“La
Gente spesso definisce impossibili cose
che,
semplicemente, non ha mai visto”
(A.Einstein)
Harry
emise un rantolo dolorante. Poi si chinò, piegato in due dal
dolore, e sputò
del sangue per terra. La pioggia gelida si riversava come secchiate
d’acqua
sulla sua testa, scrosciando rumorosamente sul marciapiede inghiottito
nell’oscurità.
Il
Vampiro lo afferrò per la collottola e lo costrinse ad
avanzare. Harry compì
cinque passi, poi le mani fredde dell’aggressore gli
premettero contro la
schiena e si ritrovò proiettato contro la fiancata di un
furgone parcheggiato
lungo la strada.
<<
Zitto.>> ringhiò il Vampiro, che lo spinse
barbaramente contro la
fiancata. Harry cozzò il viso sua superficie fredda,
avvertendo un intenso
bruciore ai polsi.
<<
Ho diritto a un avvocato?>>
<<
Mani dietro alla schiena.>>
Funi
spesse gli bloccarono le mani. Il Vampiro lo afferrò per i
capelli,
strappandogli un gemito di dolore. Aprì il portellone del
furgone con la mano
libera e lo costrinse senza troppa cortesia a salirvi a bordo.
Harry
ruzzolò a terra. I portelloni si richiusero con un tonfo
secco, imprigionandolo
nel vano di carico completamente buio. Il pavimento vibrò
sotto i suoi piedi,
seguito dal ruggito del motore. Solo e dolorante, Harry
faticò a trovare una
posizione comoda per trascorrere il resto del viaggio. Erano diretti
chissà
dove, ostaggio di un Vampiro senza scrupoli che avrebbe impiegato pochi
istanti
per ucciderlo. O forse l’avrebbe consegnato al Ministero.
Delle due opzioni,
Vesper faticò a sceglierne la migliore.
Il
Vampiro gli aveva sottratto la Bacchetta di Sambuco, era a conoscenza
della sua
identità. No. Non c’erano speranze.
S’arrese all’evidente destino che lo
attendeva e attese, accucciato in un angolo del furgone, gli occhi
rossi
brillanti nell’oscurità. Il mezzo
transitò per le vie del centro e si allontanò
per quello che sembrava un lungo rettilineo. Dopo mezz’ora, o
forse un’ora
intera, il cassone sussultò violentemente. Le ruote
scricchiolarono a contatto
con un sentiero sterrato. Procedettero per qualche miglio a
velocità limitata,
inerpicandosi in salita per una strada impervia, finché il
rumore cigolante di
cancelli annunciò a Harry che, finalmente, il viaggio era
volto verso il termine.
E,
con tutta probabilità, anche la sua vita.
Harry
udì il grugnito del Vampiro dalla cabina di guida. Il rombo
del motore si
spense. I passi del nemico si fecero più vicini, poi
l’eco sordo dei portelloni
che venivano spalancati.
<<
Vesper.>>
La
luce lo abbagliò.
Il
sole era sorto dai colli erbosi dell’orizzonte e il Vampiro,
senza una piega,
lo agguantò come una bestia da macello e lo
trascinò fuori dal furgone. Harry
si ritrovò in un vasto piazzale ghiaioso, dove al centro
troneggiava una
fontana di pietra.
La
villa antica dipingeva una grossa “U” abbracciando
l’intero spiazzo, alta e
imponente come un grosso baluardo di pietra immerso nella brughiera.
L’ingresso
era sormontato da statue raffiguranti gargoyle di pietra, le luci delle
finestre del primo piano erano accese.
<<
Muoviti.>> il Vampiro lo afferrò per un
avambraccio e lo scortò
attraverso il piazzale.
Harry
camminò meccanicamente, la testa vuota. Si chiese dove fosse
finita la sua
bacchetta, o quantomeno che cosa volessero da lui.
Aveva
bisogno di lui. Altrimenti non avrebbero esitato a sbranarlo.
Le
sue ipotesi vennero confermate dalle nere figure ammonticchiate
nell’ingresso.
Erano cinque Vampiri. O forse sei. Alti, freddi, avvolti in eleganti
completi
scuri con una cravatta color rubino. I loro occhi perlustrarono Harry
non
appena mise piede all’interno del maniero. Il più
anziano di loro, un Vampiro
con il cranio interamente stempiato e un orecchio mancante, fece loro
strada su
per una scalinata.
Harry
si ritrovò al secondo piano della Villa, scortato dal
piccolo gruppo di
Vampiri. Nessuno di loro parlò. Era un ambiente ampio,
simile a un enorme sala
da pranzo vittoriana, con drappi color porpora alle pareti e deliziosi
soffitti
affrescati. In fondo alla sala, seduta su un trono dall’aria
traballante, c’era
una ragazzina.
Aveva
l’aspetto lentigginoso e giovanile di una studentessa di
liceo, lunghi e lisci
capelli rossicci raccolti in un elegante crocchio dietro la schiena.
Vestiva
con un abito di pelle nera adente, stivali di borchie ai piedi, e il
suo
sguardo di ghiaccio sembrava uscito da un vecchio film
dell’orrore. La
ragazzina dal viso d’angelo, non appena Harry venne condotto
al suo cospetto,
si alzò in piedi con un riso soddisfatto dipinto sul volto.
