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Autore: Hyorangejuice    22/11/2011    10 recensioni
Tentare di descriverlo senza sembrare banali o offensivi nei suoi confronti sarebbe stato molto difficile, quindi Minho si limitò ad osservarlo senza affibbiargli aggettivi come ‘carino’, nonostante lo fosse, anche dalla sua del tutto eterosessuale prospettiva, né ‘dolce’ nonostante avesse un sorriso da carie, né bello perché… Perché sarebbe stato ‘troppo gay’ dalla sua eterosessuale prospettiva.
Sul petto aveva una targhetta con il suo nome sopra, si chiamava… .
“Taemin-ah!” Key salutò il ragazzino con uno dei suoi migliori sorrisi.
c'è un Minho indeciso, un Taemin che è una caramella mou, un Kibum che è più di quello che sembra, un Jonghyun canterino e un Onew sbadatamente se stesso, tutti alle prese con le proprie vite, tra caffè alla canella e scelte che cambieranno per sempre la loro vita.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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shall1
ecco il primo capitolo ufficiale!
e sì, donne, sarà una 2min perchè, nonostante sia un side pairing, non potevo
negare a me stessa la gioia di scrivere Jongkey...
nella foto ci sono le 'versioni' degi SHINee che ho scelto per la storia,
*plastic pose* per il banner che ho fatto io con l'ausilio
del maligno photoshop.
penso che forse cercherò anche di mettere qualche foto di come mi immagino il 'Romantic', giusto
perchè abbiate un'idea...
comunque spero che il primo capitolo non vi deluda...
è anche stato betato...
direi che anche basta...
GRAZIE a tutte per i gentilissimi commenti che sono stati decisamente apprezzati m(_ _)m


Shall I try kiss you?


Romantic


“Immagino che tu non ne voglia parlare”

Kibum aprì la busta delle patatine versandole in una enorme ciotola insieme ai popcorn e ad altre schifezze che aveva racimolato in casa. ‘Le provviste d’emergenza’ le aveva chiamate.

“No, non mi va”

Kibum annuì prendendo una manciata di patatine mentre si spostavano in salotto. Minho si lanciò sul divano mettendosi comodo e aspettando che Kibum scegliesse il film. ‘Qualcosa di così orribile che la tua vita sembrerà fantastica’ aveva detto.
Erano amici da molto lui e Kibum, da quell’estate in cui Kibum era stato assalito dal cane dei vicini e per scappare alle fauci dell’animale era entrato nel giardino di casa Choi. Se lo ricordava ancora, con i capelli scompigliati, le guance rosse e il fiato corto, sdraiato nel suo vialetto, solo per alzarsi un attimo dopo e inveire contro il cane.
Avevano più o meno dodici anni e essere amici non era difficile, specialmente essere amici di Kibum, almeno era quello che pensava Minho, anche se presto si era dovuto rendere conto che le cose non vanno sempre come ci si aspetta.
‘Ma Kibum è forte’ si era sempre detto, e se non fosse stato forte abbastanza lui non sarebbe stato lì.

“Pronto?”

Kibum si voltò a sorridergli prima di premere play. Minho annuì sorridendo e facendo spazio sul divano.
Con la ciotola sulle ginocchia Kibum si accomodò nell’abbraccio di Minho mentre i titoli di testa iniziavano a scorrere.

“Key-ah”

Kibum si mise un bocca un paio di pop-corn prima di voltarsi verso Minho.

“Grazie”

Kibum sorrise.



¤ ¤ ¤



Aveva sognato Chan-sook quella notte, uno di quei sogni strani che nascondono passioni e menzogne, il sogno sbagliato da ricordare che ti strappa gli ultimi attimi di riposo.
Erano seduti in un bar, stavano bevendo caffè o forse qualcos’altro ed erano insieme, poi d’un tratto Chan-sook aveva spalancato gli occhi coprendosi la bocca con una mano e i clienti che prima si stavano facendo gli affari propri, bevendo i loro caffè, in pausa dalle loro vite perfette avevano iniziato a guardarlo, a indicarlo.
Era nudo.
Nudo come un verme seduto sulla sedia girevole di un caffè.
Nudo perché tutti potessero vederlo.
Nudo perché tutti potessero deriderlo.
Quando aveva guardato verso Chan-sook lei non c’era più, era solo una macchia in mezzo alla folla che rideva e indicava.
Di certo non era il miglior modo di cominciare la giornata.
Aprendo gli occhi si era ritrovato al sicuro e vestito, arrotolato nel piumone di Kibum. Sul comodino, appeso sopra la sveglia, un post-it diceva: ‘Everything will be all right if It’s not all right It’s not the end ’.
Ah, Kibum e la sua necessità di prendersi cura dei cuori infranti.
Riluttante si alzò, abbandonando il calore del letto.

