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Autore: Frytty    23/11/2011    6 recensioni
Arlyn ha perso la memoria. Non ricorda di avere una vita, ma diverse cose, al suo rientro a casa, non quadrano e lei decide che se vuole ritornare ad essere felice come un tempo, non può semplicemente aspettare, ma agire.
E Robert, che ruolo ha nella sua vita?
E Tom? E' solo il suo migliore amico, come vuole farle credere?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve!

So che vi ho fatto attendere molto per questo capitolo e mi dispiace, ma, purtroppo, non ho capitoli già pronti e spesso e volentieri trascorro l'intera giornata all'università, senza neanche un misero spazietto per riordinare le idee (sono arrivata a pensare alle nuove scene nel letto, prima di addormentarmi); quindi, perdono *me fa la faccina da cucciolo sperduto e triste* e, onde evitare dovermi scusare ogni singola volta per i ritardi, premetto già da adesso che gli aggiornamenti rallenteranno un po'; non tantissimo, anche perché non ho intenzione di aggiornare una volta al mese o cose del genere *mettete pure via i coltelli e i pomodori, che vi ho visti!*, ma perlomeno credo di aggiornare una volta ogni due settimane, per avere anche la possibilità di scrivere al meglio i capitoli e di avere una visione chiara delle cose che devono succedere.

Ricordo, comunque, che per gli aggiornamenti costanti sui capitoli è a disposizione la mia pagina autore su Facebook: Frytty; Potete tranquillamente richiedermi l'amicizia (accetto tutti :)), specificando che seguite una mia Ff su EFP e, se non è di troppo disturbo, specificando il vostro nick di EFP (se non già specificato diversamente, ad esempio come nel mio caso).

Se seguite anche mie altre Ff e se ve lo state chiedendo, sì, i messaggi qui sopra sono preconfezionati (nel senso che sono identici nelle introduzioni di tutte le Ff) e questo perché non ho abbastanza fantasia da inventarmene tre diversi xD.

Tornando alle cose serie, devo confessarvi che il vostro amore nei confronti di questa Ff e nei confronti di Arlyn mi devasta ogni singola volta che leggo le vostre recensioni, perché soffrite come me quando scrivo i capitoli e descrivo le sensazioni, le emozioni, le immagini e i possibili ricordi e questo non può che farmi piacere. Preannuncio, però, che non sono riuscita a far entrare in questo capitolo la reazione di Robert al fatto che Arlyn si sia data alla pazza gioia con Tom tra le lenzuola, cosa che avverrà nel prossimo; un po' perché secondo me certe cose vanno dette di persona e non al telefono e un po' perché credo che Arlyn sia sconvolta da quello che le ha rivelato Alex *lo scoprirete, tranquille* e non ha il coraggio di confessargli qualcosa oltre al fatto che è incinta di un mini-Rob, femminile o maschile che sia, perciò chiedo venia, ma dovrete aspettare il prossimo capitolo *espressione da angioletto*

Prima di lasciarvi al capitolo, ringrazio tutte coloro che hanno commentato, letto, dato un'occhiata allo scorso capitolo e chi ha inserito la Ff tra le preferite/seguite/da ricordare *.* Non stancherò mai di ripeterlo: siete tutto per me e per la mia ispirazione, quindi GRAZIE! <3

Vi auguro una buona continuazione di settimana e una...

 

 

 

Buona Lettura! <3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando suonò il campanello mi riscossi dal torpore nel quale ero caduta osservando e rigirandomi tra le mani uno dei tre test positivi.

Scesi le scale in fretta, il battito accelerato e quando aprii la porta e ritrovai gli occhi gentili e comprensivi della Alex che avevo conosciuto in libreria, sorrisi sollevata, invitandola ad entrare.

< Allora, cos'è questa storia? > Mi chiese, seguendomi mentre ritornavo nella mia stanza.

Neanche un accenno a quello che era successo tra di noi? Neanche una parola sul fatto che non ci sentivamo da settimane?

Le volevo bene e sapevo che lei ne voleva altrettanto a me, ma se non avessimo risolto il problema, le cose non si sarebbero mai sistemate; erano giorni che continuavo a pensarci, esattamente tutte le volte che sentivo il bisogno di cercare il suo numero in rubrica per telefonarle e raccontarle la mia giornata.