Quando parlò, la
sua voce roca e profonda sembrò appartenere a una
cinquantenne.
<<
Il Principe Oscuro in persona. Quale onore.>>
Harry
la scrutò, sconvolto. Avvertì le unghie dei
Vampiri penetrargli dolorosamente
nella pelle della schiena. Emise un gemito strozzato.
<<
Dominic. Moran. Lascialo andare, per cortesia.>> La
ragazzina agitò una
mano in aria, ed immediatamente i due Vampiri si ritrassero,
lasciandolo solo
al centro della sala. Harry si sentì un barboncino a una
mostra di esposizione
per cani: tutti gli occhi erano concentrati su di lui.
<<
Posso sapere perché mi
avete portato
qui?>> chiese, gelido.
La
ragazzina rise. Aveva un viso angelico da cerbiatta e gli occhi
luccicanti.
No.
Non poteva avere più di tredici anni.
<<
Forse la domanda giusta è un’altra, Vesper. La
buona cortesia impone di
presentarsi, prima di rivolgere la parola a un estraneo.>>
<<
Tu conosci fin troppo bene il mio
nome.>>
<<
Vero, ragazzino. La verità è che, appena ho
saputo dai miei uomini che stavi
cercando di infiltrarti in quel sudicio locale di Edimburgo, non ho
resistito
all’idea di conoscerti di persona.>>
Ragazzino?
<<
Se era solo per un autografo.>> Harry si passò
una mano nei capelli
corvini. Il suo sorriso mellifluo gli dipinse il volto.
<< Avresti potuto
evitare il sequestro. I lividi. Le
botte. E tutto il resto.>>
Faccia
d’Angelo lo indicò. Rise. Una risata fredda e
determinata. << Sei
un’idiota Vesper. Ma simpatico. Vieni,
camminiamo.>>
Harry
fu costretto a suo malgrado ad obbedire.
I
Vampiri si fecero da parte, consentendogli di giungere in
prossimità del
vecchio trono scrostato. La ragazzina gli fece cenno di seguirla e,
insieme,
s’incamminarono lungo un corridoio finestrato che si
affacciava sul grosso
salone del piano terreno. Da quell’angolazione, gli
ricordò il Maniero Malfoy e
la battaglia con Honorius Azazel.
<<
Dunque, perché mi trovo qui?>>
azzardò Harry.
Faccia
d’Angelo rise ancora. Sembrò estremamente
divertita da quella faccenda.
<< Io mi chiamo Sophie-Anne. Ma tutti quanti, qui a
Edimburgo, mi
conoscono come Pye. Il piacere è mio, Vesper.>>
<<
Sei un Vampiro?>>
<<
Avevi forse qualche dubbio, Einstein?>>
Harry
tacque. La sua lingua era più affilata di una lama. Tutto
sommato seppe che
quell’essere, quel Vampiro, o cosa diavolo fosse, non
costituisse una minaccia
per la sua vita. Anzi. Dal suo modo di porsi sembrava particolarmente
interessata a lui.
<<
Gradisci una tazza di tè?>>
Harry
ammutolì. Poi, lentamente, fece cenno di sì con
il capo.
<<
Oh, voi idioti esseri umani. Ho
forse
l’aspetto del Conte Dracula, Potter? No di
certo.>> Sophie-Anne accelerò
il passo. Sembrava schizofrenica, in effetti. Ciò spiegava i
suoi occhi spiritati
e la sua folle mania di parlare a raffica. O forse era semplicemente
una donna.
<< Possiamo bere, mangiare. L’aglio e
l’argento non hanno alcun effetto
su di noi. La nostra immagine viene riflessa nello specchio. Oh,
dimenticavo, adoro prendere il
sole.>>
<<
Perché sono qui?>>
<<
Perché sei famoso,
Vesper.>> fu
la sua risposta. << Tutti i giornali magici non fanno
altro che parlare
di te. Del criminale ricercato numero uno del Ministero della Magia,
che nessun
Auror è mai riuscito a catturare.>>
<<
Modestamente.>>
Sophie-Anne
gli regalò uno sguardo gelido. Gli fece cenno di entrare in
una stanza a
ridosso di un’altra rampa di scale e si accomodarono su delle
morbide poltrone
color cremisi. Il Vampiro fece comparire dal nulla un servizio da
tè sul tavolino
di cristallo ai loro piedi. Dalle tazze di porcellana proveniva un
bollente
aroma di miele.
<<
Zucchero?>>
Harry
non rispose. Ricevette la tazza di tè amaro in mano. Era
confuso, ansioso e
paralizzato. L’atteggiamento di quell’essere era
enigmatico. << Quanti
anni hai?>>
Non
seppe il perché di quella domanda. Gli fuoriuscì
semplicemente dalla bocca.
<<
Cinquantaquattro.>> Pye sorseggiò il suo
tè speziato, serena, come se
fosse la cosa più ovvia e normale del mondo.
<< Il motivo per cui volevo
conoscerti, Potter, è che in qualche modo le nostre strade
si sono incrociate.
Non sono una fatalista, ma credo che il destino spesso lasci dei
segnali sul
nostro cammino per aiutarci a scegliere il sentiero
giusto.>>
Mi
auguro che il mio
sentiero mi conduca il più lontano possibile da questa casa.
