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Autore: Miss V Blackmore    21/11/2011    2 recensioni
La vita frenetica di ogni giorno lotta per vedere realizzati i propri sogni. Ostacoli e avventure di un gruppo che ha l'intenzione di incidere il proprio ricordo nel fuoco. Essere Zacky (un Venegance in divenire) non era mai stato semplice. Quando si ha sedici anni, una manciata di sogni tra le mani e la testardaggine di sapere che ce la si può fare, tutto è una corsa a ostacoli. Ma se si ha il migliore gruppo di amici niente spaventa. Soprattutto se nel pacchetto è compresa una sorella gemella che sta al tuo fianco pronta a tenderti una mano in caso di necessità. Un percorso fatto di amicizie infinite, di amori complicati e la corsa al successo.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, The Rev, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap.4. – Loser Like Me

L'avvenire ci tormenta, il passato ci trattiene, il presente ci sfugge.
Flaubert

 

[Novembre 2002 – Huntington Beach]

Quando Zacky aveva aperto la custodia della sua chitarra si era ritrovato la meravigliosa sorpresa di sei corde saltate; un post-it arancione dalla tonalità fluorescente e una semplice frase scritta da una calligrafia pulita e ordinata: ‘Grazie per avermi abbozzato la macchina’.
“Beh, questo me lo merito. Siamo a due, ne manca uno.” Commentò laconico sedendosi a terra di peso, con gambe incrociate e cipiglio scocciato, non era decisamente la sua giornata, era rimasto: senza chitarra e senza macchina, si stava semplicemente chiedendo cosa l’avesse spinto ad alzarsi dal letto. L’aveva percepito già dal risveglio che non sarebbe stata semplice come giornata, dato che Roxanne gli aveva gettato sul letto – dopo aver tolto le coperte lentamente, per non rischiare di svegliarlo - l’intera vaschetta di cubetti di ghiaccio, riuscendo a colpire con precisione quasi millimetrica i suoi genitali.
Sua sorella era normalmente una persona normale, fin troppo, gentile e cordiale; una parola buona per chiunque e un sorriso, tranne quando le si rovinavano le sue cose, era capace di trasformarsi in un’arpia pronta a sbranarti con una sola beccata. In più vigeva un’antica regola a casa Baker, che era stata trasposta da quella Karmica, qualsiasi danno/torto inflitto, tornava indietro tre volte.
“Che hai combinato questa volta?” chiese Matt osservando la chitarra praticamente senza corde del ragazzo, e non sarebbe servito nemmeno la sua esperienza per capire che erano state tagliate di netto.
“Ho semplicemente, diciamo, ecco…” farfugliò scuotendo la testa “Rifatto la fiancata sinistra alla macchina mia e di mia sorella” concluse tutto di un fiato. “Insomma, lo sportello dalla parte del guidatore non si apre”.
“Tu sai si, che la macchina è di tua sorella perché tu hai sfasciato la tua l’anno scorso?” gli ricordò il cantante sedendosi sul divanetto.
“Da che cazzo di parte stai?” chiese lui girandosi di scatto a fissarlo.
“Team Sanders!” rispose alzando le mani in segno di resa. “Mi dispiace, non vorrei mai entrare negli affari dei casa Baker, tua sorella mi terrorizza” aggiunse ridendo.
“Può farmi quello che vuole, basta che la terza ripicca non sia farmi pagare il conto del meccanico, o devo andare al porto per due settimane a scaricare le casse di pesce” celiò lui scuotendo la testa. “I miei credo che stiano decidendo se diseredarmi o meno, non mi darebbero nemmeno un centesimo”
“Non hanno tutti i torti, hai un potere quasi sovrannaturale di distruggere qualsiasi mezzo di trasporto…”
“Ma fanculo va’, mi stai sul cazzo oggi” borbottò lui richiudendo la custodia della sua defunta chitarra, e nel farlo una bustina di un altro improbabile colore fluorescente schizzò fuori cadendo a terra; sua sorella doveva averla messa in una delle tasche superiori.
«Sono sicura che non avrai i soldi per rifarti le corde, quindi tieni trenta dollari, e vedi di non sputtanarli. R
Sorrise immediatamente leggendo quella manciata di parole, era proprio da lei fare così, però non doveva farsi fregare da quel lato passivo-aggressivo; perché ancora la terza parte della sua pena da scontare non era giunta. E lui aveva la personale convinzione che tanto più era gentile con lui, tanto peggio gli sarebbe andata.
“Mi accompagni al negozio?” chiese alzandosi in piedi, pulendosi poi i jeans e guardando l’amico.
“Ma non ti stavo sul cazzo?” domandò lui in risposta scuotendo la testa, con un sorriso fin troppo divertito dipinto in volto. “Non sai esattamente come lavorarti le persone affinché facciano quello che vuoi…” constatò spavaldo.
“Vuoi che ti restituisca la tua collezione di filmini porno?” domandò tranquillo, guardando l’amico.
“Ce l’hai un’anima Zack? O sei solo un pezzo di merda?” domandò lui sospirando. “Ricatti le persone?” chiese in maniera totalmente retorica: ovvio che le ricattava.
“Certo che le ricatto, finché non sarò abbastanza ricco da poter comprare la loro compagnia” rispose lui con troppa convinzione, fatto che mise in soggezione il cantante, dato che tra tutte le stramberie dette e fatte dall’amico, quella era abbastanza vicina alla realtà. “Vuoi mettere? Essere circondato da persone che comunque tollero, e che dicono e fatto tutto quello che voglio!” spiegò esaltato.
“Wow Zack, questa è proprio al vita che spero di avere anche io” lo prese in giro con tono accondiscendente, dato che il detto recitava: ‘Ai matti bisogna dar ragione’... “Magari prima, arriviamoci a fare i soldi ok? Tra un paio di mesi dovremmo firmare il contratto con la Hopeless Records…”
