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Autore: Kary91    21/11/2011    22 recensioni
Sono trascorsi quasi trent'anni da quando abbiamo incontrato per la prima volta Elena Gilbert e i fratelli Salvatore.
A Mystic Falls molte cose sono cambiate da allora; i ragazzi sono cresciuti, gli adulti invecchiati. Nuove generazioni di adolescenti portano il cognome delle famiglie fondatrici, eppure certi dettagli hanno concluso per rimanere in circolazione nella vita di ogni giorno destinati a ripetersi all'infinito ; in un modo o nell'altro la storia si ripete e Caroline Forbes di questo è al corrente, nel momento in cui decide di tornare a Mystic Falls:questa volta per restare.
***
“…Hai presente quando eravamo piccoli e io cercavo di farti cagare sotto, raccontandoti storie di cadaveri sanguinolenti e orripilanti mostri succhia-sangue?”
Jeffrey assunse un’espressione perplessa.
“Me lo ricordo fin troppo bene, direi…”
“Ricordi anche quando cercavo di convincerti che mio padre fosse un lupo mannaro?”
“Per via di quella storia, avevo incominciato ad andare nel panico ogni volta che rimanevo da solo in una stanza con lui…”
“…E se ti dicessi che non tutte le stronzate che dicevo da bambino fossero effettivamente delle balle?”
“Ti risponderei che bevi troppo.”
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elena Gilbert, Jeremy Gilbert, Matt Donovan, Nuovo personaggio, Tyler Lockwood
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'It calls me home.'
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Chapter 3.

Family Ties.

Tyler: “You were right. I shouldn’t have come home.”
Caroline: “No, you just should never have left.
And you shouldn’t leave again.”

2x21. The sun also rises

 

“Grazie.”

Caroline Forbes sorrise nell’accettare la tazza che la madre le stava porgendo.

“Lo sai che cosa mi è mancato maggiormente della vita a Mystic Falls? Questo.” sottolineò con un cenno del capo, indicando la sua vestaglia rosa e i piedi scalzi che spuntavano da uno dei lembi.

“ Poltrire in pigiama accoccolata sul divano… con una bella vestaglia rosa addosso!”

“Mi stupisce sempre il fatto che dopo tutto questo tempo ti stia ancora alla perfezione.”  mormorò Liz con un pizzico di malinconia nello sguardo, sfiorando una manica della figlia.

 “A New York, tutti questi comfort non li avevi?” riprese poi il discorso di Caroline, prendendo posto accanto a lei.

“L’ultima volta che sei stata qui, mi hai descritto per filo e per segno le meraviglie dell’appartamento a Manhattan; non c’erano divani, lì?”

“Ce n’erano eccome.” ammise la vampira, incrociando le gambe sotto la vestaglia.

“Però mancava il dettaglio più confortevole in assoluto.”

“Le pantofole di paperina?”

“La mia mamma.” annunciò Caroline, sorridendole con dolcezza.

“Di certe cose si continua ad averne bisogno anche da adulti.”

Liz accarezzò con tenerezza il capo della figlia; per quanto si sforzasse di prestare attenzione allo scorrere del tempo, avere Caroline al suo fianco significava dimenticarsi di essere invecchiata, almeno per un po’.

In fondo, non era solo il suo aspetto a rendere Caroline ancora una bambina ai suoi occhi.

Non aveva bisogno di osservarla, per avvertire l’illusione che il tempo si fosse fermato: le bastava ascoltarla, sorridere della parlantina luminosa e confusionaria che ancora la caratterizzava, nonostante si addicesse ben poco a una donna di mezza età.

E riaverla a casa, tornare ad avere a che fare con i suoi discorsi interminabili, le sue lamentele, i suoi gesti d’affetto, significava per Liz avere accesso a una seconda possibilità. Per lei e per Caroline.

Questa volta sua figlia sarebbe stata la sua unica preoccupazione; l’unico pensiero a cui prestare interesse. Averla nuovamente a fianco nelle vesti di adolescente, significava poter rimediare una volta per tutte alle mancanze che avevano fatto capolino nel loro rapporto in passato.

Era più facile per lei, inquadrare l’eterna fanciullezza della figlia in questi termini.

Non come una condanna: ma come un’opportunità.

