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Autore: MeiyoMakoto    24/11/2011    2 recensioni
‘Un Expecto Patronum?! Ma sei impazzito?!’
‘Fidati, Albus: tua sorella è dotata. Le serve solo un po’ di aiuto per canalizzare la sua magia.’
‘Sì, beh, se mi esplode casa saprò chi ringraziare!’
‘E se invece non esplode? Se stessi esagerando? Dopotutto me l’hai dipinta come una specie di psicopatica, mentre invece è solo ingenua e spaventata.’
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gellert Grindelwald
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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‘Albus, io…’

Aberforth si bloccò alla vista di Gellert seduto comodamente sul divano; ormai avrebbe dovuto esserci abituato, eppure…

‘Tu cosa? Stavi per dire che esci?’, chiese Albus.

‘Sì… Cioè no. Volevo…’

‘Oh, piantala. Lo so che avevi intenzione di andare a fare la spesa, hai addosso il mantello e in mano il paniere.’

‘Hmm.’, fece l’altro laconico, sempre tenendo d’occhio l’ospite poco gradito.

‘Di che cosa hai paura, Aberforth?’, commentò questi per tutta risposta.

‘Lo sai benissimo, verme: io voi due a casa da soli non vi ci lascio.’

‘Parli come se fossi tu il maggiore, e non io.’

‘Ah, già, dimenticavo: il pluripremiato e brillante Albus Silente, avendoci… Cioè avendomi fatto la grazia di tornare a dividere con n… con me la grama vita dell’orfano, non ammette che si metta in discussione la sua autorità… Non è così?’

‘Precisamente. Ed esigo che tu tratti i miei ospiti con lo stesso rispetto che io riserverei ai tuoi, se ne avessi.’

‘Meglio soli che male accompagnati… Comunque, tu lo rispetti abbastanza per due. Anzi, oserei dire che ti manda in brodo di giuggiole.’

Gli occhi di Albus mandavano lampi, e il pugno era serrato nella tasca che conteneva la bacchetta.

‘Non dovevi andare a fare la spesa?’, ringhiò.

Fortunatamente suo fratello, consapevole dell’effetto che il duello magico che sarebbe probabilmente seguito avrebbe fatto al piccolo segreto nascosto in cantina, decise che era più prudente dargliela vinta, per questa volta.

‘Stai attento, Al.’, borbottò uscendo.

‘E ora?’, chiese Gellert.

‘Non dovevi andare da Ariana, ora?’

L’altro sospirò.

‘Veramente avevo in mente di andare al vecchio cimitero: c’è qualcosa che voglio mostrarti…’

Per quanto solleticato dall’idea del segreto millenario che avrebbe potuto nascondersi in un cimitero, Albus fu deluso nel constatare che il suo amico aveva cose più importanti della sua amata sorella a cui pensare; per la prima volta il ragazzo si sorprese a chiedersi se forse non sarebbe stato piacevole dedicarsi anima e corpo a qualcosa di diverso dalla Causa.

A Gellert, che lo conosceva come le sue tasche, tutto questo non sfuggì, ma la prospettiva di passare tutto il pomeriggio chiuso in una stanza quando invece avrebbe potuto indagare sulla tomba di Ignotus Peverell era veramente penosa.

‘Forse è troppo presto per andare di nuovo da lei…’, iniziò a dire, ma Albus lo interruppe bruscamente.

‘Sì, come no. Senti, tu vai al cimitero; io ci tornerò un’altra volta.’

‘Come mai?’

‘Resto io con mia sorella.’

Gellert non sapeva se sentirsi sollevato o mortificato.

‘Sul serio, vai.’, aggiunse l’amico con un sorriso debole.

‘Sei sicuro?’

‘Certo. Io qui starò benone.’

‘Va bene, allora… Ci vediamo dopo, eh.’

‘A dopo.’

‘Al?’

‘Sì?’

‘Lei ti vuole un mondo di bene, sai? Dopo Aberforth, sei la persona a cui tiene di più al mondo; forse questa è la tua occasione per conoscerla un po’ meglio.’

Ancora una volta Gellert Grindelwald aveva trovato le parole giuste per consolarlo… O per manipolarlo, avrebbe precisato Aberforth.

 

 

‘Allora, Annie.’

La ragazza si voltò.

‘Alby?’

‘Sì… Alby.’

Subito si ritrovò avvinghiato in un abbraccio così caloroso che avrebbe intenerito anche un cuore di pietra; cercò di rispondere come meglio poteva, ma era poco abituato a certe cose, e gli uscì solo qualche rigida pacca.

