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Autore: supernova_the_fifth    22/11/2011    1 recensioni
Quando la vita ti sembra normale. quando credi che tutto andrà per il meglio...è allora che il passato ti si ripresenta dinnanzi!
Dal capitolo 6:
[ Cloud non alzò lo sguardo da terra e non cercò di discolparsi. In cuor suo sapeva che ciò che lo sfregiato aveva appena detto era vero. In fin dei conti non aveva tentato nulla per fermalo e impedirgli di fare qualcosa.
Aveva perso davvero tutto quello che era un tempo.
E fin da subito sapeva di aver condannato tutti loro a morte certa. Nella sua mente aveva cercato più volte di pensare che si sarebbe concluso tutto per il meglio per tutti loro ma sapeva di mentire a se stessa.
Lei aveva comunque continuato a sperare; ora però tutta la consapevolezza di ciò che attendeva Anna, Erica, Mattia, Giulia, Naya, Elisabetta e Alice la colpì come un macigno.
Le parole che la raggiunsero qualche istante dopo furono il colpo di grazia.
- Anche se immagino che un secondo omicidio di massa non possa pesarti troppo sulla coscienza. Vero Supernova?- ]
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Nexus Universe'
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Gocce che sanno d’inferno

 

 

 

La pioggia scivolava giù lungo il vetro della corriera lasciando scie umide al suo passaggio.

Aveva cominciato ormai da una decina di minuti e pareva che non avesse intenzione di smettere, il che era parecchio irritante perché non aveva con se un ombrello. Ed era certa che tutti alla fermata dell’autobus per la scuola si sarebbero ammassati sotto la mini tettoia.

Il che significava essere bagnata fradicia!

Cloud sospirò e continuò a fissare i campi circostanti. Per arrivare in città ci sarebbero voluti ancora una quindicina di minuti e sperava fortemente che la pioggia cessasse.  

I feel I've come to realize
How fast life can be compromised
Step back to see what's going on
I can't believe this happened to you
This happened to you

Ormai erano diverse settimane che ascoltava imperterrita quella singola canzone. Aveva un che di nostalgico, un qualcosa che non sapeva bene nemmeno lei…

- Che ascolti? – Alice si era sfilata una delle cuffiette del suo telefono e la guardava curiosa.

- Hell song dei Sum 41, come mai tutto questo interesse? –

- Parevi giù di morale…pensavo fosse colpa della canzone. – si rigirò la cuffietta tra le dita. – Sai che a me puoi dirlo se hai problemi. Sono la tua migliore amica per qualcosa no? –

Cloud sorrise all’amica del cuore. Rivolse lo sguardo all’mp3 che teneva in mano. Sul display illuminato poteva ancora leggere il titolo della canzone. – Tranquilla va tutto a meraviglia. E’ solo che la pioggia mette un po’ di tristezza se scende e non la puoi godere da dentro casa. –

- Mmm…in effetti è vero. Magari con una tazza di cioccolata calda in mano è ancora meglio! – il suo viso si illuminò e batte la mano sulla spalla dell’amica alla sua sinistra.

- Eli se oggi pomeriggio piove ancora tutte da me a guardare la pioggia e a bere cioccolata calda! –

L’amica diede un cenno d’assenso e tornò a parlare con Giulia di qualcosa che doveva riguardare Harry Potter o qualcosa di simile, non era completamente certa.

Si accorse che la rossa la stava fissando. – Si? – chiese pacatamente.

- Non mi hai ancora risposto mucca! Vieni o no? -

- Fammi pensare. Passare il pomeriggio con le mie due migliori amiche a guardare la pioggia, sotto una bella coperta, parlare di cazzatelle varie e bere cioccolata calda? Sì l’idea mi piace! –

Alice sorrise e si rimise la cuffietta tornando ad ascoltare musica. Anche lei fece altrettanto e si rese conto di non aver messo in pausa perché la canzone ormai era al ritornello finale.

Passò qualche istante e la musica ricominciò da capo; la ragazza si guardò un po’ in giro e vide che pur essendo prima mattina la corriera era pervasa di vita. C’era gente che parlava, che giocava con la psp o che si divertiva a fare scherzi idioti.

Era strano come pur non sentendo nessun rumore a causa della musica quella scena le si presentasse fantastica. Eppure non c’era niente al di fuori dall’ordinario. Era solo una comunissima mattina di una comunissima giornata di scuola.

Ormai in fondo al viale vedeva la porta bianca che dava l’accesso alla città dentro le mura. A cento metri c’era la loro fermata.

E non ha ancora smesso di piovere. Fantastico, veramente splendido.

Non che la pioggia fosse fortissima, solo che il solo fatto di avere navette e pioggia in una stessa frase non la metteva di ottimo umore. Spense l’mp3 e lo infilò in tasca.

Raccolse la cartella da sotto il sedile dove era rovinata a causa della brusca frenata all’ultimo semaforo e con Alice, Erica, Elisabetta e Giulia e un po’ di altra gente si preparò a scendere.

- Erica tu hai un ombrello vero? -

La ragazza con i lunghi capelli castani si girò verso Cloud e le sorrise con una punta di malizia in quegli occhi azzurri. – Se non ci fossi io tu come faresti?? –

- Non ne ho proprio idea. – rispose sinceramente la ragazza mentre scendeva gli scalini della corriera e andava sotto l’ombrello dell’amica. Non poté che trattenere una risata quando vide quello che la bruna diciassettenne aveva raffigurato sulla tela dell’ombrello.