E ogni tanto, Liz era anche riuscita a convincersi di potersi aggrappare a questa prospettiva.

“Me la spieghi una cosa?” Domandò improvvisamente sollevando un lembo della tenda per dare un’occhiata fuori.

“Perché non sei più tornata?”

Caroline posò la tazza ancora calda sul tavolo e nascose le mani nella vestaglia.

“Sono anni che vivo fuori da Mystic Falls.” rispose con tranquillità, voltandosi verso la madre.

“Ma tornavi sempre, alla fine. Ogni mese inizialmente. Un po’ più di rado con il trascorrere del tempo. Questo fino a dieci anni fa. Perché?”

Caroline strinse le labbra con nervosismo.

“In qualche modo durante quel periodo, mi sono resa conto che Mystic Falls non era più casa; non per me. Era tutto cambiato; non riconoscevo più il Mystic Grill, perfino il nostro viale aveva qualcosa di diverso. Sapevo che tornando indietro ogni mese, avrei fatto più fatica ad accettare il fatto che Mystic Falls continuerà sempre a crescere, ad invecchiare. E con lei, anche la sua gente.” Aggiunse con una leggera durezza nel timbro di voce.

“Con o senza di me.”

Liz si limitò ad annuire, lo sguardo velato da una patina di rassegnazione che ben si amalgamava alla stanchezza incisa fra i suoi lineamenti.

 “Ma adesso sei qui.” mormorò infine, allungando il braccio in direzione della figlia. Caroline sorrise.

“Con te.” Aggiunse la ragazza, stringendo la mano della madre.

“Perché proprio ora?” domandò ancora Liz, non riuscendo a nascondere una punta di curiosità nel tono di voce; Caroline sospirò.

“E’ complicato.” commentò, sistemandosi una ciocca di capelli intrappolata nella vestaglia.

“Ho incontrato papà, un mese fa.” ammise infine, ricambiando lo sguardo della madre.

 “Mi ha detto della sua malattia e ho sentito il bisogno di andarlo a trovare. Stranamente, una volta tanto, non è stato di molte parole.”

Un’ombra leggera appannò per un istante le iridi chiare della ragazza.

“ Ma ho saputo che le cose stanno iniziando a farsi un po’ complicate per le famiglie fondatrici.”

“Se te ne ha parlato, saprai anche che questo non è esattamente il momento migliore per tornare a Mystic Falls.” La ammonì la donna stringendo con più forza la mano della figlia.

“Lo sceriffo Fell si comporta in modo strano, ultimamente. Immagino si domandi come mai da anni non si tengano più riunioni del Consiglio.”

“Credi che papà abbia detto loro della maledizione sui Lockwood?”

Pronunciò quel nome a fatica, quasi il tempo avesse contribuito a farle dimenticare il modo di articolarlo a voce alta.

Lo sguardo di Liz venne attraversato da un lieve barlume di comprensione.

“Sei tornata per lui, vero?” domandò, scrutandola con aria indagatrice.

“No.”

Caroline scosse il capo con aria decisa.

“No. Sono tornata per te. E per i ragazzi…” aggiunse con un sospiro, richiamando alla memoria lo sguardo ostile del giovane Mase.

“So di non avere voce in capitolo a riguardo, ma li ho visti. Ho conosciuto alcuni di loro quando erano ancora bambini e per tutto il tempo che sono rimasta a osservarli, non ho potuto fare a meno di notare le somiglianze con i loro genitori. E di pensare che se solo le cose fossero andate diversamente, forse in quel gruppo di bambini ce ne sarebbero stati anche di miei.”

Liz strinse con maggior forza la mano della figlia.

“Volevo solo assicurarmi che stessero bene.” ammise semplicemente, permettendo poi a un sorriso timido di fare capolino sul suo viso, spazzando via la malinconia incastonata fra i suoi tratti.

In quei pochi secondi, la Caroline adulta lasciò nuovamente posto a quella adolescente.

 “Stanno bene, tesoro.” la rassicurò la madre, prima di raccogliere la tazza di cioccolata calda ormai vuota per andarla a riporre nel lavandino.

“Non vedo perché dovrebbe essere altrimenti. Sono solo dei ragazzi.”

Un sorriso amaro arricciò gli angoli delle labbra della vampira, mentre la ragazza si sollevava dal divano, stringendosi nella vestaglia.

