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Autore: Kurokami    24/11/2011    2 recensioni
"E fu allora cha Sakura esplose, incapace di mantenere a bada le emozioni. Era disposta a usare qualsiasi mezzo, pur di trattenerlo dal fare una follia del genere.
-Io….io sono innamorata di te! Ti amo da morire!! Farò qualsiasi cosa per te! Non….ti prego, resta!- esclamò, senza smettere di tremare per i singhiozzi.
Tulipano, dichiarazione di amore."
Questa è solo una piccola anticipazione. In breve, questa one-shot parla di quando Sasuke decide di andarsene da Konoha per andare da Orochimaru e Sakura cerca di fermarlo
(ATTENZIONE, "WHAT IF...?")
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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Giusto perchè non sono contenta di uccidere la salute di voi lettori con una long-fic ancora in corso, ho deciso che dovevo per forza scrivere un'altra one-shot (sempre molto depressiva, ovviamente), stavolta incentrata sul SasuSaku. Non so se sono stata molti IC con Sasuke, ma non l'ho messo tra gli avvertimenti.

NOTA SUL TITOLO: "Hanakotoba" significa "linguaggio dei fiori". Ispirata da un piccolo dizionario che ho trovato dietro un romanzo ("Il linguaggio segreto dei fiori"), ho scritto questa fanfiction, ambientata quando Sasuke lascia Konoha per andare da Orochimaru, e Sakura tenta di fermarlo.
Ripeto, è una "What If...?", quindi non finirà come nel manga!! Detto questo, buona lettura! ^^








Hanakotoba.

 

 Malvarosa, ambizione.
 

Gladiolo, mi trapassi il cuore.

 Erica, solitudine.

Rosa rossa, amore.

 

 

 

Sakura sapeva che non doveva farlo.
Sapeva che non doveva interferire con le sue decisioni, che non erano affari suoi, che sarebbe stata inopportuna, ma non le importava.

Doveva tentare, anche se lui avesse finto di ignorarla come al solito. Doveva dirglielo che lei lo amava con tutta se stessa: sì, avrebbe anche tentato di fermarlo con la forza, se fosse stato necessario, giusto per prendere tempo e far sì che qualcun altro intervenisse.

Per cui, quando le due lancette dell’orologio della sua camera si ricongiunsero insieme sul “12”, per indicare la mezzanotte, Sakura aprì la finestra della sua camera, e si calò da lì, per atterrare nel cortiletto di casa sua.
Sapeva già dove andare: lui avrebbe sicuramente scelto quella strada.
Corse, sperando di aver fatto in tempo.


Arrivata nei pressi dell’uscita nord del villaggio, Sakura si fermò.
Di fianco a lei, c’era una panchina: quella panchina.
Proprio lì, alcuni mesi prima, Sasuke le aveva dichiarato che lei era insopportabile; insomma, l’esatto contrario di quello che Sakura si sarebbe aspettata.
Eppure, ripensandoci, lui aveva ragione: in quell’occasione, lei aveva detto delle cose molto cattive su Naruto, e Sasuke si era visibilmente alterato (per quanto si possa alterare una persona dotata di un grande self-control come lui).

Sakura sentì dei passi in lontananza. I suoi passi.
Improvvisamente, esitò: e se lui avesse reagito in maniera spropositata, magari anche facendole del male? Doveva stare attenta. Non doveva abbassare la guardia.

Lo vide arrivare, e i suoi peggiori sospetti furono confermati dallo zaino che portava sulle spalle. Voleva davvero andarsene.

Sasuke non la scorse subito: era talmente perso nei suoi pensieri che a stento vedeva dove stava andando.
Ma quando alzò lo sguardo, e vide a pochi metri da lui gli occhi verdi e lucidi di lei, e il suo viso contratto in un’espressione preoccupata, per un attimo, per un solo minuscolo attimo, si chiese se quella che aveva preso era davvero una buona decisione.
Poi decise che sì, era assolutamente la cosa migliore da fare, e non doveva avere rimpianti.

-Cosa ci fai da queste parti a notte fonda?- le chiese. Ovviamente non gli interessava, era soltanto una domanda retorica.

Sakura non era sicura di come rispondere: dato il modo in cui si era comportato giusto quella mattina nei confronti di Naruto, non sapeva in che modo Sasuke avrebbe potuto risponderle.

-Per uscire dal villaggio devi prendere questa strada….così sono rimasta ad aspettarti- disse, evitando il suo sguardo penetrante, che in quel momento la faceva sentire solo a disagio.