“Già, sarà la svolta…” annuì convinto.
“Certo, lo dici ogni volta, comincio a pensare che questa cosa porti anche un po’ sfiga” lo rimbeccò salendo in macchina, facendo poi salire anche Zacky aprendogli al portiera: da fuori non funzionava.
“Quando lo cambi questo catorcio?” domandò stiracchiandosi beatamente, dopo aver infilato la chitarra sul sedile posteriore.
“Quando te ne compri una nuova di macchina?”
“Hai la pessima abitudine di rispondere a delle domande con altre domande lo sai?” gli fece notare leggermente scocciato.
“Hai la pessima abitudine di fare domande del cazzo…” puntualizzò lui mettendo in moto; i soldi non erano molti, non dopo gli investimenti fatti nella saletta per le varie attrezzature e per incidere un demo migliore.
Il resto del tragitto lo passarono quasi in silenzio, dato che entrambi non avevano esattamente l’umore migliore per conversare amabilmente; l’entrata in scena di Johnny, l’uscita di Deamon, il loro futuro e possibile contratto con un’etichetta discografica migliore, erano tutti validi motivi per essere pieni di ansia, nervosismo, e una buona dose di scazzo gratuito.
Infatti non erano riusciti a combinare nulla in quelle ultime settimane, si ritrovavano spesso a guardarsi dritti negli occhi senza niente da dire. Matt proprio la sera prima, era quasi crollato con Val, non ce la faceva più, vivevano in una situazione di assoluta tensione, e aveva paura che presto si sarebbe spezzato. La svolta che si aspettavano non era ancora arrivata, e cominciava a nutrire i primi dubbi; che vennero spazzati via da un’occhiataccia alla ‘DiBenedetto’, una di quelle che ti fa quasi pentire di essere stato messo al mondo. Valary era stata abbastanza chiara, e gli aveva sottolineato il fatto che non si sarebbe fatta il mazzo per anni se non avesse creduto in loro, ne lei ne Roxanne, e che dovevano solo avere pazienza e perseverare: abbandonare la nave non era concesso.
“Non sei stanco di dover farti prestare i soldi da tua sorella per riparare una cazzo di chitarra?” domandò Matt parcheggiando la macchina proprio davanti al loro negozio di fiducia.
“Continui a infierire?” chiese lui stizzito: non avevano deciso tacitamente di non tirare fuori l’argomento?
“No, dico solo che io ho le palle piene di questa situazione, cazzo” sbottò lui battendo le mani sul volante.
“Credo che sia una cosa comune, ma dobbiamo solo stringere i denti un altro po’…” provò a rassicurarlo, anche se era in sintonia con l’amico su tutta la linea.
“Sono tre anni, e i soldi fatti a malapena ci hanno coperto tutte le spese sostenute, senza contare i soldi che Val spilla al padre o quelli che tua sorella ci presta, sinceramente essere mantenuto da quelle due mi fa girare le palle.” continuò a spiegare, non sapendo che stava alimentando un fuoco che presto sarebbe diventando un incendio di proporzioni bibliche.
“Io non sputerei il piatto dove mangiamo” celiò lui leggermente infastidito, appoggiava il cantante, ma di certo non avrebbe mai nemmeno pensato male delle uniche due persone che gli davano realmente ascolto e credevano in loro.
“Figurati amo Val, ma appunto per questo vorrei darle qualcosa di più” cercò di rimediare tornando ad a riacquistare un po’ di calma. “A volte penso che avrei dovuto accettare il lavoro nell’ufficio del padre”
“Perché tu sei proprio adatto a vestirti  in completo e stare dietro una scrivania” gli fece eco l’amico.
“No, ma potrei comunque provarci” provò a dire, senza nemmeno crederci del tutto, ma cominciava a sentire gli anni passare, era ancora giovane, ma appunto per quello forse avrebbe dovuto provare altre strade. La musica era la sua unica passione, la viveva e la respirava proprio come a loro modo facevano gli altri; ma che uomo sarebbe stato nell’arco di dieci anni? La sua pelle sarebbe stata marchiata da tatuaggi indelebili, e il suo curriculum avrebbe citato solo una lista di locali in cui si sarebbero esibiti, non grandi arene o successi che avrebbero vinto il disco d’oro.
“Cosa ti sta prendendo Matt? Stai cercando un modo contorto per mollare la band?” chiese direttamente il ragazzo, girandosi a fissare il ragazzo senza distogliere lo sguardo per nessun motivo al mondo.
“No cazzo, sto solo cercando di sfogarmi con gente che pensavo capisse come mi sento” sbottò lui incredulo, da quando tra di loro si soppesavano le parole? Quando avevano argomenti da trattare e quelli da ignorare?
“Mi spaventi ok? Perché ieri sera… Non lo so, insomma stamattina te ne vieni fuori con questa sorta di arringa preventiva… Ma che cazzo ne so che ti prende?” ribadì gesticolando nervosamente.
“Vai a comprarti le corde della chitarra dai.” sospirò trattenendo a stento una risata nervosa.
Zacky annuì, prese la custodia, ma prima di uscire dalla macchina allungò il braccio sfilando velocemente le chiavi dal quadro dell’auto, e sorridendo con fare vittorioso. “Giusto in caso ti prendesse un colpo di testa, e mi lasci qui a marciare dato che non ci passa nemmeno l’autobus” specificò una volta schizzato fuori dalla vettura. In attesa che Bob, il proprietario del negozio di articoli musicali, cercasse le sue corde, aveva preso il cellulare e aveva chiamato tutti: Jimmy, Johnny, Brian, Roxanne e Valary. Gli aveva semplicemente detto di presentarsi a casa loro – ebbene si, aveva ricordato la cosa anche a sua sorella – e che sarebbero stati impegnati per un paio di giorni, forse più; l’unica postilla la fece a Valary, chiedendole di preparare la sacca lei a Matt, dato che erano fuori insieme e non potevano tornare a casa.

