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Autore: nigatsu no yuki    23/11/2011    4 recensioni
La luce era accecante e fu immensamente felice di lasciare quel mondo con quel viso sorridente che lo salutava felice, gli occhi neri come le notte e i capelli rossi come il fuoco, che poco lontano dal suo corpo ormai freddo stava bruciando tutto.
Una one-shot inventata in un grande momento di noia, ispirata da un immagine trovata sul web, su uno dei miei personaggi preferiti della saga: Severus Piton.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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It's not your fault




Il rumore di quelle gocce era quasi ipnotico, scendevano lente e regolari. Potevano quasi contare quel tempo che sembrava essersi fermato, appena pochi istanti prima, quando aveva sentito i passi dei ragazzi allontanarsi da quel luogo che già trasudava morte e portando con loro quei pochi preziosi ricordi che avrebbero cambiato le sorti della guerra.
Il gocciolio divenne più forte e persistente, era da qualche a parte davanti a lui, non riusciva a muovere un solo muscolo, ma in fondo cosa gli importava sapere da dove veniva quel suono. Sperava che quelle gocce si potessero trasformare in un fiume in piena e trascinarlo sul fondo del lago, forse almeno così il dolore sarebbe sparito.
Goccia, il respiro che si faceva sempre più irregolare...
Goccia, spostava appena il braccio sperando che almeno il dolore straziante sparisse un po'...
Goccia, il battito del suo cuore che stava volando via, che scappava e lo sentiva, rallentava pian piano...
Goccia, il sangue gli scorreva tra le mani allargando inesorabilmente la pozza scarlatta sotto il suo corpo stanco...
Goccia, la vista si appannava, spariva il profilo del castello in lontananza, la luna che placida si specchiava nel lago Nero, le barche che ondeggiavano a qualche passo da lui, quel gocciolio incessante, perfino il dolore, tutto si stava trasformando in luce...