“Anche noi lo eravamo.”

***

I heard that you're settled down
That you found a girl boy and you're married now.

Someone like you - Adele

 

“Eccolo qui il mio ometto preferito!”

Jeffrey sorrise istintivamente avvertendo quelle parole mescolate allo scricchiolio delle assi.

“Come sapevi che ero qui?” domandò, spolverando la base di una sediolina di plastica, liberandola dalla polvere.

Elena attraversò il pavimento tremolante della casetta sull’albero e si chinò per sedersi, avvolgendo in un abbraccio il suo primogenito.

Era la stessa casetta in cui aveva trascorso la maggior parte della sua infanzia, improvvisandosi esploratrice assieme a Matt o divertendosi a fingersi donnina di casa in compagnia di Bonnie e Caroline.

La casetta che, una decina di anni prima, lo stesso Matt aveva in parte ricostruito con l’aiuto di Tyler e Jeremy, per evitare che i loro irrequieti figlioletti ruzzolassero giù attraverso qualche trave rotta.

“E’ stato facile intuire dove ti saresti catapultato non appena tornato a casa. Da piccolo amavi questo posto.”

spiegò semplicemente la donna, separandosi da Jeffrey.

“…e poi ho ricevuto una soffiata.” aggiunse con un guizzo divertito nello sguardo, indicando l’uscita con il pollice.

Il ragazzo scoppiò a ridere.

“Papà.” Commentò, scuotendo il capo. La madre annuì.

“Mi sei mancato, Jeffers.” ammise infine rivolgendogli un sorriso malinconico.

“Anche voi mi siete mancati.”

Jeffrey sospirò allungando le braccia, per distendersi.

 “Ma la Florida mi piace. I corsi sono interessanti… e poi c’è Ricki con me.”

La madre annuì, sistemandosi più comodamente sulla sediolina.

“Sai Jeff, per quanto non mi piaccia saperti così lontano, sono contenta  che tu abbia deciso di viaggiare; di uscire per un po’ da Mystic Falls, farti un po’ più di spazio nel mondo all’infuori di questa cittadina.”

“Che è un po’ quello che volevi fare tu alla mia età.” Commentò Jeffrey passando il dito tra le scanalature del tavolino in legno.

“E l’ho fatto.” Elena ammise, evocando nella sua testa frammenti di un passato ormai sbiadito.

“Ho viaggiato per anni, Jeffrey. C’erano cose, dei dettagli, che avevo voglia di lasciarmi alle spalle, almeno per un po’. E non ci sarei mai riuscita restando qui.”

“Ma poi sei tornata.” le fece notare il figlio con aria confusa.

“Hai sposato papà. Riallacciato i rapporti con la gente del posto. Perché?”

Elena rimase in silenzio per qualche istante, osservando con un pizzico di tenerezza il volto del suo primogenito.

“Certe volte, le cose che lasciamo indietro non hanno voglia di fare altrettanto con noi; alla fine, mi sono resa conto che per quanto stessi cercando di dimenticare Mystic Falls, una parte di me era decisa a non scordarla. E quella parte ha vinto, alla fine.”

“Meglio così.” concluse Jeffrey, intrecciando le dita dietro la nuca.

Elena sorrise; il suo sguardo saettò rapido in direzione della scaletta, quando lo scricchiolio delle assi iniziò a farsi più marcato.

“C’è una riunione di famiglia, qui?”

Matt si arrampicò a fatica lungo l’apertura, spolverandosi poi i capelli corti con la mano.

“Ricki mi ha detto che hai fatto colpo!” aggiunse dopodiché, ammiccando in direzione del figlio.

Jeffrey si grattò il capo con aria imbarazzata.

“Ricki non è in grado di tenere la bocca chiusa.” Mormorò stringendosi contro il muro, affinché il padre potesse prendere posto a fianco a lui.

“E’ tale e quale a Tyler.” commentò Elena con un guizzo divertito nello sguardo. 

“Due pettegoli di prima categoria; peggio delle donne.”

“Se è come il padre, significa che sposerà una bionda anche lui?”

Il viso di Victoria fece capolino incorniciato dalle assi.

“Forse dovrei prendere in considerazione l’idea di tingermi i capelli…”

“Non hai ancora intenzione di rinunciare a corrergli dietro?” la prese in giro suo fratello, mentre la ragazza si arrampicava agilmente all’interno della casetta.