Harry
si limitò ad annuire, torturando il bracciolo della
poltrona. Ci fu un lungo
silenzio.
<<
Chi sei, Sophie-Anne?>> domandò Harry, scuro
in volto.
La
Vampira rise. Bevve un sorso di Tè sorreggendo elegantemente
il manico della
tazzina fra l’indice e il pollice. << Il mio
nome è Sophie-Anne Lupin. E
sono, in qualche modo, la sorella
di
Remus.>>
*°*°*°*°*
<<
Io devo sapere
dov’è. E devo saperlo subito.>>
L’indomani
mattina la solita pila di incartamenti la accolse al suo rientro in
ufficio.
Ma, per una volta, Hermione ignorò i fascicoli da firmare, i
protocolli
inerenti ai trafficanti illegali di calderoni e le decine di avvisi del
Quartier Generale. Rimase lì immobile per ore, scrutando
nient’altro che un
paesaggio magico della brughiera inglese ricreato fuori dalla finestra,
lambiccandosi il cervello alla ricerca di qualche indizio che la
potesse
ricondurre a Harry. Doveva esserci per
forza un modo per trovarlo.
<<
Rassegnati. Vesper è come un fantasma.>>
commentò aspramente Ron all’ora
di pranzo, quando scesero insieme in Mensa accompagnati da Neville.
Quest’ultimo si era tenuto volutamente in disparte da quella
faccenda, quasi
non volesse avere più a che fare con quella storia.
D’altro canto, Neville non
aveva tutti i torti: cinque mesi prima aveva rischiato di morire,
ritrovandosi
nel mezzo di una battaglia fra Uomini e Vampiri.
<<
Ho perlustrato il suo appartamento di Soho. Vuoto.>>
Seduti a tavola dinnanzi al loro vassoio del pranzo, Hermione
oscillò sulla
cassapanca e prese a contare i suoi tentativi sulle dita di una mano.
<<
Appartamento di Notting Hill. Venduto.
Magazzino sul Tamigi, a Southwark. Vuoto.
Sono andata nell’Est Sussex, in un ristorante di Beachy Head
che Harry era
solito frequentare, ma la proprietaria mi ha detto che non si
è più fatto
vedere da almeno cinque mesi. E le
deve ancora venti sterline.>>
<<
Potebbe eccere andato all’ectero.>>
azzardò Ron, che si
stava ingozzando di arrosto con patate.
Hermione
gli lanciò un’occhiata acida. << Non
si parla con la bocca piena, Ronald.
Quante volte devo ricordatelo, prima che tu la smetta?>>
Ron
ingoiò rumorosamente il boccone. << Quel che
sto cercando di
dirti.>> sbottò. << E’
che Vesper ha nove vite come i gatti. Non
deve essere per forza morto. Sarà da qualche parte a
spassarsela alle nostre
spalle. Un po’ come Hagrid la scorsa estate, che si
è concesso la sua prima
vacanza in Scozia.>>
Ron
tornò a concentrarsi sull’arrosto, ma il cervello
di Hermione formulò
un’ipotesi razionale con la stessa prontezza di un
calcolatore.
Hagrid.
Vacanza. Hogwarts.
<<
Hagrid!>> strillò, facendolo sobbalzare. Un cucchiaio di
purè di patate ricadde
penosamente sui suoi pantaloni. Ron emise un roco epiteto,
agguantò un
tovagliolo e prese a strofinarsi la macchia.
<<
Che cosa diavolo c’entra Hagrid, adesso?>>
<<
Rifletti, Ron, maledizione. In
Scozia. Scozia! Ryo ha detto che
Vesper, quando gli ha telefonato, ha detto di trovarsi a Edimburgo.
Sappiamo
tutti quanti che Hagrid non si è mai mosso dal Castello, a
parte per incarichi
del Preside. E, guarda caso, un paio di mesi fa ha deciso
all’improvviso di
andare in vacanza per riposare.>>
<<
Non ci trovo nulla di strano.>> sentenziò Ron,
vacuo. Addentò quel che ne
restava del suo arrosto, e lo gustò con una smorfia
soddisfatta. << Tu sei malata,
Hermione. Vedi Pipistrelli
dappertutto. Hagrid voleva
semplicemente prendersi una vacanza dopo anni di lavoro a Hogwarts.
Punto e
basta. E poi è partito in compagnia di Madame Maxime. Me
l’ha raccontato
Lumacorno ai Tre Manici di Scopa, una sera - il vecchio Horace ha
buttato giù
una bottiglia intera di Whisky incendiario. Cosa credi gliene sia
importato di Vesper,
in quel momento?>>
Ma
Hermione aveva la testa altrove. Ripensò a Hagrid, alla
bottiglia di Whisky
Incendiario e alla figura del Gigante in compagnia del Ministro al
Matrimonio. Poi,
senza perdere tempo, né tantomeno preoccuparsi di avvisare
Ron, abbandonò il
vassoio del pranzo sul tavolo e fuggì frettolosamente in
ufficio.
*°*°*°*°*
<<
Io, Remus e la nostra famiglia abitavamo ai piedi del Colle
dell’Ermellino.
