesoro ma con
chi parlavi?” passò Chichi con la cesta del bucato “mi è sembrato di sentire
delle voci…”
“Ma davvero?”
allargò la bocca in un sorriso forzato “io non ho sentito niente…”.
Goku era
davvero disperato.
Forse l’unica
soluzione era quella di far presente effettivamente il problema a Vegeta,
elucubrò mentre ritornava in casa.
“Sorridi papà!”
un flash accecante l’accolse allo spalancare dell’uscio.
Goku si
strofinò gli occhi prima di scorgere Goten alle prese con una macchina
fotografica.
Accanto a lui
l’inseparabile Trunks.
“E tu quando
sei arrivato?”
“Da poco, papà
mi ha dato il permesso di restare anche questa notte”
“Mi sbaglio o
Vegeta è diventato più… gentile…” buttò lì, tanto per informarsi sullo stato
d’animo.
“Ti sbagli”
addentò una mela mandando a monte ogni proposito.
“Hai visto cosa
ho trovato, papà? Era sul fondo dell’armadio, funziona ancora!” gli esibì
l’immagine appena scattata.
Goku finalmente
osservò l’oggetto che il figlioletto aveva tra le mani.
“Ma tu guarda…
era da tempo che non la vedevo” la girò tra le proprie per osservarla in
dettaglio “non ricordavo più di averla…” mormorò mentre una nuova prospettiva
avanzava nel suo cervello.
* * *
La serata era
abbastanza afosa malgrado nembi carichi di pioggia incombessero minacciosi
sulla città dell’Ovest.
Bulma strizzò
gli occhi quando un lampo balenò improvviso rischiarando il giardino
sottostante.
Lasciò la
finestra socchiusa per arieggiare ancora un po’ la camera da letto.
Vegeta era
uscito dal primo pomeriggio e non aveva fatto tuttora ritorno.
La donna era
abituata a questo tipo di assenze, che talvolta si prolungavano anche più di
qualche giorno.
Lui se ne
usciva quasi sempre senza dirle niente, né dando una giustificazione quando poi
faceva ritorno.
Era così da
sempre, da quando aveva incominciato a vivere stabilmente con lei dopo il
torneo contro Cell.
Dopo le prime
accese discussioni sul fatto le fosse dovuto sapere almeno dove andava e quale
ne fosse la ragione, aveva finito per farci l’abitudine, dato che puntualmente
le veniva replicato che lui era libero di fare ciò che voleva e che da tempo aveva smesso di avere padroni
a cui rendere conto delle proprie decisioni.
Se ne andava quando
aveva bisogno di spingere oltre le proprie potenzialità, quando la presenza dei
terresti intorno a lui si faceva per i suoi gusti troppo soffocante, a volte
semplicemente quando aveva bisogno di starsene un po’ più in disparte, a
contatto con la natura più impervia e selvaggia, per meditare da dove era
venuto e cosa era diventato.
Bulma, alla
fine, aveva intuito che quelle boccate d’aria che ogni tanto si concedeva
avevano un effetto balsamico e salutare, posto che, da quando aveva smesso di
fargli l’immancabile rabbuffo, le linee dure del suo volto avevano al ritorno
una contrazione più distesa e riposata.
Qualche volta
era accaduto perfino che lui rincasasse e senza dire una parola le strappasse
gli abiti di dosso e la facesse sua lì dove era, sul freddo impiantito o contro
le ruvide pareti.
Allora lei
finiva per rimuginare, sotto le spinte del suo corpo caldo e possente, che
poteva andarsene via anche il dì seguente se avesse ripetuto di nuovo lo stesso
ingresso.
“A volte
proprio non lo capisco!” mugugnò adesso con disappunto entrando nella cabina
doccia.
Vegeta sapeva
benissimo che, dormendo Trunks a casa di Goku, lei sarebbe rimasta in casa da
sola, poco incline a trascorrere in solitudine una nottata che si prospettava
per giunta tempestosa ed assai lugubre.
Un’ombra
comparve improvvisa nel giardino, gettando un’occhiata furtiva alla casa.
Le luci
dell’ampio soggiorno erano state già spente.
Una barlume più
fioco rischiarava una delle finestre in alto.
Son Goku aveva
al collo la macchina fotografica che il piccolo Goten aveva rinvenuto sul fondo
dell’armadio.
Concentrò al
massimo i propri sensi: dell’aura di Vegeta non percepì la benché minima
presenza.
Tutto era a suo
vantaggio.