-Vai a casa a dormire- fu la sua risposta, fredda e lapidaria.

E dicendo questo, Sasuke la superò, in un pesante silenzio.
Sakura, ancora una volta, non riuscì a trattenere le lacrime, che scesero come due piccoli rivoli di rugiada.


Iberide, indifferenza.

Enula campana, lacrime.


-Perché non dici mai niente? Perché sei sempre zitto, e non racconti nulla?- chiese lei, con la voce spezzata dal pianto.

Lui si fermò, ma non si girò. Non perché fosse così insensibile da non fregarsene nemmeno che Sakura si stesse dando tanta pena per lui (anche se così sembrava): non voleva guardarla in faccia per non avere cedimenti riguardo le sue decisioni.

“Smettila di piangere, stupida! Hai rotto! Pensi che sia facile per me fare una cosa del genere?!” pensò l’Uchiha, con risentimento.

-Perché non ce n’è bisogno- disse però –non stare a pensare a me-
“Perché altrimenti non sarai solo tu a soffrirne” aggiunse mentalmente.

Sakura lo guardò, o meglio guardò la sua schiena. Poi, un po’ perché il posto e le circostanze erano quasi le stesse di quella volta mesi prima, sul volto di lei si dipinse un sorriso amaro, e disse:

-Io sono sempre stata un fastidio per te, ricordi? Il giorno in cui siamo diventati Genin, e hanno composto il nostro trio….proprio in questo posto, io e te siamo rimasti soli per la prima volta e tu ti sei arrabbiato con me-

Certo che Sasuke lo ricordava. Quella era stata la prima e ultima volta che aveva apostrofato la sua compagna di squadra con un simile epiteto, e lui tendeva a ricordarsi certe azioni.
Ma la risposta che uscì dalla sua bocca fu totalmente diversa.

-Non mi ricordo-

Per Sakura fu come se una tonnellata di ghiaccio le fosse caduta addosso. La freddezza di quella risposta l’aveva completamente spiazzata, e si chiese come mai Sasuke non ricordasse una cosa accaduta appena qualche tempo prima.

Tentò di nascondere i suoi sentimenti, sminuendo la cosa.

-Ah….è normale….è….è passato così tanto tempo- disse, con una risatina forzata.
Sakura ingoiò saliva, nel tentativo di sciogliere quell’opprimente nodo che le aveva preso la gola.

-P….però quel giorno è stato l’inizio per noi due, oltre che per Naruto e Kakashi-sensei….abbiamo svolto varie missioni in quattro, erano dure e ci sono stati tanti momenti difficili. Ma devo dire….che ero felice- proseguì, con voce sempre più tremante.

“E lo sono stato anche io, cosa credi?” pensò Sasuke, mentre la sua bocca rimaneva ostinatamente chiusa.

-So del tuo clan. Però con la sola vendetta non renderai felice nessuno….te stesso, soprattutto- continuò lei. Avrebbe voluto dire “né te stesso né me” ma si era resa conto in tempo che non era opportuna una frase simile.

Finalmente, Sasuke si decise a parlare.

-Io sono diverso da voi- esordì, con un tono che voleva evidenziare questa fantomatica “differenza” –le nostre strade non si incrociano. Siamo andati avanti in quattro, ed effettivamente….ho provato più volte a convincermi che questa fosse la strada giusta per me. Ma alla fine ho scelto la vendetta, ed è solo per quello scopo che ho continuato a vivere. Io non posso diventare come te o Naruto- concluse, scandendo le parole come se fosse una verità suprema.

Sakura si morse il labbro inferiore, psicologicamente stroncata da quelle parole così dure e gelide, come la lama di una spada che ti trapassa il petto.

 

 

Ciclamino, timida speranza.


Lei però riuscì a riprendersi, e tentò ancora una volta di fare una breccia nel muro invalicabile che bloccava i sentimenti di Sasuke.

-Hai deciso di nuovo di andare verso la solitudine?! Quella volta mi hai insegnato quanto questa sia dolorosa, e ora riesco a capirlo fin troppo bene!- disse, alzando la voce, come se il tono che aveva utilizzato prima non fosse sufficiente affinché Sasuke la sentisse –io ho una famiglia e degli amici, però….se ti perdessi….per me….sarebbe come rimanere sola…- finì, singhiozzando leggermente. Ormai le lacrime erano decise a non fermarsi.

Anche Sasuke però era deciso a non cedere.