< Sono incinta. > Risposi, porgendole tutti i test positivi e lasciandomi cadere sul piumone pulito.

< E' di Robert? > Il suo sguardo si incupì. Pensava fosse di Tom, o di qualcun altro?

< Di chi vuoi che sia? > Chiesi sarcastica. Non era il momento adatto per parlarle di quello che era successo tra me e Tom la notte prima.

< Non dovresti essere così preoccupata o spaventata. > Si sedette accanto a me e mi osservò.

< Non sono pronta per diventare mamma e credo non lo sia neanche Robert. > Riflettei ad alta voce. < Come posso occuparmi di un altro essere umano, quando so a malapena prendermi cura di me stessa? Come posso farlo, quando non ricordo metà della mia vita passata? > Continuai, inondandola di domande a cui non poteva dare risposta.

< Ti stai occupando di Robert, però. > Osservò con calma.

Risi, amara.

< E' il contrario, semmai. > Mormorai, rifiutandomi di guardarla negli occhi.

< Hai intenzione di abortire? > Mi domandò, cercando di non far trapelare dal tono di voce lo shock.

Non avevo preso in considerazione quella possibilità; avevo soltanto pensato al fatto che la gravidanza avrebbe causato ulteriori problemi, per Robert e per me, ancora confusa, ancora in bilico, ma, ormai, era come se considerassi quel bambino parte di me e non soltanto perché stava crescendo nel mio grembo, ma anche perché non potevo fingere; dovevo ammettere che, forse, prendermi cura di qualcun altro, di qualcosa che non fosse un libro, avrebbe risvegliato in me i ricordi, quella parte della mia memoria volata via dopo l'incidente.

Feci spallucce alla domanda di Alex e abbassai lo sguardo alle mie mani.

< Te ne pentiresti, lo sai. > Continuò.

Già, forse me ne sarei pentita; ma cosa sarebbe successo se avessi deciso di tenerlo e solo dopo la sua nascita mi fossi resa conto che non ero in grado di badare a lui?

Avevo visto spesso mamme in libreria comprare piccoli opuscoli di auto-aiuto su come non essere preda della depressione post-partum; se fossi diventata una specie di psicopatica che cercava in tutti i modi di uccidere il proprio figlio?

< Sono terrorizzata dal pensiero di doverlo dire a Robert. Ho paura di come possa accogliere una notizia del genere. > Le lanciai un'occhiata spaventata, torturandomi le mani.

< Ti ama, come potrebbe non esserne contento? > Un lampo di rammarico e malinconia apparve nei suoi occhi e capii che c'era qualcosa che non andava in quella discussione.

Perché aveva voluto vedermi subito? Perché non aveva semplicemente attaccato quando aveva capito che ero io? Perché era, improvvisamente, così diversa, disponibile e dolce con me dopo tutto l'odio e il rancore che mi aveva riversato addosso al ristorante?

< Perché sei corsa qui? > Corrugai le sopracciglia, curiosa, e la osservai abbassare lo sguardo e arrossire, muovendosi a disagio.

< Non puoi ricordartene, ma... sono rimasta incinta anch'io circa un anno fa e ho deciso di abortire. Ero sola e i miei genitori non mi avrebbero mai sostenuta, cos'altro avrei potuto fare? > Gli occhi le si riempirono automaticamente di lacrime ed io non riuscii a proferire parola, scossa da quella rivelazione. Si era trovata nella mia stessa situazione ed ora stava cercando di persuadermi a non lasciarmi prendere dallo sconforto e dal non considerare nemmeno la stessa opzione che aveva valutato lei; era per questo che era corsa da me, allora. Non voleva che io abortissi.

< Mi spiace, Alex... > La abbracciai, cercando di farle sentire il mio sostegno e la mia gratitudine per aver messo da parte i nostri litigi e per avermi, in qualche modo, fatto riflettere.

< Di chi era il bambino? > Le domandai dopo qualche istante, curiosa. Che io sapessi, Alexandra era sempre stata innamorata di Tom e, oltretutto, non mi aveva mai parlato di sue storie precedenti.

< Avrei dovuto dirtelo... > Scosse la testa in un cenno di diniego, continuando a piangere e a singhiozzare.

Dirmi cosa, esattamente?

< Credo di non capire. > Risposi, scostandomi appena da lei per cercare di osservare i suoi occhi, le sopracciglia aggrottate.