Levitò allora
in direzione del chiarore proveniente dalla finestra, dove, ad una rapida
sbirciata, alla luce dell’abatjour sul comodino, ebbe la conferma fosse la
camera da letto proprio di Bulma.
Accanto poteva
sentire lo scrosciare della doccia.
Restò
piantonato fuori sospeso nell’aria, nascosto dietro al muro, proprio accanto
alla vetrata.
Un rapido
scatto e niente altro.
Bulma, uscita
dal bagno, non si sarebbe avvista di niente, scambiando il flash per uno dei
tanti lampi che si rincorrevano nelle tenebre.
Lui nemmeno
avrebbe visto più del dovuto, Vegeta non si sarebbe accorto di niente e
Kaiohshin avrebbe avuto la sua dannata fotografia!
Questi erano i
pensieri che aveva ponderato fin dal mattino, girati e rigirati nel suo
encefalo, perché sapeva fosse una soluzione troppo sciocca ed infantile, ma
forse la più efficace e sbrigativa.
C’era adesso
solo da sperare che Bulma uscisse dal bagno almeno un po’ discinta e tutto
sarebbe finito.
Quando lo
scroscio della doccia cessò improvviso, Goku fu avvolto dal silenzio
circostante, interrotto dal sibilo del vento che scuoteva le cime degli alberi.
Mise all’erta
tutti i sensi come sul campo di battaglia, il cuore incalzò tutto ad un tratto
e predispose l’apparecchio fotografico.
L’uscio del
bagno finalmente fu aperto.
Cliccò ma non
seguì alcuno scatto.
La tensione si
spezzò come la corda di un violino:
“Ma… come
diavolo funziona…” pigiò i tasti a caso, prima di accorgersi che due occhi
atterriti lo stavano fissando dall’interno della stanza.
Bulma si era
coperta in tempo tirando il lenzuolo dal letto e lo fissò sconvolta per una manciata
d’istanti prima di prorompere con tutta la sua rabbia:
“Si può sapere
che cosa stai facendo?!”.
Goku, colto
ormai in flagrante, illividito dalla vergogna, non gli restò altro che entrare
nella stanza e col capo basso e l’espressione disarmante disse:
“Mi dispiace,
ma Kaiohshin ha insistito troppo, non sapevo più cosa inventare…”
“Ancora con
quella storia?! Come ti sei permesso di metterti a spiarmi?! Proprio tu!” gli
occhi azzurri mandavano lampi altrettanto infuocati come quelli che
dardeggiavano all’esterno.
“Ti giuro che
non ho visto niente, né era mia intenzione farlo, dovevo solo scattare la foto
e sarei andato via, alla fine… come vedi, non ci sono neanche riuscito… ”
“Ti rendi conto
come ti sei comportato?” lo redarguì con quello stesso tono che adoperava
quando lui era soltanto un bambino “sono veramente delusa, se non ti conoscessi
bene penserei che sei diventato un depravato!” incrociò le braccia stringendosi
nel lenzuolo.
“Mi spiace
molto, perdonami… io…”
“Smettila…” lo
zittì lei, ma l’imperativo suonò ora smorzato “a volte sei ingenuo come un
bambino, non c’è speranza, non sei cambiato di una virgola…” scosse la testa
con rassegnazione.
Goku si grattò
il capo e sorrise rincuorato:
“E’ meglio che
non raccontiamo a nessuno quello che è successo”
“Infatti, è molto imbarazzante…” concordò lei laconica
“ora è meglio che tu te ne vada, non vorrei ti scoprisse Vegeta…”
“Altrimenti
cosa?” un bagliore accecò entrambi ed il fragore che seguì scosse le
fondamenta.
Il principe dei
saiyan era comparso sulla soglia della stanza.
* * *
Non era suo
programma quello di passare la notte fuori casa.
Aveva trascorso
il pomeriggio nelle vallate brulle del nord, esercitando il fisico per alcune
ore contro i venti inesorabili che spiravano tra le montagne rocciose ed
aguzze.
Sebbene la pace
regnasse sul globo intero e non incombesse il sentore di alcun nemico dallo
spazio, riteneva doveroso continuare a dedicare una parte della giornata ai
consueti allenamenti, fosse anche per il semplice fatto che non avrebbe saputo
impiegare in altro modo il suo tempo.
Certo il ritmo
non era più quello forsennato dei tempi in attesa dei cyborg, né quello
successivo al torneo contro Cell, dove l’unica aspirazione, per la quale
valesse la pena massacrare il proprio
corpo, era soltanto quella di superare un avversario della stessa razza che
ormai riposava nell’oltretomba.