Erica la fissò. – Che c’è adesso? –

- Ti prego dimmi che non è bianchetto quello con cui hai disegnato i doni della morte! -

- In realtà sarebbe smalto bianco. Mi era venuta voglia di disegnarli ma non avevo niente a portata di mano e quindi… -

- Smalto. Bella scelta! – Adesso non poteva più trattenere le risate. – No davvero, se la prossima volta hai i tuoi schizzi artistici di mezza età fai un fischio che ti presto gli indelebili. – si appoggiò al palo della tettoia. – Sai...quelle cose che assomigliano ai pennarelli ma che con l’acqua non vanno via!...-

- Ah ah ah spiritosa. – rispose di rimando l’altra facendo una linguaccia.

Salutarono un po’ di gente che già riempiva la loro piccola fermata. Pensare che quello era il suo ultimo anno di scuola superiore la metteva di buon umore ma poi quando pensava alle loro mattine all together la tristezza la assaliva.

Certo che rispetto agli anni precedenti ce n’era di gente: si ricordava ancora quando due anni prima avevano cominciato a scendere li e la fermata era praticamente deserta. Adesso invece brulicava di vita. Piena di marmocchi di prima superiore.

- Lo prendo come un complimento! -

Cloud guardò Giulia di traverso. – L’ho fatto di nuovo? –

- Cosa, esprimere i tuoi pensieri ad alta voce? Si direi proprio di si. – ridacchiò la ragazza. – E comunque saremo anche primarioli ma non siamo gli unici bassi! -

- Ma sentila! – borbottò la ragazza.

Anche gli altri si erano aggiunti alla conversazione che però pareva prendere una piega del tutto sfavorevole per Cloud.

- Beh insomma non puoi mica dire di essere un mostro di statura Claudia. – aveva aggiunto Alice. – E’ una cosa brutta ma si sopporta! Ah ah ah! -

L’ombrello di Elisabetta ruotò un po’ mentre la ragazza cercava di scrollare un po’ dell’acqua. – Ali ha ragione. Sappiamo che deve essere una prova terribile da sostenere ma noi ti riteniamo perfettamente all’altezza della situazione! –

- Beh allora è una situazione davvero bassa! – concluse Alice.

Cloud le squadrò tutte con fare imbronciato. – Siete delle traditrici! E viene dal cuore. – Prese l’ombrello di mano a Erica e lo ruotò in modo che l’acqua finisse contro le due amiche. – E questa è la punizione! Mu ah ah ah ah! –

Erica e Giulia, fuori dalla lotta acquatica che stava avvenendo a un metro da loro sospirarono e alzarono gli occhi al cielo.

- Vuoi venire sotto? – chiese Giulia.

Erica le sorrise. – Grazie. Immagino che il mio ombrello tornerà tra un bel po’... – rimasero a fissare le ragazze immerse nella loro “battaglia”. - Claudia! Rompi l’ombrello e ti rompo io!!! – urlò infine.

Giulia si tappò le orecchie. Tornò a guardare la ragazza. – Ci sarà mai un giorno normale qui? –

- Mai stato! – sentenziò con fare allegro Erica.

 

 

 

Gli stivali arrancavano tra fango e pioggia, dove prima la strada era asfaltata ora il ghiaino ne aveva preso il posto e a salti il terreno si riempiva di buche. Non che fosse insolito solo che al momento non era ciò di cui aveva bisogno.

Non teneva particolarmente al suo aspetto o a come la gente poteva finire per giudicarlo. Erano passati anni dall’ultima volta che si era posto un problema del genere.

Solamente era irritato dal fatto che quegli stivali in pelle gli fossero costati qualcosa come all’incirca trecento lune. Ed era una bella spesa. Ora, a causa di quella dannata strada, quel patrimonio si stava inzatterando sotto i suoi occhi.

Lui non possedeva quello che tutti definivano autocontrollo, quindi per non cadere preda d’uno scatto d’ira cercò di focalizzare quello che doveva portare a termine. Sapeva che la strada che stava seguendo l’avrebbe portato dove voleva lui.

La strada asfaltata riprese il posto del ghiaino sotto i suoi piedi. Continuò a camminare lungo quello che ora era diventato un viale alberato. Doveva essere di sicuro la periferia perché non c’era in giro anima viva, solo qualche pedone e una rara macchina di tanto in tanto.

Stava continuando a camminare a bordo strada quando il cane di una signora che gli passò a fianco cominciò a ringhiargli contro. La signora sbigottita biascicò qualche scusa all’uomo. Quando cercò di guardare l’uomo in faccia quello che vide le fece gelare il sangue nelle vene.

Sotto il cappuccio il volto dell’uomo era una maschera di sfregi e ustioni che risaltavano bianche sulla pelle abbronzata. un suono molto simile a un ringhio uscì dalla bocca dello sfregiato: l’animale si acquattò dietro la padrona dalla paura, quel suono aveva qualcosa di inquietante.

Anche la donna era pietrificata. Non riusciva a muoversi dal terrore che quello fosse un qualche maniaco masochista che per un pugno di soldi non avrebbe esitato a ucciderla.

Ma la realtà era, brutalmente diversa.

L’uomo sollevò il capo fino a fissare negli occhi la donna. Due iridi viola fissarono l’esile figura prima di ridurla a quello che poteva essere cumulo di carne.

Non più di un secondo era passato, e dove prima si trovava la donna ora solo un corpo morto.

Il cane avvicinò il muso ai resti della padrona e le si accucciò a fianco cominciando a ugolare.

Lo sfregiato riprese a camminare con gli occhi fissi verso quello che aveva davanti a se.

Alla fine del viale le vecchie mura romane della città di provincia segnavano l’inizio della città.

Quel uomo era decisamente qualcosa di più.

- Aspettami O’Neill. -   

   
 
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