‘Ho fatto qualcosa?’, chiese sua sorella mortificata.

‘No, no! Assolutamente!’

‘E allora perché non mi abbracci?’

‘Non lo faccio apposta.’

‘Che vuol dire?’

Il pluripremiato e brillante Albus Silente per la prima volta in molto tempo non trovava le parole.

‘Non te lo so spiegare, Annie.’

‘Però non è che non mi vuoi bene, vero?’

‘Certo che no! Ti voglio tanto bene, lo sai.’

Lei sembrò soddisfatta.

‘Anch’io.’, dichiarò.

Stettero un po’ a sorridersi in silenzio.

‘Che ci fai qui, Albus?’

Lui si voltò giusto in tempo per vedere un lampo d’odio accendersi negli occhi di suo fratello.

‘Abe!’, gorgogliò Ariana al colmo della felicità.

‘Ciao, tesoro. Allora, Al, che ci fai qui?’

‘Sono venuto a trovare Annie, no?’

Annie. Nel sentire qualcun altro pronunciare quel nome Aberforth si irrigidì come se gli avessero dato uno schiaffo.

‘Vattene.’

‘Che cosa? Perché?’

‘Ho detto vattene.’

‘È anche mia sorella, Abe.’

‘Albus, giuro sulla tomba della mamma che se non te ne vai subito faccio un macello.’

‘Ma di che stai…?!’

Expelliarmus!’

La potenza dell’incantesimo lanciò Albus dritto contro il muro, facendo cadere anche un po’ di intonaco.

‘Abe?’, mormorò Annie sconvolta, con le lacrime agli occhi.

‘Smettila! Non ho la bacchetta!’, mugolò Al.

Petrificus totalus!’

La fattura mancò il bersaglio, che si era scansato appena in tempo.

‘Sei pazzo!’

Petrificus totalus!’

Era implacabile, ma suo fratello era abbastanza svelto da schivare i suoi incantesimi deliranti, schivati mezzo alla cieca.

A un certo punto una leggera pressione al braccio destro lo indusse ad abbassare la bacchetta.

‘No, Abe.’, supplicò sua sorella, pallidissima.

‘Annie! Perdonami, tesoro! Non lo faccio più…’

‘Abe… Ho paura… Aiutami…’

‘Di che hai paura, piccola?’

‘Sento che sta uscendo, Abe: esce quando ho paura.’

‘No! Resisti, tesoro, c’è Abe qui; non devi avere paura…’

Era troppo tardi: la ragazza era accasciata al suolo, circondata da forme allucinanti.

Era una scena tremenda: Abe aveva preso sua sorella fra le braccia e la cullava, quasi sperasse di poter bloccare il flusso di magia grezza dondole tutto il suo affetto, ma in fondo sapeva che era inutile: troppe volte aveva assistito alle crisi della giovane strega.

Albus, da parte sua, stava a guardare, terrorizzato. Ogni tanto borbottava: ‘Che posso fare, Abe? Che devo fare?’, ma il fratello non lo ascoltava.

All’improvviso, però, il maggiore si riscosse, e l’ombra di un sorriso gli illuminò il volto per un attimo.

‘Annie, vado a cercare Lion!’- urlò ingenuamente in mezzo a quel delirio- ‘Adesso arriva Lion, non avere paura!’

‘Ma dove vai?’, fece Aberforth.

‘A cercare Gellert.’

‘Gellert?!’

‘Lui può aiutarci, Abe.’

‘Cosa diavolo te lo fa pensare?!’

‘Lo so io. Fidati!’

‘Albus, torna qui!’

Era troppo tardi: in un battito di ciglia il ragazzo si ritrovò al vecchio cimitero.

 

Gellert lo accolse con un sorriso radioso.

‘Al, non puoi capire…’

‘Mia sorella sta male.’

Il sorriso gli si gelò in faccia.

‘È colpa mia?’

‘No, è una lunga storia. Devi venire ad aiutarci.’

‘Ma che posso fare io?’

‘Qualcosa puoi fare, sei l’unica persona.’

‘E perché?’

‘Ha fatto un Patronus, Gell. Avevi ragione.’

‘Senza bacchetta?!’

‘Sì… In realtà era tutto confuso… Penso magia grezza. Però in mezzo a tutto ho visto una colomba azzurra; è stato un attimo, ma ne sono assolutamente certo.’

‘Al…’

‘Ti prego.’