“Non nell’immediato.” rispose Vicki con aria soddisfatta, stampandogli un bacio sulla guancia.

“Bentornato, fratellone!”

“Ho come l’impressione che queste assi non reggeranno ancora a lungo.” Commentò Elena osservando con aria preoccupata il pavimento della casetta.

“Forse dovremmo spostare la riunione di famiglia al piano di sotto…”

 “Ehilà famiglia Donovan!”

Un richiamo canzonatorio li raggiunse dal cortile proprio in quel momento; gli occhi di Vicki si illuminarono.

“Sbaglio o è la voce del mio figlioccio, questa?” domandò Matt, mentre la figlia si affrettava a scendere le scale; Jeff le andò dietro ridendo.

“Eeeesatto!” annunciò allegramente Ricki, dando una pacca al tronco dell’albero.

“Ah e comunque, papà!” esclamò improvvisamente Jeff, prima di arrampicarsi sulla scaletta.

“La ragazza di cui parlava questo stordito qua sotto… non credo che sarei riuscito a uscirci.”

“ E perché mai?”

Jeffrey diede una scrollata di spalle.

 “Trovo che assomigliasse un sacco alla mamma.” ammise tranquillamente, prima di voltarsi per raggiungere Ricki.

Nell’udire le parole del figlio, Elena sgranò gli occhi.

“Ha detto che mi assomigliava?”

“Ma dai…”

Matt scoppiò a ridere, suscitando l’irritazione della moglie.

“Non starai mica già pensando che fosse…”

“No.” Concluse la donna in tono di voce secco.

L’ultima cosa al mondo che aveva voglia di figurarsi era suo figlio in balia dei capricci di una certa Katherine Pierce.

“Sarà meglio per lei di no.”

***

“Buongiorno mamma e papà!” esclamò Xander allegramente, facendo ingresso in cucina. “Yum, biscotti!” aggiunse, notando la teglia che la madre aveva appena appoggiato sul tavolo.

“Non ci provare, non sono per te.” Hazel lo ammonì, inarcando pericolosamente un sopracciglio. Il figlio sollevò le mani in cenno di resa.

 “Ehilà, Xander bello!”

Jeremy gli diede una pacca sulla spalla, voltandosi poi per posare la tazzina da caffè nel lavandino.

“Hai già invitato mezzo vicinato alla partita di domani?”

Xander scosse il capo con aria canzonatoria.

“Direi più tre quarti del vicinato.” annunciò, allungando una mano in direzione della teglia; la madre la schiaffeggiò, prontamente.

“Te le taglio quelle dita.” lo minacciò, indicandolo con il cucchiaio di legno.

“Devo scappare al lavoro.” comunicò a quel punto Jeremy scoccando un bacio veloce alla moglie e sistemandosi alla svelta i capelli ancora arruffati.

 “Buona giornata.” gli augurò dolcemente Hazel, prima di notare la manciata di biscotti che il marito teneva nascosta dietro la schiena. Colpì la mano di Jeremy con il cucchiaio, sotto lo sguardo divertito di Xander.

 “Ma sei matta?” esclamò l’uomo, avvicinandosi le dita ferite alla bocca.

“Sei peggio di tuo figlio.” lo rimbeccò la moglie, ritirando la teglia nel forno.

Jeremy e Xander si scambiarono un’occhiata d’intesa.

“Hai una madre violenta, Xander bello…” mormorò il padre con un ghigno divertito, prima di prendere la giacca e uscire dalla cucina.

“Ci sono visite!” annunciò ancora, una volta raggiunto l’ingresso. Caroline Lockwood lo salutò con un sorriso e si avviò in direzione del corridoio.

“Oh buongiorno!” aggiunse poi, rivolta alle due persone che stavano scendendo le scale proprio in quel momento.

 Mason appoggiò la schiena alla ringhiera, mentre Oliver si accoccolava sugli ultimi gradini, lo sguardo assorto da uno dei suoi ultimi progetti.

“Anche tu qui?” domandò ironicamente la ragazza al fratello. Mason diede una scrollata di spalle e smosse con un calcetto le ginocchia di Oliver, per fargli perdere la concentrazione.