 

“Ma non ti ha detto niente?” chiese Brian sedendosi vicino a  Roxanne sul divano, erano tutti arrivati a casa Baker, ma gli unici che mancavano erano proprio i due che avevano organizzato la cosa. Almeno così pensavano loro.
“No, solo che dovevo fare la spesa per un po’ di giorni, e se non c’eravate tu e Jimmy con me e Val eravamo ancora a caricare i sacchetti della spesa” disse scuotendo la testa divertita.
“Tu! Donna! Che criticavi il mio pick-up” la prese in giro la biondina ridendo. “Hai visto quanta roba è entrata dietro? Ed è pure tutta coperta al sicuro…”
La scelta della nuova macchina di Valary, come di consueto, era diventato un affare ‘di stato’, ovvero ognuno dentro al gruppo aveva preso a dire la sua, non solo a consigliare l’amica, ma anche a spingerla verso una direzione: a Matt andava bene tutto, l’importante era che fosse più sicura della precedente; Zacky e Jimmy optavano per una cabrio di lusso, Brian per una jeep da strada sterrata, Johnny per una comunissima auto che sarebbe servita per spostarsi da un punto A verso un punto B, mentre Roxanne si era innamorata dell’Impala o della Camaro, e aveva provato a fare il lavaggio del cervello all’amica.
Alla fine la ragazza era andata dal concessionario da sola, e si era presa un bellissimo pick-up nuovo, adatto a ogni tipo di strada: dall’asfalto cittadino allo sterrato del deserto, abbastanza grande per portarci cinque persone e con un vano dietro immenso.
“Hai ragione, hai fatto la scelta migliore, e poi si guida con estrema facilità” convenne Roxy annuendo. In fondo poteva immaginare l’esasperazione dell’amica, anzi era rimasta stupita dal fatto che non avesse deciso di prenderli sotto uno a uno con quella macchina.
“Ma si può sapere dove sono?” brontolò Dakota guardando l’orologio.
“Non ci fate caso” rise Johnny tappandole la bocca per l’ennesima protesta nell’arco di cinque minuti, dovuta al fatto che per quella riunione straordinaria aveva dovuto disdire il suo appuntamento con Holly su Skype, innervosendola un po’. “Doveva essere a chattare con Holly, si erano date appuntamento tre giorni fa’…”
“Usa pure il mio portatile” disse Roxanne. “Lo trovi sul tavolo della cucina ancora non l’ho messo dentro, è acceso e non c’è bisogno di password, ma non farci avvicinare Brian o Jimmy”. Continuò facendo sorridere la ragazza che scattò in piedi come una molla, e corse a prendere il portatile per poi dirigersi in cucina con un sorriso che valeva più di mille parole.
“Cosa hai da nascondere?” bisbigliò Brian all’orecchio della ragazza, per poi baciarle un lobo e il collo.
“Niente, la mia privacy” rise lei accostandosi ancora di più a lui, facendo spostare di conseguenza Jimmy ancora più vicino a lei.
“Mi sento tremendamente il terzo incomodo così” borbottò ridendo senza però pensarlo realmente.
“No, povero tesoro!” esclamò Roxanne che si sporse lateralmente abbracciandolo fortissimo, e riempiendolo di baci, cosa che Jimmy otteneva sempre, aveva imparato il meccanismo e lo sfruttava per due motivi: si divertiva un mondo far borbottare Brian come una vecchia teiera, e non disdegnava di certo delle ‘coccole’ da parte della sua migliore amica.
“Posso unirmi anche io?” domandò Val guardandoli divertita, il batterista annui e aprì come poté le braccia in un chiaro invito che la ragazza non tardò ad accettare, gettandosi quasi sul divano, sommergendo così Jimmy in un mare di risate, baci a schiocco e solletico. L’unica nota stonata del quadretto, era Brian rilegato all’estremità del divano fermo e immobile, in attesa che quei tre si calmassero. Non era tipo da smancerie troppo caricate in pubblico, anzi.
Roxanne fu la prima sciogliere la presa, per girarsi verso Brian, e accoccolarsi sulla sua spalla, e posarvi un piccolo bacio. “Non ti far venire il malumore ok?” bisbigliò piano affinché potesse sentire solo lui.
“La cosa peggiore è che ormai c’ho fatto l’abitudine sai?” mormorò in risposta girandosi a guardare la sua, bellissima, ragazza; non poteva non pensarlo ogni volta che l’aveva vicina a sè, era più forte della sua volontà quel pensiero. “Ho capito che con te, si deve prendere l’intero pacchetto, e Jimmy non è un problema effettivo” rise sommessamente.
“Zacky sta dando meno problemi, dai, è migliorata la situazione.”
Lo era realmente, considerando il fatto che dopo che Roxanne aveva passato ben due settimane a casa di Valary i due erano andati a cercarla, per dirle che avevano chiarito, ed erano tornati amici come prima; lei gli aveva fatto promettere di non usarla più come pretesto per litigare, o oggetto di qualche disputa, altrimenti li avrebbe uccisi. Entrambi, giusto per non fare un torto a nessuno dei due.