-Da questo momento in poi, ognuno di noi comincerà a percorrere una strada nuova- disse, anche se gli suonò come una scusa fiacca.

E fu allora cha Sakura esplose, incapace di mantenere a bada le emozioni. Era disposta a usare qualsiasi mezzo, pur di trattenerlo dal fare una follia del genere.

-Io….io sono innamorata di te! Ti amo da morire!! Farò qualsiasi cosa per te! Non….ti prego, resta!- esclamò, senza smettere di tremare per i singhiozzi.

 

Tulipano, dichiarazione di amore.


Sasuke non poté fare a meno di rimanere sbigottito da una dichiarazione tanto esplicita e disperata. Stava per girarsi, ma riuscì a reprimere quell’impulso.

-Ti….ti aiuterò perfino nella vendetta! T….ti prometto che in qualche modo ci riuscirò….- continuò lei, singhiozzando –per cui resta…e se non è possibile….portami con te-

 


Garofano striato, non posso essere con te.


Sasuke, naturalmente, non voleva affatto che Sakura o qualcun’ altro di Konoha venisse coinvolto nella sua vendetta: primo, perché non erano affaracci loro; ma soprattutto, non sarebbe mai riuscito a perdonarselo se Itachi, per causa sua, avesse ucciso qualcuno dei suoi compagni.
Per cui si fece coraggio, e decise di girarsi, ma per sferrare l’ultima, potente stoccata, e abbattere così tutte le speranze di Sakura.

-Tu sei proprio insopportabile- disse, con un sorrisetto che voleva essere di sfida.

Sakura spalancò i suoi grandi occhi verde smeraldo, colpita da quelle parole a lei così familiari. Prima che però potesse reagire in altro modo, Sasuke ritornò di nuovo nella posizione di prima, e fece per andarsene, compiendo qualche passo.

-Non andare!- gridò Sakura –se vai via….pur di fermarti, mi metterò a urlare!-


Fu un attimo.
Sasuke arrivò alle spalle di Sakura, veloce come un pensiero, senza che lei avesse tempo di realizzare cosa fosse successo.


-Sakura….- sussurrò lui – grazie-

Un lievissimo sibilo dietro il collo…

“Non può finire così!!!”

 

Sakura si girò di scattò, in tempo per intercettare il dorso del manico del kunai, che altrimenti si sarebbe abbattuto sulla sua nuca. Gli afferrò il polso.
Sasuke spalancò gli occhi, colto di sorpresa da quella reazione.

-Non può finire così….- ripeté Sakura, la voce ridotta a un flebile mormorio.

    
Vischio, supero tutti gli ostacoli.    


-Cosa stai facendo, Sakura?- sibilò lui. Altra domanda retorica, ma stavolta con tono più minaccioso.

-Sto cercando di farti capire che andare da Orochimaru è una follia! E se non ci riesco a parole….- esordì lei, con uno sguardo più determinato che mai.

-…Ci riuscirai con la forza?- completò lui, con un ghigno beffardo. Le sue iridi diventarono di uno spaventoso rosso sangue: sembravano splendere di luce propria, in quella notte di luna piena.
Per sottolineare le sue parole, lui le afferrò il polso con l’altra mano, costringendola staccarsi dalla sua presa.

Sakura ebbe improvvisamente una paura folle, che per un attimo le bloccò il cervello e il corpo. In che modo avrebbe potuto battere Sasuke, che aveva compiuto dei progressi mostruosi solo in quegli ultimi mesi?

-Mi sto proprio chiedendo come….-continuò lui, in tono sarcastico.

Lei però trovò la forza per opporsi, e con uno strattone si liberò dalla presa di Sasuke. Sapeva che sfidarlo sarebbe stato estremamente pericoloso, dato che lui conosceva tutte quelle tecniche assassine, ma ormai Sakura non voleva più tirarsi indietro.
L’aveva fatto fin troppe volte, lasciando che fossero Naruto, o Sasuke o Kakashi-sensei a proteggerla: toccava a lei prendere l’iniziativa, e stavolta si sarebbe davvero impegnata fino in fondo.

Nonostante la sua espressione determinata, però, Sasuke non cambiò il suo atteggiamento minaccioso. In realtà, non voleva arrivare a farle sul serio del male, ma si rese conto che probabilmente non c’erano altre alternative per costringerla a capire che era finita, che lui non sarebbe rimasto a Konoha.
Vide che lei stava prendendo fiato, forse per dire un’altra inutile frase per convincerlo a rimanere….o forse per urlare.