“Sei ancora tra noi, straniero?” chiese; era da un paio di giorni che il minore dei fratelli Gilbert appariva, se possibile, ancor più stralunato del solito.

“Lascialo stare.” Caroline rimbeccò il fratello accarezzando Oliver con lo sguardo.

“Ho quasi finito.” mormorò quest’ultimo con la matita tra i denti, cancellando la rigaccia che Mase aveva contribuito a fargli calcare, deturpando il volto che stava disegnando.

“Ehilà gentaglia!”

Xander si avvicinò al gruppetto con le mani in tasca e un sorrisetto da birbante.

“Vi voglio tutti alla partita di hockey, domani. Intesi?”

“Ci saremo.” lo tranquillizzò Oliver, sollevando il foglio per dare un’occhiata alla versione originale del suo ritratto: era una foto che aveva trovato un paio di giorni prima in soffitta, mentre cercava di recuperare qualche vecchio lavoro del padre.

Nella foto, una ragazza e un ragazzo sorridevano abbracciati. Lui somigliava un po’ a Xander, con quei capelli scuri scompigliati e gli occhi dello stesso colore. In quella foto, Jeremy Gilbert era già padrone del sorriso luminoso che lo avrebbe contraddistinto anche in età adulta; lo stesso sorriso di Oliver.

La ragazza invece non aveva un viso familiare.

Ma era bella. Era semplice. Era tutto ciò di cui Oliver avesse bisogno, per decidersi a prendere in mano il suo blocco da disegno e scivolare nel suo mondo di fogli e carboncino.

“Non potremmo mai perderci il tuo goal decisivo a fine incontro.”

Caroline annunciò con aria scherzosa dando un pugnetto sul braccio al migliore amico; Mason esibì un sorrisetto malandrino.

“Io non voglio perdermi il bacetto vittorioso che vi scambierete dopo il match!” Li prese in giro incrociando le braccia al petto.

Xander inarcò appena un sopracciglio.

“Se usi sempre le stesse battute, Mase, smettono di fare effetto, dopo un po’.”

Caroline sorrise.

“Ma il mio fratellino è piccino! Non ha molta fantasia.” Lo schernì arruffandogli i capelli. Mason la scansò scontrosamente.

“Vaffanculo.” mugugnò, scoccandole un’occhiataccia.

“Oh non fare l’offeso adesso.” ribattè Caroline,prima di indirizzare il suo sguardo verso Xander.

“E per la cronaca…”Aggiunse facendosi spazio fra Oliver e il fratello.“Se proprio ci tieni a saperlo, un bacetto c’è già stato.”

Tre espressioni attonite si affrettarono a fare capolino sui volti dei ragazzi.

“Che cosa?” esclamarono Mason e Xander all’unisono, entrambi sbigottiti.

“Non è vero!”aggiunse quest’ultimo, arrossendo visibilmente. Caroline scoppiò a ridere.

“Avremmo avuto sette o otto anni.” precisò poi tirando scherzosamente la manica all’amico.

“Questo rincitrullito qui nemmeno si ricorda.”

Xander si passò una mano fra i capelli con aria imbarazzata.

“Oh, quello.” Farfugliò, sistemandosi la cresta.

“Non mi era piaciuto per niente.” ammise poi arretrando furbamente, quando l’occhiata assassina di Caroline si depositò su di lui.

“Ripetilo se hai il coraggio.” lo minacciò puntandogli l’indice contro il petto. Xander fece una smorfia.

“Non mi era piaciuto per nie…”

“Sei morto! Dì addio ai tuoi capelli!”

Caroline annunciò, mentre Xander si affrettava a risalire le scale ridacchiando.

“Ok, forse è il caso di mettere al sicuro il mio lavoro.” Costatò Oliver schiacciandosi contro la ringhiera per evitare che la corsa dei due ragazzi lo travolgesse.

“Sì, forse è proprio il caso.” concordò con un ghigno Mason, sfilandogli l’album da disegno dalle mani.

“E questa chi è?” chiese ancora, studiando incuriosito il ritratto a cui stava lavorando l'amico.

Oliver sorrise appena ritirando la matita nell’astuccio.

“Non ne ho idea; è molto bella, però.”

Mason sorrise.

“L’ho sempre detto che sei un po’ schizzato.” commentò, restituendo il blocco al suo proprietario.