< Non... insomma, non avevamo intenzione di... è stato tutto un caso e un enorme sbaglio, Arlyn, deve credermi! Avevamo bevuto troppo e ogni singolo giorno rimpiango quella notte... > Singhiozzò, afferrandomi entrambe le mani, stringendole così tanto da farmi male.

Sentivo l'impellente necessità di tornare in bagno a vomitare e non ero sicura fosse per la gravidanza.

< Che vuoi dire? > Chiesi, titubante, un brutto presentimento che stava cominciando a farsi largo in me.

< Il bambino era di Robert, Arlyn. > Pigolò, così piano che non fui sicura di aver sentito bene, fin quando non fui capace di ripetere la frase nella mia mente, come a volerla imparare a memoria.

< E' uno scherzo, vero? > Strattonai le mie mani tra le sue per liberarle, ma lei non mi lasciò andare, gli occhi pieni di lacrime e l'espressione contrita e compassionevole sul volto.

Scosse la testa e abbassò lo sguardo.

A quel punto, non riuscii a trattenermi: mi divincolai dalla sua presa e scappai in bagno, piangendo, cadendo in ginocchio accanto al water, sforzandomi di vomitare, quasi sarebbe servito ad eliminare le parole che avevo assimilato, digerito.

Tossii, nascondendo la testa tra le mie braccia e piangendo.

Forse ero finita in una di quelle patetiche telenovelas che mi ero ritrovata a guardare in ospedale, quelle dove tutti i personaggi hanno dei problemi che, come se non bastasse, loro si divertono a ingigantire, portandoli al limite dell'assurdo, coinvolgendo amici, familiari e sconosciuti.

Robert mi aveva tradita, Alexandra mi aveva tradita ed io avevo tradito entrambi. Eravamo pari, ma non era certo quello che volevo.

Perché Robert non me ne aveva parlato, perché aveva taciuto?

Nonostante fossi terrorizzata dalla cosa, io gli avrei detto di Tom, avrei cercato di ragionare con lui e sarei stata anche disposta a lasciargli del tempo se solo me l'avesse chiesto.

Lui, invece, aveva preferito far finta di niente, lasciando che lo scoprissi così, quando l'ultimo dei miei pensieri era la sua infedeltà.

Avevo capito perché mi avesse lasciata per Kristen, avevo accettato le sue scuse e le sue promesse, l'avevo perdonato, ma Kristen non era la mia migliore amica, a Kristen non avevo confessato tutti i miei segreti più intimi.

Sollevai la testa e cercai di asciugare le lacrime con le maniche del maglione che indossavo, tirando su col naso.

< T-tutto bene? > Sentii la sua voce provenire da una parte imprecisata dietro di me, ma non persi tempo a cercare il suo sguardo.

Mi rimisi in piedi e mi avvicinai al lavabo, aprendo il rubinetto e facendo scorrere l'acqua, affinché diventasse fresca. Mi sciacquai il viso, respirando profondamente e cercando di calmare i singhiozzi che ancora mi scuotevano le spalle.

< Siamo pari. > Mormorai, non riconoscendo allo specchio il mio viso devastato dalla tristezza e dal rimorso.

< Pari? > Mi domandò cauta, aggrottando le sopracciglia.

< Ho fatto anch'io sesso con Tom, ieri notte. Mi aveva invitata al pub, a bere qualcosa tutti insieme e mi sono ubriacata. Mi ha riportata a casa e abbiamo fatto sesso, con l'unica differenza che lui non è il tuo fidanzato, non ti ha chiesto di sposarlo, né ti ha fatto promesse di alcun tipo. > Spiegai seria e arrabbiata.

Un anno prima Robert era ancora il mio fidanzato, probabilmente mi aveva già chiesto di sposarlo... non potevo pensarci senza avere voglia di prendere a pugni e calci entrambi.

Alexandra rimase perplessa e senza parole per quella che a me sembrò un'eternità; poi, scrutandomi dal vetro dello specchio, sembrò cercare una conferma nei miei occhi.

< Mi dispiace, avrei dovuto dirtelo, ma tu non ti ricordavi di me ed io avevo paura che ci saremmo perse se ti avessi confessato tutto, che la nostra amicizia non sarebbe stata più la stessa! > Nuove lacrime le solcarono le guance.

