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Autore: Duvrangrgata    22/11/2011    2 recensioni
E nell'esatto istante in cui attraversai la strada correndo- quella strada che avevo fatto milioni di volte- capii che non sarei mai più tornata.
Mentre guardavo le luci dei fari dell'auto venirmi incontro, e le mie orecchie sentivano il suono del clacson, compresi che non avrei mai avuto l'occasione di scusarmi.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La scatola. Non so come sia nata precisamente questa OS, però è raro che l'ispirazione mi prenda a tal punto da far nascere qualcosa praticamente dal nulla. È la mia prima OS,  ed è in assoluto la prima cosa originale che scrivo. Probabilmente non sarà questa gran cosa, ma voglio provarci ugualmente.
Spero vi piaccia!
Dru


Ricordo ancora la prima volta che vidi quella scatola. Non aveva nulla di speciale, né nella forma, è nel colore; nulla che comunque potesse attirare particolarmente l'attenzione di una bambina di dieci anni.  Era solo una vecchia scatola polverosa, lunga venti centimetri e larga dieci, di un rosa antico ormai sbiadito e con qualche disegno ormai cancellato dal tempo, sul coperchio e sui lati. Non sapevo perché mi attirasse tanto, ma l'idea di una scatola nascosta sotto un asse del pavimento nella stanza di mia madre era piuttosto affascinante, e di sicuro contribuì ad alimentare la mia già fervida immaginazione. Comunque da quando avevo visto mamma prenderla, nascosta dietro alla porta, non avevo ancora avuto il coraggio di guardare cosa ci fosse dentro. Ma ogni volta che passavo davanti all'antica porta di quercia che portava alla stanza di mia madre sentivo una forza sconosciuta chiamarmi e rimanevo per diversi minuti ferma immobile con la mano sulla maniglia, indecisa se abbassarla ed entrare oppure scappare via. Avevo sempre scelto la seconda. Fino a quel momento. La porta cigolò leggermente quando l'aprì per entrare nella stanza. Il legno scricchiolava sotto i miei piedi nudi, e ogni scricchiolio mi sembrava un colpo di cannone nel silenzio della casa. Mia madre era fuori, ma nonostante tutto ero tesa come se mi aspettassi che comparisse da un momento all'altro. Mi inginocchiai ai piedi dell'enorme letto matrimoniale come avevo visto fare a mia madre quel giorno e aiutandomi con le unghie sollevai l'asse di legno, lasciandola cadere con un leggero tonfo sul pavimento accanto ai miei piedi. Presi la scatola e l'aprì, titubante. All'interno vi erano diversi fogli di carta piegati. Ne presi uno, saggiando la consistenza della carta vecchia sotto i polpastrelli. Mi feci forza e l'aprì, apprestandomi a leggerne il contenuto.

25 Settembre 1988
Amore mio,
è passato già un anno da quando te ne sei andato. Le cose sono difficili, io e Lexy sentiamo molto la tua mancanza. Se potessi vederla! Sono convinta che saresti immensamente fiero di lei. È una bambina così forte... molto più forte di me, amore mio. In questo ha preso da te. Quanto vorrei che fossi qui, ho tanta paura di non farcela! Non riesco ad andare avanti, ad uscire da questo enorme vuoto al centro del mio petto, che sembra risucchiarmi ogni giorno di più. Non riesco a rialzarmi, amore mio, non riesco a trovare una ragione per andare avanti... Tu eri la mia luce, e da quando sei morto per me esiste solo il buio. A volte fa talmente male che il desiderio di raggiungerti mi invade, ma so che tu non approveresti. E allora stringo i denti e mi dico che devo andare avanti per Lexy, nostra figlia. Quell'angelo che è entrato nelle nostre vite e che ha i tuoi splendidi occhi azzurri. Voglio essere forte per lei, amore mio, perché so che una parte di te vivrà sempre in lei. Combatterò e lotterò con le unghie e con i denti per impedire agli altri di portarla via da me. Finchè avrò anche solo un soffio di vita nessuno potrà farle del male.
Te lo prometto, amore mio.

Per sempre tua
Elena.

Una lacrima cadde sul pavimento di legno, lasciando una scia salata sulla mia guancia. Erano passati tre anni dalla morte di papà, due da quando era stata scritta la lettera. Abbassai lo sguardo sul contenuto della scatola, senza avere il coraggio di prendere e leggere gli altri fogli. Quante cose aveva scritto mia madre in quelle lettere? Aveva menzionato i litigi che da qualche mese a quella parte sembravano essere una cosa quotidiana? In un attimo mi resi conto di non volerlo scoprire...
Di non voler scoprire cosa mia madre avesse scritto, di non voler scoprire quanto la ferissero, in realtà, le mie parole e le mie azioni.
Avevo paura.
Con mani tremanti misi via la lettera e sistemai di nuovo la vecchia scatola sotto il pavimento, allontanandomi poi di fretta dalla stanza, tentando di fuggire il più lontano possibile.
Via da quella casa.
Via da quei ricordi.
Via dalla realtà.
E nell'esatto istante in cui attraversai la strada correndo- quella strada che avevo fatto milioni di volte- capii che non sarei mai più tornata.
Mentre guardavo le luci dei fari dell'auto venirmi incontro, e le mie orecchie sentivano il suono del clacson, compresi che non avrei mai avuto l'occasione di scusarmi.
Che non avrei mai più avuto la possibilità di dire a mia madre quanto le volessi bene, quanto mi dispiacesse di averla ferita, quanto avrei voluto averla ascoltata quando ancora ero in tempo.

Mi dispiace, mamma.
Ti voglio bene.
 
   
 
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