Oliver diede una scrollata di spalle.

“Allora, qual è questa novità tanto entusiasmante che volevi comunicarmi?” aggiunse, appoggiandosi al corrimano con i gomiti.

“Ho la tua attenzione?” domandò Mason d’un tratto ravvivato, trafficando con il portafoglio.

Ne tirò fuori un foglietto plastificato che fece sventolare sotto il naso dell’amico.

“Un foglio rosa.” commentò Oliver con meno entusiasmo, rispetto a quanto aveva sperato il coetaneo. “Il mio l’ho ritirato due mesi fa.”  lo prese poi in giro, sfilandogli il foglietto di mano. Mase roteò gli occhi.

“Solo per via dei sessanta giorni scarsi che separano il mio compleanno dal tuo. Vuoi fare un giro?”

Oliver gli diede un colpetto sulla nuca.

“Mi sa che questa volta passo, Mase. E non solo perché è illegale; non ci tengo a finire spiaccicato contro un cartello stradale o qualcosa di simile.”

“Ha parlato il pilota d’aereo provetto.” Lo schernì Mason con una smorfia; dopodiché, sollevò la manica della camicia per esibire una piccola cicatrice che rigava il suo gomito destro.

“Non ti ricorda niente questa?”

Oliver sorrise, passandosi una mano fra i capelli.

“Era un aereo niente male se consideriamo il fatto che lo costruii a nove anni.” constatò in sua difesa, ignorando il sorrisetto di scherno dell’amico.

“Peccato che ci abbia fatto rovinare a terra come due salami per un bel tratto di collina.” rispose prontamente il giovane Lockwood.

“Pilotare aerei è un po’ più complicato che guidare macchine o disegnare una bella ragazza.” Commentò Oliver accennando con il capo all’album da disegno; d’un tratto, il suo sguardo si illuminò.“Ma un giorno ci riuscirò.” Dichiarò tranquillamente esibendo un sorrisetto soddisfatto. Mason scosse il capo scocciato e rassegnato al tempo stesso.

“Sì, come no.” borbottò, scavalcando i gradini che lo separavano dal pianerottolo. Non lo avrebbe mai ammesso, ma per quanto si sforzasse di prenderlo in giro, Mase sapeva di essere il primo a credere nei sogni che Oliver si portava dietro fin da bambino.

C’era qualcosa in lui, nella sicurezza emanata dal suo sguardo mite, che era in grado di infondere fiducia alla più titubante delle persone.

Mase non era un’eccezione.

“E comunque…”

Il giovane Gilbert scese i gradini che lo separavano dall’amico.

“Anche se ci siamo schiantati per colpa mia… Sei stato tu a decidere di salire sul mini aereo con me. Cos’è , avevi paura che Ricki ti prendesse in giro?”

“Nah.” commentò Mase con una smorfia. “Volevo solo piacerti, credo.”

Oliver gli rivolse un'occhiata sorpresa.

“Per questo sì, che Ricki ti prenderebbe per il culo.” Commentò scansandosi, per evitare la spallata dell’amico.

Mason arrossì.

“Se Ricki viene a saperlo, finire spiaccicato contro un cartello stradale sarà l’ultimo dei tuoi problemi.” Dichiarò dandogli una seconda spallata, un sorriso a mitigare la minaccia appena pronunciata.

Oliver ridacchiò sistemandosi l’album da disegno sotto il braccio.

“Per tutte le volte che l’hai detto, a quest’ora potrei considerarmi un fantasma.”

 

***

“Le chiedo scusa, ma non ho ancora capito che cosa l’abbia spinta ad abbandonare New Orleans, per una cittadina come Mystic Falls.”

Gregory Lester picchiettò nervosamente l’estremità della sigaretta sul posacenere.

“Gliel’ho già detto; voglio fare parte del Consiglio.”

Dichiarò secco scoccando un’occhiata veloce ai volti dei presenti. Lo sceriffo Fell aveva gli occhi puntati sulla tracolla che teneva in grembo, mentre la seconda persona, una donna, lo stava osservando con aria attenta.

“Il fatto è, signor Lester…” Lo sceriffo enunciò improvvisamente sollevandosi dalla poltrona.