 

“Che ci fai nella cucina di casa Baker?” chiese inarcando il sopracciglio, per primissima cosa, nemmeno l’aveva salutata, ma il contesto in cui si trovava l’amica aveva catturato l’attenzione di Holly.
“Zacky stamattina ha chiamato tutti a raccolta, ci ha fatto fare le sacche e ci sta facendo attendere ulteriori direttive” spiegò Dakota dopo averla salutato con una mano per metà avvolta nella manica del maglione troppo lunga, ma che non avrebbe mai accorciato; gli piaceva avere una manica con cui giocherellare distrattamente o dove scaricare la tensione.
“Mhm, ma va tutto bene?” chiese subito preoccupata; ed era forse una delle cose che le mancava di più: non essere lì, non decifrare i silenzi di Matt dall’espressione dei suoi occhi, non vedere Zacky per capire subito se c’era qualcosa che lo turbava, o consolare l’amica quando la sentiva giù di tono. La distanza faceva schifo, e non c’era niente che avrebbe potuto porvi rimedio, se non tornare lì. Opzione che non aveva preso in considerazione seriamente, prima c’era: tentare di far trasferire la band a New York.
“No, almeno che io sappia, anzi, tutti si stanno chiedendo cosa sia successo, Zacky ha fatto fare spesa per un esercito! Con lui c’è Matt…” disse stringendo le spalle.
“Ma Roxanne che dice?” chiese, alla fine era l’unica fonte disponibile attendibile in quell’occasione. Mentre la sua mente involontariamente cominciò a formulare alcune domande scomode e ingombrati, come ad esempio se ci fosse stata anche lei in macchina con i due ragazzi in quell’occasione, se Zacky l’avesse chiamata ad andare con loro, o se…
“Che sicuramente avrà voglia di portarci tutti alla casa sul Lago, e che lo annegherà perché gli ha distrutto tutta la fiancata dell’auto!” rispose stiracchiandosi, per poi bere un sorso di coca-cola.
“Ancora? Ma quell’uomo con che l’ha presa la patente?” domandò Holly scuotendo la testa.
“Non lo so, non guida male! Ci sono stata più di una volta in macchina con lui, e anche tu!” prese a dire ridendo. “Non è cosi male, ma evidentemente ha seri problemi di parcheggio, anche se nessuno ha ancora capito come abbia fatto questa volta, non l’ha voluta dire!” aggiunse gesticolando, come sempre faceva.
“Secondo me l’ha fatto in maniera tanto stupida che si vergogna!” commentò ironica Holly.
“Tesoro, ti devo salutare sono arrivati Matt e Zacky, ci sentiamo appena so qualcosa, ti mando sicuro un sms! Un bacione.”
Dakota chiuse lo schermo del portatile così velocemente che Holly non ebbe il tempo nemmeno per salutarla, la chiamata si disconnesse e lei rimase a fissare lo schermo con la testa piena di pensieri.
Adorava seguire le lezioni, andare agli schiavi, lavorare in caffetteria e girarsi tutte le mostre che New York ospitava ogni settimana, erano a decine, ogni volta diverse. Era riuscita a seguirle più o meno tutte, e la sua routine era composta da piccole cose al di fuori dell’università. Da quando se ne era andato aveva preso a sentirsi anche con Jimmy, qualche mail dove si aggiornavano a vicenda sui fatti accaduti dai due lati opposti dell’America; e commentavano i film che avevano visto. Quello che aveva stupito Holly era scoprire che il ragazzo non fosse così eccentrico e strano come aveva sempre pensato, ma che fosse pieno di passioni e aneddoti interessanti,  poi anche lui amava il film ‘Casablanca’, una pietra miliare americana, molto più di ‘Via con il Vento’, ed era l’unico all’interno della comitiva che la pensava come Holly. Le mail da brevi ed essenziali si erano trasformate in veri e propri dibattiti e commenti sugli argomenti più disparati, e ce ne erano state alcune che non trattavano né di New York né di Huntington Beach: ma solo dei loro interessi comuni. Jimmy l’aveva resa partecipe della sua vita, non solo di quello che normalmente condividevano, ma di tutto il resto, e così aveva fatto lei.

 