< Credi che il fatto che tu me l'abbia detto adesso possa cambiare qualcosa? Pensi che adesso la nostra amicizia potrà mai essere la stessa? > Avevo voglia di urlare.

< Non volevo farti del male, lui non voleva farti del male. Eravamo ubriachi e la mattina dopo ci siamo ritrovati nudi nella mia camera da letto senza avere idea di come ci fossimo finiti. > Si portò indietro i capelli con una mano, ricordandomi Robert.

< Non fa alcuna differenza, Alex! Dopo tutto quello che ho passato, non hai idea di cosa significhi ritornare a fidarsi delle persone che ti stanno accanto, ritornare a conoscere i tuoi amici, ben sapendo che non sarà mai lo stesso, perché tu non ti ricordi di loro e a malapena ricordi i loro nomi! > Esplosi, voltandomi verso di lei.

Perché non provava a mettersi nei miei panni? Avevo avuto un'infanzia felice? Ero riuscita a vincere il titolo di reginetta dell'anno al liceo? Ero stata accompagnata dal ragazzo più desiderato dell'intera scuola?

Non avevano più importanza tutti quei dannati dettagli. Avevo perso la memoria, non ricordano assolutamente niente della persona che ero prima dell'incidente, cosa poteva mai importarmene della sua stupida gelosia nei miei confronti? Cosa poteva importarmi se Tom era innamorato di me e non di lei?

Niente aveva più senso.

< So che ho sbagliato. > Mormorò, torturandosi le mani. < Ma tu non sai cosa vuol dire vivere di luce riflessa. > Continuò.

< Tuo padre che vorrebbe diventassi medico come tua sorella, perché lei le ha sempre dato le più grandi soddisfazioni della sua vita; i tuoi compagni di scuola che non hanno mai smesso di associarti alla tua migliore amica; i tuoi fidanzati che non ti hanno mai veramente amata. > Sospirò e fissò il pavimento.

< Potremmo fare cambio, magari stiamo meglio nei panni di qualcun altro. > Ironizzai sarcastica.

Alex accennò un sorriso e mi scompigliò la frangia chiara, facendomi sentire una bambina.

< So che non sei veramente arrabbiata con me. > Dichiarò con nonchalance, lasciandomi basita.

La mia espressione dovette essere piuttosto eloquente, perché rispose senza che io le avessi posto la domanda.

< Sei la mia migliore amica, Arlyn, credi che non ti conosca? Abbiamo sbagliato entrambe e abbiamo pagato i nostri errori, ma mi manchi e non credo che la mia corsa qui o il fatto che ti abbia rivelato di aver fatto sesso con Robert, non cambi le cose; so che non sarà più lo stesso tra di noi, so che ti ho delusa e so che hai sofferto e che stai ancora lottando con i tuoi fantasmi, ma io ci sono e ci sarò anche quando mi odierai, anche quando preferirai prendermi a pugni, ma soprattutto quando avrai bisogno di un abbraccio o di un consiglio e voglio che tu lo ricordi bene. > Continuò a sorridere.

< Avevi detto che non volevi avere più niente a che fare con me... > Scossi la testa, incredula.

Sospirò e mosse la mano come a scacciare una mosca fastidiosa.

< Sono stata una bambina e mi dispiace averci messo tanto a capirlo. Non sai quante volte ho desiderato telefonarti, ma avevo paura che tu non avresti accettato le mie scuse. > Spiegò.

Mi asciugò una lacrima e mi abbracciò, accarezzandomi gentilmente i capelli per tranquillizzarmi.

Forse le cose non sarebbero state le stesse tra di noi, ma, perlomeno, eravamo state sincere l'una con l'altra ed io avevo capito che le volevo ancora più bene di prima, nonostante la mia memoria difettosa non riuscisse a mostrarmi il mio passato con lei.

< Allora, pizza? Sto letteralmente morendo di fame. > Mi chiese, trascinandomi fuori dal bagno.

< Non dovrei mangiare sano adesso che sono incinta? > Feci una smorfia e non perché avrei dovuto decisamente diminuire il mio consumo di caffè giornaliero, quanto piuttosto perché avrei dovuto dire addio al cibo cinese e messicano che avevo scoperto essere alcune delle mie cucine preferite.

< Una pizza non ti ucciderà e berrai solo acqua. > Si sedette sul letto e digitò il numero della pizzeria con consegna a domicilio dietro l'angolo.