Non riusciva ad alzare gli occhi, la luce li feriva cattiva. Sembrava quasi che non avessero visto il giorno per troppo tempo, così tanto che abituati all'oscurità perenne risentivano e protestavano per quella nuova situazione.
Non riusciva a capire dove si trovasse, mosse le mani; sentiva scivolargli tra le dita tra un tessuto liscio e morbido. Scoprì che posava la testa su un cuscino, i suoi vestiti neri erano scomparsi, al loro posto c'era un abito pulito, blu scuro che risaltava troppo tra quelle lenzuola bianchissime, stonava quasi, sembrava che quel colore scuro volesse rapire tutta la luce di quello strano posto. Intanto lentamente i contorni del letto sul quale era disteso supino apparivano lontani e tremolanti.
Stava sognando.
Era l'unica cosa che riusciva pensare, tutto quello era l'ultimo sforzo della sua mente già troppo stremata; non voleva lasciare quel mondo con Hogwarts che bruciava come ultima immagine davanti agli occhi che non si sarebbero più riaperti.
Era un sogno quello perché altro non poteva essere; nessuno lo aveva trovato, nessuno aveva curato le sue ferite. Aveva svolto il suo compito e ora stava finendo tutto, a parte la battaglia che sapeva, infuriava ancora là fuori.
Girò la testa di lato senza sentire assolutamente nulla, anche la consapevolezza di avere un corpo solido era sparita; al di là del letto non c'era nulla, se non una grande finestra che proiettava su di lui quella innaturale luce calda e rilassante.
Si sentiva stranamente bene ed era quello uno stato d'animo a cui non era abituato da troppo tempo. C'erano calma e pace in quel posto ed era qualcosa di magico, ma non era quella la solita magia, che da sempre aveva accompagnato la sua vita, non si trattava di un incantesimo o una fattura; era come se quella luce riuscisse a farlo sentire meglio, non fuori, ma dentro quell'anima che dimenticava spesso di avere.
Una strana sensazione lo avvolse all'improvviso, era quella di non essere solo; la avvertiva, una presenza accanto a se, esattamente alle sue spalle, poteva quasi sentire un respiro lento e regolare e il battito di un cuore un po' accelerato.
Si mosse, se quello era soltanto un frutto della sua immaginazione, allora c'era una sola persona che voleva lì, accanto a lui, che forse gli avrebbe tenuto la mano fino alla fine.
Si voltò lentamente, sentendo crescere la gioia dal profondo del petto; c'era qualcuno nascosto all'ombra di una porta, ma non era chi lui si aspettava.
Rimase a fissare quella figura minuta: aveva lunghissimi capelli mossi e stringeva in mano quello che doveva essere un pupazzo. Era una bambina quella che stava indugiando all'ombra della porta incredibilmente indecisa se entrare o no.
Quando quella fece un passo avanti a lui si fermò il respiro in gola; i capelli ramati le ricadevano dolcemente sulle spalle.
La bambina sorrise e gli corse incontro. Solo quando le fu di fronte lui capì che c'era qualcosa di strano, anomalo che distrusse lentamente le sue speranze di poco prima: non era Lily quella che aveva davanti.
Quegli occhi neri, così brillanti che lo stavano fissando felici, li aveva già visti, erano familiari, ma lì, in quel momento sembravano distorcere quella figura.
La bimba gli si avvicinò e appoggiò le mani sul letto, il mento sopra di queste e iniziò a fissarlo dubbiosa, sembrava che qualcosa nell'espressione di lui la turbasse quasi.
«Cos'hai?» la sua voce era chiara e dolce, seriamente preoccupata, ma la cosa che lo fece sussultare fu un'altra: quella voce l'aveva già sentita, era un ricordo che mai avrebbe potuto cancellare. Ma quella non era Lily, quegli occhi gli dicevano di no.
La bimba sorrise «Papà, la mamma dice che la colazione è pronta»
Arrivò improvvisa, come i temporali estivi che dissetavano la terra secca, una semplice consapevolezza che spiegò ogni cosa.
Quegli occhi così familiari subito sembrarono prendere forma, erano i suoi stessi occhi quelli che stava fissando in quell'istante.
La sua mente gli aveva regalato gli ultimi attimi di una vita che aveva desiderato ardentemente da sempre, era il sogno di qualcosa che non aveva mai visto realizzarsi, il sogno che in quel momento sembrava risanare le sue ferite, ridargli l'ossigeno che non respirava più da troppo.
Tutto ciò che aveva sempre voluto insieme al più grande rimpianto della sua vita che gli aveva corroso l'anima e il corpo. Era tutto lì in quel corpicino minuscolo che intanto si era arrampicato sul letto e si era stretto a lui.
Stava vivendo gli attimi di una vita rubata da uno stupido errore, e non ricordava di essersi sentito più felice di come era in quel momento, disteso per terra mentre la vita lo abbandonava e Hogwarts bruciava.
La bambina si strinse di più a lui che avrebbe tanto voluto abbracciarla, ma in quel momento il suo corpo non gli stava più rispondendo. Era arrivata quella fine tanto agoniata, dopo quello che aveva fatto diciassette anni prima, quando aveva permesso al Signore Oscuro di arrivare a l'unica persona che avesse mai amato, era quello che sapeva si era sempre meritato.
I contorni di quella stanza bianca stavano quasi svanendo, lui però voleva continuare a guardare quella piccola vita mai nata sdraiata vicino a lui che stringeva convulsamente a se la bambola di pezza. Ad un certo punto la sua manina si posò su quella di lui, era meraviglioso; riusciva quasi a sentirla.
«Non è stata colpa tua» bisbigliò piano la bimba, mentre lui cercava di allontanare quella luce accecante che stava inesorabilmente risucchiando tutto, riusciva ancora a vedere i suoi capelli rossi che ricadevano sparsi sul lenzuolo bianco.
«Non avere paura- continuò lei, la sentì sorridere -e salutami la mamma»
La presa sulla sua piccola mano scivolò via, nonostante lui stesse lottando con tutto se stesso perché voleva rimanere lì ancora qualche secondo, voleva continuare ad assaporare quella vita che un po' lui, un po' il destino avevano distrutto.
La bambina si alzò a sedere e lo guardò sventolando la mano.
No, non lo spaventava ciò che lo attendeva, forse quello era solo un altro viaggio, l'unica consapevolezza che non lo abbandonò in quegli ultimi attimi fu quella che forse dall'altra parte avrebbe potuto riabbracciare lei.
La luce era accecante e fu immensamente felice di lasciare quel mondo con quel viso sorridente che lo salutava felice, gli occhi neri come le notte e i capelli rossi come il fuoco, che poco lontano dal suo corpo ormai freddo stava bruciando tutto.











Angolo Autrice

Allora questa è la mia prima One-shot in assoluto, quindi un parere mi piacerebbe davvero tanto tanto ^///^
Come ho già detto questa ff è ispirata ad un immagine (stupenda inoltre) che ho trovato nel web.
Grazie per aver letto :D

   
 
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