Villa Baker, era una casa che avevano fatto costruire i nonni di Zacky e Roxanne vicino al lago Tahoe negli anni ‘70 , al confine tra la California e il Nevada sulla catena montuosa della Sierra Nevada, era la meta di villeggiatura preferita da tutti: isolata, vicino a un bacino d’acqua cristallina e dolce, e godeva di una delle più belle viste panoramiche di tutta la California. Il viaggio durava circa otto ore, per questo Zacky aveva deciso di far radunare tutti lì prima di pranzo, sarebbero così arrivati entro sera. E così fecero, avevano preso l’auto della sorella e quella di Val ed erano partiti. L’unica cosa positiva della loro situazione era questa: poter prendere la loro roba e partire qualche giorno senza troppi problemi, e lavori pressanti.
“Questa casa è sempre più grande ogni volta che torniamo qui” commentò Jimmy stiracchiandosi per bene dopo essere sceso dalla macchina, sentiva le sue ossa aver preso la forma del sedile dell’auto, dato che avevano guidato senza soste, se non una velocissima per Dakota che doveva andare in bagno; ma lui aveva deciso di andare con Roxanne e Brian, quindi non si erano fermati, e si era pentito della scelta. Solo un pochino.
“Per fortuna Zacky ci ha pensato e ha chiamato il tuttofare che ha subito acceso il riscaldamento e i vari camini” disse lei stringendosi le braccia al petto. “Mi dimentico che qui è montagna porca miseria” aggiunse espirando aria che uscì sotto forma di vapore. “Qui si che fa freddo!” aggiunse ridendo.
“Si, ma infatti potremmo anche entrare” berciò Brian che se ne era guardato bene di uscire dall’auto, aveva perfino messo in moto nuovamente accendendo il riscaldamento a palla.
“Ringrazio i miei nonni che hanno optato per una villa all’avanguardia e non uno di quei casolari inquietanti” commentò la ragazza ignorando la proposta di Brian, non che fosse stupida, ma sapeva quasi con certezza che la casa non era calda come ci si aspettava, avrebbe impiegato quasi un giorno a riscaldarsi almeno un po’. Generalmente avvertivano il tuttofare qualche giorno prima, ma in quell’occasione non era stato possibile fare nulla.
“Mi piace da morire” annuì Jimmy camminando sul lastricato di pietra che portava a un ingresso coperto da tettoia della casa, era particolare, pietra e legno dalla forma irregolare, il giardino era sempre curato, e da un picco scorcio tra un pino secolare e il muro esterno della casa si intravedeva il lago.
“L’architetto che gli ha fatto la casa era alle prime armi, ma poi è diventato famoso, sono stati fortunati, l’hanno pagata relativamente poco” spiegò divertita lei affiancando l’amico. “Poi mi piace perché ogni camera ha un camino” aggiunse ridendo.
“Potete rientrare in auto almeno? Mi sento escluso” urlò Brian dopo aver abbassato il finestrino e messo fuori il volto, capendo subito che non era una brutta idea.
“No, testa di cazzo porta il tuo culo qui” gridò il batterista senza nemmeno girarsi verso l’auto.
“Fa un freddo fottuto!” borbottò Brian dopo essere uscito dal caldo abitacolo, senza nemmeno pensarci abbracciò Roxanne e la strinse stretta a sé, mascherando un atto puramente egoista di ‘riscaldamento’ con una dolce presa.
“Dai entriamo, che altrimenti mi tocca tornare a casa da single, se continua a lamentarsi il mio ragazzo” celiò divertita Roxanne. “Portiamo dentro le sacche di tutti, loro così pensano alla spesa a tutta al roba da bere” disse ai due che annuirono e sorprendentemente pensarono loro a tutte le sacche, e zaini, e le due chitarre; lusingando la ragazza con tale gesti cavallereschi.
“Posso scegliermi la stanza?” chiese divertito Jimmy.
“Si tranne quella dei miei scegli pure quella che vuoi!” annuì lei mettendosi davanti al camino, allungando le braccia godendosi cosi il calore del fuoco.
“Ci stiamo noi in camera dei tuoi?” domandò Brian mettendosi al suo fianco, e intrecciando la sua mano con quella di lei, guardandola poi con un dolce sorriso. Lei annuì, e istintivamente sentì un brivido percorrerle la schiena, chiuse gli occhi ripercorrendo mentalmente una delle notti più belle della sua vita, quella dove fece l’amore per la prima volta con Brian; lo avevano organizzato con cura, studiando ogni dettaglio affinché Zacky o qualsiasi altro essere umano non potesse rovinare tutto. Erano finiti alla casa sul lago, tutta per loro per ben tre giorni, ed erano certi che niente sarebbe potuto andare storto, avevano preparato insieme una cenetta romantica, acceso il camino nonostante fosse piena estate – aiutati dal fatto che lì tra le montagne non c’era mai il caldo torrido che erano abituati a provare a casa – e conclusero il tutto con la più dolce delle notti. Subito dopo averlo fatto, Roxanne notò un cambiamento radicale in Brian, era tutto diverso seppur rimasto uguale, ma cambiava il modo di abbracciarla, di parlarle e di guardarla, in quei momenti sentiva che la sua memoria era un dono, perché il sorriso del ragazzo sarebbe stato sempre impresso nella mente di lei.
“Hai paura della reazione di Zacky?” chiese lui notando lo sguardo assorto e leggermente perso nel vuoto.
“No, stavo ripensando a quella notte” ammise arrossendo leggermente. Di mesi ne erano passati quattro, e avevano sempre cercato di ritagliarsi degli spazi tutti per loro, ma era difficile, e mai come allora la presenza di suo fratello era stata ingombrante. “Ma ora che mi ci hai fatto pensare, si, mi preoccupa la sua reazione” aggiunse borbottando.
“Vuoi che ci parli io?” chiese lui stringendo la presa sulla mano di lei.
“Così finite a fare a botte? No grazie” scosse la testa. “Tanto devo affrontare la cosa con lui no? Non voglio di certo perdere l’occasione di dormire con te per una notte intera, senza interruzioni” aggiunse ridendo.
“Ti rendi conto che mi spaventa tanto quanto tuo padre?” ammise ridendo Brian. “Ma solo perché è imprevedibile, e sarebbe capace, come te tra l’altro, di vendicarsi mesi e mesi dopo”.
“Io mi devo ancora vendicare una terza volta prima dell’auto” esclamò lei, come se avesse appena vinto una partita a scacchi, o qualcos’altro del genere. “Posso scontargli una vendetta, e far si che giuri che ci lascerà in pace!” aggiunse con aria soddisfatta.
“Credi che funzionerà?” domandò lui leggermente scettico, ma nel corso degli anni aveva capito che il rapporto tra i due esulava un po’ dalle comuni leggi mortali.
“Prima gli parlo, e poi gli propongo il patto, se non funziona, gli abbono anche un futuro – e assai probabile – danno alla macchina!” concluse girandosi a dare un bacio sulla guancia al ragazzo, e sorridendo entusiasta. “Sono un fottuto genio!”
Si lo sei piccola mia.