‘E va bene; vedrò che posso fare.’

Gellert non fu mai certo di come avesse preso in mano la situazione in mezzo a quell’inferno, terrorizzato com’era. Fatto sta che un paio d’ore dopo Ariana era al sicuro, affidata alle amorevoli cure di Bathilda, zia di Gellert e amica intima di famiglia. La buona signora aveva suggerito che i ragazzi andassero a fare una bella passeggiata per calmarsi un po’, prima di vedere come stava la paziente.

Albus era ora più che mai affezionato suo amico, e lo avrebbe seguito anche in capo al mondo se Aberforth non gli avesse intimato di fare un discorsetto a quattr’occhi.

I due camminarono per un po’ in silenzio, finché non raggiunsero un boschetto abbastanza lontano da Godric’s Hollow perché Abe si decidesse a sputare il rospo.

‘Perché sei andato a trovarla?’, chiese con un filo di voce.

‘Perché è mia sorella e le voglio bene, come te.’

‘No. Tu non le puoi voler bene come gliene voglio io. Non ci sei mai stato, per tutti questi anni, quando io e mamma sudavamo sette camicie per tirare avanti con lei.’

‘Sì, ora me ne rendo conto. Però sono tornato, no?’

Sulle prime suo fratello non rispose, poi mormorò:

‘Vattene, Al: te lo chiedo per favore.’

‘Andarmene? E voi due?’

‘Noi due staremo da soli. Ci vogliamo bene, non sarebbe un peso per me occuparmi di lei.’

‘Lei vuole bene anche a me, lo sai?’

L’altro si bloccò, e quando si voltò mostrò al fratello il faccione rigato dalle lacrime.

‘Non puoi portarmela via.’ -disse con voce strozzata- ‘Non lei. Tu hai i tuoi premi, hai Gellert… Ma se ti prendi anche lei, a me che resta?’

Albus non aveva la più pallida idea di cosa stesse parlando, era un lato fragile del suo carattere che Abe non aveva mai mostrato a nessuno.

‘Non ti capisco.’

‘Lo so. E dire che tutti ti considerano tanto perspicace… Ma non importa: volevo solo spiegarti che se ti ho attaccato è perché stai minacciando la cosa che ho più cara al mondo.’

‘Io non la sto minacciando, io voglio guarirla: ascolta, Gell ha trovato un modo per…’

‘Le hai portato Gellert?!’

Il tono sconsolato era scomparso, e Aberforth trasudava collera.

‘Sì…’ -rispose suo fratello conciliante, con la mano ben salda intorno alla bacchetta nel caso in cui ci fosse stata un’altra rissa- ‘Ha fatto un Patronus, Abe! Te ne rendi conto? Gellert ha trovato il modo di farle fare un Patronus!’

‘Stammi bene a sentire, Al: se porti quel verme un’altra volta là…’

‘Ma si può sapere che hai contro di lui?’

‘Dice cose strane… Quando mi guarda in faccia è come se stesse mi stesse analizzando… Ti parla come se ti stesse rivelando i più grandi segreti che l’uomo abbia mai conosciuto, quando invece è solo un mucchio di congetture sui Babbani.’

‘Tu non capisci.’

‘Non sarò lo studente più brillante che Hogwarts abbia mai avuto, ma le cose le capisco, e bene anche. Lascialo perdere, dà retta.’

Albus semplicemente non riusciva a concepire che qualcuno potesse considerare il suo amico meno meraviglioso di quanto non pensasse lui.

Si irrigidì.

‘Ha salvato nostra sorella.’

‘No. Bathilda l’ha salvata, lui l’ha solo trascinata fuori casa.’

‘Per l’ultima volta, Abe, non ho intenzione di ascoltarti.’

E sparì con un rombo. Suo fratello sospirò e fece lo stesso.

‘Tutto bene, ragazzi?’, domandò Bathilda con un sorriso stanco.

‘Sì, grazie, Batty. E Ariana?’

‘E come vuoi che stia, tesoro? Comunque si riprenderà. Adesso c’è Gellert con lei, quel caro ragazzo mi ha concesso un attimo di respiro. Anzi, vogliate scusarmi, ma è meglio che vada a riposarmi: è stata una lunga notte.’

I ragazzi annuirono educatamente e la guardarono allontanarsi.

‘Bada.’, sibilò Albus.

‘Solo perché non voglio che Annie peggiori. Ricordati le mie parole, Al: un giorno aprirai gli occhi.’ 

  
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