Ten
little things that make me hate (love) you ♥
#5-
Darkness [1010 parole]
Per Kei l’oscurità
era stata spesso una complice:
nascondeva i suoi timori,
ingurgitandoli nel silenzio delle notti scandite dai respiri di Yurij.
Hiwatari non era il tipo che lasciava trasparire tanto facilmente i
propri
problemi… se Ivanov quando era teso tendeva ad irrigidire le
espressioni del
viso in maniera quasi inquietante, il giapponese si limitava ad
attendere il
calare delle tenebre.
Sedeva sul proprio lato del letto, concedendosi tutti i secondi,
i minuti e le ore
che gli servivano per ritrovare la
tranquillità.
Alle volte non dormiva, precludendo al sonno qualsiasi possibilità di
insinuarsi fra le sue palpebre pesanti e dominarlo.
Allora il buio lo abbracciava e, cullandolo, impediva alla disperazione
di
piantare perversi semi nel suo cervello.
Già, il giovane Hiwatari non poteva sopportare di star calpestando le
orme di
suo nonno: quell’uomo aveva rappresentato quanto di più spregevole la
vita
potesse offrirgli..!
Però, certamente, essere il direttore di una grande azienda era
piuttosto
soddisfacente dal punto di vista economico.
Bhé, lui in tutta sincerità avrebbe voluto scrivere
e fare successo con qualcosa che avesse differito profondamente dalla
banale
superficialità del beyblade.
Ma il suo spirito razionale e ferreo aveva preferito optare subito per
una
stabilità ben piantata per sé ed il compagno, senza la presenza di quei
troppi
punti interrogativi che sarebbero sicuramente
spuntati al porsi domande sul successo editoriale di un romanzo…
L’oscurità, quindi, assorbiva tutti i sogni e le perplessità del
giovane,
nutrendosene con l’ingordigia tipica d’un maiale affamato.
Infatti, in quella maniera il cuore di Kei non rischiava più di
vacillare; e
tornava la convinzione che le sue scelte fossero state quelle più
giuste in
assoluto.
Certo che, però, narrando i suoi desideri al vuoto, il buio a poco a
poco gli
si insinuava sotto la pelle, rendendolo un po’ più apatico…
Non vi era il calore umano di un corpo a stringerlo e a sussurrargli
che tutto
sarebbe andato per il verso giusto, che nulla di ciò che aveva
intrapreso
avrebbe potuto fargli del male.
Kei era troppo orgoglioso –o forse troppo vigliacco..?-
per ammettere innanzi a chi davvero aveva importanza per lui di stare,
alle
volte, decisamente male.
Quindi, si crogiolava nel buio della camera da letto, pregando che i
tenui
respiri di Yurij restassero regolari e che il compagno non si
svegliasse: sarebbe
stato intollerabile, per lui, sostenere lo sguardo indagatore del giovane in
quegli
attimi…
Oh, restavano solo le tenebre che, calategli attorno, lo guardavano con
grottesca tenerezza, lasciandolo auto
convincersi che tutto, tutto
andasse bene.
Yurij odiava profondamente l’oscurità.
Isolandolo, lo allontanava da Kei al pari di un’amante gelosa ed
inviperita che
per nulla al mondo avrebbe condiviso il proprio uomo; e ciò che più lo
infastidiva era la barriera che d’improvviso si ergeva tra loro.
Ivanov sapeva che, spesso, Hiwatari cercava un riparo tra le braccia
delle
tenebre, cacciandolo via dal suo mondo di preoccupazioni.
Bhé, il russo non era uno stupido ed intuiva i tormenti del compagno:
alle
volte era rimasto sveglio con lui e, fingendo di dormire, aveva atteso
per tutto
il tempo di cui Kei necesitasse per ritrovare la serenità.
Però, per quanto rispettasse quel bisogno del giovane di voler
affrontare i
propri problemi nel buio, non poteva non amareggiarsi
sentendosi avvolgere in un involucro di inutilità…
Una notte sembrò che Kei impiegasse più tempo per reprimere i propri
timori.