Fulmineo, Sasuke le mise una mano sulla bocca, costringendola a stare zitta, afferrandole contemporaneamente un braccio.

E allora Sakura compì un gesto che mai si sarebbe sognata di realizzare: con tutte le sue forze, gli morse la mano.

Sasuke urlò, più per la sorpresa che per reale dolore (nonostante lei l’avesse morso a sangue). Si chiese dove diavolo avesse trovato il coraggio e la forza per fare una cosa simile.
Poi, però, la sorpresa lasciò posto alla rabbia più cieca. Istintivamente, Sasuke alzò l’altra mano.

Prima che Sakura potesse rendersi conto di ciò che stava succedendo, lo schiaffo arrivò, violento e incontrollato, sul suo viso.
Perse l’equilibrio, e cadde a terra, sotto lo sguardo immobile e sbigottito di Sasuke.

“Cosa ho fatto?” pensò lui, improvvisamente consapevole della sua azione. Nonostante a volte trovasse Sakura fastidiosa, l’idea di picchiarla non gli aveva mai sfiorato neanche l’anticamera del cervello.

Sakura, dal canto suo, non seppe più cosa pensare: sapeva solo che lui l’aveva schiaffeggiata, con estrema rabbia e violenza e senza alcuna remora.
Subito dopo, però, si sentì umiliata, amareggiata e furiosa con Sasuke: dunque, era davvero così che lui la considerava, una mocciosa insopportabile ed egoista, e lo schiaffo ne era la prova lampante.

Senza dire nulla, Sakura si rialzò, senza guardarlo nemmeno.

-Fa come credi allora. Và pure da Orochimaru: ho smesso di lottare contro di te- disse soltanto, con voce quasi metallica, atona.

Poi, sempre senza guardarlo, lo superò, e si avviò dall’altra parte rispetto all’uscita del villaggio, mordendosi il labbro inferiore, e trattenendo le lacrime, consapevole di aver dato il via libera a Sasuke, il quale sicuramente ne avrebbe approfittato per andarsene, e abbandonare lei e Konoha.
Ma ormai la Haruno era consapevole che tentare di convincerlo come aveva fatto fino a quel momento era inutile, anzi perfino pericoloso.
Ora, l’unica cosa che voleva fare era piangere, sfogare la sua frustrazione in solitudine: sapeva che non era la soluzione migliore, che magari sarebbe dovuta andare da Kakashi-sensei, dalla Hokage, o al limite da Naruto, ma non ne aveva voglia né la forza.
Voleva solo restare sola.
Iniziò a correre, ben sapendo dove andare.


Sasuke non seppe per quanto tempo restò immobile in quella posizione, in piedi a fissarsi la mano con cui aveva schiaffeggiato Sakura.
E si sentì un completo idiota.
Si era fatto abbindolare dalle belle parole di quei quattro leccaculo di Orochimaru, perdendo completamente di vista la promessa che si era fatto appena alcune settimane fa: che avrebbe protetto i suoi compagni, a qualunque costo.

Invece, come ebbe modo di rendersi conto, stava pian piano diventando come Itachi: rinnegare le proprie origini per diventare più forte era solo il primo passo per arrivare poi alla completa distruzione delle stesse.
E Sasuke non voleva assolutamente diventare come Itachi, né seguire i suoi “consigli”: aveva deciso che sarebbe diventato più forte a modo suo, non certo prendendo esempio dall’uomo che gli aveva distrutto la vita.

- ‘Fanculo- disse, levandosi lo zaino dalle spalle, e gettandolo di lato con rabbia.

Poi si girò, e corse nella stessa direzione in cui era andata Sakura.

 

Campanula, gratitudine.


Dopo aver corso per chissà quanto tempo, Sakura si era fermata, ansante, stanca e disperata, dentro uno di quei piccoli boschetti disseminati in giro per il villaggio, sotto un albero; forse un ciliegio, difficile dirlo, dato che non era periodo di fioritura.
Si era abbattuta sull’erba, scossa dai singhiozzi, e lì era rimasta, a faccia in giù, per un tempo che a lei sembrò interminabile.
La guancia le bruciava ancora, e questo non faceva che peggiorare ulteriormente lo stato emotivo in cui era.
Era stata una stupida a credere che Sasuke si sarebbe sciolto per delle moine da ragazzina infatuata, stupida a sfidarlo così spudoratamente, senza realmente pensare che lui avrebbe potuto reagire malissimo; aveva troppo confidato nel fatto che loro erano compagni di squadra, convincendosi che lui non le avrebbe fatto del male.
Ma se bastava vedere come si era comportato con Naruto quella mattina! Invece no, come al solito Sakura si era illusa di potercela fare da sola, di essere abbastanza forte per poter affrontare anche il ragazzo che amava, quando sapeva benissimo quanto lui riuscisse ad essere testardo e ottuso!!