Nostro padre, Oliver Remus Lupin, era un Obliviatore del Ministero.
Mamma
invece insegnava pianoforte a Londra in una scuola elementare babbana.
Era una
Strega con un gran cuore.>> Sophie-Anne sedette su una
vecchia sedia a
dondolo sul terrazzo del suo Maniero, lasciandosi oscillare lentamente
accompagnata dalla melodia di musica classica in sottofondo, emanata da
una
radio risalente presumibilmente agli anni ’50.
Harry,
che era in piedi appoggiato alla balaustra, la ascoltò
attentamente.
<<
Quando Remus è stato morso da Greyback, la mia famiglia
è precipitata nel caos.
Mia madre è stata costretta a licenziarsi per stargli
vicino, ma nelle notti di
luna piena eravamo costretti a rinchiuderlo nel vecchio capanno degli
attrezzi
per evitare che ci facesse del male. Lui non sapeva controllarsi, e il
nostro
timore più grande era che Remus non fosse ammesso a
Hogwarts.>> La
Vampira sospirò profondamente, persa nel ricordo.
<< Ma Albus Silente era
un uomo di larghe vedute. Fece impiantare il Platano Picchiatore
affinché Remus
potesse raggiungere la Stamberga Strillante per trascorrere le sue
notti di
luna piena lontano dalla scuola. Quando ho iniziato a studiare a
Hogwarts,
Remus era al Terzo Anno, e già s’era accerchiato
di quei Tre. James, con
quell’aria arrogante e presuntuosa, sempre pronto a
sbeffeggiare i più deboli davanti alla classe. Vesper è più simile
a tuo padre di quanto non lo sia Harry Potter,
ragazzo.>>
Harry
tacque. Ma seppe che in parte Pye aveva ragione.
Il
suo carattere, il suo equilibrio interiore erano completamente saltati
per aria
dopo la Guerra, ed il risultato era stato la nascita di una persona
diversa dal
vecchio Harry. Ne era cosciente.
<<
E’ stato durante il mio primo anno di scuola che mi sono
accorta di Sirius
Black. Lui era… l’idolo delle
ragazzine. Bello, alto, tenebroso come nessun altro studente. Se ne
stava
sempre in compagnia di James, e mio fratello non è mai
riuscito a fermare le
loro bravate. Remus assisteva immobile ad ogni loro angheria nei
confronti di
Severus. Lui… era troppo debole
per
opporsi.>>
Una
pausa. Sophie-Anne strinse con foga le dita attorno ai braccioli.
<<
Inizialmente lo odiai. Contrariamente a me, Sirius era uno dei ragazzi
più
popolari della scuola. Non sopportavo l’idea che si
divertisse alle spalle
degli studenti più timidi. Lo odiai con tutta me stessa
finché Sirius non
s’accorse di me e, un giorno, mi chiese di
uscire.>>
<<
Oh-ho.>> fece Harry
d’istinto,
e mascherò la sua esclamazione con un rauco colpo di tosse.
<< Volevo
dire, ecco… eri fidanzata con il mio
Padrino?>>
<<
Fidanzata non credo sia il termine più
corretto.>> disse aspramente
Sophie-Anne. E fu del tutto inverosimile, per Harry, ritrovarsi a
dialogare con
lei. Non dovette sforzarsi di immaginarsi l’aspetto della
sorella di Lupin a
scuola, perlomeno. Era proprio lì, davanti ai suoi occhi. Ed
improvvisamente
capì il motivo delle attenzioni di Sirius. Era di una
bellezza aristocratica e
diafana, come se fosse uscita fuori da un racconto di nobili del
‘700.
<<
Uscii con Sirius per cinque mesi. Avevo tredici anni. Fu
l’errore più grande
della mia vita. Inizialmente ci
incontrammo di nascosto, sgattaiolando fuori nel parco
quand’era buio. L’idea
di infrangere le regole mi faceva sentire più grande. E lui
era maledettamente
bello. Non vedevo l’ora di urlare al mondo che uscivo con
Sirius Black. Ma poi
>> Sophie-Anne emise un altro sospiro. Fece scivolare una
mano
all’interno della veste, e si accese una sigaretta.
Aspirò avidamente una
boccata rilasciando nell’aria uno sbuffo di fumo.
<< Poi lo stronzo si
è rivelato per ciò che era
veramente. Uno sporco, stupido donnaiolo incallito. Non ti offendere,
Vesper,
non sto mettendo assolutamente in dubbio le qualità umane di
Sirius Black. Per
mio fratello è stato un amico fedele. Ma per quanto mi
riguarda, sono stata
usata e gettata via come un giocattolo vecchio.>>
<<
Mi dispiace.>> mormorò Harry. E gli dispiacque
davvero.
<<
Lo so, lo so. Così parlano le ragazze ferite. Ma credimi,
Vesper. Io non l’ho
digerita affatto. Ho iniziato il Terzo Anno desiderando più
di ogni altra cosa
riconquistare il suo amore, ma Sirius era volato fra le braccia di
altre belle
Grifondoro e a me non rimase altro che assistere impotente alle sue
conquiste.