In cucina il caffè ancora caldo lo aspettava nella brocca. Se ne versò una tazza prima di spostarsi in salotto.
Seduto sul divano c’era Kibum.

“Buongiorno” disse avvicinandosi.

Kibum scattò come se si fosse risvegliato all’improvviso da un sogno ad occhi aperti. Cercando di nascondere l’imbarazzo e la sorpresa sorrise.

“Buongiorno, dormito bene?” chiese giocando nervosamente con una ciocca di capelli biondi.

“Key-ah, c‘è qualcosa che non va?”

Kibum sorrise, stavolta senza nascondere la tristezza, né la rabbia, né la frustrazione, non sarebbe servito a niente, non davanti al suo migliore amico, non davanti a Minho.

“Minho-ah” gli fece cenno di avvicinarsi e Minho lasciò la tazza di caffè per terra vicino al divano per andare sedersi vicino a Kibum.

Negli occhi acquosi di Kibum c’era quell’ inesauribile desiderio d’affetto che appariva ogni tanto, quando il mondo diventava un posto troppo brutto per le persone come Kibum. Minho sorrise facendo scorrere un braccio dietro il collo di Kibum e attirandoselo al petto.

“Kibum-ah, cosa c‘è che non va?”

Kibum sorrise, affondando ancora di più il viso nella maglietta grigia di Minho. Era bello avere qualcuno che chiama il tuo nome con tanto affetto, pensò.
Rimasero abbracciati sul divano finché il caffè non si fu freddato, Minho accarezzava la schiena di Kibum parlando di cose a caso, senza un filo logico solo per non lasciare Kibum da solo con i suoi pensieri.

“Vorrei che la vita fosse facile come fare shopping, vorrei avere un carrello da riempire di cose belle e che non passano mai di moda e vorrei che ci fossero i saldi tutto l‘anno” mormorò a mezza voce.

“Ti va una cioccolata calda?” propose Minho dopo un attimo di silenzio.

L’ombra di un sorriso mosse le labbra di Kibum.



¤ ¤ ¤



Un’ora, otto jeans e quindici magliette dopo erano entrati al ‘Romantic’ e si erano accomodati al loro solito tavolo vicino al bancone. Mentre Kibum sfogliava il menù, nonostante entrambi ormai lo conoscessero a memoria, Lee Jinki, proprietario del locale, uscì dal retro.

“Buongiorno!” esordì avvicinandosi al tavolo dove i suoi due amici sedevano.

Jinki era una di quelle persone che si potrebbero definire ‘inaspettate’. Inaspettatamente inciampava minacciando di cadere e farsi discretamente male, e altrettanto inaspettatamente si salvava all’ultimo momento e un sorriso imbarazzato gli saliva alle labbra mentre le guance si tingevano di un rosa pallido.
Inaspettatamente poi a dispetto di tutto quello che il mondo, o quantomeno quelli che lo conoscevano meglio, si aspettavano finita l’università aveva aperto quel bar, piccolo, caratteristico, arredato con gusto e la cui specialità era il caffè alla cannella.
Da manuale era invece la cotta clamorosa che Jinki aveva per la fioraia del negozio all’angolo, quella carina con i capelli lungi e mori che lo faceva balbettare e arrossire senza un apparente motivo.

“Sei stato dalla fioraia stamattina?” chiese Minho.

Jinki annuì voltandosi a guardare il vaso lungo in cui aveva messo il mazzo di gigli che aveva comprato proprio quella mattina.

“È incredibile come, nonostante l‘evidente paresi vocale che ti coglie ogni volta che sei a meno di cento metri dalla fioraia, tu riesca comunque ogni mercoledì a portare a casa dei fiori. Complimenti Jinki, davvero” osservò Kibum mentre Jinki arrossiva fino alla punta dei capelli.

“Ehm, sì io non… È solo che lei è così… E lo sai che poi alla fine…”

“Jinki non ti annodare il cervello, lo so che cosa pensi e sono anche convinto che prima o poi ce la farai ad invitarla ad uscire, Jinki”

Altri due clienti entrarono e Jinki si scusò alzandosi per andare ad accoglierli, lasciando di nuovo Key e Minho alle prese con i menù.

“Minho, sei sicuro che non vuoi parlare di quello che è successo ieri sera? Voglio dire dovresti essere più… Più affranto”

Minho sospirò evitando di guardare Kibum negli occhi, non riusciva a spiegare a se stesso quella strana sensazione di calma che gli era calata addosso quando era uscito per l’ultima volta dall’appartamento di Chan-sook, come avrebbe potuto spiegarlo a qualcun altro?

“Non lo so. Sarà lo shock?”

Sorrise e Kibum si limitò a sbuffare.

“Invece tu e Hyun-Ki, vi vedete ancora?”