Addirittura Yurij fu sicuro che ormai stesse per albeggiare quando si
tirò su,
pronto ad affrontare definitivamente il problema.
“Kei?”
Lo chiamò una volta, in un bisbiglio soffuso, ma il giovane che sedeva
dandogli
le spalle parve non sentirlo.
“Kei..?”
Ripeté con più insistenza quel nome e, difatti, allora Hiwatari si
voltò verso
di lui con un sopracciglio inarcato.
Fu davvero sorpreso, poiché credeva che Yurij stesse dormendo
profondamente, e
per un attimo si ritrovò smarrito.
L’oscurità scomparve gridando, cacciata via dalla luce dell’abat-jour
accesa da
Ivanov.
Questi lo fissava con gli occhi un po’ gonfi, chiaro segno della notte
passata
in bianco.
“Ascoltami.” Cominciò con fare deciso, senza distogliere lo sguardo dal
compagno.
“Io non voglio costringerti a confidarti con me o a rivelarmi cosa ogni
notte
ti impedisca di dormire.”
L’altro strabuzzò appena gli occhi, stupito a quell’affermazione e
segretamente
grato al ragazzo; già, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era
ritrovarsi
costretto a dar vera voce a degli stupidi assilli.
“Però, vorrei ricordarti che io ci sono e
che potrei esserti ben più utile del buio. Modestia a parte, sono un
essere
umano... ” Le ultime parole furono pronunciate con un mezzo sorriso,
poi il
russo si zittì, indeciso se continuare o meno.
Guardò Kei, chinò gli occhi ed infine si allungò per spegnere la luce,
dando forfait.
Però il giapponese fu più rapido e gli bloccò il polso.
Allora, restando in silenzio strinse la mano dell’amante, carezzandola
appena.
«Scusami…»
Avrebbe
voluto dire.
«Ti ringrazio. »
Gli sarebbe piaciuto aggiungere.
Ma si limitò a restare lì, con le dita calde di Yurij intrecciate fra
le
proprie e gli occhi persi nei suoi.
Poi d’un tratto sciolse la presa, tirando un lungo sospiro.
“Ora sto bene…” Bisbigliò infine, spegnendo personalmente la lampada e
lasciando Ivanov fra l’interdetto ed il piacevolmente
sorpreso.
“E la prossima volta, se ne sarò in grado, mi confiderò con te.”
Aggiunse poco
dopo in un borbottio, quando si fu sdraiato al suo fianco.
Quella volta fu Yurij a restare sveglio, imprecando contro l’oscurità.
Non gli importava che tra qualche ora si sarebbe dovuto dirigere in
ufficio,
tanto meno quali cause avrebbe trovato sulla scrivania.
Voleva solo che il buio assorbisse tutta la sua rabbia e frustrazione.
Tutto l’odio e l’amore che provava…
Perché, ne era convinto, neanche Kei sembrava tanto sicuro delle
proprie parole
e perché, forse, il giapponese era
rimasto segretamente affascinato da
quella accondiscendenza con cui l’oscurità accettava
i suoi sfoghi.
Sorrise tristemente.
«Mi spiace che
tu non mi ritenga in grado di reggere anche i tuoi meschini incubi,
Hiwatari…»
Quindi, si limitò ad osservare il sole sorgere stringendosi a Kei con
la
consapevolezza di potergli donare, allora, solo quel calore di cui
l’amato aveva
sentito il disperato bisogno.
*Owari*
Eccomi qui =).
Pian, piano si
giunge, oh sì.
Bhé, che dire?
Mi è piaciuto
scrivere questa flash, in quanto più legata alla psiche di Kei.
È un po’ più
‘cupa’, forse, però credo che nel finale abbia la giusta
risoluzione: un abbraccio.
Un abbraccio
che non è altro che calore ed amore.
Non so, forse
non è ‘dolce’ come le altre, ma penso che riesca ad esprimere
meglio quello che è, per me, il legame tra Kei e Yurij.
E, bhé, mi
auguro di ricevere le vostre opinioni!
Un bacio!
Iria.