Iniziai a non mangiare, i miei voti precipitarono penosamente, la
McGranitt era
così preoccupata da spedire gufi ai miei genitori ogni
settimana. Ma né loro,
né tantomeno Remus si preoccuparono per me.>>
Pye rilasciò altro fumo
nell’aria. Le sue labbra si piegarono in una smorfia.
<< Problemi di cuore
adolescenziali, disse
mio padre. Stronzate.>>
Consumò
la sigaretta e la gettò sprezzante sul pavimento,
calpestandola con un tacco.
<< Un mese dopo tentai di suicidarmi gettandomi dalla
Torre di
Astronomia. Tentativo fallito: non ho trovato il coraggio. Sprofondai
in una
crisi depressiva e passai gran parte delle mie notti a piangere in riva
al lago
nero, dove nessuno poteva sentirmi. Sapevo di infrangere le regole, ma
non mi
importava. Una notte, non so perché, mi avvicinai alla
Foresta. Avevo gli occhi
gonfi e non riuscivo manco a vedere dove stavo mettendo i piedi.
Camminai per
ore, fino a ritrovarmi in una radura. Poi qualcosa, là
dentro, mi ha attaccata.
Non so cosa fosse, né tantomeno non ho mai capito
perché l’abbia fatto. Quando
mi sono risvegliata, l’indomani, non ricordavo niente della
notte prima ed
avevo un mal di testa insopportabile. Poco dopo ho scoperto di essere immortale.>> Pye rise. Una
risata
folle. << Una sola cosa posso dirti, Vesper. I Vampiri
sono dei figli di
puttana.>>
<<
Lo terrò presente.>> mormorò Harry.
<<
Per fartela breve, tutti quanti mi diedero per morta. Molti sostennero
che mi
ero gettata nel Lago e il mio corpo non venne mai ritrovato. La colpa
fu
attribuita alle correnti del lago che mi spinsero a fondo. Io,
bé… d’altro
canto che cosa potevo fare? Ero un mostro. E mio fratello era un
licantropo. Una
delizia, non è
vero?>>
<<
Già.>>
<<
Dimmi, hai una fidanzata, da qualche parte?>>
Harry
temporeggiò, intontito.
Era
pazza. Pazza completa.
L’immortalità
doveva averle dato troppo alla testa, o forse aveva trascorso troppo
tempo
senza incontrare un mortale.
<<
Io veramente…>> bofonchiò, incerto.
<<
Ne avrai sicuramente una. Le donne sono tendenzialmente autolesioniste,
scelgono sempre uomini belli e dannati. E’ stato un bene che
Vesper ti abbia
posseduto: da quel poco che leggevo sui giornali, dovevi essere uno
sfigato
mollaccione.>> Un angolo della bocca segnata con rossetto
color cremisi
della Vampira s’inarcò in un sorriso.
<< Honorius Azazel era solo
l’inizio. Ce ne saranno altri. La sua era una crociata
solitaria, ma ora i Clan
inglesi si stanno muovendo per conquistare la libertà.
Vogliono uscire alla
luce del sole, Vesper. Sono pronti per tornare.>>
<<
Ma tu sei…>>
<<
Un Vampiro, sì. Teoricamente è controproducente
consigliarti di avvisare gli
Umani del loro arrivo. Ma io non sono un Vampiro con tutti gli
altri.>>
Pye sorrise. Si accese un’altra sigaretta. <<
Io non ho scelto di
diventare Immortale. Perciò mi sento in dovere di aiutarti,
ragazzo. Dopo
tutto, se non ti avessi fatto portar via da quell’orrido pub,
qualcuno ti
avrebbe stanato e ucciso. Sei troppo megalomane per passare
inosservato.>>
<<
Cosa vuoi da me, Sophie-Anne?>> domandò Harry
d’impulso.
<<
Aiutarti.>> disse dolcemente lei. Due coni di fumo
divamparono dalle sue
narici. << Solo i Capi Clan sono a conoscenza del modo
con cui può essere
ucciso un Vampiro. Ed è scontato che non siano disposti a
rivelarlo troppo
facilmente. Tu sei l’unico che può fermare tutto
questo, Vesper.>>
<<
Oh, certo. Io sono il Ragazzo Sopravvissuto, io
sono…>>
<<
No.>> Pye scosse il capo. Sembrava tetramente divertita
da tutta quella
faccenda. << Tu sei un Demone. Sei un’ombra che
veglia sul Mondo dei
Maghi senza mai prendersi i meriti. Sei la persona adatta per tirare
fuori i
tuoi simili dalla merda. E, in particolare, la tua ragazza.>>
*°*°*°*°*
<<
Un istante di attenzione.>> La Preside McGranitt
picchiettò il cucchiaio
contro il calice di cristallo, ed il brusio eccitato della Sala Grande
precipitò in un profondo silenzio. La McGranitt si
alzò in piedi e raggiunse il
leggio intarsiato appartenuto a Silente, sul quale era posato un
pesante volume
rilegato in pelle. Fece scorrere le sue dita nodose sulla sua
superficie,
giocherellando con il segnalibro color porpora. << Ho
annuncio
importante, quest’oggi. Una vecchia conoscenza di Hogwarts ci
ha raggiunto per
presenziare il primo giorno di scuola. Permettetemi di presentarvi il
Comandante del Quartier Generale degli Auror. Hermione
Granger.>>
Dai
quattro tavoli il silenzio si tramutò in un applauso
chiassoso.