 

“Jimmy?” Non aveva riconosciuto il numero, stava chiamando si dalla California, ma non aveva mai visto quel numero.
“Si sono io, ti disturbo?” chiese guardando l’orologio. “Da te dovrebbe essere quasi mezzanotte.”
“No figurati, stavo ripetendo delle inutili nozioni, per una lezione!” disse subito richiudendo il libro davantia sé per poi andarsi a sedere sul letto, e istintivamente un sorriso le si fece largo sul svolto.
“Dakota ti salutava, si scusa per essere scappata via, ma la stavamo aspettando.”
“Non fa nulla, potevo sentire le urla di Zacky in sottofondo.”
“Siamo alla casa sul lago, Zacky deve parlare a tutti domani con calma, credo che voglia solo tirarci su il morale.”
“Non sta andando bene? Non dovreste firmare entro marzo con la nuova label?”
“Si, ma il morale è un po’ a terra, perché è da un po’ che forse le cose non girano benissimo.”
“Niente più ingaggi?”
“Solo due in due posti, che perfino i procioni evitano accuratamente.”
Holly rise a lungo, realmente divertita.
“Hai evitato di beccarti l’epatite, la rabbia, e qualsiasi altro tipo di malattia, Dakota e le altre sono andate a prenderci delle birre in lattina perché non volevano che bevessimo dai bicchieri del bar.”
“E dai, però almeno vi hanno pagato si?”
“Ma si, a noi neanche interessava l’igiene del posto, ci interessava suonare…”
“Immaginavo – disse ridendo – E quindi siete tutti li?”
“Zacky ha proposto di farci il capodanno qui, solo noi, per stare tutti insieme, tu torni vero?”
“Certo che si, se riesco a togliermi un esonero a fine mese, posso perfino tornare per l’otto e il nove.”
“Wow, questa si che è una notizia! Vuoi fare una sorpresa agli altri? Ormai è da oltre un anno che non le fai più.”
“Magari si, che dici?”
“Ti passo a prendere io all’aeroporto e vedo di organizzare una cena per quella sera tutti insieme.”
“Basta che non scombini altri eventuali programmi ok? Siete sempre pieni di roba da fare…”
“Giustamente, non hai visto che agenda fitta di impegni?”
“Smettila di prendermi in giro! Per telefono è difficile capire se sei ironico o meno!”
“Veramente lo dici anche di persona.”
“No, ho iniziato a capire come funzioni, dammi un po’ di fiducia!”
“Vedremo Bridges, secondo me è tutta illusione.”
“Basta! O giuro che la prossima volta che ti vedo ti proibisco di parlare con Natalie…”
“No, mi deve aggiornare sulle sue ultime follie…”
“Vedi di comportarti bene”
“Mi domando cosa penserebbe se qualcuno ci ascoltasse.”
“Che saremmo due geni Sullivan.”
“Ah beh, eri tu l’ultima volta ad avere paura che la tua Natalie avesse preso il possesso della tua personalità.”
“No purtroppo no, perché mi sono resa conto che sono schizzata di mio, non c’entrano le svariate personalità multiple!”
“Sai che noia se fossi una qualunque studentessa di archeologia? Avresti una vita piatta contornata da roba ammuffita.”
“Oh! A proposito di muffa! Ti ricordi il concorso che non avevo vinto? Quello per andare in Perù per degli scavi?”
“Si, mi ricordo quanto insultasti la commissione, trovando degli epiteti che non avevo mai nemmeno sentito.”
“Beh, Richard, il mio compagno di corso, è stato attaccato da una muffa trovata all’interno delle tombe azteche, ed è stato male, tanto da farlo tornare a casa…”
“Holly? Sta morendo?”
“No! No! Scherzi? Non sono mica cosi stronza, Jimmy!! Solo che fa la pipì verde, e il suo sudore assume colori strani, ma ormai sta guarendo, hanno pulito il sito dalla muffa, ma non ci manderanno più degli studenti…”
“Ah ecco, che schifo! Anzi, che sfiga…”
“Meglio a lui che a me…”
“Ci puoi scommettere, ma ora devo preoccuparmi ogni volta che andrai in qualche scavo?”
Attimo di silenzio, un enorme calore diffondersi all’altezza del petto, e l’ennesimo sorriso.
“No, figurati, a noi studenti tranne rare volte, tocca solo il lavoro peggiore, niente di minimamente pericoloso od interessante…”
“Meglio! Sai che la settimana prossima danno ‘Casablaca’ sulla CW?!”
“Si! Dobbiamo assolutamente commentare una volta che abbiamo finito entrambi di vederlo, troviamo sempre cose nuove, quel film, è una sorta di lungo messaggio criptato!”
“Allora ci sentiamo per quel giorno ok?”
“Ok, promesso, ora vado a ripassare, ci sentiamo…”
“A presto..”