Tuttavia era
sempre una sensazione gradita quella di sentir scricchiolare le ossa, flettere
i muscoli, deflagrare quello che teneva dentro, anche se ora il nemico non
aveva più sembianze, e i dubbi ed i dilemmi esistenziali si erano per sempre
liquefatti nello scontro contro il mostro di colore rosa.
Aveva lasciato
infine che le gelide acque di un torrente lambissero la nudità delle sue membra
per rigenerarle e la corrente impervia lo trascinasse lontano.
Era un modo
personale di rilassarsi ma un tuono era rintronato tra le montagne.
Quando era
emerso dalle plumbee acque aveva visto allora che l’orizzonte era diventato
dello stesso colore e la notte era prossima ad agguantarlo.
Aveva raccolto
i vestiti e spiccato il volo in direzione dell’Ovest, procedendo senza fretta
alcuna.
Nel tragitto
aveva lasciato che la pioggia gli sferzasse contro perché anche questa era una
sensazione suo malgrado molto rilassante.
Quando la punta
del piede aveva toccato la terra del suo giardino aveva visto che qui solo da
pochi istanti la pioggia aveva incominciato a raccogliersi in conche d’acqua.
Le luci spente
del soggiorno segnalavano che Bulma si era già ritirata per la notte.
“E’ meglio che
non raccontiamo a nessuno quello che è successo…”
“Infatti, è
molto imbarazzante, ora è meglio che tu te ne vada, non vorrei ti scoprisse
Vegeta…” furono le uniche frasi che sentì prima di spalancare l’uscio.
Bulma, la donna
per la quale aveva dato la sua vita, l’unico essere in tutto l’universo che a
modo suo aveva imparato ad amare, oltre al figlio che gli aveva generato, era
lì di fronte a lui, avvolta in un lenzuolo di cotone, con le spalle e le gambe
nude in compagnia del suo più acerrimo nemico, vicino al letto, il loro letto.
Erano sbiancati
entrambi alla sua apparizione.
Bulma sentì che
il vento che spirava dalla finestra aveva preso ad un tratto a raggelarle le
gambe, non le sentiva più quasi fossero divenuti una cosa sola con il
pavimento.
Goku pure restò
tramortito rendendosi anche lui conto come a questo punto la situazione fosse
facilmente equivocabile.
“Ve… geta…”
mormorò la donna in un sussurro che percepirono solo le sue orecchie.
I vestiti erano
intrisi d’acqua, ai suoi piedi una goccia prese a produrre un ticchettio
ossessivo.
Il volto era
stravolto in una maschera irriconoscibile e la mascella era talmente serrata da
sembrare prossima alla rottura.
“Come
sospettavo…” disse incenerendoli vivi.
Bulma riuscì
soltanto a scuotere il capo.
Non aveva
dimenticato la diffidenza che lui le aveva già mostrato a riguardo due giorni
prima.
Lei aveva
trovato quei dubbi a dir poco ridicoli se non offensivi e gli aveva assicurato,
prima di concedersi a lui con tutta sé stessa, che niente di simile sarebbe mai
accaduto.
“Non è come
credi…” disse con calma Goku, alzando una mano, quasi si trattasse di ammansire
una belva prossima all’attacco.
Non ebbe
neanche il tempo di avvedersene.
Una furia
micidiale lo scagliò contro il muro che crollò rovinosamente, svelando in parte
l’attiguo studio della scienziata.
“Io ti ammazzo
Kakaroth!” berciò furente sollevandolo per il collo.
Goku non osò
reagire:
“Ti ammazzo!”
gli affondò un pugno nello stomaco che lo fece piegare su sé stesso.
“Smettetela!”
giunse disperata la voce della donna.
“Sta zitta!”
gridò il principe dei saiyan girandosi di scatto verso di lei “chi credevi di
prendere in giro?!” avanzò ora nella sua direzione, inducendola ad
indietreggiare “mi sono fidato di te come un imbecille!!” le disse come uno
sputo “ Perché proprio lui?! Anche in questo è migliore di me?! Vi ammazzo
entrambi! Senza pietà! Così saprete veramente con chi avevate a che fare! Alle
mie spalle vi siete presi gioco di me! Era così che ti consolavi in mia
assenza?! Che tu sia maledetta!”.
Bulma si sentì
sopraffare dalla sua collera: per la prima volta si ritrovò incapace innanzi al
principe dei saiyan di reagire.
Non aveva mai
avuto paura di lui come in quel mentre.