Dal
tavolo dei Grifondoro, in particolare, provennero ululati e fischi di
approvazione. Altri cori festosi accompagnarono la figura di Hermione
avvolta
nell’uniforme d’ordinanza attraverso il palco
rialzato degli insegnanti, mentre
stringeva affettuosamente la mano della professoressa McGranitt. Poi si
volse
verso la massa uniforme di cappelli a punta, d accennò a un
inchino del capo. Lo
Smistamento era concluso da meno di un’ora.
<<
Siete troppo gentili.>> disse sorridente, e la sua voce
su ovattata da un
ultimo applauso corale. Congiunse le mani all’altezza del
petto, volgendo le
iridi color nocciola sui visi elettrizzati degli studenti. Erano
sorpresi di
vederla lì: colei che aveva sconfitto un Vampiro,
l’Eroe del Mondo Magico,
colei che aveva catturato il Principe Oscuro.
<<
Vi ringrazio. Ho sempre desiderato fare ritorno a Hogwarts per augurare
il più
sincero benvenuto agli studenti. Purtroppo la mia promessa è
stata ostacolata
dal lavoro. Ma ora sono qui, finalmente.>> Hermione fece
una pausa.
Sorride. << Benvenuti, ragazzi.>>
Altri
applausi. Un giovane Corvonero s’alzò in piedi
sulla panca e oscillò
pericolosamente una vecchia macchina fotografica nella sua direzione.
Un flash
la abbagliò.
<<
Il Comandante Granger si è gentilmente offerta di rispondere
ad ogni vostra
domanda riguardo il Quartier Generale.>> intervenne la
McGranitt, con una
punta di orgoglio nella voce. << Molti degli studenti del
settimo anno
che decideranno di intraprendere questa strada dovrebbero approfittare
di
questa imperdibile occasione. Non capiterà tutti i giorni di
ospitare Hermione
Granger.>>
Applausi.
Fischi sonori. Altri Flash abbaglianti.
Un’ora
più tardi Hermione si sentì sfinita. Si sottopose
completamente alle raffiche
di domande degli studenti, ai loro sorrisi entusiasti, alla
curiosità morbosa
che aleggiava attorno alla sua leggenda. La maggior parte dei loro
pensieri,
inevitabilmente ricadde su Harry.
Vesper,
lo chiamavano, il Principe Oscuro.
Volevano
sapere cosa significasse avere a che fare con un ricercato assassino
come lui,
suo vecchio amico. Una piccola Tassorosso con i capelli color paglia
avanzò
l’ipotesi che Vesper fosse in realtà
un’altra persona, poiché “Harry Potter
è
buono. Non sarebbe mai capace di gesti del genere.”
Al
termine della serata, la McGranitt batté le mani e invito i
Prefetti ad
accompagnare gli studenti ai rispettivi dormitori. Hermione
salutò lo sciame di
cappelli a punta che trascinò i piedi e le pance sazie verso
l’uscita della
Sala Grande, intrattenendosi una mezz’ora in compagnia degli
insegnanti. Ma
l’argomento di conversazione non cambiò. Non
c’era Mago o Strega che riuscisse
a fare a meno di Harry, in un modo o nell’altro.
Quando
il grosso orologio che troneggiava nell’Ingresso segnava le
undici in punto,
Hermione salutò calorosamente la McGranitt. Non resistette
all’impulso di
abbracciarla.
<<
Voglio fare visita a Hagrid.>> annunciò.
<< Non vedo la sua Capanna
da troppo tempo.>>
La
piacevole brezza di fine estate accompagnò la sua discesa
nel parco del
castello inghiottito nel buio. Una fila di lanterne penzolanti a
mezz’aria
illuminava il sentiero che procedeva tortuoso in direzione della
foresta.
Laggiù, appollaiata dietro un orto di zucche, sorgeva la sua
Capanna. Un fiotto
di fumo fuoriusciva dal camino e le finestre erano illuminate.
Bingo.
Prima
di bussare alla porta, sfoderò la bacchetta e si
premurò di trasfigurare una
zucca in una bottiglia di Whisky Incendiario, che raccolse da terra e
la adornò
con un fiocco ornamentale.
<<
Hermione!>> ululò il Gigante, quando
spalancò la porta. Indossava un
grembiule consunto sporco di sangue e una sua manona stringeva un
coltellaccio
da cucina. Stava affettando della carne, e per sua fortuna non la
abbracciò.
<< Vieni dentro, accomodati. C’è un
po’ di disordine qui in mezzo, sono
dietro a spellare le donnole che ho cacciato nella foresta
e…>> Hagrid
s’interruppe. Le rivolse un sorriso estasiato.
<< Perbacco, Hermione.
Sembri un pezzo grosso del Ministero, con quella
divisa.>>
<<
Ho un piccolo dono.>> Hermione ricambiò il
sorriso, mostrandogli la
bottiglia di Whisky Incendiario. Il regalo fu accolto calorosamente.
<<
Non dovevi.>> mugolò Hagrid.
Abbandonò il coltello in un angolo della
capanna, si sfilò il grembiule e affondò le
manone nell’acqua torbida di un
secchio. << Hogwarts è rinata. Rinata!