 

Lampone, rimorso.

 

Sasuke cercò praticamente in ogni posto in cui Sakura si sarebbe potuta nascondere. Andò prima di tutto a casa sua; ma la sua cameretta era vuota, per cui lei sicuramente non era lì. Prima di andarsene, Sasuke lanciò un’occhiata, attraverso il vetro della finestra, all’orologio appeso alla parete: segnava l’una meno un quarto.
L’appuntamento con i quattro tirapiedi di Orochimaru era definitivamente saltato, ma l’Uchiha decise che non gliene poteva fregare di meno. Il capitolo “decidere se andare o no da Orochimaru” era definitivamente chiuso e, con sua somma sorpresa, non aveva alcun rimorso: quel pervertito si sarebbe andato a cercare qualcun altro disposto a fare da vittima sacrificale.

Dopo circa cinque o dieci minuti, Sasuke aveva controllato tutti i posti possibili, ma di lei nessuna traccia: restavano solo uno o due boschetti.
Andò in direzione di essi, sperando che lei fosse lì; se così non fosse stato, Sasuke non avrebbe più saputo dove sbattere la testa.

 

Quando decise di essersi sfogata abbastanza, Sakura si rannicchiò, appoggiando la schiena contro il tronco dell’albero: si sentiva esausta, e il freddo che faceva quella notte, unito a un mal di testa insopportabile, non faceva che peggiorare il tutto.
Voleva tornare a casa, ma gli arti sembravano non volerle rispondere, e tremava come una foglia, sia per il freddo che per i singhiozzi.


Finalmente, Sasuke trovò delle tracce: ovviamente, lei non si era data la pena di cancellarle, anche perché non ne aveva nessun motivo.
Aguzzando le orecchie, Sasuke riuscì a sentire dei lievissimi e impercettibili singulti, segno che la fase del pianto a dirotto era appena passata; silenzioso come un gatto, si avvicinò al punto da cui provenivano quei rumori, ossia dietro un albero.
Sporgendo lievemente la testa, Sasuke vide Sakura accovacciata sotto l’albero: dalle guance arrossate e il tremore che le percorreva tutto il corpo, intuì che doveva esserle salita la febbre.
Lentamente, si avvicinò, e si inginocchiò davanti a lei.

Sakura trattenne a stento un urlo, quando sentì quella mano calda e gentile toccarle la spalla. Ma quando vide che a compiere quel gesto era stato Sasuke Uchiha, poco ci mancò a che le venisse un infarto; d’istinto, si sentì sollevata che lui fosse ancora lì.
Ma il persistente bruciore alla guancia le ricordò ciò che era successo appena alcuni minuti fa, e il suo viso si rabbuiò: fece per allontanarsi, ma lui le afferrò con delicatezza, ma con determinazione, un braccio.
Poi, senza dare alcuna spiegazione, Sasuke, con l’altra mano, le toccò la fronte.

-Scotti- decretò, con voce ferma.

Prima che Sakura avesse il tempo anche solo di capacitarsi di ciò che stava accadendo, Sasuke la sollevò da terra, la rimise in piedi, e senza mollare la presa dalla sua mano, la costrinse a seguirlo.
Inizialmente, tutta l’attenzione di Sakura si concentrò sul non cadere rovinosamente a terra, dato che le gambe erano ancora intorpidite.
Poi, però, si chiese perché Sasuke aveva rinunciato ad andare da Orochimaru: insomma, le sembrava assurdo che avesse cambiato così drasticamente decisione, venendo a cercarla.
Sakura arrivò a pensare, ritenendola un’idea impossibile, che Sasuke volesse farsi perdonare per lo schiaffo.
Il mal di testa e i brividi le fecero venire una vertigine, e per poco non cadde. Sasuke si fermò.

-Meglio portarti in braccio- disse, con lo stesso tono di prima.

-Eh…?- biascicò Sakura, mezza intontita.

Sasuke se la caricò sulle spalle, e di nuovo Sakura non capì il perché di tutto quello, ma era troppo stanca, e il mal di testa che non le dava tregua, per poter formulare alcuna domanda.
Dopo un po’ si abbatté sulla sua spalla, e chiuse gli occhi.