“Vede, la situazione per quanto riguarda il Consiglio al momento è piuttosto… instabile. Le riunioni che si stanno tenendo in questo mese sono le prime da anni, e come avrà potuto notare, molte delle famiglie fondatrici hanno smesso di interessarsi alla questione. Io e la signorina Willard-Forbes, crediamo che…”

“…Forbes è il cognome della madre?” lo interruppe Lester rivolgendole un’occhiata incuriosita. La donna strinse le labbra in in’espressione poco amichevole.

“Del patrigno, in realtà.” ammise, raccogliendo la tazza di caffè dal tavolino senza distogliere lo sguardo da Lester. Un lieve sorriso di soddisfazione andò a increspare le labbra dell’uomo.

“Dunque nemmeno lei ha un legame con le famiglie fondatrici, in fondo.” Commentò rilassandosi sulla poltrona. Lo sceriffo Fell assunse un’aria vagamente contrariata.

“In realtà, è stata proprio Leanne a propormi di istituire un nuovo Consiglio.” Spiegò, accennando con il capo alla donna. Leanne sorrise.

“Una decina di mesi fa, ho trovato alcune lettere nello studio del mio patrigno intestate dallo sceriffo.” aggiunse, continuando a scrutare Lester.

“Erano aggiornamenti che riguardavano Mystic Falls, la sua gente e in particolare maniera le famiglie fondatrici. Mi sono incuriosita e ho fatto delle ricerche .”

Lo sceriffo annuì.

“Bill Forbes da qualche anno non sembra più essere particolarmente interessato alle questioni che riguardano il Consiglio; il cancro e la vecchiaia lo stanno consumando, povero diavolo. Ma Leanne ha intenzione di prendere il suo posto. Ha messo le mani su alcune informazioni davvero interessanti, in realtà. Interessanti e preoccupanti al tempo stesso.”

“Anche io posso essere d’aiuto.” lo interruppe Lester, muovendosi in avanti con la schiena.

“Sono anni che mi documento, Mystic Falls è alla base di tutte le mie ricerche.”

“Lei è un professore, vero?” lo interrogò Leanne, scrutandolo con aria intrigata da sopra gli occhiali.

“Insegna al liceo di Mystic Falls?”

“Solo come supplente.”

 Lester buttò lì senza prestarle veramente attenzione.

“Ho anche questo.” aggiunse l’uomo, aprendo la tracolla e tirandone fuori un vecchio quaderno dalla copertina consunta.

“Apparteneva a Jonathan Gilbert.” Spiegò, sfogliando alcune pagine a caso e voltandolo, per mostrarlo ai due presenti. Esitò, prima di aggiungere.

“La maggior parte di ciò che so a proposito dei vampiri, le ho imparate da qui.”

“Ha mai avuto a che fare con uno di loro?”  domandò Leanne con aria incuriosita, facendosi passare il diario. Lester sorrise.

“Sono cinque anni che do la caccia a quei mostri.” commentò con aria rilassata.

“Potrà sembrarvi strano, ma se ne trovano diversi a New Orleans. Basta sapere dove cercare”.

Fell scosse il capo con aria poco convinta.

“Mi spiace deluderla signor Lester…”

“Mi chiami Gregory.” lo corresse l’altro riappropriandosi del diario. Leanne gli sorrise mentre l’oggetto passava dalla sua mano a quello dell’uomo.

“Va bene, Gregory… devo informarla che non sono i vampiri il motivo per cui abbiamo deciso di indire un nuovo Consiglio.”

Lo sceriffo volse lo sguardo in direzione della donna, che annuì.

“Stando a quello che dice mio padre, le ultime preoccupazioni in materia di vampiri risalgono a una trentina di anni fa.”

Lester si passò una mano sotto il mento.

“Non capisco.” ammise infine visibilmente perplesso, frugando con lo sguardo tra i volti dei presenti.

“Se siete sicuri che la minaccia dei vampiri sia ormai scemata… perché formare un nuovo consiglio?”

Fell gli rivolse un’occhiata penetrante.

“Gregory, lei è davvero convinto di poterci dare una mano?”

L’uomo annuì con fermezza.

“Assolutamente.”

I due membri del consiglio si scambiarono un lieve cenno d’intesa.

Leanne si sollevò dalla sua poltrona e raggiunse Lester.