Stasera ho accompagnato quelli del primo anno in barca, non
c’era studente che
non mi domandasse di te e delle tue avventure!>> Hagrid
si asciugò le
mani nel pastrano di fustagno, e si lasciò cadere seduto sul
letto. Sporgendosi
verso la credenza, agguantò due bicchieri in legno sbeccato
e gli dispose sulla
tavola. << Non ti invidio. Voialtri del Ministero avrete
da fare un gran
lavoro per garantire la pace. Periodi bui, ecco tutto! Non serve che
parliate,
l’ho capito benissimo da solo.>>
Thor
comparve da sotto il tavolo e si diresse verso Hermione per farla le
feste,
l’enorme testone nero e il pelo arruffato. Hermione gli
accarezzò dolcemente il
muso e il cane emise un latrato rauco, puntando le zampe sulla poltrona
per
ricevere altre attenzioni.
<<
Non si può dire che sia un momento felice.>>
tagliò corto Hermione.
<< Parlami di te, Hagrid. Al matrimonio non abbiamo avuto
occasione per
chiacchierare.>>
<<
Oh, bè. Ero parecchio indaffarato a brindare con il vecchio
Kingsley.>>
disse Hagrid di rimando, che si batté una mano sulla pancia.
<<
Vorrei brindare anch’io.>> asserì
Hermione, che gli rivolse un altro
radioso sorriso. Agitò la bacchetta e la bottiglia di Whisky
si stappò con uno
schiocco improvviso, facendo sobbalzare Thor che filò a
nascondersi sotto il
letto. Fece lievitare la bottiglia e ne versò il contenuto
nei bicchieri. Poi
afferrò il suo e lo levò teatralmente in aria.
<< Alla nostra lunga
amicizia.>> disse. << Che possa durare per
sempre.>>
Hagrid,
gli occhi luccicanti dall’emozione, non perse tempo per
brindare. Fecero
tintinnare i bicchieri e il gigante vuoto il suo Whisky d’un
sol sorso.
<<
Gliel’ho sempre detto a Kingsley, che sei una persona
straordinaria. Come sta
Ron, a proposito?>>
Hermione
posò il bicchiere ricolmo sul tavolo, rivolgendogli un
sorriso cortese.
<< Oh, Ron è molto indaffarato. La missione
Auror, poi la promozione di
Percy, il matrimonio di Ginny. Ti porta i suoi saluti. Verrà
presto a farti
visita.>>
<<
Se solo ci pensò, che era un babbanetto alto
così.>> Hagrid oscillò la
mano a mezz’aria, mentre con l’altra si
versò dell’altro Whisky nel bicchiere.
Hermione non smise mai di sorridergli educatamente e, durante la
conversazione,
si preoccupò di riempirgli il bicchiere ogniqualvolta veniva
vuotato. Al
quinto, quando ormai il contenuto della bottiglia era
pressoché dimezzato, le
gote di Hagrid divennero rosse come una mela matura.
<<
Dimmi, Hagrid, hai più avuto notizie di
Vesper?>> domandò Hermione.
Il
Gigante singhiozzò, versandosi da solo altro Whisky. Poi
abbassò una manona e
prese ad accarezzare affettuosamente Thor. << Oh, no.
Come posso avere
notizie sue? E’ un criminale, ecco cos’è
quel ragazzo. Io non voglio avere a
che fare con i criminali.>>
<<
Certo che no, hai solo accettato un Drago di contrabbando da un Mago
Incappucciato.>> replicò dolcemente Hermione.
Lo osservò bere il sesto
bicchiere di Whisky Incendiario. Le sue parole divennero incerte e
impastate, e
Hagrid sembrò compiere un’enorme fatica per
formulare un discorso di senso
compiuto. Si lasciò ricadere indietro, appoggiando la
schiena alla parete del
capanno, lo sguardo perso nel vuoto.
<<
Hai più avuto notizie di Vesper?>> insistette
Hermione, affabile.
Hagrid
annuì. Poi scosse vistosamente il capo e si tappò
la bocca.
<<
Oh, andiamo. Puoi dirmelo. Sono tua amica.>>
<<
Sì. Mia amica.>> biascicò il
gigante, che sfoderò un sorriso idiota e
confuso. << Io sono molto attaccato agli amici, sai. Il
vecchio Fiorenzo
ne sa qualcosa. L’ho sempre aiutato, sai
com’è, se non ci si aiuta tra amici
nella foresta. E poi mi diceva sempre che un giorno o l’altro
i miei sforzi
sarebbero stati premiati, che ero una persona per bene. E bla bla bla. Solite cose.>>
Hermione
annuì profondamente, fingendosi interessata al suo discorso.
<<
Poi un giorno ho letto sul Profeta che avevate acciuffato e ucciso il
buon
Honorius Azazel, che si divertiva a farvi cattiverie alle spalle. E che
Ron era
vivo. Per tutti i Troll di Montagna, ho iniziato a saltare come un
matto.>>
<<
Davvero?>> fece Hermione, vagamente sorpresa.
<< Vesper era felice
della notizia?>>
<<
Oh, certo!>> esclamò Hagrid, orgoglioso.
<< E’ stato lui a farmi
leggere l’articolo.>>
Bingo.