 

Nocciolo, riconciliazione.

Passiflora, fiducia.

 

Quando sentì che Sasuke la stava delicatamente facendo scendere, Sakura riaprì un poco le palpebre e, senza capire come ci fossero arrivati, si accorse che erano in una camera da letto. Non era la sua camera, questo era sicuro: non era così grande.

-Dove siamo….?- mormorò, con voce flebile.

Sasuke la fece sedere sul letto a una piazza e mezzo, messo più o meno al centro della parete opposta alla grande vetrata (che affacciava su un piccolo balcone), e la aiutò addirittura a togliere i sandali.

-A casa mia- rispose, lapidario –vado un attimo di là. Intanto mettiti sotto le coperte- continuò, perentorio.

Lei lo guardò perplessa.
Forse non aveva capito bene….ma Sasuke l’aveva portata a casa propria, con l’intenzione di farla dormire lì, nel suo stesso letto, e magari anche di prendersi cura di lei.

Lui ricambiò lo sguardo, fissandola come se quella fosse stata una situazione del tutto nella norma.

-Hai la febbre, e rimanere là fuori non è certo una buona idea- concluse l’Uchiha, voltandosi, e uscendo dalla stanza.

Sakura si chiese se, nel frangente in cui lei non c’era stata, qualcuno non avesse sostituito il vero Sasuke con un sosia perfetto, o che non stesse sognando.

In ogni caso, lei obbedì a ciò che Sasuke le aveva detto prima, si tolse il coprifronte e si infilò sotto le coperte: il calore delle lenzuola la fece stare meglio, e i brividi di freddo si calmarono.
Chiuse gli occhi, e lentamente si assopì; se quello era un sogno, beh, era davvero il più bello e reale che Sakura avesse mai fatto.


Sasuke tornò, poco dopo, con una coperta sulla spalla, una tinozza piena di acqua calda e una pezzuola.
Sapeva benissimo come cavarsela in quei casi, sua madre gliel’aveva insegnato, e inoltre lui aveva dovuto fare da balia a se stesso per così tanto tempo…
Poggiò la tinozza con la pezza dentro per terra, e spiegò la coperta, poggiandola su Sakura, per riscaldarla ulteriormente; poi, prese la pezza, la strizzò per bene, e la adagiò delicatamente sulla fronte bollente di Sakura.

-Così dovrebbe andare….- sussurrò lui, più a se stesso che a lei.

Prese la sedia lì vicino, e si sedette affianco la sponda del letto: sì, aveva anche intenzione di vegliare tutta la notte, se era per questo.
Gli venne da pensare che era molto più facile di quanto credesse che un singolo avvenimento potesse cambiare (almeno in parte) le opinioni di qualcuno…

Un colpo di sonno gli fece perdere il filo dei suoi pensieri: Sasuke si stropicciò gli occhi, e lanciò un occhiata all’orologio sul comodino.
L’una e mezza.
Solitamente lui non dormiva molto, e alcune notti rimaneva sveglio per parecchie ore: era da un bel po’ di tempo, insomma, che non provava una stanchezza e un sonno simili.

….non che l’idea gli andasse molto, però i futon si trovavano tutti nella camera dei suoi genitori, e lui di notte non ci metteva mai piede (l’ultima volta che l’aveva fatto, a otto anni, si era talmente suggestionato che ne era uscito fuori di corsa). E dato che nel suo letto c’era ancora spazio….
Non facendo alcun rumore, Sasuke si sedette dall’altra parte del letto, dove Sakura aveva lasciato lo spazio libero e, senza scostare le coperte, si stese sul fianco destro, in modo da rivolgere il viso verso la sua compagna di squadra.

In fondo, non era affatto male la vita a Konoha, e Sasuke si ritrovò a sorridere, pensando a tutti i suoi compagni. Certo, sapeva benissimo che non sarebbero mai potuti essere dei veri parenti: ma era bello pensare che, in qualche modo, i suoi amici fossero come una grande famiglia.


Con un braccio Sasuke strinse a sé Sakura, fino a sentire il profumo della sua pelle, e lentamente, come se una dolce cortina blu e nera stesse calando sulla sua mente, scivolò nel sonno più profondo.


Narciso, nuovi inizi.

Forsizia, aspettativa.

Lillà, prime emozioni di amore.

Veccia, mi stringo a te.

 

Flox, le nostre anime sono unite.
 

   
 
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