Kibum sorrise abbassando lo sguardo, una leggera vena di tristezza faceva da sottofondo ad un leggero sospiro: “No, non ci vediamo più”.

Minho stava per chiedere spiegazioni, ma fu interrotto dalla voce del cameriere.

“Avete deciso?”

Quando Minho distolse la sua attenzione da Kibum si trovò di fronte un ragazzino di appena sedici anni, almeno tanti ne dimostrava, capelli di un biondo miele e un sorriso dolce con un blocchetto in mano.
Tentare di descriverlo senza sembrare banali o offensivi nei suoi confronti sarebbe stato molto difficile, quindi Minho si limitò ad osservarlo senza affibbiargli aggettivi come ‘carino’, nonostante lo fosse, anche dalla sua del tutto eterosessuale prospettiva, né ‘dolce’ nonostante avesse un sorriso da carie, né bello perché… Perché sarebbe stato ‘troppo gay’ dalla sua eterosessuale prospettiva.
Sul petto aveva una targhetta con il suo nome sopra, si chiamava… .

“Taemin-ah!” Key salutò il ragazzino con uno dei suoi migliori sorrisi.

“Ciao Kibum-hyung”

“Vi conoscete?” Minho intervenne.

“Taemin, questo è Choi Minho, il Flaming Charisma della facoltà di economia, Choi, questo è il mio figlio prediletto, quindi off limits, Taemin”

“Hyung!” Taemin protestò corrugando la fronte ed evidentemente abituato alle uscite di Kibum. “Piacere Minho, Key-hyung parla spesso di te”

“Davvero?” chiese guardando Kibum interrogativo.

“Yah! Siamo qui per bere della cioccolata non per parlare” intervenne Kibum fulminando Minho con lo sguardo.

“Io prendo una cioccolata con nocciole e panna” disse Minho mettendo da parte il menù.

Taemin scribacchiò sul suo blocchetto e poi si rivolse a Kibum che ordinò una cioccolata al peperoncino con appena un po‘ di panna. Taemin segnò l’ordine e sorrise di nuovo prima allontanarsi con le loro ordinazioni.

“Quindi, come vi conoscete?”

“Frequentiamo le stesse lezioni di danza tre volte la settimana, notevole, vero? E devi vederlo come si muove, anzi, forse è meglio che tu non lo veda”

Minho ignorò l’ultima parte e l’espressione seria di Kibum limitandosi a scuotere la testa.
Quando Taemin tornò con le loro ordinazioni Kibum lo convinse, anche se si potrebbe dire costrinse, a sedersi un attimo per parlare data la poca affluenza di clienti. Cinque minuti in cui Kibum lo riempì di domande sulla scuola, sui compiti, sulle lezioni di ballo, sui suoi amici, su come si trovava nella nuova classe, ‘Non dare confidenza a chi ti offre delle caramelle’, ‘Se qualcuno se la prende con te va subito a dirlo all’insegnante’.

“Yah! Umma! Devo tornare a lavoro” Teamin si inchinò appena prima di correre nel retro del locale per liberarsi del rossore che gli aveva infiammato le guance.

“Aish, che figlio ingrato, e io che mi preoccupo per lui”

Minho nascose un sorriso prendendo un sorso di cioccolata. Taemin, intanto, era uscito dal retro e lo stava guardando da dietro le ciocche bionde che gli ricadevano disordinate sugli occhi. Quando i loro occhi si incontrarono Taemin distolse lo sguardo andando a pulire i tavoli che si erano appena liberati e Minho dovette sforzarsi parecchio per non definirlo ‘carino’.



¤ ¤ ¤



Quello era uno di quei giorni in cui essere uno studente di Economia era una delle cose che odiava di più: quando il tuo professore schiavista decide che in tre giorni devi consegnare un lavoro di dieci pagine sulla microeconomia di un’isoletta sconosciuta in mezzo all’Oceano Pacifico, quando tutta la facoltà sembra essere convogliata nella biblioteca non lasciando neanche un angolo libero, essere uno studente di Economia era davvero uno schifo.
Si era dunque visto costretto ad emigrare nell’unico posto in cui sapeva di poter trovare un po’ di calma, ovvero il Romantic.
Entrando il profumo del caffè lo aveva subito fatto sentire meglio, e il riscaldamento acceso di certo non poteva che sollevare il suo umore grigio come il cielo di Seul che minacciava pioggia.
Come si era aspettato il locale era quasi vuoto, salvo per una coppia seduta in un angolo e un piccolo gruppetto di anziane signore che bisbigliavano e ridevano a bassa voce.
In piedi vicino al tavolo delle signore c’era Taemin, rosso in viso, sorrideva e Minho non potè fare a meno di sorridere a sua volta.
Una delle signore doveva aver detto qualcosa di particolarmente divertente perché tutte si misero a ridere, Taemin compreso.
Non c’era un valido motivo per cui Choi Minho dovesse continuare a stare in piedi, nell’ingresso, con i libri che gli pesavano sulla spalla, la necessità fisiologica di un caffè e un saggio di dieci pagine da scrivere, eppure stava lì, a sorridere guardano il cameriere che sorrideva.
Quando, però, gli occhi di Taemin incontrarono i suoi, il sorriso che gli era fiorito sulle labbra si spense e Minho si ritrovò dolorosamente consapevole del fatto che era rimasto in piedi sulla porta, i libri in spalla, e il saggio da scrivere a guardare il sorriso del cameriere, il sorriso di un uomo.
Taemin sembrò accorgersi che c’era qualcosa che non andava, sorrise alle signore prima di tornare dietro il bancone.