Hermione
lottò per mantenere il freddo autocontrollo. Dentro di
sé avrebbe voluto
urlare, ma non lo fece. Gli versò dell’altro
Whisky senza mai perdere il
sorriso.
<<
Sarà senza dubbio orgoglioso del mio operato. Sono riuscita
a uccidere Azazel,
proprio come mi ha ordinato.>>
<<
Oh, sì.>> fece eco Hagrid, ormai ubriaco.
<< Me l’ha detto che hai
avuto un bel da fare con quel Vampiro. Sì,
sì, gli faccio io. Ma c’era il suo
zampino dietro, non c’è dubbio,
altrimenti mica ci sareste riusciti ad acciuffare i
colpevoli!>> Hagrid
tacque. Per un istante i suoi occhi perlustrarono il capanno
circostante, poi
tornò a tapparsi la bocca con entrambe le mani.
<< No. No. Non devo
dire queste cose. Si arrabbierà.>>
<<
Non si arrabbierà.>> lo
tranquillizzò Hermione, con un sorriso. <<
Dove si trova Vesper adesso?>>
<<
Oh, non lo so.>> mormorò Hagrid.
<< Mi ha detto che c’aveva voglia
di vederti. Ma prima doveva sbrigare delle faccende sue. Robe
complesse. Poi
sarebbe tornato a Londra nel suo magazzino vicino al fiume. E mi ha
lasciato un
aggeggio suo da nascondere.>>
<<
Un aggeggio?>>
<<
L’ha comprato a una mostra, mi ha detto. Un pezzo raro, dice
che deve ancora
uscire nei negozi. L’ho
sistemato
vicino alla foresta, sotto dei cespugli. Nessuno si avvicina
così tanto al
bosco per ficcare il naso. Gli faccio a Vesper che stava bene, che
sembrava
meno bianco del solito. E lui sai che mi ha detto?>>
Hagrid rise da solo.
Di lì a poco sarebbe crollato esanime sul letto.
<< Che voleva vederti. Di nuovo.
Quello è tutto matto. Lo vuoi
vedere il suo aggeggio babbano?>>
<<
Volentieri.>>
Hermione
si ritrovò a seguirlo mentre usciva ciondolante dalla
capanna, avviandosi con
passo incerto verso il limitare della Foresta Proibita. Hagrid estrasse
un
enorme mazzo di chiavi dal suo pastrano, che prese a rimirare una a una
finché
non trovò quella giusta. Aprì un cancello
schermito da un lucchetto, e
procedettero verso quella che le parve una grossa quercia. Ai suoi
piedi,
seminascosta fra i cespugli, svettava il muso rosso e affilato di un
esemplare
a tiratura limitata Ducati 1199.
Hermione
la riconobbe all’istante: era stata presentata al Salone
Internazionale delle
Moto poche settimane prime, e un servizio televisivo della BBC aveva
attirato
inevitabilmente la sua attenzione.
<<
Hai le chiavi?>> domandò Hermione, il cuore
che le batteva all’impazzata
nel petto.
Hagrid
la guardò con la stessa attenzione di una Puffola Pigmea.
Faticava a reggersi
in piedi.
<<
Le chiavi della moto!>> strillò Hermione,
agitata, che perse del tutto il
controllo.
Harry
era stato lì, ed aveva fatto ritorno a Londra. Doveva
trovarlo. La sola idea di
riabbracciarlo le diffuse un’innata sensazione di sollievo
interiore.
<<
Mi ci fa. Tienila bene. Non la rigare.
Costa più della tua capanna.>>
borbottò Hagrid, che parlò da solo.
<<
Molto sensibile.>> commentò aspramente
Hermione. << Ora dammi le
chiavi, per favore. Questa moto la prendo io.>>
*°*°*°*°*
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Auror mie adorate, grazie. Grazie immensamente per le emozioni che mi regalate con le vostre recensioni. Non smetterò mai di ripeterlo.Grazie alle pazze e fenomenali ragazze della pagina Facebook "Cercando chi dà la roba alla Rowling". Grazie a Argentlam, Roxy, a Capitan Light, alla mitica Viki, della quale sono una Fan accanita,
a Claudia e Chiara, a Irene e le "lettrici ninjia". Grazie anche a tutti coloro che mi hanno recensito per quest'ultimo capitolo, in particolare a Marco che mi ha avanzato una prima attesissima critica,
proprio come non mi stancavo mai di ripetere. Risponderò "pubblicamente" perchè l'argomento è molto interessante:
Ryo Miyachi si reca al matrimonio di Ginny mettendo a rischio la propria incolumità, poichè è preoccupato per Harry. In quel momento non gliene frega niente di rischiare la vita.
Lo fa e basta, perchè vuole aiutare Harry e vuole parlare con Hermione. So che probabilmente ciò è risultato agli occhi di Marco inverosimile, ma secondo me ha una sua logica.
Poi, certo, tante teste tante idee. E sono comunque felice di aver ricevuto una critica, so che sembra stupido ma è vero. :D
Spero comunque abbiate apprezzato questo nuovo capitolo, denso di informazioni e di scene a mio avviso divertenti.
Non può mancare il nuovo gioiello babbano di Vesper. Ma questa è un'altra storia.
Ci vediamo venerdì prossimo.
AUROR POWER!