Si coprì il
volto con le mani.
Vegeta era
ferito, disperato, assetato di vendetta.
Il solo
pensiero di quello che si era consumato prima del suo arrivo gli faceva uscire
gli occhi fuori dalle orbite.
“Lei non
c’entra niente…” tossì Goku rialzandosi.
A freddo, il
colpo che aveva incassato lo aveva stordito per alcuni istanti.
“E’ colpa mia
e… di Kaiohshin”.
A pronunciare
quel nome, gli occhi furibondi di Vegeta scattarono nella sua direzione.
“Kaiohshin?”
ripeté “cosa c’entra lui?” solo ora si accorse dell’apparecchio fotografico che
pendeva al collo dell’altro, ora ridotto ad un rottame inutilizzabile.
“E’ venuto da
me a pretendere quella fotografia che gli promisi durante lo scontro con
Majin-bu, ricordi?”.
Vegeta restò
spiazzato per una manciata d’istanti, i pettorali si sollevavano ansanti mentre
gli sovveniva tutto alla memoria.
“Si è
presentato da me una settimana fa a ricordami quello che gli avevo promesso,
non c’è stato modo di farlo desistere…”
“E tu intendevi
veramente dargliela?!” agitò un pugno “come ti sei permesso? Hai forse
dimenticato cosa ti dissi? Non dovevi permetterti neanche di avvicinarti a
lei!” tornò a scaraventarsi contro di lui facendo crollare anche la restante
parte del muro.
“Adesso basta!”
gridò Bulma frattanto ripresasi anche da quella dichiarazione “andate pure ad
uccidervi fuori, ma non distruggetemi la casa! Avete capito?!”
“Ho detto che
devi stare zitta!” si rialzò Vegeta quando l’altro lo spinse all’indietro “Pure
tu… cosa stavi facendo?! Non ti vergogni di esserti prestata al suo sporco
gioco?!”.
“Io non ho
fatto un bel niente!” si difese adesso con rinnovato ardore “Ero qui per conto
mio, in casa mia!”.
“Bulma ha
ragione…” parlò di nuovo Goku rialzandosi ed asciugando un coagulo di sangue
condensato sulla bocca “sono venuto di mia spontanea volontà, non volevo fare
niente di male, avrei scattato dalla finestra una foto alla prima occasione e
poi me ne sarei andato subito, senza indugiare oltre, non volevo spiare
nessuno, non ho visto niente, te lo assicuro… la macchina fotografica ha fatto
cilecca e lei mi ha scoperto…”.
“Sei un povero
imbecille…” commentò alla fine Vegeta con sdegno.
“Merito tutta
la tua collera, ho chiesto già scusa a lei. Non sapevo come accontentare
Kaiohshin, lui ha sacrificato la sua vita per darla me, ho cercato di fargli
capire che non era possibile, ma lui si è intestardito a volere proprio una sua
fotografia!”.
“Dovevi venire
a dirlo a me!” gridò ancora il principe “avrei saputo io come trattarlo!”
“Ormai quello
che è successo è successo!” intervenne Bulma risolutiva, decisa a far cessare
lo schiamazzo “è meglio che tu te ne vada via, Goku”.
Il saiyan si
scrollò la polvere di dosso:
“Tu non vai da
nessuna parte” si sentì dire dall’altro “ho ancora un conto in sospeso”
“Allora sai
dove trovarmi…” lo guardò diritto negli occhi e con l’imposizione di due dita
scomparve definitivamente.
Un altro
fragore squassò il silenzio della notte, la tempesta adesso incalzava
gagliarda.
Bulma si
affrettò a chiudere la finestra.
Vegeta restò a
guardare il cumulo di macerie dietro il letto quando si sentì dire:
“Si può sapere
come ti sei permesso?”.
Allora lui
sogghignò:
“Qual è il
problema? Domattina azionerai i tuoi robot e tutto ritornerà come prima…” fece
con sarcasmo.
“Non era a
quello che mi riferivo, stupido scimmione!” si scagliò contro tempestando il
suo petto di deboli pugni, per quanto avesse impiegato tutta la forza di cui
poteva disporre “come hai osato dubitare di me?! Come?! Come?!” nell’agitazione
il lenzuolo in cui si era avvolta si sciolse svelando la nudità del suo corpo e
l’aroma fruttato del bagnoschiuma.
Vegeta la scostò
brutalmente facendola cadere sul letto, poi si avvicinò alla finestra dove
osservò lo scroscio della pioggia sotto i lampioni della strada.