“Minho-ah! Cosa ci fai qui?” Jinki lo scosse dai suoi pensieri, per sua fortuna.

“Devo studiare e la biblioteca è piena”

Jinki annuì. “Siediti, ti mando Taemin con una bella tazza di caffè”

Si sedette ad uno dei tavoli più in disparte e sistemò i libri sul tavolo cercando di non pensare a niente che non fossero numeri, cifre e manghi, a quanto pareva l’unica fonte di reddito dell’isoletta persa nel Pacifico.
Stava rivedendo alcuni appunti presi durante la lezione quando due mani bianche e fini entrarono nel suo campo visivo insieme ad una tazza di caffè.
Alzò lo sguardo e Taemin, in piedi vicino al suo tavolo, gli sorrise inchinandosi appena prima di tornare ad occuparsi degli altri clienti.
Il ragazzino era addirittura arrossito posando la tazza sul suo tavolino, un rosso leggero, come quello che si vede nei libri sulle guance delle principesse in pericolo.
Minho scrollò le spalle e tornò ai suoi libri, qualsiasi cosa fosse stata quella leggera sensazione di leggerezza che aveva provato guardando Taemin, non era di certo quello il momento per preoccuparsene.


Il suo orologio da polso segnava le sette quando Jinki venne a sedersi al suo tavolo con la caraffa del caffè ed un’altra tazza per sé.
Tutto sommato non era stato un pomeriggio sprecato, in tutto aveva scritto tre pagine.

“Allora come va?” chiese riempiendo di nuovo la tazza di Minho.

“Quando chiudo gli occhi vedo manghi giganti che vogliono mangiarmi, secondo te come va?”

Jinki sorrise e riempì la propria tazza. “Forse dovresti passare alle tisane, troppo caffè tutto insieme fa male”

Minho prese un sorso di caffè e scosse la testa, le tisane avrebbero aiutato il suo fegato, ma di certo non avrebbero salvato la sua media.

“Camelie, eh?”

“Sono andato a prenderli stamattina” Jinki arrossì. “Sono caduto di fronte al negozio inciampando in una bicicletta. Lei mi ha aiutato ad alzarmi, è stata molto gentile”

Intanto altri clienti erano entrati, un paio di ragazzi che aveva visto in facoltà, ma di cui non conosceva i nomi. Osservò Taemin accompagnarli al tavolo e sorridere a qualche battuta mentre prendeva le orinazioni e si domandò se quei ragazzi venissero spesso o se Taemin avesse semplicemente una naturale inclinazione al sorriso. Lo guardò mentre, dietro il bancone, preparava il caffè con la macchina italiana attento a non far traboccare il caffè dalla tazzina e a non metterne troppo nel cappuccino.

“Ehi? Minho? Mi ascolti?”

No, non lo stava ascoltando e cosa ancora peggiore, non lo stava ascoltando perché i suoi occhi erano incollati alle mani di Taemin, ai suoi occhi che si assottigliavano mentre disegnava qualcosa con il cacao sulla schiuma del cappuccino.
Scosse la testa giustificandosi con il fatto che ‘Taemin assomigliava troppo ad una ragazza’.

“Senti, ma il tuo nuovo cameriere, quanti anni ha? È legale che tu lo faccia lavorare?”

Lee Jinki sorrise e annuì. “Ha diciassette anni e lavora qui solo part-time, a volte si porta i compiti e se non c‘è molta gente si mette a studiare. Odia la matematica mi ha detto”

Minho lanciò un’ultima occhiata a Taemin prima che Jinki lo informasse che si preparavano a chiudere e che poteva rimanere un’altra mezz’ora.
Ringraziando Minho raccolse le sue cose e dirigendosi verso l’uscita.
Fu quando stava per uscire che Taemin gli rivolse la parola per la prima volta in tutto il pomeriggio.

“Ciao hyung!”

Si voltò trovandosi davanti un Taemin sorridente, con i capelli biondi che gli nascondevano appena gli occhi assottigliatisi seguendo il movimento delle guance.
Sorrise per riflesso, agitando la mano prima di uscire.

   
 
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