“Posso?” domandò con un sorriso, appoggiando la mano sul diario di Jonathan Gilbert. Con riluttanza, l’uomo acconsentì.

“Signor Lester…”  incominciò la donna, sfogliando le prime pagine del volume.

“..Gregory…” Si corresse con una scintilla di malizia nello sguardo.

“Lei sa qualcosa a proposito dei lupi mannari?”

Nota dell’autrice.

D: D: Capitolo lungo! Non mi volete male per questo, vero? Io ci ho provato a stringare, ma per quanto mi sforzi, spuntano sempre fuori particolari che non erano previsti (vedi Jeremy e i biscotti) che però non voglio tagliar via, perché in sostanza sono sempre utili ad approfondire la personalità dei personaggi.

Ma andiamo con ordine: Caroline & Liz. Come già credo di aver scritto nel capitolo precedente, la cosa bella di questa storia, è che mi consente di trattare personaggi su cui non mi ero mai soffermata molto prima d’ora. So che Liz in passato ha trascurato molto la figlia, dunque immagino che il ritorno a casa di Caroline possa significare molto per lei. Per quanto riguarda Caroline e Stefan, ancora una volta il collegamento al future!verse di alister_ è stato d’obbligo. Mi sto sforzando di unificare il più possibile i nostri due !verse e visto che sia io, sia lei, avevamo pensato a Stefan e Caroline assieme in un eventuale futuro post TVD ( in termini di amicizia, si intende), ho deciso di farli vivere a New York, così da far coincidere anche questo dettaglio alla versione della alis.

Dopodiché, passiamo alla famiglia Donovan. Elena è un altro di quei personaggi che tratto proprio di rado, quindi l’ho presa un po’ con le pinze. La casetta sull’albero dove è ambientata la scena è un altro elemento che ho ripescato da una mia vecchia shot, let it slide, che è anche il racconto in cui Jeff e Ricki (da bimbi) fanno comparsa per la prima volta. Non ringrazierò mai abbastanza Mary per aver tirato fuori quel prompt, perché ormai per me la casetta sull’albero di Matt Donovan è qualcosa di incredibilmente simile al canon, e la tradizione  doveva continuare anche con i figlioli.

Passiamo poi a Jeremy e a sua moglie Hazel. Non si è detto nel capitolo, ma io lo dico ora, perché lo sto dicendo al mondo intero, perché sono fissata (!), Jeremy è diventato un architetto. In questa scena in particolare si è comportato un po’ da mattacchione. Nel prossimo capitolo lo rivedremo ancora, forse in vesti più pensierose.

Si passa poi ai quattro dell’Ave Maria, Mase Oliver Caroline e Xander. Sappiate che l’ipotetico primo bacio di Xander e Caroline da piccoletti c’è stato veramente e può anche darsi che prima o poi ne spunterà fuori anche il missing moment.

Per quanto riguarda la scena Oliver/Mase, anche qui il fatto che Oliver abbia la fissa per gli aereoplani fa riferimento a una mia one-shot, Blackbird, che racconta come è nata l’amicizia di due piccoli Olive & Mase.

Infine (ci siete ancora? Buh XD), la parte finale ha dato un po’ una scossa all’apparente normalità che caratterizza questa nuova Mystic Falls. Non voglio dilungarmi più di tanto su questo punto. Ci sarà tempo più avanti, per scoprirne di più.

Il prossimo capitolo sarà bello corposo mi sa, perché succede di tutto un po’. Sappiate solo che sarà ambientato durante la partita di Hockey di Xander bello e che finalmente faranno capolino i due “adulti” mancanti (Tyler e Bonnie). Uh e anche Autumn. 

 

Ho detto troppo -come mio solito- .

Vi ricordo che per foto, video, informazioni,foto di Mase nudo (ma dai, stavo scherzando XD), e via dicendo a proposito di questa storia, potrete trovare tutto qui.

Ringrazio di nuovo quella bellissima e splendida donna di nome Fiery, per il betaggio *spupazza tantissimo*

Un abbraccio grande

 

Laura

 

P.S. Again, il titolo è tratto da un episodio della season 1 di TVD. L’ho trovato particolarmente azzeccato, visto che questo capitolo si è cncentrato molto sui vari nuclei famigliari.

P.P.S. Le risposte alle recensioni arriveranno il prima possibile!

 

   
 
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