“Che cosa pensi
di fare ora?” si sentì dire dopo una lunga pausa, senza rispondere nulla.
“Non pensi sia
soltanto una storia sciocca? Goku ha ammesso di aver sbagliato, sai bene come è
fatto, ha agito in buona fede senza pensare di fare niente di male, a volte è
come un bambino cresciuto… senza malizia…”
“Possibile tu
debba sempre difenderlo? Anche adesso?” ribatté con stizza.
Ancora quella
punta di gelosia, così umana, così aliena dal suo modo di essere.
“Io non lo sto
difendendo!” esclamò l’altra “voglio dire solo che non è successo niente di
irreparabile, niente che giustifichi un altro combattimento!”.
Vegeta non
disse niente.
Il suo ciglio
era imperscrutabile.
Per
interminabili minuti si sentì solo la pioggia sferzare contro i vetri, fino a
quando non si voltò con fare perentorio e buttandogli addosso il lenzuolo che
giaceva a terra ordinò:
“Copriti e
seguimi…”.
* * *
L’orizzonte che
graduandosi si infuocava presagiva una giornata sgombra di nuvole.
La natura
incontaminata dei Paoz si andava risvegliando rinfrescata dall’acquazzone
notturno ed esalando gli odori del muschio e della terra umidiccia.
Son Goku se ne
stava seduto su di una roccia scoscesa nel guado e con un fuscello abbozzava
ghirigori nella fanghiglia.
Sul volto
l’espressione di chi ha passato la notte insonne ed attende con flemma il
volgere degli eventi.
Per questo,
quando un calpestio di foglie si produsse alle sue spalle, disse senza stupore:
“Sapevo saresti
venuto”.
Il principe dei
saiyan lo vide alzarsi ed attendere qualche istante prima di voltarsi.
Lo sguardo che
lo accolse non era più quello compunto ed imbarazzato della notte appena trascorsa,
ma quello fermo e volitivo che esibiva innanzi al nemico.
“Sono pronto”
gli disse conciso.
Vegeta sorrise
sprezzante:
“Non sono
venuto per battermi contro di te”.
Goku non mosse
un muscolo del viso, solo un impercettibile movimento del sopracciglio:
“Conoscendoti
so che non daresti tutto te stesso, ti faresti colpire senza reagire solo
perché sai di aver sbagliato ”.
“E allora
perché sei qui?” inquisì senza sentirsi ancora tranquillo.
“Per ricordarti
che sei un filubustiere e per darti questo…” disse alla fine traendo da sotto
la divisa una fotografia.
Quando Goku la
ebbe tra le dita, le guance si
riempirono di porpora: Bulma esibiva le sue grazie con la disinvoltura di
un’attrice porno.
“Ehm…” se la
nascose per pudore dietro la schiena “così ha deciso di farlo lo stesso…”.
Vegeta lo fissò
in cagnesco:
“Sciocco che
non sei altro, è soltanto un fotomontaggio…”.
Allora Goku
tornò ad osservarla più in dettaglio:
“Ma davvero?”
la rigirò da ogni angolatura “mi sembra perfetta, assomiglia tantissimo a
Bulma…”
“E’ stata lei a
realizzarla al computer sovrapponendo la sua faccia al corpo di un’altra”
spiegò indignato per tanta ignoranza, chiedendosi se fosse idiota o
semplicemente ingenuo, come sosteneva Bulma.
“Ma credi che
Kaiohshin se ne accorgerà?” si grattò la tempia.
“Non mi
interessa!” sbarrò le fauci Vegeta “Che pensi pure quello che vuole! Quella è
la foto che tanto gli stava a cuore! Tu devi startene semplicemente zitto senza
dirgli niente!”
Goku la nascose
allora sotto la manica:
“Ti ringrazio”
fece con cordialità “ma… perché hai deciso di aiutarmi?”
“Guarda che io
non aiuto nessuno” puntualizzò acido “semplicemente voglio chiudere questa
storia una volta per tutte. Quanto a te… la prossima volta prometti le foto di
tua moglie ”.
Goku si raspò
la nuca.
“D’accordo, ma
se Kaiohshin dovesse accorgersi dell’imbroglio, come la metto? Mi ha detto che
sarebbe venuto oggi…” insistette con preoccupazione.
Allora Vegeta
si avvicinò di più a lui, sollevò la testa e lo fissò diritto negli occhi:
“Se questo
dovesse accadere…” scandì lento “digli che quando si tratta di cose mie venga a
trattare con me personalmente…” girò i tacchi ed andò via.
FINE