“Ti ricordi quando da piccoli piangevamo sempre perché mamma e papà non ci regalavano le moto d’acqua?” chiese Zacky appoggiandosi alla balaustra della veranda dietro la casa.
“Oh si, vedevamo tutti quei ragazzi più grandi schizzare in su e giù…” annui divertita senza distogliere lo sguardo dal lago. “I pianti, anche a coppia, non era servito a niente, sono stati irremovibili”.
“Allora mi vuoi dire cosa ti turba da tutta la serata?” chiese lui girandosi su un fianco, verso sua sorella. “È prima che ti vedo strana, e a me, non mi freghi” aggiunse serio.
“Si tratta di me e di Brian” sospirò mordendosi un labbro e voltandosi verso di lui. “Vorrei che tu ascoltassi, e che magari provassi a capire, soprattutto perché siamo venuti qui per divertirci qualche giorno…”
“Vi lascio dormire in camera di mamma e papà” disse subito prendendo le mani della sorella e stringendole dolcemente; il suo sguardo era serio smorzato solo da un lieve sorriso a mezza bocca. “Avevo già parlato con Jimmy, staremo in stanza insieme, giusto per non sentirci soli in mezzo a tutte queste coppie” aggiunse con tono dolce, anche se lei poteva leggerci dentro un pizzico di amarezza.
“Ma quindi, tu sai?” chiese stupita, per la prima volta in vita sua da lui. Era talmente abituata a saper per filo e per segno quello che pensava o provava Zacky, che provò un pizzico di inquietudine a quella rivelazione.
“Ci sono cose, che nemmeno tra due come noi andrebbero dette apertamente, ma a volte ti dimentichi, che anche io so leggerti Roxy, che non sei l’unica a sapere tutto, e fidati ai miei occhi sei apparsa… Diversa, da… Subito.” aveva cercato con tutto se stesso di non fare qualche stronzata, di litigare con loro, o peggio rovinare ulteriormente il rapporto con la sorella, ma si era accorto delle bugie di lei su quella ‘gita fuori porta’ con le amiche delle superiori, e non c’era voluto molto a ricollegare l’assenza di Brian in quegli stessi giorni a un qualcosa che inevitabilmente avrebbero dovuto affrontare.
Era geloso? Assolutamente si.
Era infastidito? Tremendamente.
Era incapace di comprendere a pieno cosa ci vedessero l’una nell’altro? Ovvio.
Ma c’era una cosa che sbaragliava tutto il resto: vedere sua sorella serena e felice, come mai l’aveva vista prima, senza preoccupazioni o quel velo di malinconia che per anni aveva accompagnato il suo sguardo; e se questo era merito di Brian, beh, lui l’avrebbe rispettato fin tanto che avesse reso sua sorella felice. In caso contrario, si era ripromesso di eliminarlo dalla faccia della terra.
“Non piangere” l’ammonì l’esatto istante prima che la sorella scoppiò a piangere e a ridere contemporaneamente.
“Sai, ero cosi in pensiero, non volevo ferirti o farti arrabbiare” ammise asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. “Ero pronta a rinunciare alla terza vendetta, e a supplicarti…”
“Roxanne smettila” esclamò subito. “Non continuare, non voglio sapere che hai una cosi bassa opinione di me, tanto da dover supplicarmi di comportarmi per bene, so che non te ne ho dato adito in passato, che ho fatto il cretino, ma mi sono reso conto di quanto stiate bene insieme…” aggiunse con tono perentorio.
“Scusa” mormorò la sorella sentendosi in colpa per averlo sottovalutato in quella maniera.
“E poi, vorrei dire a Brian, che potrebbe cominciare a usare la porta di casa, dato che ne io ne mamma e papà siamo sordi, e lui non è di certo Spiderman che ha un’agilità fuori dal comune” aggiunse divertito, facendo scoppiare a ridere anche la sorella, di gusto.
“Insomma, noi pensavamo di aver saputo mantenere abbastanza bene il segreto…”
“Assolutamente no, io e papà non facevamo altro che riderci su la mattina, anzi, ci siamo promessi di non dire nulla per non rendergli le cose troppo semplici…”

*

Il fragoroso frastuono che provieni dal piano inferiore della casa svegliò tutti, e i primi a uscire dalle stanze furono Johnny, Matt e Brian, e dietro le rispettive compagne, tutte tranne Roxanne che si era fermata a prendere una cosa nell’armadio. Li raggiunse lasciandoli tutti di stucco, aveva tra le mani una piccola balestra, vera, con tre frecce già sistemate nella scossa, vere pure quelle.
“Ma che cazzo?” sbottò Brian fissandola. “Vuoi uccidere qualcuno?”
“Estate 1996 un cinghiale arrivò fino ai secchi dell’immondizia rovesciandoli e chiamando tutta l’allegra famiglia a mangiare, inverno 1998, un procione era entrato in casa distruggendo tutta la cucina” prese ad elencare “Inverno 2000 un cucciolo d’orso si era spinto fino alle sponde del lago, per poi sbranare la capretta tibetana che mio nonno teneva da compagnia” aggiunse.
“Ma dei cazzo di ladri comuni qui non li avete?” domandò Johnny fissandola.
“No, ma quando eravamo piccolini una vipera delle montagne aveva fatto il nido dove io e Zacky giocavamo sempre” sorrise. “Non ha fatto una bella fine, ne lei ne la prole… Mio padre non è un’amante degli animali selvatici”
“E tu hai il porto d’armi qui in casa per quest’affare?” chiese curioso, e leggermente accigliato, normalmente avrebbe trovato sexy la sua ragazza con una camicia da notte mezza trasparente, i capelli sconvolti, ma stringeva tra le mani una cosa potenzialmente mortale.
“L’arcata superiore è inferiore al metro, non serve porto d’armi” borbottò lei.
“Sai usarla?” incalzò lui.
“La usa sempre Zacky, ma ho una mira migliore di lui!” il secondo rumore li scosse tutti, decisero di scendere lentamente le scale, capitanati da Roxanne che stava pronta a colpire qualsiasi cosa si fosse mosso di sotto. Quando arrivarono in cucina lo spettacolo che videro era una sorta di via di mezzo tra il bellissimo e  il raccapricciante: Zacky e Jimmy che stavano preparando una sorta di mega colazione per tutti quanti, indossando due grembiuli dai colori accesi.
“Cazzo Roxy!” sbottò il fratello vedendola con la balestra puntata, non era grande ma se una di quelle frecce in alluminio l’avessero colpito poteva rimarci secco o provare molto molto dolore.
“Ma che vuoi che la sicura…” non fece in tempo a finire la frase che Zacky aveva provato a sfilarle l’arma di mano che partì un colpo in direzione del batterista che era ancora intento a montare le uova per fare lo zabaione, e che per grazia divina non si mosse, dato che il dardo si andò a conficcare sulla parete vicino a lui: bastavano dieci centimetri più a destra, e avrebbero dovuto celebrare un funerale.
Jimmy spense la frusta, posò la ciotola con le uova e fissò qualche secondo l’oggetto che per poco non lo passò da parte a parte. “Se non vi andava lo zabaione potevate anche dirlo” commentò stringendosi nelle spalle. “Sono uno ragionevole” scherzò girandosi a guardare gli amici. “Io proporrei che nessuno dei due Baker si avvicini più a quella cosa ok? E il mio voto è più simile a un veto, dato che PER POCO NON MI AMMAZZAVATE TESTE DI CAZZO!” urlò leggermente nervoso, per poi tornare a sorridere e a cucinare il suo zabaione.
I due fratelli posarono la balestra sul tavolo dopo aver applicato – per bene – la sicura.
“Stavi quasi per ammazzare Jimmy!” celiò subito lui. “Sei pericolosa, ora capisci  perché non te la faccio mai usare? Parte con un niente…” aggiunse.
“Ma se solo tu non avessi fatto l’idiota volendola prendere, non sarebbe partito il colpo!”
“E se avessi starnutito?!” chiese lui. “Su avanti rassegnati sei negata con le armi…”
“Non mi sfidare Zacky o torno a casa la settimana prossima con un porto d’armi con sopra il mio nome” minacciò guardandolo in maniera torva. Ma il coro di: ‘NO? ‘Provaci e ti mollo’ ‘Fallo e non ti rivolgo più la parola’ dissuase immediatamente la ragazza da quella idea.