 

Alexandra mi aveva dato la buonanotte esattamente due ore e due pizze dopo, assicurandomi che avrebbe ripreso il suo lavoro in libreria già l'indomani e confessandomi, per l'ennesima volta, quanto mi volesse bene. L'avevo liquidata con un'occhiataccia a cui lei aveva risposto con una semplice risata e mi ero precipitata ad indossare il pigiama e a prepararmi per la notte. Avevo appena finito di sistemare i cartoni delle pizze nel sacco dell'immondizia, che avevo sentito il mio cellulare squillare ed ero corsa al piano di sopra per recuperarlo.

Robert lampeggiava sullo schermo, corredato da una sua foto in primo piano, probabilmente proveniente da qualche servizio fotografico per qualche rivista.

Mi lasciai cadere sul letto e risposi.

< Ehi, che entusiasmo! > Scherzò, ridendo e contagiandomi.

< Scusami, sono solo stanca; ho avuto una serata piuttosto intensa. > Spiegai, guardandomi intorno nella stanza buia, scostando le coperte e infilandomici sotto per riscaldarmi.

< E' successo qualcosa? > Domandò.

< No, tutto bene, solo che... Alex è venuta a trovarmi e abbiamo cercato di chiarire i nostri punti di vista. > Alzai gli occhi al cielo, perché non era andata esattamente così.

< Oh. E ci siete riuscite? > Continuò. Sentii in sottofondo il vociare allegro di un talk show, segno che, probabilmente, era già rientrato in albergo.

< Più o meno. Domani riprende a lavorare in libreria. > Comunicai, accarezzandomi, quasi fosse un riflesso involontario e le mie mani si fossero mosse da sole, la pancia ancora piatta.

< Bene! Almeno avrai compagnia. > Commentò gioviale, facendomi sorridere.

< L'avrei avuta comunque. > Risposi prima di rendermi effettivamente conto delle mie parole.

< In che senso? > Domandò e quasi lo vidi corrugare le sopracciglia e assumere la sua solita espressione seria.

Avevo lanciato il sasso e adesso non potevo tirarmi indietro; avrei dovuto dirglielo.

< Sono incinta. > Spiegai con la voce tremante, mordendomi un labbro l'istante successivo in attesa di una sua risposta.

Nei due minuti che seguirono credetti di sentire soltanto il rumore della televisione, nessun respiro, nessuna voce e nessuna risposta.

< R-Robert, ci sei? > Chiesi alla fine, non riuscendo a trattenermi.

< Sì, sono qui. > Rispose.

< Non dici niente? > Avevo bisogno di sapere cosa pensasse.

< E' solo che... non me l'aspettavo, mi hai colto di sorpresa, ecco. > Si giustificò nervoso.

< N-non ne sei contento, vero? > Presi coscienza della mia mano che scorreva ancora sulla mia pancia, chiedendomi se sarei stata davvero costretta a crescere un figlio da sola, senza nessuno accanto.

< E' meraviglioso, Arlyn, dico sul serio! Sono solo scioccato, tutto qui. > Lo sentii sorridere e sospirai di sollievo, sorridendo anch'io.

< Credi che sarò una brava mamma? Non ho idea di come prendermi cura di un bambino. > Pensai ad alta voce.

< Ma certo che sarai una brava mamma, dolly, come potrebbe essere il contrario? Mi manchi, non vedo l'ora di riabbracciarti. > Mi rassicurò, facendomi stringere il cuore. Incredibile come avessi dimenticato così in fretta quello che mi aveva rivelato Alex poche ore prima, incredibile come, per la prima volta, non avessi pensato a Tom sentendo la sua voce.

< Mi manchi anche tu, non sai quanto. > Mormorai, chiudendo gli occhi e immaginando che fosse lì, accanto a me.

< Sarò lì al tuo risveglio. Buonanotte, dolly. > La sua voce era come una dolce ninna nanna per le mie orecchie, come un balsamo per il mio corpo stanco e per la mia mente provata dalle mille emozioni della giornata.

< Ti amo. > Mi resi conto con un minuto di ritardo delle mie parole e sorrisi, sperando che lui mi avesse sentita.

< Ti amo anch'io. Per sempre. > Rispose, chiudendo la comunicazione e permettendomi di addormentarmi serena e con facilità.

   
 
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