“Allora dobbiamo iniziare a gridare tutti quanti discorso?” esordì Johnny dopo aver addentato l’ennesimo pancake. “Questa colazione è ottima, complimenti ragazzi!”
“Grazie” risposero in coro i due ‘cuochi’.
“No, volevo solo venire qua con tutti voi, ho sentito ultimamente troppo scazzo e disappunto” prese a dire tranquillo Zacky. “So che il percorso non è così facile, anzi ci sembra non finire più, ma ne abbiamo fatta di strada, ed eccoci qui, no? Dobbiamo solo ricordarci che stavamo peggio prima”.
“Io mi vorrei unire al discorso” disse il batterista alzandosi per prendere la parola.  “Perché stiamo facendo passi da giganti a marzo concluderemo l’affare con la Hopeless, e questo ci garantirà maggiore spicco, dobbiamo solo continuare a perseverare, due anni fa stavamo strimpellando solo cover, ora cazzo abbiamo un CD che spacca!” aggiunse con entusiasmo. “Chi lo ha detto che siamo a fine corsa? Secondo me non abbiamo nemmeno cominciato i giri di giostra, e soprattutto prima ha chiamato il nostro agente!”
“Cosa ha detto?”
“Era con lui che parlavi tutto fitto?”
“Come ha fatto a rintracciarci fin qui?”
“Non sarà nulla di buono…”
“Ma va la… Avanti non tenerci sulle spine”
Un vociare quasi frastornante si elevò, nel giro di una manciata di secondi il batterista venne travolto da almeno cinquanta domande e costatazioni del tutto inutili. Spazientito da quel brusio fischiò attirando così l’attenzione – e il silenzio – dei presenti.
“La Hopeless, che già evidentemente ci ritiene parte di loro, ci ha candidati per il Warped Tour 2003” esclamò trionfante, ben accettando, dopo quella notizia tutto il caos possibile e immaginabile: baci abbracci, fischi, e brindisi con lo zabaione – logicamente alcolico – di prima mattina -. Lo stare li tutti insieme e l’aver ricevuto una così bella notizia, era quello di cui avevano bisogno, la carica che avrebbe riacceso la miccia.
“Penso che vada premiato il tempismo di Zacky che ci ha riuniti qui” esclamò Roxanne felice come poche volte lo era stata, si era fatta totalmente coinvolgere dal momento, era una delle prime fan della band e credeva ciecamente in loro, ci avrebbe perfino scommesso l’anima con il Diavolo in persona, che gli Avenged Sevenfold sarebbero entrati a far parte della storia della musica.

“Allora, stai un po’ meglio?” Valary entrò nella stanza dove il ragazzo aveva deciso di sdraiarsi, era stelo sul letto ad occhi chiusi e al buio.
“Assolutamente si” ammise con un sorriso senza muoversi. “Forse avevamo, anzi, avevo bisogno di rilassarmi e divertirci un po’…” convenne allungando un braccio verso Valary e attirandola a se, per poi baciarla a lungo. “Te l’ho detto che oggi sei bellissima?”
“L’aria di montagna mi farà bene…” scherzò lei divertita. “Comunque mi fa sempre piacere sentirtelo dire”
“Ti sei mai pentita di aver scelto me?” domandò aprendo gli occhi per fissarla.
“Direi di no, ma ho come l’impressione che tu sia convinto del contrario…”
Esatto. Perché per ora, mi sento un po’ perdente.
“Dico solo che ormai…”
“In una relazione si è in due Matt, io ho scelto te come tu hai scelto me!” puntualizzò subito rubandogli un bacio per evitare una risposta. “Quindi, bisogna solo continuare a percorrere la strada insieme, se ci separiamo secondo me è peggio” continuò a dire sistemandosi stesa vicino a lui. “Perché non importa quante difficoltà incontreremo, se ci saranno ostacoli e trabocchetti, io ho la certezza che tu mai mi abbandonerai lungo il percorso…”
Eccola la sua donna, che sapeva benissimo come farlo sentire la persona più speciale del mondo, non uno che stava precipitando lungo un baratro, ma che lentamente stava scalando la vetta di una montagna, e che non aveva bisogno di essere trainato. Era fortunato, e avrebbe dovuto impegnarsi di più a renderla felice trovando il giusto equilibrio tra la band e la loro storia, senza che nessuna delle due parti prendesse il sopravvento sull’altra.



*

Grazie a tutti per leggere questa storia, e un immenso ringraziamento anche a chi ha deciso di recensirla. Sono molto importanti i vostri commenti.

   
 
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